2021-12 Jw Broadcasting

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Siamo felici di avervi qui con noi. Benvenuti al programma di JW Broadcasting di dicembre 2021! 

Si è da poco diplomata la 150ª classe della Scuola biblica di Galaad. Questo è un grande traguardo che è stato raggiunto grazie all’aiuto di Geova. Questa classe era un po’ diversa dalle altre. C’erano soltanto 24 studenti, decisamente molto meno del solito. E a causa delle restrizioni dovute alla pandemia di COVID-19, erano tutti cittadini degli Stati Uniti. Ma anche se questa classe era diversa da quelle degli anni passati, l’obiettivo era lo stesso, rafforzare la fede degli studenti così che possano rafforzare altri dovunque servano. 

Al conferimento dei diplomi sono stati considerati degli aspetti importanti che saranno sempre utili agli studenti. 

Guardiamo ora la prima parte del conferimento dei diplomi che è stato tenuto sabato 11 settembre 2021 al Watchtower Educational Center di Patterson. 

Facciamo un salto nel passato. Torniamo indietro di qualche decennio a lunedì 6 marzo del 1972. Mi pare che alcuni di voi non fossero ancora nati, beh, a parte uno, di questo ne sono sicuro. Scusate, non volevo fare l’“Inside Story” su mio figlio. Comunque, tornando a noi, io e mia moglie abbiamo avuto il privilegio, anche se allora non eravamo beteliti, di essere presenti in quell’occasione al conferimento dei diplomi della Scuola biblica di Galaad della 52ª classe. Eravamo lì nella Sala delle Assemblee di New York gremita di fratelli, e ci siamo gustati tutto. Per noi era un privilegio enorme assistere a quell’evento insieme alla 52ª classe. Da allora ce ne sono state altre 100 o quasi. E adesso siamo arrivati alla 150ª classe. E siamo felicissimi perché oggi molti sono collegati e stanno seguendo in diretta. Ma poi tra qualche mese anche tutti gli altri fratelli potranno vederlo e beneficiarne. Le cose sono cambiate tantissimo. Una volta solo pochi avevano questo privilegio. 

Ma torniamo al ’72. Ricordo che il fratello Knorr era il presidente. Si vedeva chiaramente quanto lui amasse la Scuola di Galaad. Questo bisogna dirlo. Geova si è servito appieno di lui per dare il via a questa scuola che, come sappiamo, iniziò nel ’43. Di lì a poco sarebbe sorta la bestia di Rivelazione. Quindi Geova sapeva che ci sarebbe stato bisogno di una scuola missionaria. E infatti tantissimi missionari sono stati mandati nel campo nel corso degli anni. 

Comunque vorrei parlarvi di un discorso pronunciato dal fratello Franz. L’estate prima allo Yankee Stadium avevo già sentito un suo discorso, ma al conferimento dei diplomi ce l’avevamo proprio davanti. Devo dirvi che ero veramente rapito da lui. Se avete avuto il privilegio di ascoltarlo, sarete d’accordo nel dire che era davvero incredibile il modo in cui sapeva citare le Scritture. Ricordo che dovevi rimanere concentrato e seguire i suoi ragionamenti, perché se no ti perdevi. Lui andava avanti, ma se stavi attento i suoi discorsi ti entusiasmavano. Si sentiva che tutto quello che diceva veniva dal cuore. E in quell’occasione parlò di Ecclesiaste 5. Mi è venuto in mente pensando a voi, visto che si applica molto bene a voi. Nel suo discorso si concentrò sui voti. Nei primi 7 versetti si parla dei sogni e lui fece una specifica che ricordo ancora oggi. Spiegò che non si tratta dei sogni che facciamo quando siamo stanchi e andiamo a dormire dopo una giornata di lavoro. Non è facile capire questi versetti semplicemente leggendoli, senza avere qualcuno che ce li spieghi. Questi versetti parlano del farsi distrarre, farsi distrarre dalle cose della vita, dai propri sogni, da quello che vogliamo fare. Questo sarebbe “vanità”, come dice Ecclesiaste. 

Allora soffermiamoci un attimo su questo capitolo. Prendiamo insieme Ecclesiaste capitolo 5 e riflettiamo su alcuni punti interessanti. In un secondo momento potrete usare la Guida alle ricerche per approfondire ulteriormente, così potrete cogliere tutta la sapienza contenuta in questo capitolo. Ad esempio diamo un’occhiata al versetto 1. Inizia dicendo: “Bada ai tuoi passi”. E questo può applicarsi a voi che state per diplomarvi. Geova vi dice: “Badate ai vostri passi”. Non smettete di farlo. Lo avete fatto finora. Quindi continuate a ‘badare ai vostri passi’. E poi parla di quelli “stupidi” da un punto di vista morale. Questo non si applica a voi, lo possiamo dire per certo. Mi piace anche quello che dice al versetto 2: “Non parlare in modo precipitoso”. Ce ne sono di persone che farebbero bene a seguire questo consiglio. A volte ti chiedi: “Ma quanto parla? Non si spegne mai? Scommetto che parla anche nel sonno”. Parlano in continuazione, vero? Ma “non parlare in modo precipitoso” qui si riferisce in particolare a quando parliamo con Geova. Questo è molto importante specialmente per voi fratelli, visto che parlate in pubblico, ma anche per voi sorelle quando parlate con Geova nelle vostre preghiere. Non parlate in modo precipitoso quando vi rivolgete al Sovrano dell’universo. Potete esprimervi in modo semplice. Non serve cercare di fare colpo su Dio con le nostre parole. Per lui quello che conta è quello che abbiamo nel cuore. Geova ama quelli che lo amano e ama le loro preghiere, in qualunque lingua le facciano. Al versetto successivo si parla dei sogni: “Dalle troppe preoccupazioni vengono i sogni” o, come dice la nota, “dalle troppe occupazioni”. Quindi non si tratta dei sogni che facciamo quando dormiamo, ma dell’essere troppo preoccupati per sé stessi. È da questo che veniamo messi in guardia. Quindi non facciamolo, non preoccupiamoci troppo per noi stessi. Quelli che si preoccupano troppo spesso parlano troppo. Bisogna stare attenti. D’ora in poi probabilmente vi verrà chiesto più spesso di pronunciare una preghiera in pubblico, visto che dopo la scuola avrete più incarichi, maggiori responsabilità. Quando si prega Geova a volte, e con questo non vogliamo criticare o dare consigli a chi fa preghiere, non ci permettiamo di farlo, ma a volte anche qui alla Betel ti chiedi: “Okay, ma non dovevamo ringraziare per la colazione?” Ma pensiamo a quello che faceva Gesù. Immaginatevi la scena. C’è Gesù, la persona più eloquente che sia mai stata sulla terra, e gli viene portato da mangiare. Lui ‘alza gli occhi al cielo’ e ‘rende grazie’. “Amen. Mangiamo”. Ci sono altre occasioni in cui potete aprire il vostro cuore a Geova. Quando pregate non parlate ai presenti, parlate al Sovrano dell’universo. Quindi non pensate: “Io adesso sono un diplomato di Galaad”, soprattutto voi fratelli, “quindi farò preghiere più lunghe”. Spero di no. Non fatelo, almeno non in pubblico. Poi si passa a un argomento fondamentale. Infatti è davvero importante che teniamo a mente quello che dice il versetto 4. Leggiamo i versetti 4 e 5: “Ogni volta che fai un voto a Dio, non tardare ad adempierlo, perché egli non si compiace degli stupidi”, moralmente stupidi. E poi è molto chiaro: “Il voto che hai fatto, adempilo. [Il voto che hai fatto, adempilo]. È meglio che tu non faccia alcun voto piuttosto che tu faccia un voto e non lo adempia”. Capiamo che è una questione seria. Ci viene detto di non lasciare che la nostra bocca ci faccia peccare. Quindi quando facciamo un voto, ad esempio il voto che facciamo quando ci sposiamo, dobbiamo sempre mantenerlo. È una cosa che Geova prende molto sul serio. Quando fate un voto state attenti, perché dovrete renderne conto a Geova. Ma vediamo cosa aggiunge il versetto 6. Dice: “Non permettere alla tua bocca di farti peccare e non dire davanti all’angelo [interessante questo punto] che è stato un errore”. Sappiamo che Geova ha assegnato agli angeli tanti compiti che nemmeno immaginiamo. Sappiamo molto poco di quello che effettivamente fanno per i servitori di Dio. È qualcosa al di fuori della nostra portata. Ma tra i compiti degli angeli, come abbiamo letto, c’è quello di controllare che manteniamo i nostri voti. Non potete dire a un angelo: “Eh, ho sbagliato. Scusami”. Non funziona così. Avete fatto un voto. Ma non dovete mantenerlo solo perché c’è un angelo che vi controlla, dato che Geova gli ha chiesto di farlo. Dovete mantenerlo perché amate Geova. Quando fate un voto, che sia di matrimonio o altro, sarà l’amore per Geova a spingervi a mantenere questo voto. Ed è importante che sia così. Geova ci tiene molto. Concludiamo il ragionamento con il versetto 7. Dice: “Come le tante preoccupazioni portano ai sogni, così le tante parole portano a cose vane”. Questo è un buon consiglio. E voi in questi mesi avete imparato così tanto sulla Parola di Dio. La vostra è stata una classe speciale. La Scuola di Galaad stessa è una scuola speciale. Ce ne sono anche altre di cui parleremo dopo, come la Scuola per evangelizzatori del Regno. Ma questa è unica. Siete stati istruiti da uomini scelti da Geova attraverso il Comitato dell’Insegnamento, uomini che sono totalmente devoti a Geova, che vi hanno fatto da insegnanti. Durante le lezioni avete scavato a fondo nella Parola di Dio, ed è per questo che diciamo che questa scuola è davvero speciale. Sicuramente ringraziate Geova per l’istruzione ricevuta, e siamo certi che d’ora in poi la userete per continuare a dargli gloria. E questo è praticamente quello che leggiamo nell’ultima frase del versetto 7. Notate come conclude l’argomento: “Tu, comunque, temi il vero Dio”. 

Quindi voi che state per diplomarvi ricordate sempre queste parole. Continuate a ‘temere il vero Dio’ e state alla larga dai sogni che vengono dal preoccuparsi troppo di sé stessi. Non fate l’errore di concentrarvi troppo su di voi. Non fatelo, altrimenti vanificate tutto quello che avete fatto in questi mesi, non vi sarà servito a niente. Ma con questo non voglio dire di aver notato un atteggiamento simile in voi. È un bel consiglio per tutti questo che ci dà Geova nella sua Parola. 

C’è tanto altro che possiamo imparare dal libro di Ecclesiaste. Ricordiamoci che possiamo usare la Guida alle ricerche. 

Il prossimo oratore ci piace molto. Il suo discorso ci farà riflettere su una cosa importante. Non vediamo l’ora di ascoltare il fratello Mark Sanderson. Il programma di oggi sarà bellissimo. I fratelli si sono dati molto da fare per preparare i loro discorsi. Mark è un membro del Corpo Direttivo, e il titolo che ha scelto per il suo discorso è una domanda: “Che tipo di persone diventeranno?” Ti ascoltiamo. 

“Che tipo di persone diventeranno?” 

In Luca 6:40 Gesù disse: “L’allievo non è al di sopra del suo maestro, ma chi viene istruito perfettamente sarà come il suo maestro”. Ma cosa vi viene in mente quando leggete questo versetto? Forse potreste pensare a quando siete insegnanti, perché studiate la Bibbia con qualcuno. O magari potreste collegarlo a un corso di istruzione biblica in cui siete allievi, come questo di Galaad. Ma la realtà è che siamo tutti insegnanti ogni giorno. Insegniamo nella classe della vita, della vita cristiana. Se avremo delle responsabilità, se ci verrà dato un certo privilegio, i nostri fratelli e le nostre sorelle ci osserveranno e chi lavorerà a stretto contatto con noi imparerà da noi e diventerà simile a noi. 

Prendete ad esempio l’apostolo Paolo. Come sappiamo, Paolo era un insegnante straordinario. Non per niente sotto ispirazione ebbe il privilegio di scrivere ben 14 libri delle Scritture Greche Cristiane. Eppure quello non fu l’unico modo in cui Paolo insegnò agli altri. Il suo esempio, il modo in cui visse la verità, ebbe un profondo impatto. Insegnò molto a chi gli stava vicino. Vediamo insieme qualche esempio. Prendiamo la Bibbia e andiamo alla prima lettera ai Tessalonicesi al capitolo 2. 1 Tessalonicesi capitolo 2, iniziamo dal versetto 7. Qui si legge: “E invece fra voi siamo stati premurosi come una madre che nutre i suoi piccoli e ne ha tenera cura. Così, nel nostro tenero affetto per voi, eravamo decisi non solo a trasmettervi la buona notizia di Dio, ma anche a darvi noi stessi, tanto ci eravate divenuti cari”. Che belle parole! Paolo si impegnava tanto per i fratelli. Era premuroso, era gentile con loro, era disposto non solo a parlare del messaggio della verità, ma come dice il versetto 8, dava tutto sé stesso. E fratelli, questo è proprio quello che fece. Paolo disse che era disposto a fare qualunque cosa per la buona notizia. 

Pensate anche solo ad alcune delle cose che fece. Prendiamo 2 Corinti capitolo 11 e vediamo quello che dovette affrontare l’apostolo Paolo. 2 Corinti capitolo 11, leggiamo dal versetto 23. Paolo disse: “Sono ministri di Cristo? Rispondo come un pazzo: io lo sono di più; di più nelle fatiche, di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse subite, spesso in pericolo di morte. Cinque volte ho ricevuto dai giudei 40 colpi meno uno, tre volte sono stato bastonato, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa del mare”. E l’elenco va avanti e avanti. Ma secondo voi cosa avrà imparato chi serviva insieme a Paolo, chi gli era vicino? In altre parole, in che modo quello che fece Paolo, il suo amore per Dio, la sua perseveranza, il suo impegno, il suo altruismo sincero influirono sugli altri? Pensate a Timoteo che servì a stretto contatto con Paolo. Cosa disse Paolo di lui? Prendiamo insieme Filippesi capitolo 2. Filippesi 2:20-22. Qui dice: “Non ho nessun altro che abbia la sua stessa disposizione d’animo e si preoccupi sinceramente di voi. Tutti gli altri infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo. Ma voi sapete quale prova lui ha dato di sé: come un figlio con il padre, ha servito insieme a me per diffondere la buona notizia”. Ma ci si potrebbe chiedere: “Perché Timoteo agiva così? Perché era così altruista? Perché si impegnava così tanto per gli altri?” Senza dubbio, perché era stato istruito perfettamente non solo dalle parole, ma dall’esempio di Paolo. E si potrebbe dire la stessa cosa di Aquila e Priscilla. Paolo disse di loro che rischiarono addirittura la propria vita per lui. Ma chi stavano imitando? 

Vedete, potremmo parlare a lungo delle persone vicine a Paolo che impararono da lui, ma il punto è: Paolo con il suo esempio e le sue qualità cristiane insegnò alle persone che gli stavano vicino e loro divennero come lui. 

E perché questo riguarda anche voi che vi state diplomando alla 150ª classe della Scuola di Galaad? Beh, proprio perché presto sarete diplomati e l’incarico che riceverete nei luoghi in cui sarete assegnati sarà rafforzare e dare stabilità all’organizzazione. Ma cosa significa in realtà? A cosa ci riferiamo quando parliamo di organizzazione? Alle persone. Sono le persone, sono gli uomini e le donne spirituali che hanno il forte desiderio di imparare, che vogliono migliorare, che vogliono raggiungere le mete spirituali che si sono prefissi e che vogliono crescere in senso spirituale. E visto che voi vi siete diplomati a Galaad, vi osserveranno, vi ascolteranno e cercheranno di imparare dal vostro esempio. 

Ricordo che quando tanti anni fa andai a servire sull’isola di Terranova, in Canada, ebbi il privilegio di avere in congregazione un diplomato alla 7ª classe della Scuola di Galaad, il fratello Fred Wiens. Il fratello Wiens era un cristiano unto che si era battezzato nel 1928. Ma se devo essere sincero, non ricordo neanche uno dei discorsi pronunciati dal fratello Wiens. Ma il suo calore, il suo senso dell’umorismo, il suo zelo per il ministero e il suo amore per le persone, l’esempio che ha lasciato, quelli no, non li dimenticherò mai. Fred parlava con tutti, cioè proprio con tutti nel ministero. Una volta mentre eravamo nel ministero, ci siamo fermati a una stazione di servizio e Fred è saltato subito giù dalla macchina. Quando dovevamo andare via ci siamo guardati intorno per vedere dov’era. Alla cassa non c’era, in bagno nemmeno, non riuscivamo proprio a trovarlo. Così alla fine abbiamo pensato di dare un’occhiata nelle altre macchine. Beh, è proprio lì che l’abbiamo trovato. Aveva bussato al finestrino ed era entrato in un’auto e aveva iniziato a predicare alle persone che erano lì dentro. Fred ora ha ricevuto la ricompensa celeste. Ma ancora oggi il suo calore, la sua gentilezza, il suo zelo, il suo amore per le persone continuano a essere per me e per molti altri che lo conoscevano bene un esempio da seguire. 

Quindi ecco una domanda che dovrete sempre farvi: “Che cosa impareranno gli altri dal mio esempio?” Siate come Paolo, amate i fratelli dal profondo del vostro cuore. Con il vostro esempio create un’atmosfera in cui c’è calore, in cui c’è amore, un po’ come in una serra in cui le piantine possono sbocciare e crescere. Il vostro esempio può riscaldare una congregazione, una circoscrizione, un reparto della Betel o perfino una filiale intera. 

Quindi non diventate mai come un semplice manager, freddi, qualcuno che crea un ambiente più simile a un congelatore, perché altrimenti quelle piantine si seccheranno e in un ambiente come quello smetteranno di crescere. Non limitatevi a trasmettere agli altri tutte le cose belle che avete imparato sulla Parola di Dio qui a Galaad. Ma date il vostro cuore, date tutto voi stessi. Se lo farete, le bellissime persone spirituali con cui collaborerete saranno istruite perfettamente. E che tipo di persone diventeranno? Avendo imparato da voi, diventeranno simili a voi. E siamo sicuri che il nostro meraviglioso Dio, Geova, vi benedirà dovunque andrete. 

Grazie mille, fratello Sanderson, per questo interessante ragionamento scritturale e per averci raccontato qualche aneddoto. Certo, il fratello starà dicendo: “Se avessi ascoltato con più attenzione i miei discorsi, magari te li ricorderesti”. No, scherzo. È chiaro che gli volevi molto bene. Quindi va bene così. 

Ora ascoltiamo il fratello Clive Martin, assistente del Comitato degli Scrittori, che ha scelto un tema interessante: “Ricordate le condizioni di pace”. 

“Ricordate le condizioni di pace” 

Avete mai chiesto a qualcuno di fare pace con voi? Mentre ci pensate, prendete insieme a me per favore Luca capitolo 14. Qui è riportato uno degli esempi che fece Gesù. Proviamo a immaginarci nella scena. Guardando il contesto, Gesù sta parlando di cosa comporta diventare suoi discepoli. E poi al versetto 31 dice: “Qual è quel re [immaginiamoci di essere lui] che, se deve affrontare un altro re in guerra, non si mette prima a sedere e non si consulta con altri per vedere se con 10.000 soldati può sconfiggere quello che viene contro di lui con 20.000?” Leggiamo anche il versetto 32: “Se in effetti non può farcela, mentre l’altro re è ancora lontano gli invia un corpo di ambasciatori per chiedergli la pace”. Cosa avranno detto gli ambasciatori? Qual era il messaggio del re? “Facciamo pace, queste sono le mie condizioni”. Non penso proprio. Piuttosto avrà detto: “Non voglio essere tuo nemico. Per favore, dimmi cos’è che posso fare per ottenere la pace con te”. Con questo in mente, vediamo cosa voleva insegnare Gesù con questa parabola. Andiamo al versetto 33: “Allo stesso modo, dunque, chiunque tra voi non si separi da tutti i suoi averi non può essere mio discepolo”. Questo è quello che abbiamo fatto noi. A un certo punto ci siamo resi conto che non volevamo essere nemici di Geova. Di conseguenza siamo stati disposti a rinunciare a tutto, beni, carriera, una certa posizione sociale, per avere la preziosa opportunità di essere in pace con Geova e diventare discepoli di suo Figlio. E per voi studenti della 150ª classe, il vostro desiderio di essere in pace con Geova vi ha portato a intraprendere il servizio speciale. Ognuno di voi è davvero un ottimo esempio di fede. 

Sotto molti aspetti mi fate pensare a un popolo menzionato nella Bibbia che letteralmente chiese la pace. La loro storia si trova nel capitolo 9 di Giosuè. Forse avete capito. Stiamo parlando dei gabaoniti. Prendiamo insieme Giosuè capitolo 9. I gabaoniti avevano sentito parlare di quello che Geova aveva fatto a favore degli israeliti e contro i loro nemici, e non volevano essere nemici di Geova. Quindi fecero esattamente quello che fece il re della parabola di Gesù. Mandarono degli ambasciatori. Quali furono le prime cose che dissero? Andiamolo a leggere insieme in Giosuè 9:6: “Siamo venuti da un paese lontano. Stringete, vi preghiamo, un patto con noi”. Gli israeliti non reagirono subito in modo positivo, ma i gabaoniti non si arresero. Versetto 8: “Siamo tuoi servitori”. In altre parole: “Decidi tu le condizioni. Noi vogliamo la pace”. I gabaoniti erano disposti a rinunciare a qualsiasi cosa pur di ottenere la pace con gli israeliti e con il loro Dio. Giosuè e i capi dell’assemblea non la vedevano allo stesso modo, soprattutto quando scoprirono che gli ambasciatori non venivano da un paese lontano come avevano detto. A nessuno piace essere imbrogliato. Quindi i toni diventarono più aspri. Leggiamo insieme il versetto 23, ecco come risposero: “D’ora in poi siete maledetti; sarete per sempre schiavi che raccolgono legna e attingono acqua per la casa del mio Dio”. Quale fu la reazione dei gabaoniti? Leggiamo il versetto 25: “Ora siamo nelle tue mani. Trattaci nel modo che ritieni buono e giusto”. Allora furono decise le condizioni per ottenere la pace. Andiamo al versetto 27: “Quel giorno […] Giosuè stabilì che raccogliessero legna e attingessero acqua per l’assemblea e per l’altare di Geova nel luogo che Egli avrebbe scelto, e questo è ciò che continuano a fare tuttora”. Cosa impariamo da tutto questo? Che ne pensate del compito dato ai gabaoniti? Venne dato loro come punizione. Ma pensiamoci un attimo. Loro non avrebbero fatto gli schiavi nelle case degli israeliti. Con il loro servizio avrebbero sostenuto direttamente la pura adorazione e il popolo di Geova. Questo era un grande privilegio. E, se ci riflettiamo, questo nobile obiettivo è quello che vogliamo raggiungere anche noi nel nostro servizio. 

Ripensiamo all’incarico dei gabaoniti. Ricevettero forse quell’incarico perché erano persone semplici, persone che non avrebbero saputo fare nient’altro? Prendiamo insieme Giosuè capitolo 10 e leggiamo il versetto 2. Vediamo che tipo di persone erano: “Gabaon era una città grande, come una delle città regali; era più grande di Ai, e tutti i suoi uomini erano guerrieri”. Allora non erano certo degli incapaci. Erano guerrieri. Comunque i gabaoniti avevano capito che non sarebbero riusciti a tenere testa a Israele e che Geova non aveva bisogno di loro per aiutare il suo popolo a completare la conquista della Terra Promessa. La cosa migliore sarebbe stata chiedere a Geova cosa dovevano fare e poi ubbidire. I gabaoniti decisero di fare proprio questo, e fu la scelta giusta. 

Significa forse che le loro capacità non vennero mai prese in considerazione, che vennero ignorate? Beh, no. Per esempio qualche secolo più tardi troviamo un gabaonita, Ismaia, tra i 30 uomini valorosi del re Davide. Esigenze diverse, capacità richieste diverse. In che modo Ismaia usò le sue capacità? Le usò umilmente per difendere la pura adorazione e il popolo di Geova. Quindi i compiti da svolgere erano diversi, ma lo scopo era lo stesso. 

Ecco un’altra domanda. Quello dei gabaoniti sarebbe stato un incarico a breve termine? Avrebbero potuto pensare: “Ok, adesso facciamo questo. Quando poi la conquista sarà finita, non dovremo più servire gli israeliti”. Torniamo al versetto 27 del capitolo 9. Ricordate cosa disse Giosuè riguardo all’incarico che aveva dato ai gabaoniti? “Questo è ciò che continuano a fare tuttora”. E non lo fecero solo fino a quando Giosuè scrisse queste parole. Infatti andiamo avanti di circa 900 anni. Tra gli esiliati che per ristabilire la pura adorazione tornarono da Babilonia a Gerusalemme c’erano i servitori del tempio, e forse tra loro c’erano anche i discendenti dei gabaoniti. Quindi questi servitori del tempio furono disposti a lasciarsi ancora una volta tutta la loro vita alle spalle. Furono disposti a mettersi in viaggio per svolgere i loro incarichi e favorire così la pura adorazione. Dovevano apprezzare davvero tanto il loro incarico per fare tutti quei sacrifici, non è vero? 

Ora da tutto quello che abbiamo visto elenchiamo alcune cose che impariamo. A me ne sono venute in mente 4. 

1. Dai gabaoniti e dal re di cui parlò Gesù impariamo che la pace con Geova è molto preziosa. Dobbiamo essere disposti a fare qualsiasi sacrificio per essere in pace con Geova. Questa era la prima cosa che abbiamo imparato. 

2. Secondo, le condizioni stabilite da Geova prevedono che lo serviamo umilmente, sostenendo così la pura adorazione e il suo popolo. E noi consideriamo questo tipo di servizio il più grande privilegio in assoluto. 

3. Terzo, esigenze diverse, capacità richieste diverse. E questo potrebbe significare che a volte dovrete cambiare incarico. A volte voi, a volte qualcun altro. In ogni caso, non facciamo gare né paragoni. I compiti da svolgere potrebbero essere diversi, ma lo scopo è sempre lo stesso. 

4. E quarta cosa, consideriamo preziosi i nostri incarichi. Vogliamo continuare a svolgerli finché Geova lo permetterà. 


Riassumendo, consideriamo preziosi i nostri incarichi, amiamo il nostro Dio e facciamo tutto il possibile per essere sempre in pace con lui. 

Grazie tante per questo bel discorso. È davvero importante essere in pace con Dio. Ci hai incoraggiato molto con quello che hai detto. 

Adesso abbiamo preparato qualcosa di speciale per voi della 150ª classe. Ora che state per diplomarvi, magari vi state chiedendo come sarà la vostra vita dopo la scuola. O magari ve lo state già chiedendo da un paio di settimane. O forse vi state chiedendo come potete usare l’istruzione ricevuta per promuovere l’opera, dando stabilità e rafforzando i fratelli. Ne ha già parlato un po’ il fratello Sanderson, ma ne parleremo ancora. In fondo è lo scopo di questa scuola. 

Ora vorrei farvi una domanda. Vi piacerebbe sapere come sarà la vostra vita tra 2, 5, 10 o magari anche 30 anni a partire da oggi, da questo conferimento? Sarebbe bello, no? Beh, siamo felici di potervi annunciare che per questo conferimento dei diplomi il Comitato dell’Insegnamento ha preparato dei video molto speciali. Sono state registrate 4 interviste a dei diplomati della Scuola di Galaad nei luoghi in cui servono attualmente. Tutti e 4 i fratelli servono come membri di Comitati di Filiale. Ci racconteranno un po’ di sé. 

La prima intervista la vediamo adesso e le altre le vedremo dopo ognuno dei prossimi 3 discorsi, cioè un discorso e un’intervista. Iniziamo subito. Per la prima intervista spostiamoci nella Repubblica Democratica del Congo. Lì conosceremo un fratello che ha frequentato la 138ª classe della Scuola di Galaad. Ci racconterà come quello che ha imparato durante la scuola lo ha aiutato a collaborare umilmente con gli altri fratelli e con i membri del Comitato di Filiale. Guardiamolo. 

Il fratello e la sorella Kabitshwa torneranno in Congo. 

• (Hugues Kabitshwa – 138ª Classe della Scuola di Galaad) - È difficile riuscire a trovare le parole per spiegare i sentimenti che provo dopo tutto quello che ci è stato insegnato alla Scuola di Galaad. Studiare in modo approfondito la personalità di Geova mi ha aiutato a capire ancora di più il valore che lui dà alle persone. E grazie a questo ho iniziato a cercare le opportunità per incoraggiare gli altri, mettendo i loro interessi al di sopra dei miei. 

Ad esempio, in occasione del congresso di zona, io e mia moglie ci siamo offerti di dare una mano nelle pulizie. I fratelli pensavano che scherzassimo, ma alla fine hanno dato anche a noi qualcosa da fare. Ne siamo stati felici, e questo mi ha permesso di conoscere meglio i fratelli delle circoscrizioni. Azioni come queste hanno un impatto molto più profondo sui fratelli rispetto a quello che potresti insegnare con un discorso. 

La Scuola di Galaad mi ha anche aiutato a mostrare onore agli altri membri del Comitato di Filiale. Nel comitato in cui servo ci sono fratelli di diverse età. Anche se, devo ammetterlo, ho la tendenza a parlare un po’ troppo, ho imparato dagli altri fratelli del Comitato di Filiale ad ascoltare umilmente. Per esempio, dovevo presentare una proposta al Comitato di Filiale e nel prepararmi ci avevo messo tutto me stesso. Ero sicuro al 100% che sarebbe stata approvata. E invece nessuna delle mie idee fu approvata. Sinceramente c’ero rimasto male ed ero anche un po’ demoralizzato. In quella circostanza mi ha aiutato molto riflettere sull’esempio di un altro membro del Comitato di Filiale e su come aveva reagito in situazioni simili. 

Grazie alla Scuola di Galaad ho imparato ad apprezzare e imitare le qualità di ogni fratello con cui collaboro, e non importa chi sia o quanta esperienza abbia. 

Nell’organizzazione di Geova ci sono persone che provengono da ambienti e culture diverse, e queste differenze a volte potrebbero creare delle distanze tra noi e minacciare la nostra unità. 

In una delle lezioni alla Scuola di Galaad è stato usato Matteo 5:3 per spiegare che l’unico modo per colmare queste distanze è quello di essere una persona spirituale. Quando ci sono momenti in cui mi sento inadeguato o quando magari sento che mi sto facendo trascinare dalla mia impulsività, cerco di risintonizzarmi con Geova e Gesù studiando la Bibbia e chiedendo aiuto in preghiera. 

Direi senza alcun dubbio che Galaad mi ha insegnato cosa fare per colmare qualsiasi distanza che si potrebbe creare tra i fratelli. Il segreto è lavorare sulla mia amicizia con Geova. 

È bello che si sia pensato di inserire questi video. Sicuramente ci piaceranno anche i prossimi. 

Ora ascolteremo un assistente del Comitato dell’Insegnamento. Lo è da tanto tempo. Non sto dicendo che sei vecchio, Bill. Anzi, ti vedo in forma. Anche perché vedo sua moglie Sandy seduta qui davanti, quindi è meglio se sto attento. È sempre un piacere ascoltare i discorsi del fratello Malenfant. Il tema che ha scelto è “Vantatevi in Geova”. 

“Vantatevi in Geova” 

Oggi molte persone amano vantarsi. I politici spesso si vantano di quello che hanno fatto o che promettono di fare dopo che saranno stati eletti. Gli uomini d’affari amano così tanto vantarsi del loro successo e di quanti soldi riescono a fare. E poi ci sono gli atleti. Sappiamo che a molti di loro piace vantarsi. Si vantano dei loro grandi risultati, delle loro vittorie. Infatti nel mondo dello sport viene usato un termine per definire gli atleti che nella loro disciplina sono i migliori in assoluto, l’acronimo inglese GOAT, che sta per “greatest of all time”, cioè il più grande di tutti i tempi. Immaginate, ci sono persone che arrivano a pensare di essere le più grandi di tutti i tempi. Quando sentiamo l’espressione “il più grande di tutti i tempi”, c’è solo una persona che ci può venire in mente. Lui è davvero il più grande uomo che sia mai esistito, Gesù Cristo. E la sua grandezza non aveva nulla a che fare con il mondo della politica, degli affari e dello sport. Ma piuttosto aveva a che fare con il lodare Geova e vantarsi in Geova Dio. 

Gesù conosceva bene le parole riportate in Geremia 9:23, 24 e questi versetti sono davvero belli. Geremia 9:23, 24 dice: “Questo è ciò che Geova dice: ‘Chi è saggio non si vanti della sua saggezza; chi è forte non si vanti della sua forza; chi è ricco non si vanti della sua ricchezza. Ma chi si vanta si vanti di questo: di avere discernimento e conoscenza di me, del fatto che io sono Geova, colui che mostra amore leale, diritto e giustizia sulla terra. Sono queste infatti le cose che mi fanno piacere’, dichiara Geova”. Che belle parole! 

Vantarsi in Geova significa essere orgogliosi del nostro Dio Geova. Siamo orgogliosi di portare il suo nome. Ci rallegriamo della sua reputazione, che conosciamo grazie alle Scritture e che è evidente grazie a quello che fa la sua organizzazione. E a Geova fa piacere quando ci vantiamo di lui, di tutto quello che fa per noi, della sua giustizia, delle sue promesse e del suo amore leale. 

E voi studenti della 150ª classe di Galaad, più che studenti praticamente diplomati, avete davvero tanti motivi per vantarvi in Geova Dio. Se ci pensate, durante tutto il suo ministero Gesù si vantò sempre in Geova, ed esaminando le Scritture e quello che disse Gesù, ci rendiamo conto di come in molte occasioni lui si vantò in Geova. Solo per fare un esempio, ricordate quando quel giovane ricco capo dei giudei disse “Maestro buono” rivolgendosi a Gesù? Cosa disse Gesù? Gli chiese: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono tranne uno solo, Dio”. Che grande esempio di come vantarsi in Geova Dio, di come dare gloria a lui. 

Voi studenti potrete vantarvi in Geova. Sicuramente lo avete già fatto per anni. Ma adesso andrete dove siete stati assegnati e avrete la straordinaria opportunità di dimostrare che confidate pienamente in Geova Dio. Potrete vantarvi in Geova perché vivete in prima persona le parole di Giovanni 8:32. Gesù disse: “Conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi”. È un versetto che conosciamo bene, ma non datelo per scontato. La verità vi ha reso liberi. Apprezzate sempre il valore di questa libertà. Siete liberi dalle menzogne di questo mondo che tengono prigioniere le persone, come i falsi insegnamenti riguardo alla vita e alla morte. Siete liberi dalla convinzione che l’uomo possa risolvere i problemi di questo vecchio mondo. Sappiamo che non può farlo. L’uomo non ne è proprio in grado, l’uomo “non è padrone nemmeno di dirigere i suoi passi”, nemmeno un uomo perfetto. 

C’è un altro modo in cui Geova libera il suo popolo. Anche quando affrontiamo una violenta persecuzione, Geova può intervenire per liberarci al momento giusto. Potete essere orgogliosi anche di un’altra cosa, siete schiavi di Geova. Questo è qualcosa di unico, perché pochi schiavi possono scegliere il loro padrone. Ma voi lo avete fatto. Avete scelto di servire Geova Dio, di essere suoi servitori. E avete la certezza che Geova è al vostro fianco. Avete scelto volontariamente di servire lui e Gesù Cristo, e ne siete felici. Ed è una schiavitù molto particolare, perché nessuno ha la libertà che abbiamo noi in quanto servitori di Geova Dio. Siamo liberi e possiamo fare così tante cose mentre serviamo Geova, e allo stesso tempo ci godiamo la vita che Geova ci ha dato. 

Ecco un’altra cosa per cui essere orgogliosi, possiamo adorare Geova insieme alla nostra famiglia spirituale. Le parole di Gesù sono vere: ‘Dove due o tre persone sono radunate nel suo nome, lui è là in mezzo a loro’. Quindi che siate decine di migliaia a un grande congresso o che siate soltanto 2 o 3 riuniti di nascosto, sapete che Gesù Cristo è al vostro fianco, è lì con voi. Potete anche essere orgogliosi del grande privilegio che avete di pregare. Pensateci solo un attimo. Potete parlare personalmente con l’Onnipotente Creatore dell’universo. È qualcosa di unico, di straordinario. Eppure noi abbiamo questo privilegio e siamo molto orgogliosi di poterci rivolgere a Geova per chiedergli che ci dia il suo spirito, la sua guida e la sua protezione. 

C’è qualcos’altro di cui potete vantarvi, qualcosa di incredibile. Potete essere orgogliosi di chiamarvi Testimoni di Geova. Fermatevi un momento a riflettere. Voi portate il nome di Geova. E siamo profondamente grati che nel 1931 la parte terrena dell’organizzazione di Geova abbia adottato questo nome. E non è solo il nome di una religione. Descrive quello che facciamo. Lo scopo della nostra vita è lodare Geova Dio. Testimoniamo a favore del nostro Dio, del nostro Creatore, ed è un grande onore. Pensateci solo un attimo, questo ci rende diversi da tutte le altre religioni. Nessun’altra religione vuole chiamarsi così, ma noi invece sì, noi ne siamo felici. E forse alcuni si sono pentiti di non aver adottato questo nome. Noi siamo un popolo che porta il nome di Dio e 1 Cronache 16:10 dice: “Vantatevi del suo santo nome. Si rallegri il cuore di quelli che ricercano Geova”. Se ci pensiamo bene è proprio così. In genere quando ci vantiamo di qualcosa è perché ce ne rallegriamo. E noi dovremmo vantarci in Geova. 

Dovremmo vantarci del fatto che Geova ci ha concesso un privilegio straordinario. Possiamo vedere e capire quello che non si vede. Non tutti sono in grado di farlo. La comprensione di molte persone oggi è limitata a quello che vedono intorno a loro, il mondo fisico. Non riescono a vedere quello che non si vede. Ricordo un uomo che ha detto: “Dio non ha mai fatto niente per me”. Poverino, era completamente cieco, cieco dal punto di vista spirituale. Mangiava, beveva, godeva delle cose che la terra provvede, ma non riusciva ad andare oltre a quelle cose fisiche. Non riusciva a vedere che dietro a tutte quelle cose c’è un Creatore meraviglioso che ce le provvede. Per voi non è così. Vedete quello che non si vede. Vedete Gesù Cristo che regna in cielo. Vedete il nuovo mondo che sta per arrivare. Vedete già la risurrezione. E vedete come Geova sta usando il suo spirito per aiutare i suoi servitori. 

In questo discorso abbiamo parlato soltanto di alcune delle cose di cui dobbiamo vantarci in Geova. E dobbiamo continuare a farlo, sempre. Vantatevi in Geova. Di sicuro voi studenti siete tutti molto carichi. Avete finito la scuola, ce l’avete fatta. Vi state diplomando alla Scuola di Galaad, e le porte che danno accesso a molte opportunità di servizio sono spalancate davanti a voi. Adesso avete ricevuto un incarico. Qualunque sia e dovunque sia, ricordate quello che sto per dirvi, non dimenticatelo mai. Rimanete umili, siate felici e datevi molto da fare. Ma soprattutto tenete sempre presente il grande onore e privilegio che avete di ‘vantarvi in Geova’. 


Ti ringraziamo tanto, Bill. Come sempre il tuo discorso ci è piaciuto molto. 

Passiamo ora alla seconda intervista a un fratello che ha frequentato la Scuola di Galaad. Cambiamo continente, spostiamoci in Ecuador, in Sudamerica. Questo fratello serve nel Comitato di Filiale dell’Ecuador e si è diplomato alla 142ª classe di questa scuola. In questa intervista ci racconterà dell’influenza positiva che altri diplomati di Galaad hanno avuto su di lui sin da quando era piccolo, e di come l’istruzione ricevuta in questa scuola lo abbia aiutato a capire cosa è veramente importante. 

Il fratello e la sorella Tapia torneranno in Ecuador. 

• (Josè Luis Tapia – 142ª Classe della Scuola di Galaad) - La Scuola di Galaad è un bellissimo modo in cui Geova usa l’istruzione divina per insegnarci ad aiutare altri. Ci sono diplomati della Scuola di Galaad in tutto il mondo. Questo permette a fratelli e sorelle di vari paesi che servono o serviranno con loro di trarre beneficio da questa scuola. Sono stati proprio dei missionari diplomati alla Scuola di Galaad che hanno aiutato i miei genitori ad arrivare al battesimo. Quindi sin da bambino ho dei bellissimi ricordi di quando questi fratelli venivano a casa nostra. 

Una delle cose più belle che ho imparato in questa scuola è il privilegio di conoscere più a fondo la meravigliosa personalità di Geova. Studio la Bibbia da quando ero bambino, ma farlo con l’aiuto di questi insegnanti mi ha permesso di collegare tra loro parti della Bibbia in un modo nuovo. 

Non vai alla Scuola di Galaad per sviluppare capacità, perché non sono più importanti delle qualità cristiane. Infatti una parte fondamentale della Scuola di Galaad è lo studio della personalità di Cristo. Gesù viene ricordato non tanto per le sue capacità, quanto perché rifletteva in modo perfetto le meravigliose qualità di suo Padre. Il fatto di conoscere meglio Geova e Gesù mi ha permesso di capire dove dovevo migliorare. Può essere scoraggiante rendersi conto di non agire sempre come farebbero loro, ma questo mi ha aiutato a vedere le cose dalla giusta prospettiva e a confidare in Geova, implorandolo per avere la sua guida mentre aspetto che mi aiuti. 

Una delle lezioni più belle che ho imparato a Galaad è che le persone sono più importanti delle cose da fare, delle scadenze. Sono le persone il motivo per cui riceviamo un incarico, ed ecco perché devo mostrare amore ai miei fratelli e alle mie sorelle. 

Onestamente non mi sento per niente adeguato per questo incarico. Ma ho imparato che se Geova ci dà qualcosa da fare, ci darà anche quello di cui abbiamo bisogno per portarlo a termine. 

È stata una bellissima intervista. Grazie. 

Ora ascolteremo un insegnante della Scuola di Galaad, James Cauthon. Il titolo che ha dato al suo discorso è “Resistiamo alla pressione”. 

“Resistiamo alla pressione” 

Avete mai sentito parlare della Fossa delle Marianne? Si trova nel Pacifico occidentale ed è il punto più profondo della terra. 

Per farvi un’idea della sua profondità guardate questa immagine. Pensate che ci vorrebbero 25 Empire State Building uno sull’altro per coprire la distanza dal fondale alla superficie dell’acqua. 

È anche uno dei luoghi meno ospitali al mondo. 

E sapete perché? Per un semplice motivo, la pressione. L’acqua esercita una pressione enorme sul fondale, più di una tonnellata per cm². In pratica è come se un uomo dovesse sostenere sulle sue spalle il peso di una cinquantina di aerei di linea. 

Gli scienziati per questo motivo pensavano: “Un posto del genere non può certo ospitare la vita”. Ma si sbagliavano. Infatti un sommergibile ha esplorato le profondità della fossa e ha scoperto che lì sotto c’è vita, esseri viventi, che non solo sopravvivono ma prosperano. E sapete perché è possibile questo? È possibile, cari fratelli, perché Geova, il nostro Creatore, sa come si può resistere alla pressione. 

Proprio così, Geova sa come si può resistere alla pressione. E pensare a questo dovrebbe essere d’incoraggiamento per tutti noi, perché le pressioni che subiamo in questo sistema di cose sono sempre più forti. Tensioni, stress, ansia riguardano tutti. E la Bibbia dice che probabilmente queste pressioni aumenteranno nel prossimo futuro. Ma la notizia positiva è che Geova non vuole semplicemente che i suoi servitori sopravvivano. Vuole aiutarli ad avere una vita piena e soddisfacente. 

Ecco un esempio. Immaginate di essere in questa situazione. Un sacco di persone vi odiano. Vi cercano dovunque perché vogliono uccidervi. Ma non solo, diffondono anche notizie false e calunnie sul vostro conto. La vostra reputazione è completamente rovinata. Quando vi vedono arrivare, tutti si allontanano perché sanno che avete le ore contate e non vogliono certo correre il rischio di andarci di mezzo anche loro. Non c’è neanche un posto in cui possiate sentirvi al sicuro. Questa situazione ovviamente vi fa sentire piuttosto depressi. E inoltre non riuscite a smettere di pensare ai vostri errori passati. Tutto questo vi fa stare male. Non dormite, non avete energie e vi sentite sempre più deboli. Tutto ciò che abbiamo detto descrive bene la situazione in cui si trovava Davide, come possiamo leggere in Salmo 31:10-13. Senza ombra di dubbio quelle pressioni erano reali, e anche i sentimenti che provava Davide indubbiamente erano reali. Ma quelle non erano le uniche cose reali. Anche Geova era reale. E fu proprio a Geova che Davide si rivolse per ricevere aiuto. Leggiamo insieme le sue parole nel Salmo 31 e notiamo la sua umile preghiera. Cominciamo a leggere dal versetto 14: “Ma io confido in te, o Geova. Dico: ‘Tu sei il mio Dio’. I miei giorni sono nelle tue mani. Liberami dalla mano dei miei nemici e dai miei persecutori. Fa’ splendere il tuo volto sul tuo servitore. Salvami a motivo del tuo amore leale”. 

Le esperienze che aveva fatto nella vita avevano insegnato a Davide l’importanza di aprire il suo cuore a Geova nei momenti difficili. E sapeva perfettamente che la preghiera insieme all’incrollabile fiducia e alla pazienza gli avrebbero fatto ottenere benedizioni da Geova. 

Vedete, fratelli, esiste il modo per avere una vita piena e soddisfacente e non semplicemente sopravvivere quando subiamo pressioni. Dobbiamo avere una forza interiore di pari intensità per contrastare le pressioni esterne. In questo modo nessuna pressione esterna potrà schiacciarci. E nel caso di Davide fu proprio così. In senso spirituale lui ricevette questa forza interiore. Ricevette il coraggio e la forza necessari per contrastare le pressioni che stava subendo. E perché possiamo dirlo? Come lo sappiamo? Beh, torniamo un attimo al Salmo 31 e osserviamo come cambiano i suoi sentimenti. Versetto 21: “Sia lodato Geova [dice Davide], perché in una città assediata mi ha mostrato il suo amore leale in modo meraviglioso”. E poi il versetto 23: “Amate Geova, voi tutti suoi leali. Geova protegge chi gli è fedele”. E per finire il 24, l’ultimo versetto di questo salmo: “Voi tutti che aspettate Geova, siate coraggiosi e sia forte il vostro cuore”. Perciò, fratelli, non c’è dubbio. Davide mostrò fede, mostrò pazienza e così ricevette la risposta alla sua preghiera da parte di Geova. Fu disposto ad aspettare Geova, e Geova gli diede una vita piena e soddisfacente, non lo fece solo sopravvivere. Davide poi ebbe numerosi incarichi e responsabilità nel servizio a Geova, e per questo motivo provò tanta gioia nella sua vita. 

Quindi cosa impariamo? 

1. Primo, Davide riuscì ad affrontare le pressioni perché aveva un’incrollabile fede in Geova. 

2. Secondo, Davide era amico di Geova, e questo lo aiutò ad aspettarlo mostrando pazienza. 

3. Terzo, quando un leale servitore di Dio gli chiede umilmente aiuto, è lo stesso amore leale di Geova a dargli la forza necessaria per contrastare le pressioni. 

Ma non finisce qui. L’esperienza di Davide influì su altri in modi che lui non poteva neanche immaginare. Ad esempio il Salmo 31 fu citato da Giona quando era nel ventre del pesce. Anche Geremia, che nel corso della sua vita affrontò molte difficoltà, espresse più volte pensieri simili a quelli di questo salmo. E perfino Gesù Cristo, il Figlio di Dio, poco prima di morire sul palo di tortura citò le parole di Salmo 31:5. Doveva aver meditato su quel salmo molte volte. 

Perciò, come abbiamo visto, Davide, Giona, Geremia, Gesù e molti altri mostrarono fiducia in Geova, e Geova diede a tutti loro la forza per contrastare le pressioni. E farà la stessa cosa con noi. 

Perciò, fratelli, per concludere, non ha alcuna importanza quanto siano forti le pressioni. Ciò che conta è come gli permettiamo di influire sulla nostra vita. Assicuriamoci che non ci allontanino mai da Geova e che non ci tolgano lo zelo per le attività spirituali. Non devono mettersi tra noi e Geova. In questo modo le pressioni avranno l’unico effetto di farci avvicinare ancora di più al nostro Padre celeste. 

Le forme di vita che prosperano nella Fossa delle Marianne sono una dimostrazione della capacità che ha Geova di aiutare le sue creature a contrastare le pressioni. La preghiera, la fede e la pazienza saranno sempre ricompensate da Geova. E noi proveremo vero sollievo. Perciò se rimarremo vicini a Geova, quando nella vita affronteremo pressioni non solo sopravvivremo ma prospereremo spiritualmente. 


Ti ringraziamo, fratello Cauthon, per le riflessioni che ci hai fatto fare. Ci saranno molto utili. 

Nella terza intervista conosceremo un fratello che serve come membro del Comitato di Filiale in Srī Lanka. Lui è un diplomato della 146ª classe della Scuola di Galaad, cioè 4 classi fa. Ci racconterà come la Scuola di Galaad lo ha aiutato a guardarsi dentro e a vedere lati del suo carattere su cui doveva lavorare, e poter così dare stabilità e rafforzare i fratelli e le sorelle nel territorio della sua filiale. 

Il fratello e la sorella Sivakumaran torneranno in Srī Lanka. 

• (Suman Sivakumaran – 146ª Classe della Scuola di Galaad) - Una cosa che si impara sin dall’inizio qui alla Scuola di Galaad è come Geova si comporta con gli esseri umani. Riflettere su questo mi ha aiutato a capire quanto sono piccolo e quanto nell’organizzazione di Geova è piccolo il ruolo che svolgo. 

Prima di fare la scuola pensavo di mostrare già abbastanza amore, perché tutti noi aspiriamo a essere persone che mostrano amore. Ma grazie alla Scuola di Galaad ho capito che spiritualmente mi mancava qualcosa. Prima c’erano fratelli e sorelle che non notavo neanche. 

Quindi ho imparato una cosa davvero importante. Il punto non è fare discorsi. Quello di cui hanno bisogno i fratelli è che gli stiamo vicino. Devo dargli il mio tempo e devo anche aiutarli a capire che Geova li ama moltissimo. 

Una parola che durante la scuola ci veniva ripetuta spesso è “misericordia”. Gli israeliti fecero tanti errori, ma Geova non fu mai rude o critico. Voleva solo che tornassero da lui. Questo mi ha insegnato tantissimo. Come sorvegliante di reparto, c’è una domanda importante che devo farmi in continuazione: “Voglio essere uno che critica o uno che loda?” Per fare un esempio, prima di venire alla Scuola di Galaad ero sorvegliante della casa. Ero un po’ severo e i fratelli mi percepivano come poco generoso. Ma durante la scuola ho capito chiaramente che dovevo cambiare. Devo essere più generoso e devo mostrare più misericordia. Ricordo benissimo quello che ci ha detto uno degli insegnanti: “Dire sempre di no può diventare una comoda abitudine, quasi una scappatoia”. Quindi siamo stati incoraggiati a dire di sì ogni volta che possiamo e ad aiutare i fratelli. 

Le parole migliori per descrivere Galaad sono quelle di Gesù. Ama Geova e ama gli altri, questo è l’insegnamento principale. E parlando di come mi sento ogni volta che penso a quello che ho imparato alla Scuola di Galaad, so che ho ancora tanta strada da fare per mettere in pratica quegli insegnamenti, per cambiare e assomigliare di più a Geova. Quindi sì, ho tanta strada da fare e ci sto lavorando. 

Preghiamo che anche voi, cari fratelli che state per diplomarvi, vi esaminiate in modo da rafforzare i fratelli e le sorelle mentre svolgete il vostro incarico. È stato bello vedere l’umiltà di questo fratello. 

Ora ascoltiamo con attenzione un altro insegnante della Scuola di Galaad, che è anche assistente del Comitato dell’Insegnamento, Mark Noumair. Il titolo del suo discorso è “‘Mi tengo stretto a te; tu mi afferri saldamente’”. Ti ascoltiamo, fratello Noumair. 

“‘Mi tengo stretto a te; tu mi afferri saldamente’ 

In questo discorso ci soffermeremo su una qualità che può darci tanta forza, l’amore leale. Infatti proprio questa qualità, l’amore leale, e la forza che ne deriva ci permetteranno di affrontare le prove e le difficoltà confidando pienamente nel nostro Dio, Geova. 

Qual è la definizione di amore leale? Come forse ricordate, era in una delle verifiche scritte. Con amore leale ci si riferisce a un amore che scaturisce da dedizione e profondo attaccamento. Vediamo anche come il re Davide descrisse l’amore leale che c’era tra lui e Geova. In Salmo 63:8 disse: “Mi tengo stretto a te; la tua destra mi afferra saldamente”. Ecco come si può spiegare l’amore leale. ‘Mi tengo stretto a te, tu mi afferri saldamente’. 

Vediamo ora un esempio del I secolo, una donna che dimostrò in modo straordinario cosa significa tenersi stretti a Geova. Si tratta di Anna. Perché possiamo dirlo? Scopriamolo. Apriamo la Bibbia in Luca capitolo 2. Leggiamo insieme i versetti 36 e 37, e vediamo cosa possiamo imparare da questi versetti: “Ora c’era anche una profetessa di nome Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, la quale era molto avanti negli anni. Dopo essersi sposata aveva vissuto con il marito 7 anni, ed era ormai una vedova di 84 anni. Non si assentava mai dal tempio, rendendo sacro servizio giorno e notte con digiuni e suppliche”. Questo è quello che sappiamo. Tutto quello che la Bibbia dice di Anna è in questi versetti scritti da Luca. Anna aveva 84 anni quando si parla di lei nel racconto biblico. Probabilmente non visse abbastanza a lungo da poter diventare una discepola di Gesù, ricevere lo spirito santo e predicare la buona notizia del Regno. Questo è tutto, se ci fermiamo qui. E se invece andiamo avanti? Se andiamo più a fondo? Cosa possiamo imparare di utile? Vediamolo insieme. Anna nacque all’incirca nell’86 a.E.V. Quando aveva 23 anni, Gerusalemme era piena di violenza e divisioni. I capi ebrei, come i Maccabei e altri, erano in lotta fra loro. I soldati romani guidati da Pompeo andarono lì per ristabilire l’ordine. E da quel che sappiamo, in quel contesto morirono circa 12.000 ebrei. È possibile che tra quelle persone che persero la vita ci fosse anche il marito di Anna. Quando Anna aveva 47 anni, i romani nominarono Erode re della Giudea. Erode? Quell’uomo non era un discendente di Davide. Non era nemmeno israelita, era edomita. Gli edomiti erano nemici della vera adorazione da tanto tempo. Come se non bastasse, gli ipocriti capi religiosi ebrei complicavano la vita alle persone, anche alle vedove come Anna. Ora Anna guarda la “casa di preghiera” di Geova. Il luogo a cui tiene tanto è diventato “un covo di ladri”. Sembra che la pura adorazione stia scomparendo. Cosa farà Anna? Anna avrebbe potuto scoraggiarsi, avrebbe potuto pensare: “Ho sempre sostenuto la vera adorazione. Non ho mai smesso di credere nella venuta del Messia e nelle profezie. Vado al tempio ogni giorno. Mi comporto bene, ma le cose non fanno che peggiorare. Dio ha permesso che mio marito morisse. Un edomita sta ricostruendo il tempio. Ma cosa sta succedendo? Geova si è dimenticato di noi? Dovrei smettere di adorarlo?” Anna avrebbe potuto arrendersi, cedere allo scoraggiamento, ma non lo fece. Non si arrese. Perché? A motivo del suo amore leale per Geova, della forza che riceveva da questa qualità. Il suo amore leale per Geova era davvero profondo. E in quelle circostanze le diede la forza di tenersi stretta a lui. Anna era determinata a servire Geova al meglio delle sue possibilità. Che cosa faceva? Torniamo insieme al versetto 37. Qui è scritto: “Non si assentava mai dal tempio [era nel posto giusto], rendendo sacro servizio giorno e notte [faceva la cosa giusta] con digiuni e suppliche [aveva il giusto atteggiamento]”. 

Quindi Anna faceva la cosa giusta, era nel posto giusto e aveva il giusto atteggiamento. Niente poteva impedire a questa donna apparentemente fragile di tenersi stretta al suo migliore Amico, Geova. In pratica Anna stava dicendo: “Mi tengo stretta a te, Geova”. E Geova vide il suo amore leale. 

Il versetto 38 del capitolo 2 ci fa capire che Anna era al tempio quando il piccolo Gesù fu portato lì dai suoi genitori. E quando lo vide, che cosa fece? Che cosa dice il versetto 38? “In quel momento si avvicinò e cominciò a ringraziare Dio, parlando del bambino a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme”. Provate a immaginare la sua gioia, la gioia che avrà provato vedendo e forse anche tenendo in braccio quel bambino, il futuro Messia. Questa donna anziana non avrebbe mai immaginato di poter avere un privilegio del genere. Il bambino che aveva davanti era la prova, la prova tangibile, la #Indice Pagina 19 

dimostrazione evidente del fatto che Geova non aveva abbandonato il suo popolo. E non aveva abbandonato nemmeno Anna. Quindi Anna si teneva stretta a Geova e lui la afferrava saldamente, e per lealtà la ricompensò. Che grande esempio di amore leale! 

L’esempio di fede di Anna era così conosciuto che a distanza di diversi decenni, circa 50 anni più tardi, Luca si sentì spinto a scrivere di lei. Da dove prese quelle informazioni? Con chi parlò? Forse parlò con Maria o con qualche persona anziana. Gli avranno detto: “C’era una donna, Anna. Era sempre al tempio, non mancava mai”. Non lo sappiamo. Ma quello che sappiamo è che Geova ispirò Luca a parlare di questa donna nella sua Parola, così che potessimo imparare qualcosa di utile. 

Ed eccoci qui, a circa 2.000 anni di distanza. Stiamo parlando di Anna come di un ottimo esempio di dedizione e integrità. Un bell’esempio che voi studenti potete imitare. 

Cosa possiamo imparare dall’esempio di Anna? Potremmo soffrire per diversi motivi, la perdita di qualcuno o qualcosa a cui teniamo molto, i difetti delle altre persone, potremmo sentirci feriti o affrontare all’improvviso una situazione nuova che non ci piace. Oppure proprio all’interno dell’organizzazione potremmo sentirci vittima di un’ingiustizia o di un grosso equivoco. Cosa faremo? Ecco quello che faremo. Ci terremo stretti a Geova e vedremo che lui ci afferra saldamente. Ci terremo stretti a lui e lui ci afferrerà. 

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