Italia 100% rinnovabile, si può?

Italia 100% rinnovabile, si può?

Avvocato Atomico

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Spesso si sente parlare in televisione, su internet, nei giornali o dai politici, della possibilità di poter arrivare ad utilizzare il 100% di energia rinnovabile, sia nel nostro paese sia nel resto del mondo.

Ma sarebbe davvero possibile ottenere tutta l’energia richiesta dall'Italia solo tramite fonti rinnovabili e senza dover importare dall’estero?

Nel calcolo che viene riportato di seguito, si cerca di dimostrare in modo semplice, ma allo stesso tempo il più accurato possibile, quale sarebbe l’entità della sfida da affrontare se si volesse rendere l’Italia completamente rinnovabile e indipendente.

Innanzitutto, va fatta una precisazione doverosa; qui di seguito ci si riferirà sempre all’energia elettrica e NON all’energia totale. Quindi tutta l’energia che serve per il settore dei trasporti non elettrico (macchine, camion, moto, aerei, navi ecc..) e tutta l’energia richiesta sotto forma di calore (sia residenziale che industriale) non saranno prese in considerazione.Quanta energia dovrebbe essere prodotta dalle rinnovabili per soddisfare completamente la richiesta di energia elettrica nazionale? I dati riportati da Terna mostrano che il consumo di energia elettrica italiano è rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi 5 anni oscillando tra i 315 e i 322 TWh annui. Prendendo come riferimento l’anno 2019, il fabbisogno italiano di energia elettrica è stato di circa 320 TWh, suddivisi nel seguente modo: 163 TWh dai combustibili fossili (di cui 130 TWh solo dal metano), 47 TWh dall’idroelettrico, 38 TWh importati dall’estero, 24 TWh dal fotovoltaico, 20 TWh dall’eolico, 17 TWh dalle biomasse, 6 TWh dal geotermico e 5 TWh dai rifiuti. È interessante notare che 214 TWh sono richiesti solo dal Nord-Italia, su un totale di 320 TWh, mentre invece tutto il Sud, insieme a Sicilia e Sardegna, si attesta sui 57 TWh annui.

Basandoci su questi dati, per raggiungere l'obiettivo che ci siamo prefissati, bisognerà sostituire i 163 TWh ricavati dai combustibili fossili e i 38 TWh importati dall’estero (per comodità arrotondiamo a 200 TWh totali) con altrettanta energia da fonti rinnovabili prodotta in Italia.

Partiamo dal basso:

  1. L’energia ricavata dai rifiuti (bruciandoli nei termovalorizzatori) è improbabile che aumenti nei prossimi anni, principalmente a causa dell’avversità della popolazione a questa tecnologia, e in ogni caso la costruzione di 1 o 2 termovalorizzatori nuovi non porterebbe a variazioni tangibili sulla produzione totale. Inoltre la combustione di rifiuti nei termovalorizzatori non è né rinnovabile né a basso impatto ambientale.
  2. L’energia geotermica è sfruttata unicamente in Toscana grazie alla presenza, unica nel Paese, di vari giacimenti di vapore ad alta temperatura; se la risorsa geotermica non è ad una temperatura sufficientemente alta (ad alta entalpia), non è infatti termodinamicamente conveniente utilizzarla per produrre energia elettrica. La quasi totalità dei giacimenti in Toscana viene già sfruttata (con una potenza installata di circa 800 MW) ed è improbabile che in futuro ci possa essere un aumento della produzione di energia elettrica dal geotermico in Italia - e infatti negli ultimi 20 anni la produzione è rimasta sostanzialmente invariata.
  3. Le biomasse sono un mondo vasto che comprende al suo interno: le biomasse solide (bruciate per esempio come pellet), il biogas (ottenuto con la digestione anaerobica e dal quale si può ottenere il biometano), i vari biocombustibili liquidi come biodiesel, bioetanolo, frazioni liquide della biomassa ecc.. (che si ottengono con vari processi termo-chimici come la transesterificazione, la fermentazione, la pirolisi ecc..), il syngas (ottenuto dalla gassificazione della biomassa solida) e così via.
    La produzione di energia elettrica da biomasse ha avuto un grosso incremento passando da meno di 1 TWh del 2000 a più di 16 TWh del 2014. Tuttavia, negli ultimi 6 anni non ci sono state variazioni degne di nota. Questo non vuol dire che in futuro non ci potranno essere ulteriori incrementi, però va ricordato che l’utilizzo di biomasse, in tutte le loro forme, non solo emette in atmosfera anidride carbonica e sostanze inquinanti, ma rischia anche di non essere affatto “100% rinnovabile”; tagliare una pianta richiede pochi minuti, ma per farla ricrescere servono anni. Se si brucia in un anno una quantità di vegetazione maggiore di quella in grado di crescere nello stesso anno, ci si indebita in termini di CO₂. Questo senza considerare il grosso impatto che ha una deforestazione sull’habitat locale. Allo stesso modo non ha senso occupare migliaia di ettari di terreno per coltivare piante con cui produrre energia, se quel terreno poteva essere lasciato alla natura. Risulta ovvio che le biomasse devono essere intese in un’ottica di “riutilizzo degli scarti”: se ho dei rifiuti umidi, sia domestici che industriali, oppure dei fanghi industriali, o dei liquami di scarto degli allevamenti o dei residui forestali e così via, allora posso pensare di utilizzarli per produrre un po’ di energia.
    Allo scopo del nostro calcolo supporremo, in maniera ottimistica, che nei prossimi anni ci possa essere un incremento della produzione di energia elettrica da biomasse di quasi il 100%, arrivando a 30 TWh.
  4. L’idroelettrico si divide in grande idroelettrico, piccolo idroelettrico, micro e mini-idroelettrico. La grandezza di un impianto è dettata dal fatto di avere grandi “altezze” da sfruttare e grandi portate d’acqua. Un grosso bacino idroelettrico che si trova a migliaia di metri d’altezza potrà essere sfruttato facendo scendere l’acqua in condotte lunghe chilometri per farla poi arrivare alla turbina. La quasi totalità di questi bacini in Italia si trovano ovviamente sulle Alpi e sono già tutti sfruttati. I piccoli impianti idroelettrici invece posso sfruttare piccole altezze e piccole portate d’acqua, permettendo così di ricavare energia anche dai corsi d’acqua minori. Va osservato che la costruzione di un impianto idroelettrico e di una diga ha spesso un impatto importante sull'ambiente circostante e che la potenza dell'impianto dipende in maniera non lineare dalla stagione, in quanto nei mesi estivi i corsi d'acqua più piccoli tendono a ridurre la loro portata in percentuali maggiori. Inoltre la costruzione di un impianto idroelettrico richiede diversi anni, anche se la potenza installata è solo di poche centinaia di kW e per riuscire ad aumentare significativamente l’energia prodotta dall’idroelettrico in Italia servirebbe costruire decine di migliaia di questi piccoli impianti, dal momento che la potenza attualmente installata è pari a 23 GW (23 milioni di kW). Di nuovo, allo scopo del nostro calcolo, scegliamo comunque di adottare un approccio ottimistico, ipotizzando che in futuro la produzione di energia da tutti gli impianti idroelettrici non scenda mai sotto i 60 TWh annui, valore che è stato raggiunto solo un anno (nel 2014) e che è ben superiore ai valori degli ultimi 5 anni.

Dopo tutte queste considerazioni, risultano ancora circa 175 TWh di fabbisogno di energia elettrica, che possono essere coperti solo dal solare e dall’eolico.

Il solare si suddivide in solare termodinamico e fotovoltaico, tuttavia in Italia la tecnologia del fotovoltaico ha ormai definitivamente “vinto” su quella del solare termodinamico (i progetti di costruzione di centrali solari a concentrazione in Sicilia sono stati abbandonati e l'azienda che si proponeva di portare in Italia questa tecnologia ha chiuso) e di conseguenza quest’ultima non verrà presa in considerazione nel nostro calcolo.

All’interno dell’eolico ci sono tantissime tecnologie che comprendono impianti off-shore e on-shore, turbine ad asse orizzontale e verticale, a 3 pale, a 2 pale o mono-pala, a resistenza o a portanza e così via. Di seguito, con il termine eolico si intenderà l’insieme di tutte queste tecnologie, anche se la stragrande maggioranza degli impianti nel mondo sono turbine a 3 pale ad asse orizzontale a portanza, sia on-shore che off-shore.

Resta quindi da decidere quanti di quei 175 TWh debbano essere fatti dal fotovoltaico e quanti dall’eolico. L’Italia è un Paese abbastanza soleggiato, mentre il vento è presente in grandi quantità solo in limitate aree geografiche (ad esempio la Sardegna e la Puglia). Possiamo quindi ipotizzare che l’80% del nostro fabbisogno venga coperto dal fotovoltaico e il restante 20% dall’eolico. Se questi valori non dovessero piacere si invita a rifare i calcoli mettendo 90 e 10 o 70 e 30, anziché 80 e 20: il risultato finale non cambia di molto.

Dunque il fotovoltaico dovrà produrre nei prossimi anni l’80% di 175 TWh, cioè 140 TWh, che sommati agli attuali 24 TWh fanno 164 TWh, mentre l’eolico dovrà produrre il restante 20% di 175 TWh, cioè 35 TWh, più gli attuali 20 TWh, per un totale di 55 TWh.

Concentriamoci sul fotovoltaico

Il fotovoltaico in Italia, guardando i dati forniti da Terna, produce il 70% dell’energia annuale nei sei mesi più soleggiati, cioè dal 21 di Marzo fino al 21 di Settembre, mentre invece nei restanti sei mesi dell’anno, dal 21 Settembre al 21 Marzo, produce solo il 30% dell’energia annuale. La richiesta di energia elettrica italiana invece non cambia tra i mesi caldi e i mesi freddi. È vero che generalmente i consumi d’estate aumentano, ma l’aumento è compensato dai ridottissimi consumi di Agosto, mese in cui, a causa delle vacanze, moltissime aziende sono chiuse e di conseguenza anche i consumi sono bassi. Sempre guardando i dati di Terna si vede come la richiesta di energia elettrica italiana sia sostanzialmente divisa a metà, cioè 50% nei sei mesi caldi e 50% nei sei mesi freddi.

Quindi, se il fotovoltaico produce il 70% dell’energia annuale solo in sei mesi, risulta evidente che è necessario fare un accumulo di energia stagionale che permetta di accumulare almeno un 20% di energia in più, per poi poterlo utilizzare nei mesi in cui il fotovoltaico produce di meno. Occorre dunque disporre di sistemi di accumulo in grado di poter immagazzinare circa 32,8 TWh di energia.

L’accumulo di energia elettrica rappresenta un mondo vastissimo, sul quale è possibile trovare migliaia di articoli scientifici che trattano, tra le altre cose, di: rotori ad altissima velocità, sistemi ad aria compressa (CAES) o ad aria liquida (LAES), sistemi di pompaggio di acqua ad alta quota nei bacini idrici, idrogeno, batterie elettriche e così via.

Senza entrare nel dettaglio, occorre sottolineare il fatto che l’accumulo di per sé rappresenta già uno spreco in termini energetici, e per questo motivo andrebbe sempre evitato, se possibile. Accumulare energia infatti, richiede che una parte dell’energia iniziale venga “persa” nel corso della fase di stoccaggio; se ad esempio si vuole accumulare 1 kWh di energia elettrica per poterlo utilizzare in un secondo momento, solo una frazione ridotta di quel kWh sarà effettivamente ancora disponibile al momento dell’utilizzo. Noi però vogliamo essere ottimisti e quindi supponiamo (con tanta fantasia) che non ci siano perdite durante l’accumulo, cioè ipotizziamo un rendimento dei sistemi di accumulo del 100%.

Oggi, in Italia, l’accumulo di energia con sistemi di pompaggio di acqua ad alta quota si assesta intorno ai 2,5 TWh; di conseguenza, servirebbero 30 TWh circa di accumulo aggiuntivi. Le batterie elettriche risultano essere il sistema più facile da usare su larga scala, tuttavia, a prescindere da quale tecnologia di accumulo si decida di utilizzare, il costo si aggira sulle centinaia (se non migliaia) di euro per kWh di energia accumulabile. Assumiamo in maniera ottimistica che si riesca in un futuro prossimo ad avere un prezzo dei sistemi di accumulo non superiore ai 100 euro/kWh.

1 TWh corrisponde ad un miliardo di kWh, quindi 30 TWh corrispondono a 30 miliardi di kWh e se abbiamo detto che il costo è di 100 euro a kWh, otteniamo 3000 miliardi di euro.

3000 miliardi di euro sono il 170% del PIL italiano del 2019, e più di 14 volte il valore del Recovery Fund che arriverà all’Italia.

Questo solo per pagare il sistema di accumulo del fotovoltaico.

Non abbiamo ancora considerato l’accumulo dell’eolico, le spese di modifica e potenziamento della rete elettrica, il costo dei pannelli fotovoltaici e delle turbine eoliche. Sì, perché per avere 164 TWh di energia elettrica dal fotovoltaico sarebbero necessari circa 140 GW di potenza installata, dato che per fare gli attuali 24 TWh servono circa 21 GW di potenza installata; quindi circa 560 milioni di pannelli fotovoltaici con una potenza di 250 W ciascuno. Ad oggi un pannello da 250 W ha un costo di 300 euro, installazione compresa. Anche supponendo che questo costo si riduca dell'80% nei prossimi anni, sarebbero comunque altre centinaia di miliardi.

I pannelli fotovoltaici, come le turbine eoliche e anche le batterie elettriche, hanno una vita media di 20-25 anni; quindi una simile spesa andrebbe rinnovata ogni 20-25 anni per sostituire tutti i pannelli fotovoltaici, le turbine eoliche e le batterie.

Sperando di riuscire a riciclare quasi tutto, altrimenti avremo milioni di tonnellate di pannelli esausti fatti con materiali tossici, che dovranno essere mandati in discarica insieme alle batterie e alle turbine - e abbiamo escluso dai conti il costo di riciclaggio e smaltimento.

In tutto questo poi non è stato ancora considerato l’impatto ambientale causato dall’estrazione massiccia di litio e cobalto, necessari per fare le batterie, in paesi come Cile e Congo; o dall’estrazione di terre rare dalle miniere in Cina per fare i pannelli fotovoltaici, a maggior ragione se consideriamo che l'obiettivo del 100% rinnovabili è comune a molti altri paesi oltre all'Italia.

Concludiamo ricordando che tutto questo calcolo è fatto solo sull’energia elettrica e non sull’energia totale; quando in futuro si vorrà utilizzare su larga scala l’auto elettrica, allora i consumi elettrici aumenteranno drasticamente facendo aumentare di pari passo anche il numero di pannelli fotovoltaici, turbine eoliche e batterie necessarie, e lo stesso varrà nel momento in cui si vorrà decarbonizzare anche la produzione di calore per il riscaldamento domestico e/o industriale.

Alla luce di tutto questo, la domanda è: siamo davvero sicuri di voler andare avanti a investire SOLO in energie rinnovabili?

E soprattutto, se qualcuno d’ora in poi vi chiedesse se è tecnicamente possibile arrivare al 100% di energia rinnovabile in Italia, voi rispondereste di sì o di no?

-Fulvio Buzzi

E un'Italia nucleare?

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