"Posso abbracciare il mio bambino?"

"Posso abbracciare il mio bambino?"

Avvocato Atomico

Post originale su FB: https://www.facebook.com/AvvocatoAtomico/posts/243886350610896

Andrew Maidment, responsabile della sezione Fisica del Dipartimento di Radiologia dell'Università della Pennsylvania, racconta in un'intervista che si è sentito rivolgere questa domanda da una madre che da tre giorni si rifiutava di toccare suo figlio dopo che questo si era rotto una gamba e aveva dovuto fare una radiografia: la donna era terrorizzata dall'idea che il bambino potesse essere radioattivo.

Un caso estremo di persona particolarmente radiofobica? Non proprio: questo tipo di paure sono in realtà molto comuni. Qualche settimana fa era una nota pagina Facebook italiana a postare lo screen di una madre preoccupata dal fatto che la cameretta dove dormiva sua figlia fosse contigua a quella del vicino di casa sottoposto a radio-terapia.

D'altronde, come si fa a non avere paura di qualcosa di cui si parla con toni apocalittici tanto sui mass media quanto nel dibattito politico? Se ad ogni perdita di radiazioni il titolo di giornale è "si teme una Chernobyl 2" è ovvio che ci sia chi si spaventa.

E d'altra parte, l'attuale modello utilizzato per stilare le linee guida per la radioprotezione sostiene esplicitamente che "non esiste una dose di radiazioni considerabile come sicura". Anche un singolo decadimento radioattivo può avere conseguenze mortali.

Quanto c'è di vero?

L'effetto delle radiazioni sul corpo umano è studiato da tempo, e dipende innanzitutto dalla tipologia di radiazione e poi dall'energia della particella emessa. Le radiazioni possono rompere i legami molecolari e causare quindi danni alla struttura cellulare dei tessuti. Se la dose ricevuta è particolarmente elevata e viene assorbita in un tempo ristretto, il danno è tale da causare la morte cellulare (apoptosi): l'avvelenamento da radiazioni (o ARS: Acute Radiation Syndrome) altro non è che la conseguenza di una morte cellulare massiccia diffusa in tutti i tessuti.

I pochi casi noti di ARS hanno tutti riguardato persone coinvolte direttamente in eventi particolarmente gravi (come l'incidente di Chernobyl o quello di Goiania) che avevano assorbito dosi a partire da 0,7 Sv ad un tasso superiore ai 100 mSv/ora.

Se le stesse dosi vengono assorbite in un tempo più lungo, ma in maniera continuativa, i meccanismi di riparazione del DNA sono in grado di competere con la distruzione cellulare causata dalle radiazioni. Questo fa sì che le conseguenze si manifestino in maniera progressiva, dapprima con problemi ai sensi dell'olfatto e del tatto, e a seguire cataratta, atrofia muscolare e leucemia.

In questo caso si parla di "sindrome cronica da radiazioni", e anche qui i casi noti nella Storia sono pochi, anche se è quasi certo che questa malattia sia quella che ha ucciso Marie Curie.

La dose minima che può causare sindrome cronica da radiazioni è compresa tra 0,7 e 1,5 Sv, con un tasso di assorbimento superiore a 100 mSv/anno.

Sia la sindrome acuta che quella cronica sono effetti deterministici delle radiazioni. La loro gravità è dipendente dalla dose e, anche se la risposta alla malattia può essere soggettiva, l'esposizione a quelle dosi di radiazioni provocherà in chiunque i medesimi effetti. Se però le uniche conseguenze delle radiazioni fossero queste, non ci sarebbe ragione di preoccuparsi, dal momento che solo durante i più gravi incidenti radiologici (Goiania, Chernobyl, Kyshtym e pochi altri eventi, nella lista dei quali NON c'è Fukushima) si sono verificate contaminazioni simili (più qualche sporadico caso risalente a prima che i danni da radiazioni fossero noti, come quello delle Radium Girls).

Invece purtroppo le radiazioni possono avere un altro effetto sul corpo umano, che si verifica nel malaugurato caso in cui i legami molecolari che vengono rotti all'interno delle cellule sono quelli del DNA. In questa circostanza si può verificare la rottura del doppio filamento, che può causare una riproduzione cellulare scorretta, e dunque una mutazione. Se le cellule mutate sono a loro volta in grado di riprodursi, questa mutazione può dare luogo a una carcinogenesi, e dunque ad un tumore.

Si tratta però di un effetto non deterministico, e sul legame tra dose assorbita e probabilità di sviluppo di un tumore al momento non vi sono dati certi.

Modello LNT

Il modello utilizzato al momento come "standard" per la radioprotezione viene chiamato LNT (Linear-Non-Treshold), e si basa essenzialmente su tre postulati:

  1. La probabilità che una contaminazione radioattiva dia luogo ad un tumore radio-indotto cresce linearmente con la dose assorbita;
  2. questa probabilità è indipendente dal tempo di esposizione;
  3. non esiste una soglia al di sotto della quale si possono considerare le radiazioni "sicure".

Si tratta di un modello sensato? Se proviamo ad applicare la stessa logica ad altri contesti, verrebbe da dire di no[1], ma la scienza non è sempre intuitiva, e quindi andiamo ulteriormente a fondo.

Il modello LNT nasce dagli studi effettuati da Hermann Joseph Muller tra il 1926 e il 1927, in cui lo scienziato espose dei moscerini della frutta a varie dosi di Raggi X e dimostrò che questi causavano mutazioni cellulari di varia natura.

Per questi studi Muller vinse il premio Nobel nel 1946, e, dieci anni dopo, i suoi studi furono adottati come linee guida dal Comitato sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche della National Academy of Sciences.

Nel frattempo la teoria che vi fosse una correlazione lineare tra probabilità di carcinogenesi e dose assorbita veniva confermata grazie alle analisi dei sopravvissuti dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, per i quali i dati preliminari mostravano effettivamente una corrispondenza tra tumori e dose assorbita in accordo con le previsioni.

Solo che questa conferma è molto lontana dall'essere una prova. I sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, infatti, hanno tutti ricevuto dosi estremamente elevate. Il fatto che a quelle dosi sia accertata una corrispondenza tra quantità di radiazioni assorbite e probabilità di sviluppare un tumore successivamente non implica necessariamente che questo sia valido anche a dosi più basse.

Inoltre i sopravvissuti ai bombardamenti atomici hanno ricevuto una dose di radiazioni importante in un tempo breve: non è detto che la stessa dose, diluita in un tempo più lungo, faccia lo stesso effetto, per lo stesso motivo per cui scendere di 20 metri facendo 100 gradini non è uguale a saltare dalla stessa altezza.

Anche gli studi sui moscerini erano stati effettuati con dosi estremamente elevate (per un moscerino), e dunque ci sono ottimi motivi per ritenere dubbia la scalabilità del modello a qualunque dosaggio.

D'altronde il DNA umano è soggetto a mutazioni, o "errori di riproduzione" continuamente, e la causa principale non sono nemmeno le radiazioni, bensì l'ossigeno. Per fortuna esistono dei meccanismi di riparazione del DNA che fanno sì che, nella maggior parte dei casi, una cellula mutata non dia origine a nessuna formazione tumorale. È quindi ragionevole pensare che, se non vengono alterate un gran numero di cellule tutte assieme (che potrebbe succedere se si assorbe una dose di radiazioni elevata in un tempo ristretto) il nostro corpo sia in grado di gestire eventuali mutazioni cellulari, così come è in grado di gestire piccole dosi anche di sostanze estremamente pericolose.

Anche però ammettendo che esista una dose minima oltre la quale le radiazioni possono essere considerate sicure, determinarla è questione assai più complessa. La Health Physics Society ha dichiarato in un comunicato ufficiale che la correlazione tra esposizione alle radiazioni e probabilità di carcinogenesi è stata dimostrata solo per dosi superiori a 50-100 mSv (http://hps.org/documents/hps_nrc_lnt_comments_2015-11-05.pdf), ma il fatto che al di sotto di questa soglia non sia possibile individuare un legame non significa necessariamente che questo non esista, significa solo che l'esame dei dati va a sbattere contro un problema abbastanza insormontabile, dato dal fatto che le persone - possiamo affermarlo con un certo grado di certezza scientifica - prima o poi muoiono.

Il tumore, in particolare, è la seconda causa di morte nel mondo occidentale dopo le malattie cardiovascolari, e questo significa che ogni anno a contrarre un tumore sono alcune decine di milioni di persone sul pianeta. Distinguere un tumore indotto da radiazioni da uno spontaneo è impossibile, e dunque è possibile analizzare gli effetti nocivi delle radiazioni solo da un punto di vista statistico, andando a vedere se vi sono differenze nel numero di casi di tumore tra una popolazione esposta ad una contaminazione radioattiva e un gruppo di controllo demograficamente simile. Solo che il numero di casi di tumore in una popolazione è un valore che varia nel tempo: nel 2020, ad esempio, sono stati diagnosticati 377.000 casi di tumore in Italia (https://www.fondazioneaiom.it/…/2020_Numeri_Cancro-pazienti…), 6000 in più rispetto all'anno prima (https://www.aiom.it/…/…/2019_Numeri_Cancro-operatori-web.pdf). A cosa è dovuto questo incremento? A nulla, si tratta di una semplice fluttuazione statistica[2].

Nel momento in cui la probabilità di carcinogenesi prevista dal modello LNT diventa più piccola della normale varianza, è impossibile stabilire con certezza se un eventuale incremento sia dovuto ad una contaminazione o semplicemente al caso.

Dunque è impossibile escludere che le radiazioni facciano danni sotto la soglia di 100 mSv, ma è altrettanto impossibile dimostrarlo.

Ora, da un lato nella scienza ciò che non è dimostrabile e misurabile viene solitamente scartato, e il "danno stocastico" da radiazioni alle basse dosi è letteralmente qualcosa la cui esistenza è postulata senza alcuna osservazione; dall'altro lato il fatto che si parli della salute delle persone richiede un approccio particolarmente prudente.

Oggi anche i sostenitori del modello LNT ammettono l'esistenza di una "quasi-soglia" a 100 mSv, seppure non escludendo la possibilità di effetti per dosi anche inferiori a tale valore (e peraltro è anche vero che i meccanismi di riparazione cellulare non lavorano con la stessa efficacia in tutti gli esseri umani), ma ritengono comunque che il modello sia comunque il migliore possibile da tenere come base per le normative.

Questo però lascia tre grosse questioni ancora aperte, e hanno a che fare con l'impatto di questo approccio col mondo reale.

  1. La prima questione riguarda la mancanza di capacità predittiva del modello LNT: anche accettando che le normative siano conservative, utilizzare un modello lineare per fare delle stime resta in ogni caso non giustificato. Le previsioni sui tumori radio-indotti ottenute col modello LNT (come quelle presenti nel TORCH, il report su Chernobyl dei Verdi europei) sono da rigettare: persino i 4000 casi di tumore letale previsti dal report del Chernobyl Forum del 2003 sono risultati sovrastimati di almeno un ordine di grandezza, e lo riporta lo stesso Chernobyl Forum nell’aggiornamento del 2006. Utilizzare il modello LNT come se avesse capacità predittive, quando non è possibile dimostrare la presenza di un danno stocastico alle basse dosi, è antiscientifico e inaccettabile. In Italia il limite del tasso alcolemico per mettersi alla guida è 0,5 mg/l, ma non possiamo certo dedurre la quantità di incidenti stradali dal numero di persone che bevono oltre tale valore, visto che per fortuna non tutti quelli che guidano ubriachi causano incidenti;
  2. l'idea che non esista una dose sicura di radiazioni e che i danni da radiazioni si accumulino nel tempo è un'idea assai più pericolosa delle radiazioni stesse. Ad esempio sappiamo con certezza che nel 2011 la paura delle radiazioni ha portato ad evacuare centomila persone dalla prefettura di Fukushima in maniera del tutto innecessaria (https://www.sciencedirect.com/…/artic…/pii/S0957582017302173): se le persone fossero rimaste ad abitare nella zona contaminata, si può ipotizzare che 2-300 avrebbero contratto un tumore alla tiroide, e dunque che 4-6 sarebbero morte (il tumore alla tiroide ha un tasso di sopravvivenza del 98-99%). L'evacuazione forzata ha invece causato oltre 1600 morti a causa dello stress e del fatto che persone anziane e/o malate non hanno potuto ricevere trattamenti adeguati durante lo spostamento. Alcuni residenti, convinti che sarebbero andati incontro a chissà quale morte orribile, hanno optato per suicidarsi, e molte donne incinte hanno scelto di abortire, per timore di dare alla luce bambini malati o deformi.
    Certamente si è trattato di una situazione eccezionale, ma è solo un esempio dei danni che la paura delle radiazioni (correlata all'idea che non esiste una dose sicura) comporta.
    Nel mondo occidentale si registrano numerosi casi di persone che rifiutano esami medici che richiedono l'uso di radiazioni ionizzanti (come radiografie, TAC e PET), spinte sia dalla convinzione che le radiazioni siano intrinsecamente pericolose, sia dall'idea che la probabilità di contrarre un tumore si accumuli con ogni esame diagnostico (https://pubs.rsna.org/doi/full/10.1148/radiol.12112678), una fallacia simile a quella dello scommettitore che punta sul numero ritardatario al Lotto; in Italia abbiamo persino scelto di utilizzare l'espressione "risonanza magnetica" invece di "risonanza magnetica nucleare", per evitare che troppe persone, spaventate dal nome, rifiutassero di sottoporvisi.
    In ambito militare oggi gli esperti ritengono che la malaugurata ipotesi di un attacco basato su una "bomba sporca" (costituita da esplosivo tradizionale accompagnato ad una piccola quantità di materiale radioattivo che verrebbe sparso in giro) sia preoccupante non tanto per l’eventuale fallout, quanto per via del panico che causerebbe (https://blogs.scientificamerican.com/…/we-need-to-educate-…/).
    Alla luce di tutto questo è evidente che, se anche si vuole mantenere il discutibilissimo modello LNT come base delle normative per la radioprotezione, occorre comunque che l'informazione vada in senso contrario, e che spieghi che le radiazioni sono un fenomeno naturale, quotidiano, e che solo dosaggi estremamente elevati comportano rischi concreti.
  3. La terza questione cruciale è che le normative basate sul modello LNT, la cui filosofia è sintetizzata nell'acronimo ALARA (As Low As Reasonably Achievable), non vengono implementate nel vuoto, bensì in una società che fa i conti tutti i giorni con rischi ben peggiori, per i quali invece delle soglie vengono fissate. Abbiamo limiti precisi per quanto riguarda l'inquinamento delle acque, la presenza di particolato metallico nell'aria, la quantità di pesticidi nella verdura che mangiamo, e via dicendo.

Limiti di legge

Per le radiazioni, la normativa europea fissa il limite massimo di radioattività oltre a quella ambientale a 1 mSv/anno, una cifra cento volte inferiore a quella per la quale sono riscontrabili effetti sulla salute. Per le PM10 e le PM2.5, invece, i limiti di legge sono superiori alla dose minima per la quale si può misurare un incremento delle malattie respiratorie. Il fatto che i costi dell'energia nucleare siano spesso elevati dipende anche da queste scelte regolatorie: il risultato però è che, per essere sicuri che la dose di radiazioni a cui il pubblico viene esposto sia sempre "ALARA", siamo costretti a ricorrere ad alternative molto peggiori, che tendenzialmente non sono tenute agli stessi standard.

La stessa radioattività ambientale, d'altronde, varia parecchio nel mondo (da <1 mSv/anno a >200 mSv/anno, con una media intorno ai 3 mSv/anno) e i luoghi più radioattivi (come Ramsar in Iran e le spiagge di Guarapari in Brasile) non presentano tassi di tumori più elevati rispetto alla media mondiale, il che è un ulteriore riprova che il modello LNT va rivisto e gli approcci regolatori alla radioprotezione vanno rivisti di conseguenza, come ormai sostiene anche una grossa maggioranza di esperti: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2663584/

http://energy.mit.edu/…/future-nuclear-energy-carbon-const…/

Per riportare un po' le cose in prospettiva, trovate alcuni dati numerici nell'immagine in allegato. Se non volete scorrerla tutta vi riporto qui alcuni paragoni interessanti.

  • Vivere a 50 km da una centrale nucleare per un anno dà la stessa dose di radiazioni di una banana;
  • se aveste trascorso due settimane a Fukushima subito dopo l'incidente avreste assorbito una dose pari a quella di una mammografia;
  • una TAC al torace comporta una dose di radiazioni fino a sette volte superiore al limite annuale per la radioattività artificiale (ma ancora 14 volte inferiore alla soglia di rischio per la salute);
  • dormire accanto ad una persona implica l'assorbimento di radiazioni, dal momento che i decadimenti radioattivi avvengono anche all'interno del corpo umano (al ritmo di circa 8000 al secondo).

Ogni volta che qualcuno vi parla dei pericoli associati a qualche sostanza, chiedetegli sempre qual è la dose minima a cui è associato un rischio per la salute. Se non ve lo sa dire, è solo un altro cazzaro. Tutto è radioattivo, tutto è chimico, e la paura è solo figlia dell'ignoranza.

-Luca

[1]Immaginate per esempio il caso di una persona che ne colpisce un'altra: dire che la probabilità di ucciderla è dipendente dall'energia cinetica del colpo può anche avere senso, ma stabilire una relazione lineare senza una soglia significa sostenere che dare 1000 carezze è equivalente a sferrare un colpo mortale (e che quindi ogni 1000 persone che ricevono una carezza, una in media morirà).

[2]In realtà una parte del dato può essere probabilmente dovuta a ragioni anagrafiche, ma certamente non tutto.

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