La grande avventura dei reattori modulari

La grande avventura dei reattori modulari

Avvocato Atomico

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Quando si pensa ai reattori nucleari, la mente corre istantaneamente verso numeri enormi: costi di miliardi di euro, potenze di migliaia di MW, dimensioni titaniche, etc.

È vero, i reattori nucleari sono anche quello, ma la miniaturizzazione esiste anche in questo settore, e la tecnologia progredisce a ritmi serrati: uno dei filoni più importanti della quarta generazione di reattori nucleari saranno proprio i reattori modulari di piccola dimensione (Small Modular Reactors, o SMR).

Si tratta di reattori con potenze comprese tra i pochissimi MW (esistono design da soli 5-6 MW) e le centinaia di MW (300-500), che però rispetto ai reattori tradizionali occupano molto meno spazio e non richiedono la costruzione direttamente in sito: possono invece essere prodotti in fabbrica, trasportati e assemblati dove serve, da cui il termine "modulari" (un confronto tra un reattore tradizionale e un SMR lo potete vedere nell'immagine 1).

Quali sarebbero i vantaggi degli SMR? Moltissimi:

  • Abbattimento dei costi e dei tempi: la possibilità di produrli su scala industriale renderebbe la costruzione dei reattori molto più rapida e molto più economica, anche se è stimato che un'azienda dovrebbe avere un minimo di 50 ordini pronti perché sia conveniente costruire una fabbrica di SMR.
  • De-centralizzazione della produzione energetica: i reattori modulari sono ideali per la produzione di energia in paesi dove la popolazione è dispersa su aree molto ampie (Canada, Australia, etc.), per alimentare industrie situate lontano dai centri abitati senza doverle necessariamente allacciare alla rete elettrica nazionale, per alimentare piccole comunità isolate, basi militari, etc.
  • Load-following: un reattore nucleare ha un capacity factor superiore al 92%, ma sappiamo che la domanda di energia da parte della popolazione non è costante. Come si gestisce la variazione del fattore di carico? O si modula la potenza del reattore o si sfrutta l'energia in eccesso fornita nelle ore di minore fabbisogno per altri scopi. Gli SMR, data la loro piccola dimensione, hanno una logistica più semplice, e possono essere collocati vicino a strutture che sfruttino efficacemente l'energia in eccesso (ad esempio per la produzione di idrogeno e idrocarburi di sintesi, per la cattura della CO₂ atmosferica, per la ricarica delle batterie delle auto elettriche, per la desalinizzazione dell'acqua di mare, etc.).
  • Versatilità: il fatto che un SMR non richieda una struttura enorme e isolata significa che reattori di questo tipo potrebbero essere collocati all'interno dei centri abitati. In questo modo il calore di scarto può efficacemente essere usato per teleriscaldare interi quartieri, abbattendo ulteriormente le emissioni di CO.

Visti i vantaggi, non è una sorpresa che diverse aziende abbiano sviluppato dei design per reattori di questo tipo, e in effetti ad oggi il numero di modelli proposti è di diverse decine:

  • Sono stati proposti SMR sia di tipo tradizionale (raffreddati ad acqua), sia di tipo autofertilizzante (con raffreddamento a gas, a metallo liquido o a sali fusi), ed esistono persino alcuni design basati sul Torio.
  • Alcuni SMR sono talmente piccoli che non hanno nemmeno bisogno delle pompe per il sistema di raffreddamento e possono semplicemente utilizzare il moto naturale di convezione dell'acqua per far girare le turbine (il che tra l'altro garantisce la rimozione del calore anche a reattore spento).
  • Alcuni SMR sono progettati per funzionare con un singolo carico di combustibile, di durata decennale o ventennale, limitando al minimo la necessità di manutenzione.
  • Alcuni SMR sono progettati per funzionare senza barre di combustibile, con i sali di uranio disciolti direttamente all'interno del liquido refrigerante (che può essere acqua o sali di fluoro o di sodio fusi).

Quando saranno operativi?

Esistono già due prototipi operativi da qualche anno (in Russia), ma ci si aspetta una grossa espansione dell'industria nei prossimi anni. Al momento un elemento che rallenta lo sviluppo degli SMR è la burocrazia legata alle licenze, che sono ancora pensate per reattori tradizionali di grandi dimensioni e potenze.

Tra i paesi che stanno guardando con maggiore interesse a questa tecnologia vi sono il Canada (che ha approvato la costruzione di un prototipo di ARC-100 pochi mesi fa) e gli Stati Uniti.

Negli USA, in particolare, la NuScale è vicina all'ottenere la licenza per il suo "Power Module" (foto 2), e ci si aspetta che sia la prima azienda a iniziare la produzione in serie; ma anche il consorzio GE-Hitachi Nuclear Energy ha già applicato per la licenza del suo BWRX-300, e quando un settore attrae l'interesse di due colossi come General Electric e Hitachi in generale è segno che ci si possono aspettare sviluppi interessanti.

-Luca

confronto tra un reattore tradizionale e un SMR

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