Undici anni fa il naufragio di Lampedusa in cui morirono 368 migranti
Sono passati 11 anni dal del naufragio del 3 ottobre 2013 davanti alle coste di Lampedusa, in cui persero la vita 368 migranti. In questa data ogni anno si celebra la Giornata nazionale della Memoria e dell'Accoglienza.
Il naufragio negli archivi ANSA
La Comunità di Sant'Egidio, che stasera renderà omaggio a quelle vittime con una veglia di preghiera a Roma, ricorda che nelle acque del Mediterraneo si continua a morire. Un bilancio che negli anni diviene sempre più drammatico, se si pensa che dal 1990 ad oggi hanno perso la vita oltre 66mila persone nel tentativo di raggiungere l'Europa. Nel corso degli anni, infatti, le rotte sono divenute più pericolose, come dimostra il fatto che solo tra gennaio e settembre 2024 si contano 1.562 bambini, donne e uomini morti o dispersi nel Mediterraneo.
"Di fronte a questa immane tragedia si può e si deve fare molto di più: continuare il soccorso in mare e facilitare l'ingresso regolare di migranti per motivi di lavoro, di cui l'Italia, in piena crisi demografica, ha estremo bisogno, oltre a favorire i ricongiungimenti familiari", sostiene la Comunità. "Occorre inoltre incentivare i Corridoi Umanitari", aggiunge.
Attraverso questo progetto totalmente autofinanziato, nato proprio dallo sdegno per la strage di Lampedusa, la Comunità di Sant'Egidio - insieme alle Chiese protestanti, alla Cei e ad altre realtà - è riuscita a portare in Europa oltre 7.700 profughi sottraendoli ai trafficanti di esseri umani e avviandoli verso l'integrazione, "al punto che chi anni fa è stato accolto, ora è una risorsa per il nostro Paese". A Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, inoltre la Comunità parteciperà ad una veglia di preghiera presieduta da mons. Giorgio Ferretti, arcivescovo di Foggia-Bovino, durante la quale verranno ricordati anche i lavoratori immigrati morti per il colpevole sfruttamento in corso nelle campagne italiane.
Per il Centro Astalli, servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia, fare memoria e mantenere vivo il ricordo delle vittime di quel tragico giorno e dei tanti altri che ne sono seguiti "è atto dovuto". "Neanche più un morto nel Mediterraneo: fu questo l'appello rivolto alle istituzioni nazionali ed europee. Ma undici anni dopo poche cose sono cambiate - sottolinea il Centro Astalli -. Molte delle politiche messe in atto da quel tragico 3 ottobre ad oggi vanno in una direzione estremamente preoccupante e non di rado in aperta violazione dei diritti umani e delle principali convenzioni in materia di asilo".
Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, commenta: "La storia di questi anni è stata testimone di un generalizzato atteggiamento di complice indifferenza, quando non di una vera e propria criminalizzazione di chi si mette in viaggio in cerca di una vita degna, spinto da guerre e persecuzioni, da cambiamenti climatici, dall'ingiustizia, o da gravi forme di povertà che l'atteggiamento predatorio dell'Occidente ha reso strutturali".
"In questi anni ci siamo trovati più volte a chiedere che il soccorso in mare non fosse preoccupazione e prerogativa esclusiva di organizzazioni non governative, ma fosse responsabilità, come dovrebbe essere, degli Stati - aggiunge Ripamonti -. Più volte abbiamo invocato l'apertura di vie legali, se quelle usate dai migranti erano irresponsabilmente e crudelmente definite clandestine. Ma ci siamo scontrati con resistenze basate sul consenso elettorale che guida ormai i programmi politici più che la ricerca del bene comune".
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