Italia nucleare, è possibile?

Italia nucleare, è possibile?

Avvocato Atomico

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La settimana scorsa con l'articolo dell'ottimo Fulvio abbiamo analizzato la fattibilità di un piano energetico per l'Italia che la rendesse totalmente autonoma e alimentata al 100% da fonti rinnovabili. Oggi proviamo a vedere quale potrebbe essere invece la situazione se l'Italia, miracolosamente, decidesse un domani di tornare a dotarsi di reattori nucleari.

L'articolo della settimana scorsa lo trovate qui: https://telegra.ph/Italia-rinnovabile-03-25, e raccomando a tutti di leggerlo prima di continuare, perché farò riferimento a diversi dati utilizzati nella precedente analisi.

In particolare, considererò valide le stesse assunzioni fatte nell'articolo della settimana scorsa per quanto riguarda l'idroelettrico, il geotermico e le biomasse.

Un'ulteriore assunzione da fare riguarda l'eolico e il solare, che attualmente generano 44 TWh annui: in questa analisi considereremo che questa capacità resti invariata nei prossimi quindici anni o, alternativamente, che un eventuale aumento della capacità di generazione da eolico e solare vada a coprire l'aumento dei consumi elettrici.

Ci proponiamo quindi di coprire circa 200 TWh annui di fabbisogno energetico (163 TWh che attualmente otteniamo dai combustibili fossili più 38 TWh che attualmente importiamo) tramite il nucleare.

A questo punto occorre fare delle assunzioni sui reattori che andremo ad installare: per semplicità ipotizziamo che siano tutti reattori EPR (foto) - scelta che, d'altronde, avrebbe molto senso in ottica geopolitica: la Francia è il primo partner commerciale dell'Italia ed entrambi i paesi fanno parte dell'Unione Europea, il che renderebbe molto più agevole e conveniente la stipula degli accordi per la costruzione dei reattori e gli interventi degli enti regolatori.

Un EPR ha una potenza di 1,6 GW e un fattore di capacità di circa il 93%, che si traduce in circa 13 TWh annui di energia generata. Per coprire i 200 TWh necessari a rendere l'italia indipendente e carbon-free dal punto di vista della generazione di energia elettrica servirebbero quindi 16 reattori di questo tipo - ovviamente divisi in 5-6 centrali adeguatamente collocate sul territorio, per minimizzare le perdite di energia dovute al trasporto della stessa.

Il prezzo "di listino" di un reattore EPR è di 5 miliardi di euro, e il tempo di costruzione previsto è di 5 anni, ma sappiamo che gli EPR costruiti in Europa (Hinckley Point C, Flamanville 3, Olkiluoto 3) hanno tutti avuto enormi ritardi nella costruzione e/o costi lievitati rispetto al preventivo.

Questi ritardi, va detto, sono dovuti in gran parte al fatto che si tratta dei primi modelli di EPR costruiti - quello costruito in Cina a Taishan ha rispettato i tempi - ed è quindi improbabile che eventuali reattori costruiti in futuro risentano degli stessi problemi; tuttavia vogliamo essere particolarmente pessimisti, e dunque ipotizziamo che in media ogni reattore dei 16 di cui necessitiamo arrivi a costare 10 miliardi di euro, e richieda 10 anni per la sua costruzione.

Tenendo per buona questa congettura alquanto disfattista, otteniamo che il costo dell’ipotetico programma nucleare italiano sarebbe di 160 miliardi di euro, una cifra inferiore di un ordine di grandezza rispetto a quello che avevamo calcolato la settimana scorsa per il solo stoccaggio dell'energia prodotta dal fotovoltaico.

Ovviamente ai costi iniziali del nucleare occorre aggiungere i costi del combustibile, la manutenzione e smaltimento/stoccaggio delle scorie, tuttavia questi entrano in gioco solo dopo l'entrata in funzione del reattore, e pertanto si ripagano automaticamente con le bollette pagate dagli utenti (sulle quali, peraltro, incidono in maniera abbastanza irrisoria - il combustibile in particolare pesa sulla bolletta per meno del 2,5%, inclusi i costi di processamento e arricchimento).

Per quanto riguarda i tempi, abbiamo detto che vogliamo ipotizzare che la costruzione di un reattore duri dieci anni; questo ovviamente non vuol dire che occorra aspettare che sia finito il primo reattore per iniziare a costruire il secondo. Senza voler necessariamente arrivare ai livelli della Cina, che sta costruendo tra i sei e gli otto reattori all'anno, possiamo immaginare di iniziare la costruzione di 2-3 reattori ogni anno, inaugurando quindi l'ultimo cantiere dopo 7 anni dall'avvio del primo, e arrivando ad avere il programma nucleare pienamente operativo entro 15-17 anni dall'investimento iniziale. Questo porterebbe il costo annuo a circa dieci miliardi di euro, meno di quanto costano ogni anno alle casse dello Stato gli 80 euro di Renzi (solo per fare un paragone).

Un EPR è progettato per avere una licenza di funzionamento di minimo 60 anni, eventualmente estendibile se l'ente regolatore reputa le condizioni operative ancora ottimali alla scadenza della licenza (diversi reattori anche di generazioni precedenti hanno visto le loro licenze estese fino a 80 anni), quindi l'investimento avrebbe certamente modo di ripagarsi con l'energia pulita prodotta in un lasso di tempo così lungo.

Vi sono poi altri due fattori da considerare che possono rendere l'energia nucleare un'opzione ulteriormente appetibile (quantomeno nel mondo ideale in cui gli italiani non le sono ostili a priori): il primo è che la maggiore disponibilità di energia elettrica nelle ore non di picco renderebbe più facile la transizione verso la mobilità elettrica, dal momento che tendenzialmente le persone si muovono di giorno, e quindi ricaricano le batterie delle automobili di notte.

Il secondo è che, se si costruissero le centrali nucleari sufficientemente vicino ai grandi centri abitati, il calore di scarto del circuito secondario potrebbe essere utilizzato per il teleriscaldamento. Oggi in Italia consumiamo più di 230 TWh di energia per il riscaldamento domestico (che vanno aggiunti ai consumi elettrici di cui abbiamo parlato la scorsa volta); di questi, circa 190 TWh sono ottenuti tramite la combustione di metano (la gran parte), gasolio e olio combustibile, e contribuiscono all'immissione in atmosfera di decine di milioni di tonnellate di CO₂, oltre che rendere alcune zone del nord italia estremamente inquinate d'inverno.

Il teleriscaldamento nucleare permetterebbe di ottenere questa energia senza costi aggiuntivi (se non quelli dovuti all'impiantistica). Questo sarebbe ulteriormente incentivato se invece di avere grandi centrali per la generazione di energia nucleare si puntasse sui reattori di piccola taglia modulari, collocabili anche all'interno dei perimetri urbani. Tuttavia questi ultimi entreranno in produzione nei prossimi anni e pertanto non è ancora possibile fare analisi sui costi e sui tempi (che comunque dovrebbero essere ridotti, visto che parliamo di reattori che potranno essere prodotti su scala industriale).

Non intendo, in questa analisi, parlare di dove dovrebbero essere collocate le centrali nucleari in Italia - questo esula dalle mie competenze - o di come dovrebbero essere gestiti i rifiuti radioattivi (ho già fatto tre post sull'argomento, che trovate linkati nelle FAQ).

Il ritorno al nucleare per l'Italia rappresenterebbe la possibilità di rilancio delle proprie eccellenze universitarie, oltre che un modo relativamente economico e dai risultati garantiti per arrivare alla Carbon Neutrality, rispettando (eventualmente anche in anticipo sui tempi) gli obiettivi degli accordi di Parigi per il 2050.

Per questo è importante continuare ad informare le persone circa i benefici di questa tecnologia, e anche per questo ci vedremo in piazza il 27 settembre.

-Luca

Ma non rischierebbe di finire in mano alla mafia?

Quanti reattori servirebbero nel mondo?

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