Scorie nucleari

Scorie nucleari

Avvocato Atomico

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"E allora le f̶o̶i̶b̶e̶ scorie?" parte 2

Continuiamo oggi la serie di articoli sulle cosiddette "scorie radioattive". Abbiamo visto la volta scorsa che queste si dividono in tre categorie e che le scorie di medio e basso livello richiedono di essere stoccate per periodi di tempo relativamente brevi. Oggi affrontiamo invece il problema delle scorie di alto livello, quelle che "durano per migliaia di anni".

Il costituente principale delle scorie di alto livello sono le barre di combustibile "scarico" del reattore. Per capire meglio il problema occorre avere un'idea dei materiali di cui queste barre sono composte. I reattori tradizionali ad acqua tipicamente sfruttano Diossido di Uranio (UO₂) con un grado di arricchimento che viaggia tra il 3% e il 7%: questo vuol dire che il 3-7% del combustibile è costituito da Diossido di Uranio 235 (fissile), mentre la rimanenza è costituita da Diossido di Uranio 238 (non fissile).

Durante il funzionamento del reattore succedono due cose: innanzitutto buona parte degli atomi di Uranio 235 si rompono, dando origine ai vari sottoprodotti della fissione; in secondo luogo, alcuni dei neutroni prodotti dalla fissione dell'Uranio 235 vanno a colpire gli atomi di Uranio 238, trasformandoli in Plutonio 239 - questo nei reattori di tipo tradizionale avviene in maniera limitata, perché si tratta di una reazione che richiede neutroni con un'elevata energia cinetica, e l'acqua di raffreddamento dei reattori tradizionali rallenta i neutroni.

Naturalmente non tutti gli atomi di fissile si rompono durante il funzionamento del reattore: ad un certo punto il loro numero diventa semplicemente troppo basso per garantire un tasso di reazioni stabile, e a quel punto il combustibile viene considerato "esausto". La percentuale di atomi di combustibile che va incontro a fissione è detta "Burnup", e dipende dalle caratteristiche tecniche del reattore.

Un riassunto schematico di ciò che entra ed esce dal reattore, supponendo un combustibile arricchito al 5%, potrebbe realisticamente essere il seguente (vedi anche immagine 1).

In entrata:

  • 95% Uranio 238
  • 5% Uranio 235

In uscita:

  • 92% Uranio 238
  • 1,5% Uranio 235 + Uranio 236
  • 1,5% Plutonio 239 + Plutonio 240 (fissili)
  • 5% Prodotti di fissione

Questa sarà dunque la composizione della nostra scoria radioattiva di alto livello.

Che cos'è il riprocessamento?

È un procedimento che consiste nel recuperare quell'1,5% di Plutonio per farci del nuovo combustibile: il Plutonio infatti si può mescolare all'Uranio 238 per ottenere il MOX (Mixed OXids fuel), che ha caratteristiche simili a quelle dell'Uranio arricchito.

Attenzione a non farsi ingannare dai numeri: recuperare quell'1,5% di materiale significa ridurre la quantità di scorie di una percentuale ben maggiore. Il confronto infatti non va fatto con la massa totale del combustibile, bensì con quella del fissile, che se ricordate all'inizio era appena il 5%.

Quell'1,5% di Plutonio recuperato in teoria potrebbe generare il 30% dell'energia di una barra di combustibile nuova di zecca, il che significa che, a parità di energia, si avrebbe un risparmio del 30% di Uranio e si produrrebbe una quantità inferiore del 30% di scorie - in realtà i numeri sono leggermente più bassi, tra il 12 e il 20%, in quanto non si riesce ad estrarre il 100% dell'energia dal plutonio riprocessato (vorrebbe dire rompere ogni singolo atomo di fissile, il che è ovviamente impossibile).

Dopo che il combustibile ottenuto dal primo riprocessamento è stato bruciato, il combustibile esausto contiene ancora del Plutonio, ma è poco più della metà di quello iniziale, e in più è estremamente impuro dal punto di vista della composizione isotopica, e pertanto è assai poco pratico tentare un secondo riprocessamento.

Ma cosa succederebbe se in un reattore si producesse una quantità di Plutonio SUPERIORE alla quantità di fissile originario? Se invece di generare l'1,5% di Plutonio partendo da un 5% di Uranio fissile se ne generasse, ad esempio, il 7%? E se anche bruciando il combustibile riprocessato si generasse Plutonio in quantità superiore a quella di partenza, sempre a partire dall'Uranio 238?

Se avessimo a disposizione una tecnologia del genere, otterremmo tre importanti risultati:

  • il primo è che diventerebbe conveniente effettuare riprocessamenti multipli, visto che ogni volta si avrebbe un guadagno in termini di fissile (a spese dell'Uranio 238, detto "fertile", la cui percentuale andrebbe a calare sempre di più);
  • il secondo è che si andrebbero progressivamente a consumare tutto l'Uranio e tutto il Plutonio, e le uniche scorie rimanenti a quel punto sarebbero i prodotti di fissione.
  • il terzo risultato è che, a parità di minerale estratto, si potrebbe ottenere da trenta a cento volte più energia, considerando anche la possibilità di riciclare l'Uranio impoverito che resta come sottoprodotto dell'arricchimento.

Avremmo dunque reattori molto più efficienti dal punto di vista del consumo di combustibile, che non generano scorie con tempi di decadimento millenari (due terzi dei prodotti di fissione sono stabili e la parte rimanente ha comunque tempi di dimezzamento dell'ordine di qualche decennio) e che potrebbero addirittura riciclare le scorie prodotte fino ad oggi dai reattori di tipo tradizionale (abbiamo visto che le barre di combustibile esausto sono composte per oltre il 90% di Uranio 238, che potrebbe essere usato per produrre il MOX).

Prospettiva fantascientifica? Proprio per niente: non solo i reattori che producono più fissile di quello che consumano esistono già, ma sono stati addirittura tra i primi modelli a venire progettati, e il motivo per cui sono stati poi abbandonati è prettamente economico. Il principio di funzionamento in realtà è piuttosto semplice: l'efficienza della reazione che trasforma l'Uranio 238 in Plutonio dipende dall'energia cinetica dei neutroni di fissione. L'acqua di raffreddamento agisce come moderatore di questi ultimi, favorendo la fissione, ma sfavorendo la reazione di fertilizzazione dell'Uranio 238.

Se al posto dell'acqua si utilizza un fluido di raffreddamento differente, che non sia un moderatore neutronico, si può aumentare l'efficienza di conversione del fertile in fissile, fino a renderla superiore ad uno (ovviamente questo sfavorisce il processo di fissione, ma a questo si può porre rimedio utilizzando combustibile con un maggior grado di arricchimento).

La necessità di avere un fluido di raffreddamento differente comporta però dei costi aggiuntivi, costi che al momento rendono la costruzione di questi reattori "autofertilizzanti" (in inglese Fast (neutron) Breeding Reactors, reattori autofertilizzanti a neutroni veloci) meno conveniente rispetto al semplice stoccaggio in sicurezza delle scorie radioattive, e questo è il motivo per cui oggi si costruiscono ancora principalmente reattori raffreddati ad acqua.

Tuttavia la crescente preoccupazione internazionale per le scorie ha riportato l'attenzione verso questo tipo di tecnologie, e oggi molti paesi stanno investendo negli FBR di quarta generazione. La Russia, in particolare, ha inaugurato il primo reattore a neutroni veloci di nuova generazione nel 2014, nella centrale di Beloyarsk (modello BN-800, foto 2), e la prima "infornata" di combustibile MOX ottenuto da Uranio 238 di recupero e Plutonio riprocessato è stata effettuata a gennaio di quest'anno. Entro la fine del 2021 il reattore brucerà unicamente combustibile prodotto da scorie radioattive.

-Luca

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