Sulla Filosofia

Sulla Filosofia


Georg Wilhelm Friedrich Hegel, 27 Agosto 1770 - 14 Novembre 1831

Da Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in Compendio (1830), UTET, 2002

§ 1

La filosofia non gode del privilegio, di cui si avvantaggiano le altre scienze, di poter presupporre tanto i suoi oggetti, come dati immediatamente dalla rappresentazione, quanto il metodo del conoscere, per iniziare e procedere, come già ammesso. Certo la filosofia ha anzitutto in comune con la religione i suoi oggetti. Entrambe hanno come oggetto la verità, e nel senso più alto — nel senso che Dio è la verità ed egli soltanto è la verità. Tanto la filosofia quanto la religione trattano poi anche il finito, la natura e lo spirito umano, la loro relazione reciproca e la relazione a Dio come loro verità. La filosofia perciò può, anzi deve necessariamente presupporre una familiarità con i suoi oggetti, come del resto un interesse nei loro confronti; – e questo già perché la coscienza nell'ordine cronologico si forma prima delle rappresentazioni che non dei concetti degli oggetti, e lo spirito pensante anzi giunge a conoscere e comprendere con il pensiero soltanto attraverso il rappresentare e volgendosi ad esso.
Ma nel considerare le cose con il pensiero si manifesta subito insita l'esigenza di mostrare la necessità del suo contenuto, di dimostrare tanto l'essere, quanto le determinazioni dei suoi oggetti. Quella familiarità con essi appare allora insufficiente, ed appare inammissibile fare o ammettere presupposizioni e asserzioni. Ma così interviene, al tempo stesso, la difficoltà di dare un inizio, poiché un inizio come qualcosa di immediato costituisce un presupposto, o, piuttosto, è un presupposto.

§ 2

La filosofia può anzitutto esser definita in generale come considerazione pensante degli oggetti. Ma se è esatto (e lo sarà certamente) che l'uomo si distingue dall'animale per il pensiero, allora tutto ciò che è umano, lo è in quanto – e solo in quanto, viene effettuato mediante il pensiero. Essendo però la filosofia un modo peculiare del pensiero, un modo mediante il quale il pensiero diventa conoscere e conoscere concettuale, il pensiero filosofico si distinguerà anche dal pensiero che opera in ogni attività umana, anzi che produce il carattere umano di ciò che è umano, per quanto sia identico con esso e in sé sia soltanto un solo pensiero. Questa distinzione si collega al fatto che il contenuto umano della coscienza, fondato mediante il pensiero, dapprima non appare in forma di pensiero, ma come sentimento, intuizione, rappresentazione – forme che vanno distinte dal pensiero come forma. È un vecchio pregiudizio, un'affermazione divenuta banale, che l'uomo si distingue dall'animale per il pensiero; può essere banale, ma dovrebbe anche sembrare strano che fosse necessario ricordare una tale antica credenza. Tuttavia questa può essere considerata una necessità vera e propria, stante il pregiudizio della nostra epoca che separa in tal modo il sentimento dal pensiero da renderli tra loro opposti, perfino così ostili che il sentimento, specialmente il sentimento religioso verrebbe inquinato, stravolto, anzi addirittura annientato dal pensiero, e la religione e la religiosità per la loro essenza non avrebbero nel pensiero la loro radice e il loro posto. Ma con una separazione di questo tipo si dimentica che l'uomo soltanto è capace di religione e che invece l'animale non ha affatto religione, proprio come non ha diritto e moralità.
Quando si afferma quella separazione della religione dal pensiero, è perché di solito si ha in vista quel modo di pensare che può essere definito come riflettere (Nachdenken) – il pensiero riflettente che ha come proprio contenuto i pensieri come tali e li porta alla coscienza. Ed è proprio dall'aver trascurato di conoscere e di considerare la differenza, indicata in modo determinato, tra la filosofia e il pensiero che sono sorte le rappresentazioni e le obiezioni più rozze nei confronti della filosofia. In quanto l'uomo soltanto ha religione, diritto e moralità, e, veramente, soltanto perché è un essere pensante, il pensiero in generale non è stato inoperante nella religione, nel diritto e nella moralità – non importa se come sentimento e fede o rappresentazione, – e vi sono presenti e contenuti la sua attività e i suoi prodotti. Ma è diverso avere tali sentimenti e tali rappresentazioni, determinati e permeati dal pensiero ed avere dei pensieri in proposito. I pensieri prodotti mediante il riflettere e concernenti quelle forme di coscienza sono ciò che si intende per riflessione, raziocinare e simili, e poi anche per filosofia.
È inoltre accaduto – e ancor più spesso questo malinteso è stato dominante – di affermare che un tale riflettere è la condizione, anzi l'unica via per giungere alla rappresentazione e alla certezza dell'eterno e del vero. Così per es. delle dimostrazioni metafisiche dell' esistenza di Dio (ora piuttosto remote) si è detto che – o sono state presentate come se – essenzialmente e soltanto mediante la loro conoscenza e la loro forza di convinzione potesse essere prodotta la fede e la convinzione dell'esistenza di Dio. Una simile affermazione equivarrebbe a quella che non potremmo mangiare prima di aver acquisito la conoscenza delle definizioni chimiche, botaniche o zoologiche dei cibi e dovremmo aspettare, per digerire, di aver portato a termine lo studio dell'anatomia e della fisiologia. Se così fosse, certo queste scienze guadagnerebbero molto quanto a utilità nel loro campo, come la filosofia nel suo, anzi da utili diventerebbero assolutamente necessarie o, meglio, più che essere indispensabili, non esisterebbero affatto.

§ 3

Il contenuto che riempie la nostra coscienza, di qualsiasi tipo esso sia, costituisce la determinatezza dei sentimenti, delle intuizioni, delle immagini, delle rappresentazioni, dei fini, dei doveri ecc. e dei pensieri e dei concetti. Sentimento, intuizione, immagine ecc. sono pertanto le forme di tale contenuto, che rimane sempre lo stesso, sia che venga sentito, intuito, rappresentato, voluto, o che sia soltanto sentito, o anche sentito, intuito ecc., con la mescolanza di pensieri, o pensato senza alcuna mescolanza. Il contenuto è oggetto della coscienza in una di queste forme o nella mescolanza di parecchie di esse. In questa oggettualità, però anche le determinatezze di queste forme passano nel contenuto in modo che, secondo ciascuna di queste forme, sembra sorgere un oggetto particolare, e quello che in sé è identico può sembrare un contenuto diverso.
In quanto le determinatezze del sentimento, dell'intuizione, dell'appetito, della volontà, ecc. nella misura in cui se ne ha un sapere, vengono chiamate in generale rappresentazioni, si può dire in generale che la filosofia pone al posto delle rappresentazioni pensieri, categorie, ma, più precisamente, concetti. Le rappresentazioni in generale possono esser considerate come metafore dei pensieri e dei concetti. Il fatto poi di avere delle rappresentazioni non vuol dire ancora che se ne conosca il significato per il pensiero, e cioè i pensieri e i concetti loro corrispondenti. Viceversa non è la stessa cosa avere pensieri e concetti, e sapere quali sono le rappresentazioni, le intuizioni e i sentimenti loro corrispondenti. – Di qui dipende un aspetto di quella che si chiama l'inintelligibilità della filosofia. La difficoltà consiste da un lato nell'incapacità, che è in sé soltanto una mancanza di abitudine, di pensare in modo astratto, cioè di tener fermi pensieri puri e muoversi in essi. Nella nostra coscienza comune i pensieri sono rivestiti di un materiale sensibile e spirituale corrente ed uniti ad esso, e nel ponderare, riflettere e raziocinare mescoliamo i sentimenti, le intuizioni, le rappresentazioni con i pensieri (in ogni proposizione il cui contenuto è interamente sensibile come «questa foglia è verde» sono già mescolate categorie come essere, singolarità). Altra cosa è invece prendere come oggetto i pensieri stessi senza alcuna mescolanza. – L'altro aspetto dell'inintelligibilità dipende dall'impazienza di voler avere davanti a sé nella forma della rappresentazione quello che nella coscienza è come pensiero e concetto. Accade di sentir dire: non si sa cosa pensare di un concetto che si è appreso; ora, a proposito di un concetto, non si deve pensare nient'altro che il concetto stesso. Quell'espressione ha però il senso di una nostalgia per una rappresentazione già ben nota, usuale; è come se alla coscienza fosse tolto il terreno da sotto i piedi, in quanto le si sottrae la forma della rappresentazione, un terreno su cui di solito ha la sua salda collocazione e la sua dimora. Quando ci si trova trasportati nella regione pura dei concetti non si sa in quale mondo si è. – Perciò si trovano soprattutto intelligibili quegli scrittori, predicatori, oratori ecc. che dicono ai loro lettori o ascoltatori cose che questi già sanno a memoria, che sono loro consuete e che sono ovvie.

§ 4

In relazione alla nostra coscienza comune la filosofia dovrebbe anzitutto esporre o, perfino, destare il bisogno del suo modo peculiare di conoscere. In relazione agli oggetti della religione invece, alla verità in generale, la filosofia dovrebbe mostrare la capacità di conoscerli muovendo da se stessa; rispetto a una divergenza che venga a manifestarsi riguardo alle rappresentazioni della religione, la filosofia dovrebbe giustificare le sue determinazioni che ne divergono.


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