Chi ha tempo non aspetti tempo!

Chi ha tempo non aspetti tempo!

Avvocato Atomico

Post originale su FB: https://www.facebook.com/AvvocatoAtomico/posts/194133442252854

Uno degli aspetti più controversi riguardo alle centrali nucleari riguarda i loro tempi di costruzione. Secondo molti detrattori, i reattori richiedono oltre un decennio ad essere costruiti, e questo limita molto l'utilità del nucleare per combattere il riscaldamento globale, dal momento che il tempo a disposizione, come sappiamo, è poco. Solitamente chi propone questa argomentazione fa poi l'esempio dei tre reattori EPR attualmente in costruzione in Europa Occidentale (Flamanville-3 in Francia, Olkiluoto-3 in Finlandia, Hinckley Point C nel Regno Unito), i quali effettivamente hanno avuto e stanno avendo ritardi enormi e costi lievitati.

Si tratta dunque di un'obiezione legittima?

In realtà no, ma è il caso di spiegare perché. Prima di tutto, i tre reattori in questione sono esempi abbastanza fallaci, e non perché non sia vero che hanno avuto tempistiche tremendamente dilatate, ma perché si tratta di eccezioni e non della regola. Il tempo medio di costruzione di un reattore, se consideriamo tutti quelli costruiti fino ad ora, è di 7,5 anni dalla prima colata di cemento alla prima criticità, e questo numero scende se si prendono in esame solo i reattori costruiti negli ultimi due decenni.

Come mai i reattori citati poco sopra stanno impiegando così tanto a venire ultimati?

Vi sono diverse motivazioni che possono portare a rallentamenti nello sviluppo di un programma nucleare, o nella costruzione di una centrale, e sono più spesso politiche che tecniche:

  1. in alcuni casi, l'over-regulation causa una dilatazione dei tempi burocratici per la concessione di tutte le autorizzazioni: è il caso di Hinckley Point C, i cui tempi si sono allungati in fase preliminare, mentre i lavori di costruzione, da quando sono stati avviati, stanno procedendo più o meno secondo la tabella di marcia (al netto di qualche ritardo dovuto al CoVid);
  2. spesso la costruzione di un reattore nucleare va incontro ad una forte opposizione popolare - è stato il caso, ad esempio, di Superphenix, in Francia. Occorre quindi trovare il modo di far accettare la nuova struttura alla popolazione locale e ai comitati di NIMBY, che in Italia hanno fatto fallire progetti anche meno controversi, come le centrali solari a concentrazione. Pensate a quanto ci è voluto/ci sta volendo per il TAV;
  3. quando viene prodotto un nuovo modello di reattore, le specifiche vanno testate per intero in ogni fase della costruzione, e può capitare che alcuni dettagli del progetto vadano corretti. Solo che, trattandosi di reattori nucleari, le severissime norme di sicurezza richiedono che ognuna di queste correzioni sia approvata dall'ente regolatore prima di venire implementata. È ciò che è successo sia a Olkiluoto 3 che a Flamanville 3, che sono stati i primi modelli EPR che si è iniziato a costruire; i due EPR di Taishan (Cina), nonostante la costruzione sia stata iniziata successivamente, sono già operativi;
  4. gli enti regolatori, in Europa, sono estremamente severi, e spesso vanno oltre le già rigide normative internazionali. Come conseguenza può capitare che, per una singola componente non perfettamente a norma, l'azienda incaricata di costruire il reattore sia costretta a demolire e ricostruire una parte dell'intera struttura: è quello che è successo a Flamanville, dove per otto saldature imperfette EDF è stata costretta a ricominciare sostanzialmente i lavori da capo. In Europa, inoltre, è obbligatorio testare diverse migliaia (sì, migliaia) di configurazioni del reattore, una volta che questo è stato ultimato, prima di poterlo avviare: questo non succede ad esempio in Russia e in Cina, dove i test a caldo vengono fatti col reattore già acceso, in modo che se vanno bene lo si possa connettere subito alla rete elettrica.

Ad un allungamento dei tempi corrisponde quasi sempre un aumento dei costi, in parte perché la manodopera va comunque pagata, ma soprattutto perché gli interessi sui prestiti iniziano a scadere, e un rinnovo del prestito comporta un innalzamento dei tassi. Un caso emblematico, in questo senso, è quello di Hinckley Point C, reattore che viene quasi sempre citato come esempio dei costi insostenibili del nucleare: dal momento che il governo inglese non ha concesso prestiti a EDF e ha imposto che la costruzione fosse a carico dell'azienda stessa, nel momento in cui si è palesato un rischio regolatorio dovuto ai ritardi burocratici, i tassi di interesse sono schizzati al 9%, e finiranno con l'incidere per oltre il 50% sul prezzo finale del kWh: se il governo inglese avesse prestato soldi a EDF con un tasso di interesse pari all'inflazione, EDF avrebbe potuto venere l'energia alla metà del prezzo previsto, una volta terminati i lavori.

Se allunghiamo lo sguardo fuori dall'Europa, la situazione, per quanto riguarda i tempi di costruzione delle centrali, assume tutta un'altra prospettiva: in Cina, dove si stanno costruendo dai 6 agli 8 reattori all'anno (e si continuerà così almeno fino al 2030), i tempi sono ormai stabilmente sotto i cinque anni; la centrale di Barakah, negli Emirati Arabi, costruita dai coreani, ha avuto solo un anno di ritardo (dovuto alla certificazione degli operatori e non ai lavori); i VVER-1200 russi in costruzione in diversi paesi del mondo (Bangladesh, Pakistan, Bielorussia, Turchia, etc.) stanno tutti rispettando le scalette (che prevedono sempre tempi di cinque anni), e presto la Cina inizierà ad esportare il suo nuovo modello, lo Hualong One, il cui progetto pilota è entrato in funzione di recente e nei tempi previsti.

Il record per il reattore costruito più rapidamente spetta comunque al Giappone, che negli anni '80 ha costruito l'unità 1 della centrale di Onagawa in soli quattro anni, e poi si è ripetuto con l'unità 2.

Certo, si tratta pur sempre di tempi lunghi, rispetto a quelli richiesti dalla costruzione di una centrale a gas, di un parco eolico o di una solar farm. Ma parliamo pur sempre di reattori nucleari, ovvero di giocattolini che, una volta ultimati, sviluppano una potenza di oltre 1 GW e la mantengono per oltre il 93% del tempo, senza emissioni di alcun tipo.

E infatti vi sono ampie evidenze che proprio il nucleare, nonostante l'apparente "lentezza" sia in realtà il metodo più rapido per decarbonizzare la produzione di energia elettrica di una nazione, come possiamo vedere dalle immagini in fondo.

Il primo grafico mostra infatti l'incremento della produzione di energia nucleare francese nel corso degli anni. Si può vedere come gli investimenti massicci fatti soprattutto a partire dalla crisi del petrolio del 1973 abbiano portato, a partire dal 1978, col completamento dei primi reattori, ad un incremento massiccio della percentuale di energia prodotta tramite il nucleare, a scapito dei combustibili fossili, in appena un decennio.

Se dunque è vero che occorre pazientare 5-7 anni per vedere dei risultati, quando questi arrivano valgono ampiamente la pena dell'attesa.

Investimenti più immediati, disgraziatamente, non rendono altrettanto: la seconda immagine mostra infatti la quantità di potenza low-carbon che diversi paesi sono riusciti ad installare nel corso di un decennio. Vediamo subito come al primo posto vi sia la Norvegia nel decennio 1980-1990 - ma sappiamo bene che pochi paesi possono permettersi di andare avanti solo con l'idroelettrico - mentre le posizioni successive sono tutte occupate da paesi nucleari. I paesi che hanno investito in rinnovabili aleatorie sono tutti molto indietro in classifica, e il primo a comparire è la Svezia, che però utilizza nucleare e idroelettrico per il carico di base e l'eolico solo per il complemento.

Notiamo anche come, nonostante i 600 miliardi di euro investiti, la Germania sia messa malissimo, e questo nonostante l'aumento dei consumi elettrici nel decennio 2008-2018 sia stato inferiore a quello del decennio 1979-1989, in cui la Francia ha decarbonizzato la sua produzione di energia.

L'Energiewende tedesca è stata annunciata nel 2012; da allora sono passati ormai quasi 9 anni. In questo momento (immagine 3) la Germania emette 515 grammi di CO₂ per kWh di energia generata, e sta anche importando dalla Francia.

Siamo proprio sicuri che sia il nucleare la tecnologia che impiega troppo tempo a portare a dei risultati concreti?

-Luca

Il primo grafico mostra infatti l'incremento della produzione di energia nucleare francese nel corso degli anni. Si può vedere come gli investimenti massicci fatti soprattutto a partire dalla crisi del petrolio del 1973 abbiano portato, a partire dal 1978, col completamento dei primi reattori, ad un incremento massiccio della percentuale di energia prodotta tramite il nucleare, a scapito dei combustibili fossili, in appena un decennio.
quantità di potenza low-carbon che diversi paesi sono riusciti ad installare nel corso di un decennio
la Germania emette 515 grammi di CO₂ per kWh di energia generata, e sta anche importando dalla Francia

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