Maria nella Fede della Chiesa Cattolica

Maria nella Fede della Chiesa Cattolica

Segreteria Parrocchia Botricello

I 4 dogmi di Maria (ed anche la Mediazione Universale ed Il Culto)

Maria nella Storia della Salvezza

Introduzione

Il mistero di Maria può essere trattato da diverse angolature.

C’è chi ne parla proiettando immediatamente su di lei la luce che procede da Cristo e costruisce così una mariologia cristologica, il cui punto di riferimento è la divina maternità. Unita indissolubilmente a Cristo dall’atto superno che la fece madre, viene integrata nell’ordine ipostatico e resa partecipe dei privilegi che ne scaturiscono: concepimento immacolato, verginità perpetua, collaborazione attiva nell’opera della redenzione, assunzione al cielo in corpo e anima, mediazione universale di tutte le grazie.

In questa prospettiva cristologica è Maria che, in un certo senso, trascende la Chiesa ed è agevole comprendere quanto le convenga il titolo di madre nostra: non soltanto di tutti e di ciascun credente, ma della stessa Chiesa. 

Altri teologi preferiscono organizzare la mariologia assumendo a fondamento l’esemplarità della Vergine rispetto alla Chiesa: è la mariologia ecclesiologica, che la vede del tutto immanente nel corpo mistico di cui è il prototipo, perché accetta l’incarnazione del Verbo e gli presta la propria carne perché si faccia uomo (maternità divina). A sua somiglianza la Chiesa concepisce nel suo grembo i cristiani, nati verginalmente dall’acqua e dallo Spirito (cf. Gv 3,5): come lei è dunque madre e vergine, è immacolata, “senza macchia né ruga” (Ef 5,27), libera da ogni colpa, compresa quella originale, concepita senza peccato nel battesimo.

Nella sua glorificazione e assunzione corporale essa è il tipo del destino escatologico della Chiesa; infine, con la sua libera accettazione dell’incarnazione e della croce è colei che riceve in sé i frutti della redenzione del suo divin Figlio, tanto a livello individuale che collettivo, perché con quel fiat si faceva depositaria di tutte le grazie per la salvezza che la redenzione doveva lasciare come dispensatrice alla Chiesa. 

Queste due impostazioni vennero più volte a confronto: il Vaticano II non volle pronunciarsi né per l’una né per l’altra, perché entrambe vantano una lunghissima tradizione nella teologia cattolica; il che dimostra che, più che entrare in dispute, sarebbe utile integrare i valori positivi dell’una e dell’altra in una mariologia completa. 


1. La divina Maternità

La credenza della Chiesa nella divina maternità di Maria è professata già dagli inizi del sec. II in forme equivalenti e chiare da Ignazio di Antiochia, Giustino, Ireneo e dai grandi autori del sec. III. È possibilissimo che il titolo di Madre di Dio venisse già usato da Ippolito e da Origene; doveva comunque essere abituale nella Chiesa alessandrina ancor prima del sec. IV, a giudicare dall’antichissima preghiera Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genetrix, conservataci in un papiro anteriore al concilio di Efeso. 

La divina maternità di Maria fu solennemente proclamata ad Efeso nel 431: contro Nestorio fu definita l’unicità della persona divina in Cristo, con la conseguenza che Maria è veramente madre di Dio. La stessa verità di fede è contenuta nella formula di unione tra alessandrini e antiocheni, elaborata due anni dopo, e nel concilio di Calcedonia. 


 1) Lettera Olim quidem di Giovanni II

(marzo 534) 

Introduzione

Risolti i problemi di fondo in queste due assemblee ecumeniche, restava ancora aperto il campo ad una immensa casistica di nuove formulazioni, che potevano facilmente ingenerare sospetti circa la loro esattezza dogmatica: per es. se era legittimo professare che Cristo era “uno della Trinità”, come facevano i monaci della Scizia, o che Cristo-Dio patì nella sua carne, o che la vergine Maria era veramente e in senso proprio madre del Verbo incarnato. 

Papa Ormisda si era astenuto dal pronunciarsi autoritativamente su queste formulazioni; ma Giustiniano fece pressioni su papa Giovanni II, che in una lettera a lui e al senato di Costantinopoli rispose giustificando le tre formule a motivo della communicatio idiomatum. 

  • TESTO: M 8, 805-806. 

Latino:
Gloriosam vero sanctam semper virginem Mariam et proprie et veraciter Dei genetricem matremque Dei Verbi ex ea incarnati ab hominibus catholicis confiteri recte docemus. Proprie namque et veraciter idem ipse ultimis temporibus incarnatus, ex sancta et gloriosa Virgine matre nasci dignatus est. Propterea ergo, quia proprie et veraciter Dei Filius ex ea incarnatus et natus est, ideo proprie et veraciter matrem Dei ex ea incarnati et nati esse confitemur, et proprie quidem, ne Dominus Iesus per honorificentiam vel gratiam nomen Dei accepisse credatur, sicut Nestorius sentit insulsus: veraciter autem ideo, ne in phantasmate aut aliquo modo non veram sumpsisse carnem credatur ex virgine, sicut asseruit impius Eutyches. 

Italiano:
Giustamente insegniamo che la gloriosa e santa sempre vergine Maria è proclamata dai cattolici propriamente e veramente genitrice di Dio e madre del Verbo di Dio in lei incarnato. Egli infatti negli ultimi tempi si è propriamente e veramente incarnato, degnandosi di nascere dalla santa e gloriosa Vergine madre. Se dunque il Figlio di Dio si è propriamente e veramente incarnato ed è nato in lei, allora propriamente e veramente la diciamo madre del Dio che in lei si è incarnato ed è nato. E davvero propriamente, perché non si pensi che il Signore Gesù ebbe il titolo di Dio soltanto come onorificenza o concessione, come pretendeva l’insulso Nestorio; davvero anche veracemente, perché non si creda che abbia preso dalla Vergine non un corpo umano, ma una parvenza o qualcosa di irreale, come assicurava l’empio Eutiche. 

 

2) Bolla Cum quorumdam di Paolo IV

(7.8.1555) 

 Esplosa ormai la Riforma protestante e spezzati i legami con il magistero della Chiesa cattolica, si cercò di presentare una concezione complessiva del cristianesimo sotto il segno del razionalismo. Era una corrente che non negava nulla in particolare della fede cattolica, ma minacciava i fondamenti della verità, specialmente la dottrina trinitaria e quindi di riflesso la maternità divina di Maria e tutto quel che superava i limiti della comprensione umana. Alcuni umanisti, tra cui Juan Valdés e più decisamente Serveto simpatizzavano per queste idee; e più tardi i sociniani, detti anche unitari perché negavano la Trinità, e una serie di liberi pensatori le propagarono per tutta l’Europa. 

Di fronte a questa confusione, Paolo IV con la bolla Cum quorumdam lanciò un vibrante richiamo nel tentativo di recuperare i fuorviati e ammonire gli incauti. Il documento non fa nomi particolari, e nemmeno si può dire che sia una presa di posizione ex cathedra; è però notevole per il contenuto, perché rispecchia la fede universale. Mezzo secolo più tardi (1603) la bolla fu confermata da Clemente VIII con il breve Dominici gregis. 

Latino:
Cum quorumdam hominum pravitas atque iniquitas eo usque nostris temporibus processerit, ut ex iis, qui a catholica fide aberrant et desciscunt, plurimi quidem non solum diversas haereses profiteri, sed etiam ipsius fidei fundamenta negare praesumant, et eorum exemplo multos in interitum animae deducant; nos cupientes pro nostro pastorali officio et caritate huiusmodi homines, quantum cum Deo possumus, a tam gravi et pestilenti errore avocare, ac ceteros, ne in talem impietatem labantur, paterna severitate admonere, omnes et singulos, qui hactenus asseruerunt, dogmatizarunt vel crediderunt, Deum omnipotentem non esse trinum in personis et incomposita omnino indivisaque unitate substantiae et unum unamet simplici divinitatis essentia; aut Dominum nostrum non esse Deum verum eiusdem substantiae per omnia cum Patre et Spiritu Sancto;

Italiano:
La perfidia e la malvagità di alcuni è giunta al punto che ai nostri giorni tra quelli che odiano la fede cattolica e se ne staccano molti ardiscono non soltanto professare le varie eresie, ma negare addirittura gli stessi fondamenti della fede, trascinando molti con il loro esempio alla rovina dell’anima. Mossi dal nostro dovere pastorale e dalla carità, noi desideriamo fare il possibile, con l’aiuto di Dio, per allontanare tali uomini da un errore tanto grave e contagioso, e ammonire con paterna severità gli altri, tutti e singolarmente, a non cadere nell’empietà di quelli che finora hanno asserito, dogmatizzato e creduto che Dio onnipotente non è trino nelle persone, in un’unità senza parti né nessuna divisione della sostanza, e uno nella semplice essenza della divinità; oppure che il Signore nostro non è vero Dio, in tutto consostanziale al Padre e allo Spirito santo; 

Latino:
aut eumdem secundum carnem non esse conceptum in utero beatissimae semperque virginis Mariae de Spiritu Sancto, sed sicut ceteros homines ex semine Ioseph; aut eumdem Dominum ac Deum nostrum Iesum Christum non subiisse acerbissimam crucis mortem, ut nos a peccatis et ab aeterna morte redimeret et Patris ad vitam aeternam reconciliaret; aut eamdem beatissimam virginem Mariam non esse veram Dei matrem, nec perstitisse semper in virginitatis integritate, ante partum scilicet, in partu et perpetuo post partum, ex parte omnipotentis Dei Patris et Filii et Spiritus Sancti apostolica auctoritate requirimus et monemus...

Italiano:
oppure che egli non fu fisicamente concepito per opera dello Spirito santo nel grembo della beatissima e sempre vergine Maria, ma dal seme di Giuseppe, come tutti gli altri uomini; oppure che lo stesso Signore e Dio nostro Gesù Cristo non subì la crudelissima morte di croce per liberarci dai peccati e dalla morte eterna e riconciliarci al Padre per la vita eterna; oppure che la detta beatissima vergine Maria non è vera madre di Dio, né è rimasta sempre in integra verginità, prima del parto, nel parto e perpetuamente dopo il parto. Con l’autorità apostolica che ci viene da Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito santo, chiediamo e ammoniamo... 


II. La Verginità

Introduzione

Premesso che la verginità di Maria è senz’ombra di dubbio attestata dagli evangeli, si capisce bene che già i padri apostolici, tra cui Ignazio di Antiochia, e i primi apologeti, come Giustino, e controversisti come Ireneo di Lione proclamano con fermezza che questa verità fa parte del deposito della fede. 

Il primo documento ufficiale che la contiene è l’antichissimo simbolo detto apostolico, che nella redazione di Ippolito è dell’inizio del sec. III (215?) e dipende, come redazione romana più antica, da una fonte anteriore. La forma interrogativa del Credo è più arcaica di quella espositiva. La verginità di Maria vi figura tra le verità fondamentali, almeno riguardo al tempo del concepimento di Gesù; ma la recensione romana antica, che gli è contemporanea, offre appigli a una distinzione tra il momento del concepimento e quello del parto, e così l’intesero i padri del concilio di Milano del 393, che condannarono Gioviniano, negatore della verginità del parto. Essi rinvennero nel simbolo due diverse affermazioni: l’origine per opera dello Spirito santo (concepimento) e la generazione (parto). Questa distinzione si perpetuò nelle formule posteriori. 

L’esplicitazione della fede nella verginità di Maria si andò completando via via in connessione con il sorgere delle controversie. Nel sec. IV nasce l’appellativo “sempre vergine” (simbolo di Epifanio, anno 374), poi ripresa dal magistero universale nel concilio II di Costantinopoli del 553. Vigeva allora anche la formula ternaria: prima del parto, nel parto e dopo il parto, per confutare alcuni eretici che negavano l’ultimo fatto. Talvolta il detto riveste forma binaria: prima del parto, nel parto, ma è certo che già nel sec. IV Girolamo, in polemica con Elvidio, intende “dopo il parto” nel senso della verginità perpetua. 

La formula ternaria fu usata certamente dai vescovi africani fin dal sec. V o dall’inizio del VI, e venne riconosciuta e passò agli atti del concilio III di Costantinopoli (680); fu ampiamente commentata negli omeliari medioevali, e divenne attuale nelle scuole teologhe almeno a datare da Tommaso d’Aquino; fu infine consacrata dal magistero universale di Paolo IV con la bolla Cum quorumdam. Inutile precisare che questi documenti alludono ad una verginità non solo spirituale, ma anche fisica. 


A. La verginità nel Concepimento

a) Formula di Ippolito

(215?) 

 L’antipapa Ippolito di Roma verso il 215 compose la Traditio apostolica, tramandata in parte in diverse compilazioni delle Chiese orientali: le “Costituzioni della Chiesa d’Egitto”, i “Canoni di Ippolito”, il “Testamento di nostro Signore Gesù Cristo”. Sono tutte raccolte ad uso liturgico e disciplinare che hanno alle spalle tutta una prassi anteriore. In Occidente si è salvata una versione latina dell’originale greco in un palinsesto della fine del sec. IV. La forma interrogativa del simbolo è ottimo indizio della sua arcaicità. 

  •  TESTO: KT 17, 11. 

Latino:
 5.00410 Credis in Deum Patrem omnipotentem? Credis in Christum Iesum, Filium Dei, qui natus est de Spiritu Sancto ex Maria virgine, et crucifixus sub Pontio Pilato et mortuus est et sepultus, et resurrexit die tertia vivus a mortuis, et ascendit in caelis et sedit ad dexteram Patris, venturus iudicare vivos et mortuos? Credis in Spiritum Sanctum, et sanctam Ecclesiam et carnis resurrectionem?

Italiano:
Credi in Dio, Padre onnipotente? ...Credi in Gesù Cristo, Figlio di Dio, che nacque da Maria vergine per opera dello Spirito santo, e fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, e morì e fu sepolto, e il terzo giorno risuscitò vivo dai morti, e salì al cielo, siede alla destra del Padre e verrà a giudicare i vivi e i morti? Credi nello Spirito santo, e nella santa Chiesa, e nella risurrezione della carne? 


b) Formula romana recepta

(?) 

 Questo simbolo distingue fra concepimento e nascita, ed è estremamente antico: lo si usava già nella liturgia gallicana, in Germania e in Irlanda, come certificano le formule citate da Fausto di Riez (450-480), Cipriano di Tolone (516-533), Cesario di Arles († 543) e altri. La liturgia romana lo introdusse verso la fine del sec. IX. 

 *0.502


2) Simbolo di Epifanio

(374) 

 In questo importante simbolo si ritrova per la prima volta l’espressione “sempre vergine”, che più tardi sarà fatta propria dal quinto concilio ecumenico. 

 *0.505


3) Professione battesimale di fede della Chiesa copta

(380?) 

 Questa professione di fede fa parte delle “Costituzioni della Chiesa egiziana”, che dipendono come altre dalla “Tradizione apostolica” di Ippolito. Come il simbolo di Epifanio e il concilio II di Costantinopoli, proclama in maniera incontrovertibile la certezza del concepimento verginale di Maria. 

  

  • TESTO: F.X. FUNK, Didascalia et Constitutiones Apostolorum, Paderborn 1905, 2, 110. 

Latino:
5.00562 Credis in Dominum nostrum Iesum Christum Filium unicum Dei Patris, quod mirabiliter propter nos homo factus est in unitate incomprehensibili per Spiritum suum Sanctum ex Maria sancta virgine sine semine virili, quodque crucifixus est pro nobis sub Pontio Pilato, mortuus est secundum suam voluntatem pro nostra salute simul, resurrexit tertia die, liberavit vinctos, ascendit in caelos, sedet ad dexteram Patris sui boni in excelsis, et iterum venit iudicare vivos et mortuos secundum revelationem suam et regnum suum. Et credis in Spiritum Sanctum, bonum et vivificantem, qui omnia purificat, in sancta Ecclesia.

Italiano:
Credi nel nostro Signore Gesù Cristo, Figlio unico di Dio Padre, che per noi si fece uomo in modo meraviglioso, in un’unità incomprensibile, per opera dello Spirito santo, dalla santa vergine Maria, senza seme virile; che fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì di propria volontà per la nostra salvezza, risuscitò il terzo giorno, liberò i prigionieri, salì al cielo, siede nell’alto alla destra del suo buon Padre, e di nuovo tornerà a giudicare i vivi e i morti, secondo la sua rivelazione e il suo regno. Credi anche nello Spirito santo, buono e datore di vita, che tutto purifica, nella santa Chiesa. 

 

4) Concilio di Toledo I

(settembre 400) 

 J.A. de Aldama ha dimostrato che il simbolo compreso nella collezione degli atti del primo concilio di Toledo è in realtà opera di Pastore, vescovo di Palencia, e fu approvato da un altro sinodo di Toledo nel 447. L’autentico simbolo del concilio, una redazione contratta, figura invece tra le opere attribuite ad Agostino e a Girolamo. Il concilio era stato indetto per bloccare l’eresia dei priscilliani e riunì diciannove vescovi, di cui quello di Mérida fu il presidente. Oltre a venti canoni disciplinari, stese la Regula fidei catholicae, seguita da dodici anatematismi, che nella redazione del 447 diventarono diciotto. 

  • TESTO: J.A. DE ALDAMA, El símbolo toledano I, (Analecta Gregoriana 7), Roma 1934, 32-33. 

Latino:
5.006189 [Credimus] hunc igitur Filium Dei, Deum, natum a Patre ante omne omnino principium, sanctificasse in utero beatae Mariae virginis, atque ex ea verum hominem, sine viri generatum semine, suscepisse; id est, Domunum Iesum Christum. Non imaginarium corpus aut forma sola compositum, sed solidum. Atque hunc et esuriisse et sitiisse et doluisse et omnia corporis exitia sensisse. Postremo crucifixum, mortuum et sepultum, tertia die resurrexisse; conversatum postmodum cum discipulis, quadragesima die ad caelos ascendisse; hunc filium hominis etiam Dei Filium appellari; Filium autem Dei, Deum, filium hominis non [sic] vocari. Resurrectionem vero humanae credimus carnis.

Italiano:
[Crediamo] poi che questo Figlio di Dio, nato dal Padre prima assolutamente che le cose avessero inizio, Dio l’ha santificato nel grembo della beata vergine Maria, dalla quale ha preso una vera natura umana, generata senza concorso virile: cioè, il Signore Gesù Cristo. Non un corpo immaginario o fatto solo di figura, ma concreto, che ha avuto fame e sete e ha sofferto e ha sentito tutte le avversità di un corpo. Fu infine crocifisso, morì e fu sepolto; risuscitò il terzo giorno, poi si intrattenne con i discepoli. Dopo quaranta giorni salì al cielo. Questo figlio dell’uomo si chiama anche Figlio di Dio; ma il Figlio di Dio, che è Dio, non [sic] si chiama Figlio dell’uomo. Crediamo anche nella risurrezione della carne umana. 


 5) Concilio di Costantinopoli II (ecumenico V)

(553) 

 Vi si riprende la formulazione del simbolo di Epifanio: “sempre vergine”. 

 *4.025

 

6) Lettera Humani generis di Pelagio I

(3.2.557) 

 Pelagio era stato collaboratore di papa Vigilio nella composizione del suo Constitutum (553), che condannava sessanta proposizioni di Teodoro di Mopsuestia e alcune altre attribuite a Teodoreto di Ciro, e dichiarava ortodossa la lettera di Iba, proibendo di censurare la persona. Dopo la condanna dei tre capitoli nel concilio di Costantinopoli (553) ed i turbamenti che in Occidente fecero seguito all’approvazione di Vigilio di quanto accaduto al concilio, compito di Pelagio, salito al soglio pontificio, fu la pacificazione degli animi e il ristabilimento della comunione con alcune province dell’Italia del Nord che avevano rotto i legami con la santa Sede (Milano e Aquileia), perché tacciavano il concilio e il papa di infedeltà a Calcedonia. Pelagio mandò allora una lettera a Childeberto I, figlio di Clodoveo, con una professione di fede conforme alle definizioni dei primi quattro concili ecumenici. 

  •   TESTO: M 9, 729. 

Latino:
5.007442 Ex hac autem sancta et beatissima atque consubstantiali Trinitate, credo atque confiteor unam personam, id est, Filium Dei pro salute humani generis novissimis temporibus descendisse de caelo, nec patriam sedem nec mundi gubernacula relinquentem; et Sancto Spiritu superveniente in beata virgine Maria, atque obumbrante ei virtute Altissimi, eumdem Verbum ac Filium Dei in utero eiusdem sanctae virginis Mariae clementer ingressum, et de carne eius sibi unisse carnem anima rationali et intellectuali animatam: nec ante creatam esse carnem, et postea supervenisse Filium Dei; sed, sicut scriptum est, sapientia aedificante sibi domum (cf. Prov 9,1), mox carnem in utero virginis, mox Verbi Dei carnem sanctam, exindeque sine ulla permutatione aut conversione Verbi carnisque naturae, Verbum se Filium Dei factum hominem unum in utraque natura, divina scilicet et humana, Christum Iesum Deum verum, eumdemque verum hominem processisse, id est, natum esse, servata integritate maternae virginitatis: quia sic eum virgo permanens genuit, quemadmodum virgo concepit.

Italiano:
Credo e professo che una persona di questa santa e beatissima Trinità, cioè il Figlio di Dio, per la salvezza del genere umano negli ultimi tempi è disceso dal cielo, senza lasciare né la sede paterna né il governo del mondo, e per azione dello Spirito santo nella beata vergine Maria, resa feconda dalla potenza dell’Altissimo, quello stesso Verbo e Figlio di Dio entrò per la sua bontà nel grembo della santa vergine Maria, e prendendo da lei la carne si è unito ad un corpo vivificato da un’anima razionale e intellettuale. Non però che prima sia stata creata la carne e poi sia sopravvenuto il Figlio di Dio, ma, come sta scritto, quando la Sapienza si costruì una casa (cf. Pr 9, 1), subito la carne nel grembo della Vergine fu immediatamente il santo corpo del Verbo di Dio, e in quell’istante, senza la minima mutazione o trasformazione nella natura del Verbo e del corpo, il Verbo e Figlio di Dio si fece uomo, uno solo nelle due nature, la divina e l’umana, Cristo Gesù Dio vero e uomo vero; provenne da lei, cioè nacque rispettando l’integrità della verginità materna, che lo generò rimanendo vergine, come vergine lo aveva concepito. 

Latino:
5.008442 Propter quod eamdem beatam virginem Mariam Dei genetricem verissime confitemur: peperit enim incarnatum Dei Verbum... Sic per secundam nativitatem sumens ex homine matre quod non erat, ut non desisteret esse quod per primam, qua ex Patre natus est, erat. Propter quod eum ex duabus, et in duabus manentibus indivisis inconfusisque credimus esse naturis.

Italiano:
Per questo confessiamo che la detta beata vergine Maria è verissima madre di Dio, perché partorì il Verbo di Dio incarnato... Così con una seconda nascita prese dall’umanità della madre quello che non era, senza cessare di essere quello che era per la prima, per la quale era nato dal Padre. Per questo crediamo che egli viene da due ed è in due nature, che rimasero indivise e distinte.

 

 7) Concilio di Toledo VI

(gennaio 638) 

 Vi presero parte cinquantadue vescovi della Spagna e della Gallia narbonese e promulgò diciotto canoni, il primo dei quali è un’elaborazione più estesa del simbolo del concilio IV di Toledo. 

  •  TESTO: M 10, 662. 

Latino:
5.009491 1. Ex his igitur tribus Divinitatis personis solum Filium fatemur ad redemptionem humani generis... a secreto Patris arcanoque prodiisse, et hominem sine peccato de sancta semper virgine Maria assumpsisse, ut idem Filius Dei Patris esset filius hominis, Deus perfectus et homo perfectus, ut homo Deus esset unus Christus naturis in duabus, in persona unus... in forma divinitatis aequalis Patri, in forma servi minor Patre... Natus itaque a Deo sine matre, natus a virgine sine patre, solum Verbum caro factum est, et habitavit in nobis (Io 1,14)...

Italiano:
1. Confessiamo dunque che di queste tre persone della Divinità soltanto il Figlio, per la redenzione del genere umano, procedendo dal segreto e dal mistero del Padre, assunse un’umanità senza peccato dalla santa sempre vergine Maria, in modo che fosse insieme Figlio di Dio Padre e figlio d’uomo, Dio perfetto e uomo perfetto, affinché l’unico Cristo fosse uomo e Dio in due nature, in una persona... nella sua parte divina uguale al Padre, nella forma di servo inferiore al Padre... Nato così da Dio senza madre, nato dalla Vergine senza padre, solo “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14)... 

  

8) Concilio Laterano IV (ecumenico XII)

(novembre 1215) 

 È uno dei più grandiosi che si siano celebrati nella Chiesa. Innocenzo III era riuscito a riunificare l’Europa e puntava a riformare seriamente la Chiesa, combattere gli errori, regolare la nuova situazione di Costantinopoli dopo l’occupazione dei crociati (12.4.1204) e organizzare la riconquista della Terrasanta. Vi intervennero 400 vescovi, 71 metropoliti, 800 abati, un gran numero di rappresentanti di capitoli canonicali e cattedrali, gli ambasciatori dell’impero d’Oriente e d’Occidente. Il vescovo di Amalfi vi trovò tragica morte, schiacciato nella ressa dell’enorme folla. Nelle tre sessioni pubbliche promulgò settanta capitoli dogmatici, rivolti contro le eresie dei catari, dei valdesi e di Gioacchino da Fiore († 1201); il primo è una confessione di fede ispirato al concilio XI di Toledo. Vi appare il termine transubstantiare a proposito dell’Eucaristia, e chiama Maria sempre vergine, come già aveva fatto il concilio del Laterano del 649. 

 *6.063

B. La verginità nel Parto

Introduzione

 La verginità di Maria nel parto, nel senso di un parto eccezionale, fu creduta in tempi antichi, nonostante avesse dato appiglio ai doceti e ai valentiniani per affermare che il corpo di Cristo non fosse reale. Nel sec. IV la documentazione è già sufficiente per poter dimostrare che su questo punto la fede della Chiesa era universale. La impugnò il monaco Gioviniano, che negava anche l’eccellenza dello stato verginale. Egli fu condannato nel sinodo di Roma del 393, che ritenne l’affermazione relativa già espressa nel simbolo apostolico. Dopo un quarantennio Leone Magno ne diede la medesima interpretazione. 

 

 1) Lettera Lectis dilectionis di Leone I

(13.6.449) 

 È il più antico documento pontificio che menziona la verginità di Maria nel parto. Si sa che fu acclamato al concilio di Calcedonia. 

 *4.007


 2) Concilio di Calcedonia (ecumenico IV) Lettera sinodale Repletum est

(novembre 451) 

 Non solo il concilio acclamò, come s’è detto, la lettera di Leone, ma nell’allocuzione diretta all’imperatore Marciano commemora la verginità nel parto, alludendo alle frustrate manovre del nemico per appannare questa verità del simbolo. 

  •   TESTO: ACO 2/I, 3, 112. 

 Italiano:
5.010 Ma il nemico della natura [umana] non riuscì a restare occulto agli sguardi scrutatori, ed ecco sorgere come luminari i padri ad illustrare l’esattezza della fede a tutti quelli che erano nell’errore proclamando accuratamente l’opera benefica dell’incarnazione: come il cielo dispose nel grembo materno l’economia [della salvezza], come la Vergine è detta madre di Dio perché Dio le accordò la grazia della verginità anche dopo la gravidanza e sigillò il grembo materno come conveniva a Dio, e nel contempo è detta madre con tutta ragione, perché diede un corpo al Signore dell’universo... 


3) Lettera Inter ea di papa Ormisda

(26.3.521) 

 Questa lettera risponde ad una richiesta dell’imperatore (9.9.520) con la quale Giustino consultava il papa sui provvedimenti per metter fine alle discordanze dogmatiche. Il papa ritiene che quanto alla cristologia bastano le dichiarazioni fatte in precedenza contro Nestorio ed Eutiche. In tale contesto acquista maggior peso l’accenno alla tradizione sul parto verginale. 

  • TESTO: CSEL 35, 719-720. 

Latino:
5.011368 Ita intra viscera sanctae Mariae virginis genetricis Dei unitis utrisque sine aliqua confusione naturis, ut qui ante tempora erat Filius Dei, fieret filius hominis et nasceretur ex tempore hominis more, matris vulvam natus aperiens et virginitatem matris deitatis virtute non solvens. Dignum plane Deo nascente mysterium; ut servaret partum sine corruptione, qui conceptum facit esse sine semine...

Italiano:
Nelle viscere della santa vergine Maria madre di Dio furono così unite le due nature, senza nessuna confusione, in modo che colui che fin dall’eternità era Figlio di Dio divenisse figlio dell’uomo e nascesse nel tempo come ogni uomo, aprendo al suo nascere la matrice senza compromettere, per divino intervento, la verginità della madre. Mistero veramente degno di un Dio che nasce: eleggere un parto senza corruzione, egli che volle essere concepito senza seme... 

 

 4) Lettera Humani generis di Pelagio I

(3.2.557) 

È notevole perché ha il carattere di ufficialità e perché Pelagio attinge dalla lettera dogmatica di Leone Magno. 

 *5.007-*5.008

 

5) Concilio Laterano sotto Martino I

(31.10.649) 

 Non si tratta di un’assemblea ecumenica, ma resta significativo il particolare che la confessione nella verginità di Maria nel parto è posta come condizione necessaria per la comunione con la sede romana, così come le altre verità definite. Non meno interessante l’inciso secundum sanctos Patres. 

 *4.044


6) Bolla Cum quorumdam di Paolo IV

(7.8.1555) 

 Contro il nascente razionalismo, il papa difende in questa bolla alcune verità che appartengono ai fondamenti della fede e assume per la prima volta e in tutta la sua portata tradizionale la formula ternaria prima del parto, nel parto e dopo il parto; non come frase fatta che indichi la verginità totale, ma nel suo preciso triplice significato. 

 *5.002-*5.003


C. Verginità Perpetua

Introduzione

L’antichissima formula “sempre vergine” entra nelle professioni di fede delle Chiese locali a partire da Epifanio di Salamina. Giovanni II la fa propria nella lettera ai senatori bizantini, e la ratifica il concilio II di Costantinopoli. Da allora diventa usuale e comune nei documenti del magistero ufficiale, sia locale che universale, come appellativo della Madre di Dio: sinodo di Roma del 649, concilio IV del Laterano del 1215, bolla di Paolo IV sopra riportata ecc. Ci sembra dunque superfluo riprodurre tutti questi documenti; ci limiteremo a completarne due aggiungendone uno nuovo. 

 

1) Lettera Olim quidem di Giovanni II

(marzo 534) 

  • TESTO: PL 66, 20.22; M 8, 803-805; ACO 4/II, 206.209. 

Latino:
5.012401 Iustinianus siquidem imperator filius noster, ut ex eius epistulae tenore cognovistis, de his tribus quaestionibus orta certamina fuisse significavit, utrum unus ex Trinitate Christus et Deus noster dici possit... An Deus Christus carne pertulerit impassibilis deitate. An proprie et veraciter Dei genetrix materque Dei Verbi ex ea incarnati mater Domini Dei nostri Christi Maria semper virgo debeat appellari. Probavimus in his catholicam imperatoris fidem, et ita esse propheticis et apostolicis vel patrum exemplis evidenter ostendimus. Gloriosam vero sanctam semper virginem Mariam et proprie et veraciter Dei genetricem matremque Dei Verbi ex ea incarnati ab hominibus catholicis confiteri recte docemus...

Italiano:
Veramente l’imperatore Giustiniano, nostro figlio, come ben sapete dal tenore della sua lettera, ci ha informati che sono sorti contrasti su queste tre questioni: se il Cristo nostro Dio si può dire uno della Trinità..., se Cristo Dio, impassibile per la divinità, soffrì nella carne; se la madre del Signore Gesù Cristo nostro Dio, la sempre vergine Maria, si debba chiamare in senso vero e proprio madre di Dio e madre del Verbo di Dio in lei incarnato. Su questi punti abbiamo approvato la fede cattolica dell’imperatore, e che così è l’abbiamo dimostrato con evidenza mediante citazioni di profeti, di apostoli e di padri. “Giustamente insegniamo che la gloriosa e santa sempre vergine Maria è proclamata dai cattolici propriamente e veramente genitrice di Dio e madre del Verbo di Dio in lei incarnato”... 

 

 2) Sinodo del Friuli

(796 o 797) 

 Nella professione di fede approvata da questo sinodo contro l’adozionismo, si aggiunge al simbolo apostolico l’affermazione della verginità perpetua di Maria. 

  • TESTO: M 13, 843-844. 

Latino:
 5.013619 De hac autem ineffabili Trinitate sola Verbi Dei persona, id est Filius, ...descendit de caelis unde numquam recesserat. Incarnatus est de Spiritu Sancto et ex semper virgine Maria verus homo factus est, verusque permanet Deus.

Italiano:
Di questa ineffabile Trinità la sola persona del Verbo di Dio, cioè il Figlio, ...discese dal cielo senza mai lasciarlo. Si incarnò per opera dello Spirito santo e si fece vero uomo dalla sempre vergine Maria, ma rimane vero Dio. 

 

 3) Professione di fede di Niceforo di Costantinopoli

(811) 

Il patriarca Niceforo comunicò al papa Leone III questa professione, anche a nome della sua Chiesa. Non è un documento del magistero universale, però esprime la fede di una comunità autorevolissima quale quella di Costantinopoli, allora non separata da Roma; per di più è spontanea, cioè non richiesta, ma comunque approvata dal pontefice. 

  •  TESTO: PG 100, 184-185. 

Italiano:
5.014 Venero e adoro il mistero dell’incarnazione, prestabilito prima di tutti i secoli e manifestato negli ultimi tempi (cf. Col 1,26) per la salvezza di tutto il genere umano e consumato nella magnifica discesa e ineffabile incarnazione di uno della santa e vivificante Trinità: Gesù Cristo, nostro vero Dio... Entrando nel grembo della Vergine, veramente e propriamente madre di Dio, e rivestendosi di anima e corpo per opera dello Spirito santo e prendendo in sé tutta la nostra natura come l’aveva creata nell’uomo agli inizi, così si presentò come Dio incarnato; e la Vergine, che l’aveva dato alla luce in modo soprannaturale e ineffabile, la conservò vergine anche dopo il parto, senza che la sua verginità fosse alterata o diminuita, significando così che la sua natura non aveva subito alcuna alterazione e nessuna mutazione. 

 


La concezione Immacolata

Introduzione

Fin dal sec. II la riflessione ecclesiale si orientò verso due direzioni ugualmente radicate nella sacra Scrittura, che contenevano implicitamente il dogma mariano dell’Immacolata Concezione: l’associazione Maria-nuova Eva all’opera di restaurazione di Cristo-nuovo Adamo; con il sec. IV, senza trascurare il primo tema, si coltivò quello della pienezza di grazia. 

Nel secolo seguente si muovono i primi passi verso l’esplicitazione di questa verità, già presente in forma larvale nella fede della Chiesa. Massimo di Torino allude ad una grazia originale; altri di Maria fatta di argilla pura e immacolata e insignita del dono della prima creazione da parte di Dio. 

Allo spirare del sec. VII o ai primordi del successivo in Oriente nasce la festa della Concezione di Maria, che passò poi gradatamente in Irlanda, Inghilterra, Francia, Belgio, Spagna e Germania. 

Seguì un periodo di controversie, necessarie per il chiarimento della dottrina e la conciliazione del privilegio di Maria con il dogma della redenzione universale (sec. XII-XIV). La credenza si era andata consolidando nel sec. XV al punto che il concilio di Basilea ritenne di poterla definire nella sessione XVII (17.9.1439), ma la definizione era invalida, perché dal 1437 il concilio aveva perso la sua legittimità. 

Sisto IV diede nuovo impulso alla pietà mariana approvando l’ufficiatura e la Messa dell’Immacolata, composte da Leonardo di Nogarole per la liturgia della Chiesa romana. Alessandro VII precisa l’oggetto della festa in termini che preludono alla definizione dogmatica di Pio IX. 

 

1) Sisto IV

 a) Costituzione Cum praeexcelsa

(27.2.1477) 

 Nessun dubbio sull’autenticità di questa bolla. All’inizio del suo pontificato Sisto IV, fervido e convinto devoto del mistero dell’Immacolata, non volle intervenire direttamente su questo punto, ma le appassionate dispute sull’argomento penetrarono anche in Italia grazie all’ardente ed erudita predicazione del domenicano Vincenzo Bandelli, acerrimo oppositore della “pia credenza”. Il papa organizzò un confronto pubblico tra di lui e il ministro generale dei francescani, Francesco Insubro, alla presenza del pontefice (inizio 1477). Furono proprio l’eleganza della disputa e la solidità degli argomenti del difensore ad indurre Leonardo di Nogarole a comporre i testi liturgici per la festa dell’Immacolata, che dopo attento esame Sisto IV ben volentieri approvò con la presente bolla. 

  • TESTO: C. SERICOLI, Immaculata B.M.V. Conceptio iuxta Xisti IV Constitutiones (Bibliotheca Mariana Medii Aevi 5), Sibenici 1945, 153-154. 

Latino:
5.0151400 Cum praeexcelsa meritorum insignia, quibus regina coelorum, virgo Dei Genetrix gloriosa, sedibus praelata aethereis, sideribus quasi stella matutina praerutilat, devotae considerationis indagine perscrutamur..., dignum, quin potius debitum reputamus, universos Christi fideles, ut omnipotenti Deo, cuius providentia eiusdem Virginis humilitatem ab aeterno respiciens (cf. Lc 1,48), pro reconcilianda suo auctori humana natura lapsu primi hominis aeternae morti obnoxia, eam sui Unigeniti habitaculum Sancti Spiritus praeparatione constituit, ex qua carnem nostrae mortalitatis pro redemptione populi sui assumeret, et immaculata virgo nihilominus post partum remaneret, de ipsius immaculatae Virginis mira conceptione gratias et laudes referant, et instituta propterea in Dei Ecclesia missas et alia divina officia dicant, et illis intersint, indulgentiis et peccatorum remissionibus invitare, ut exinde fiant eiusdem Virginis meritis et intercessione divinae gratiae aptiores.

Italiano:
Considerando con la mente in devota contemplazione le sublimi prerogative dei meriti per i quali la regina del cielo, la gloriosa Vergine madre di Dio innalzata alle sfere celestiali, risplende come stella del mattino tra gli astri... pensiamo sia cosa degna, più ancora doverosa, invitare tutti i fedeli cristiani, accordando indulgenze e remissione dei peccati, a rendere grazie e lodi a Dio onnipotente per la mirabile concezione della Vergine immacolata e a celebrare le messe e gli altri divini uffici istituiti a tal fine nella Chiesa di Dio e ad assistervi, per essere meglio disposti, per i meriti e l’intercessione della Vergine, alla grazia di Dio. La sua provvidenza, guardando dall’eternità l’umiltà della Vergine (cf. Lc 1,48), per riconciliare con il suo creatore la natura umana, assoggettata alla morte eterna per la caduta del primo uomo, con l’intervento dello Spirito santo la elesse a dimora del suo Unigenito, perché prendesse da lei la nostra carne mortale per la redenzione del suo popolo e rimanesse tuttavia vergine immacolata anche dopo il parto. 

 

 b) Costituzione Grave nimis

(4.9.1483) 

La costituzione Cum praeexcelsa suscitò una catena di oppugnazioni nel Bandelli e negli altri avversari, e il papa credette bene ritornare sull’argomento con la bolla Grave nimis (prior) del 1482 per frenare le eccessive audacie del domenicano, pur senza nominarlo. Questi di fatto smise di predicare, ma continuò a polemizzare in scritti firmati con lo pseudonimo Vincentius, sicché l’anno dopo Sisto IV emanò una costituzione con lo stesso titolo della precedente, nella quale ricorda a tutti che la dottrina dell’Immacolata Concezione per il momento non è definita, e pertanto a nessuno è lecito etichettare come eretico chi la pensa diversamente, sia pro che contro. In realtà l’atteggiamento della Chiesa non era scrupolosamente neutrale, perché aveva da poco approvato i testi per la liturgia dell’Immacolata, e inoltre le ragioni addotte dal papa per reprimere gli immacolatisti sono di ordine giuridico: la dottrina non è definita, quindi è inopportuno chiamare eretici i negatori, mentre le polemiche contro questi ultimi sono giustificate dottrinalmente: è una posizione falsa, erronea e non conforme alla verità. È come dire che la bolla riconosce i fondamenti teologici favorevoli alla fede nel concepimento immacolato di Maria. 

  • TESTO: C. SERICOLI, Immaculata B.M.V. Conceptio iuxta Xisti IV Constitutiones (Bibliotheca Mariana Medii Aevi 5), Sibenici 1945, 159-160. 

Latino:
5.0161425 Sane cum sancta Romana Ecclesia de intemeratae semperque virginis Mariae conceptione publice festum sollemniter celebret, et speciale ac proprium super hoc officium ordinaverit: nonnulli, ut accepimus, diversorum ordinum praedicatores in suis sermonibus ad populum publice per diversas civitates et terras affirmare hactenus non erubuerunt, et quotidie praedicare non cessant, omnes illos, qui tenent aut asserunt, eamdem gloriosam et immaculatam Dei Genetricem absque originalis peccati macula fuisse conceptam, mortaliter peccare, vel esse haereticos; eiusdem immaculatae conceptionis officium celebrantes, audientes sermones illorum, qui eam sine huiusmodi macula conceptam esse affirmant, peccare graviter. Sed et praefatis praedicationibus non contenti, confectos super his suis assertionibus libros in publicum ediderunt...

Italiano:
La santa romana Chiesa celebra pubblicamente la festa solenne della Concezione dell’immacolata sempre vergine Maria e ha stabilito un’ufficiatura speciale e propria per la ricorrenza. Abbiamo però saputo che alcuni predicatori di diversi ordini non hanno avuto ritegno a continuare ad insegnare in pubblico nei loro sermoni al popolo, in varie città e regioni, e non cessano di proclamarlo ogni giorno, che tutti quelli che sostengono e affermano che la gloriosa ed immacolata Madre di Dio fu concepita senza la macchia della colpa originale peccano e sono eretici, e chi ascolta le prediche di coloro che difendono la sua Immacolata Concezione e recita l’ufficio relativo pecca gravemente. Non paghi di tali predicazioni, hanno diffuso tra il pubblico libri che contengono queste loro asserzioni... 

Latino:
5.0171426 Nos igitur... utpote falsas et erroneas et a veritate penitus alienas, editosque desuper libros id continentes, quoad hoc auctoritate apostolica praesentium tenore reprobamus et damnamus; ac... statuimus et ordinamus, quod praedicatores verbi Dei et quicumque alii cuiuscumque status et ordinis et conditionis fuerint, qui de cetero ausu temerario praesumpserint in eorum sermonibus ad populum, seu alias quomodolibet affirmare huiusmodi sic per nos reprobatas et damnatas assertiones veras esse, aut dictos libros pro veris legere, tenere vel habere, postquam de praesentibus scientiam habuerint, excommunicationis sententia eo ipso incurrant, a qua ab alio quam a Romano pontifice, nisi in mortis articulo, nequeant absolutionis beneficium obtinere.

Italiano:
Noi dunque... con l’autorità apostolica e a tenore del presente scritto le riproviamo e condanniamo come false, erronee e del tutto estranee alla verità, come pure i libri che le contengono, e... stabiliamo e decretiamo che quei predicatori della parola di Dio e chiunque altro, di qualsiasi stato, ordine e condizione, che avesse la temeraria presunzione di dichiarare nei suoi sermoni al popolo o in qualunque altra forma che le asserzioni da noi riprovate e condannate sono veritiere, e chi legge, ritiene e possiede i predetti volumi come sinceri dopo essere venuto a conoscenza di questo decreto, incorre per ciò stesso nella sentenza di scomunica, dalla quale potrà ottenere il beneficio dell’assoluzione esclusivamente dal romano Pontefice e non da altri, salvo nel caso di pericolo di morte. 

Latino:
5.0181426 Item motu, scientia et auctoritate similibus, simili poenae ac censurae subicientes eos qui ausi fuerint asserere, contrariam opinionem tenentes, videlicet gloriosam virginem Mariam cum originali peccato fuisse conceptam, haeresis crimen vel peccatum incurrere mortale, cum nondum sit a Romana Ecclesia et apostolica Sede decisum....

Italiano:
Alla medesima pena e censura sottoponiamo anche, e con uguale sentimento, coscienza e autorità, quelli che ardissero asserire che chi sostiene la tesi contraria, cioè che la gloriosa vergine Maria fu concepita con la colpa originale, incorre nel delitto di eresia o in peccato mortale; questo perché non è stato ancora definito dalla Chiesa romana e dalla Sede apostolica... 

 

2) Concilio di Trento (ecumenico XIX)

a) Decreto Ut fides

(sess. V - 17.6.1546) 

 Questo decreto riconosce l’universalità della colpa originale, ma specifica che non è sua intenzione includervi la beata vergine Maria. È un comma che di fatto non sta a significare imparzialità, ma insinuazione dell’esistenza del mistero e che non esistono in contrario testi scritturistici o patristici definitivi; almeno così fu interpretato da Pio IX nella bolla Ineffabilis Deus che proclamò solennemente il dogma dell’Immacolata. 

 *3.060

 b) Decreto Cum hoc tempore

(sess. VI - 13.1.1547) 

 Il canone 23 dichiara che nessun giusto nella vita terrena può evitare tutti i peccati, nemmeno i veniali, senza uno speciale privilegio divino. Non vuole definire direttamente che esso fu accordato alla Vergine, ma riconosce che tale è l’opinione della Chiesa. 

 *8.106

 

3) Bolla Ex omnibus afflictionibus di Pio V

(1.10.1567) 

 Un minuzioso esame delle dottrine di Baio (1513-1589) indusse Pio V a condannarne 79 proposizioni. La LXXIII era già stata giudicata eretica dalla Sorbona nel 1560 per due motivi: perché negava l’immacolata Concezione, che l’università riteneva definita a Basilea, e poi perché non ammetteva l’impeccabilità di Maria, riconosciuta nel concilio di Trento. 

  • TESTO: E. VAN EIJL, Les censures de l’Université d’Alcalá et de Salamanque et la censure du pape Pio V contre M. Baius: RHE 48 (1953)775. 

Latino:
5.0191973 73. Nemo, praeter Christum, est absque peccato originali: hinc beata Virgo mortua est propter peccatum ex Adam contractum, omnesque eius afflictiones in hac vita sicut et aliorum iustorum fuerunt ultiones peccati actualis vel originalis.

Italiano:
73. Tranne Cristo, nessuno è senza peccato originale; perciò anche la beata Vergine morì per il peccato contratto da Adamo, e tutte le sue sofferenze in questa vita furono castighi per il peccato attuale o originale, come quelle degli altri giusti. 


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https://telegra.ph/Continuazione-dei-4-dogmi-di-Maria-10-13

 

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