Della Scuola di Cazzo

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Festival di Spoleto, in scena “Un cazzo ebreo” dal best-seller d’esordio di Katharina Volckmer

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"Un cazzo ebreo" si addentra nel flusso di pensieri di una giovane donna nata e cresciuta in Germania e trasferitasi a Londra
Va in scena al Festival dei Due Mondi, da venerdì 24 a domenica 26 giugno all’Auditorium della Stella, L’appuntamento ossia la storia di un cazzo ebreo , lo spettacolo con la regia di Fabio Cherstich tratto dal romanzo rivelazione del 2020 di Katharina Volckmer .
Edito in Italia da La Nave di Teseo, il best-seller d’esordio della scrittrice tedesca, che sarà presente a Spoleto in occasione della prima, è stato scelto come libro dell’anno da diverse testate – come The Times Literary Supplement, che l’ha definito «Il libro più audace degli ultimi anni» – ed è in corso di traduzione in 12 paesi.
Un cazzo ebreo si addentra nel flusso di pensieri di una giovane donna nata e cresciuta in Germania e trasferitasi a Londra (Volckmer è tedesca ma scrive in inglese), che affida al suo medico, il dottor Seligman, la scelta più radicale e rivoluzionaria della sua vita, quella di cambiare sesso. Tra inconfessabili fantasie sessuali con protagonista Hitler, idiosincrasie folli e liberatorie, la memoria di una madre autoritaria e di un padre volatile e la vergogna di un’eredità irrimediabile, la protagonista si interroga sul potere della riparazione e ci mostra come possiamo rimediare ai fatti della storia con le nostre più intime scelte personali.
Katharina Volckmer partecipa all’adattamento del testo per il teatro, scritto a quattro mani con il regista Fabio Cherstich, che con questo spettacolo, nuova produzione del Teatro Franco Parenti, debutta a Spoleto. In scena la protagonista è Marta Pizzigallo , con le luci di Oscar Frosio e le musiche di Luca Maria Baldini . La traduzione è di Chiara Spaziani .
Per raccontare la vita interiore della protagonista Cherstich ricorre alla lente deformante della tecnologia digitale: «L’occasione non è solo quella di narrare una vicenda necessaria – e controversa! – ma anche quella di misurarsi con una trasposizione che è una sfida in sé: rappresentare scenicamente il percorso mentale che porta al cambiamento di sesso della protagonista, con tutti i suoi significati simbolici. Come raccontare il caleidoscopio di pensieri che invadono il suo cervello e sembrano modificare la percezione che lei stessa ha del suo corpo e della sua storia? Come trattare la metamorfosi in una chiave critica ma poetica, tenendo conto del tema particolarmente “sensibile” e attuale senza rinunciare all’ironia originale del testo?».
Fabio Cherstich ha lavorato in numerosi teatri italiani ed esteri, tra i quali il Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell’Opera di Roma, Auditorium Parco della Musica di Roma, Opera d’Avignon, Opera de Marseille, Theatre Maillon de Strasburg, Teatro Argentina di Roma. È l’ideatore e regista del progetto di opera on the road Operacamion. Dal 2012 collabora con Andrée Ruth Shammah al Teatro Franco Parenti di Milano e insegna estetica e storia della regia contemporanea alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi, alla Scuola di Cinema di Milano e alla Libera Università di comunicazione IULM.

La scuola si è trasformata in pura burocrazia
La scuola italiana si è trasformata in pura burocrazia
Reddit Italy - Italia

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Tre anni fa in questo periodo, la mia associazione si preparava al rito annuale: chiamare gli iscritti (fra cui me medesimo) per sentire chi era disponibile a insegnare nei corsi di recupero estivi, specificamente per gli studenti a rischio dispersione scolastica.
Mentre io mi occupavo di un corso complementare (alfabetizzazione informatica), la maggioranza dei corsi curriculari (italiano, matematica ecc) erano insegnati da studenti universitari o giovanissimi precari, che non erano riusciti a farsi assumere per i corsi di recupero ordinari delle scuole. Con molti di loro sono rimasto in contatto anche dopo che hanno smesso di venire da noi, avendo trovato lavoro nel mondo della scuola. Alcuni sono diventati amici di lungo corso, che vedo e sento spesso.
Questo cappello per dire che quanto vado a sostenere è basato sulle esperienze di molteplici giovani insegnanti, qualcuno ora di ruolo e la maggioranza ancora precari, in scuole superiori di ogni genere nel Nord Italia.
Al netto del moto browniano delle iniziative e dei menefreghismi individuali; dei professori che ci credono e ci provano e di quelli che hanno tirato i remi in barca e se ne fregano; di vantaggi o problemi locali legati al substrato sociale su cui si innesta ciascun istituto; al netto di tutto questo, la scuola è organizzata per un solo obiettivo: produrre carta.
Produrre carta è l'unico vero requisito imposto agli insegnanti, al personale amministrativo e ai dirigenti. Non c'è praticamente alcuna cosa che non si possa superare con la giusta produzione di carta. La carta è il viatico che accompagna il cammino degli studenti attraverso la catena di montaggio scolastica; è il lubrificante che sblocca ogni incaglio e fa scivolare via i problemi.
Promuovere intere classi che non hanno le competenze minime? si può fare, documentando pedissequamente tramite relazioni e verbali di riunioni che si è stati attenti al problema e si sono intraprese (sulla carta) iniziative tese ad affrontarlo. Lasciare che studenti al limite del criminale (o anche oltre il limite) rovinino l'apprendimento di una classe per un anno intero? si può fare, come sopra: si produce la giusta carta, si consultano gli esperti di rito, si redigono le prescritte relazioni, e gli déi sono placati.
Questa produzione abnorme nel contesto dell'impostazione burocratica dell'amministrazione avrebbe un senso: documentare pedissequamente il funzionamento della scuola, dal singolo alunno all'istituto, in modo che i decisori abbiano tutte le informazioni necessarie per agire.
Non credo ci sia bisogno di dire che questo meccanismo rimane, scusate il bisticcio di parole, sulla carta. Le informazioni ci sono: nessuno le leggerà mai. I decisori a volte non hanno strumenti per intervenire; quando li hanno, spesso hanno altre priorità. Lo studente scalmanato che menzionavo sopra alla fine è stato rimosso, in extremis a fine anno e solo perché si è fatto riprendere a picchiare un compagno di classe. C'era il potere di farlo prima? sì, c'era, ma era più importante non rischiare ricorsi dei genitori; solo quando questi sono diventati impossibili, o comunque il rischio di denunce da parte delle altre famiglie è diventato più impellente, i decisori si sono mossi.
Questo vale per tutto. La carta è puro paraculismo: serve a dimostrare che hai fatto quanto burocraticamente richiesto, in modo che la responsabilità se le cose vanno male non sia tua. Di solito questa responsabilità viene spinta ai livelli superiori, dove va a morire: i decisori hanno sempre la scusa della mancanza di mezzi, del tempo necessario a studiare risposte, o di decisori di livello più alto che non hanno ancora deciso. Si trova sempre uno scaricabarile, l'importante è che ci sia la carta.
In tutto questo, la scuola assolve bene una sola funzione educativa: insegnare che spesso alla pubblica amministrazione non frega assolutamente nulla dei cittadini-utenti, ma solo di rispettare i propri processi interni, unico vero parametro di valutazione del lavoro degli addetti.
A questo stadio inizia a concretizzarsi l'apatia verso la cosa pubblica, poiché essa nella scuola trova l'incarnazione suprema per i giovani. Se qualcosa di così pubblicamente elogiato ed esaltato si comporta come un malato letargico e scoraggiato, che si trascina in avanti col minimo sforzo possibile, come potrebbero i giovani pensare che il resto della macchina statale sia meglio?
E, ovviamente, nella pratica a rimetterci sono proprio gli studenti più bisognosi, quelli che finiscono ai corsi di cui parlavo a inizio thread, corsi che esistono proprio perché deve risultare che si fa qualcosa contro la dispersione scolastica. Chi alle spalle ha famiglie capaci e interessate bene o male se la cava comunque; ma chi ha famiglie problematiche, con pochi mezzi, o con scarsa cultura dell'istruzione, può solo sperare nell'iniziativa personale dei pochi insegnanti che ancora ci credono, perché invece il sistema -scuola è completamente disinteressato all'aiutarlo concretamente. Basta solo, come sempre, che tutto torni sulla carta.
troverai rassicurante scoprire che non è solo la scuola ma ogni singolo settore a soffrire dello stesso identico problema. Ospedali? Sicurezza sul lavoro? Gestione aziendale? L'unica cosa che conta davvero nella società moderna è avere le prove cartacee che non è colpa tua .
Quoto. Come non pensare ai vari "sistemi di gestione" certificabili?
Mi hai fatto venire in mente le vicende narrate in Sulla mia pelle: la sequenza di verbali, carte e faldoni in cui il sistema della Giustizia nel fare correttamente il proprio corso e rispettare le procedure, nei fatti se n'è sbattuto alla grande di lasciare morire un ragazzo. Ogni individuo ad ogni passaggio schivando magistralmente qualunque responsabilità.
Ho passato letteralmente un giorno a chiedere in giro a 5 diversi colleghi per fare una richiesta d'acquisto. Il sistema nuovo l'hanno sviluppato l'anno scorso, prima sulla carta in n ora si faceva tutto
Ingenuamente pensavo fosse solo la mia scuola ad avere problemi simili. Parlo da ex studente, non da insegnante, ma alle superiori ho avuto un professore molto aperto e "alla buona" (ogni tanto la sera uscivamo a bere insieme a lui, per capirsi) che non sopportava tutta la burocrazia di cui OP parla. In una scuola da meno di mille studenti c'erano diversi professori il cui unico lavoro era stare dietro alle scartoffie. Gente pagata per insegnare, con le competenze necessarie a insegnare che invece stava chiusa in un ufficio a fare lavoro di segreteria. E nonostante ciò, anche alcuni degli insegnanti di ruolo (coordinatori, vicepresidi ecc...) passavano una parte non trascurabile del loro tempo "libero" stando dietro alla burocrazia. Credevo avessimo solo un preside particolarmente puntiglioso ma... forse il problema è più grande.
Un pezzo scritto molto bene, complimenti. Dovrebbe stare su un quotidiano di risonanza nazionale invece che su reddit, e dovrebbe essere oggetto di una seria discussione politica. Sono uno di quei giovani insegnanti (30) a cui accenni, e sto sperimentando di persona la giungla della burocrazia della scuola italiana.
mi sembrava di leggere gli stessi processi che avvengono quotidianamente nella mia azienda. quello che cambia sono i mezzi che diventano call e giga di mail. il risultato è assolutamente il medesimo: niente per il 95% delle volte.credo tu abbia descritto magistralmente il processo di "funzionamento" dell'Italia.
magistralmente il processo di "funzionamento" dell'Italia.
credo tu abbia descritto magistralmente il processo di "funzionamento" dell'Italia.
Il funzionamento di grossa parte dell'occidente, ed è cosa risaputa e teorizzata da un bel po' di tempo
lavoro a Londra in una azienda tech leader mondiale nel suo settore TM, e' tutta burocrazia anche qua, incredibile ma vero. come dice il commento sotto, e' tutto l'occidente che si sta autodistruggendo.
C'è da dire che in Italia in caso di problemi solo il cartaceo ti salva il culo.
Quindi dalla più piccola PMI alla burocrazia statale si produce una mole esagerata di mail, carte intestate, documenti vari, redazione di richieste etc. Il tutto condito da carte che non servono a un cazzo ma che "meglio a
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