Se avete qualche parola di incoraggiamento, ditela (Atti 13:15)

Se avete qualche parola di incoraggiamento, ditela (Atti 13:15)

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David Schafer

“Se avete qualche parola d’incoraggiamento […], ditela”. Chi disse queste parole? Cosa disse l’apostolo Paolo in risposta a questa esortazione? Come reagì chi lo ascoltava? E cosa possiamo imparare dall’esempio di Paolo sull’incoraggiamento? Apriamo la Bibbia al capitolo 13 di Atti. Qui si parla del primo viaggio missionario di Paolo. Dopo un pericoloso viaggio di circa 180 chilometri, Paolo e i suoi compagni sono seduti in una sinagoga ad Antiochia di Pisidia. Il versetto 15 dice: “Dopo la lettura pubblica della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: ‘Uomini, fratelli, se avete qualche parola d’incoraggiamento per il popolo, ditela’”. I successivi 5 paragrafi contengono il discorso di Paolo. Quanto fu efficace? I versetti da 42 a 44 mostrano l’effetto che ebbe. Primo, la gente pregò Paolo di tornare e pronunciare un altro discorso. Secondo, molti dei giudei e dei proseliti divennero credenti. Terzo, il sabato seguente quasi tutta la città si presentò per ascoltare il discorso di Paolo. Notevole. Forse vi verrà da chiedervi: “Che cosa disse Paolo in quei 5 paragrafi da essere così convincente?” Una delle prime cose che notiamo è la sua introduzione in Atti 13:17: “L’Iddio di questo popolo d’Israele scelse i nostri antenati”. Notate che Paolo disse “nostri”, non i vostri antenati, non i miei, “i nostri antenati”. Per trovare l’ultima volta in cui quella parolina viene usata nel libro degli Atti dobbiamo tornare indietro fino al capitolo 7, allo straordinario discorso di Stefano. Stefano usò la parola “nostri” diverse volte e quasi sempre legata alla parola “antenati”. Paolo ascoltò quel discorso quando non era ancora cristiano e ora, dopo più di 10 anni, è lui stesso a usare la stessa identica espressione per lo stesso scopo, stabilire una base comune. “I vostri antenati sono i miei antenati, io sono come voi”. E questo è un ottimo punto di partenza per dare vero incoraggiamento. L’articolo che commenta la scrittura di oggi dice che il termine greco generalmente tradotto “incoraggiamento” deriva da un verbo che letteralmente significa “chiamare al proprio fianco” ed è collegato alla parola greca tradotta “conforto”, che ha un significato simile. Quindi Paolo partì dal loro punto di vista: “Vi capisco, sono cresciuto studiando i vostri stessi scritti sacri”. E poi, nei versetti da 17 a 31, parla della storia degli israeliti e degli eventi più recenti per dimostrare che Gesù era il Messia. Poi, nei versetti da 32 a 37, collega gli eventi di quel tempo con le profezie che si stavano adempiendo, profezie che loro conoscevano bene. Come facciamo noi in predicazione. Leggiamo Matteo 24:7, chiediamo: “Cosa ne pensa, le guerre, le carestie, i terremoti che vediamo oggi sono gli stessi di sempre o sono un chiaro adempimento di questa profezia?” E qual è il messaggio? Che Geova è reale, che Geova esiste, la sua Parola si sta avverando. Ma Paolo va oltre, non si ferma lì. Al versetto 33, Paolo dice: “Dio l’ha interamente adempiuta per noi”. Quindi è qualcosa di personale, Geova è all’opera nella vostra vita, nella mia vita. Poi il gran finale, nei versetti da 38 a 41. In pratica, stava dicendo: “Geova ha fatto questo per voi. Non perdete questa opportunità, potete salvarvi con l’aiuto di Geova”. Questa fu la risposta di Paolo a una semplice richiesta di “qualche parola d’incoraggiamento”. Ecco perché Paolo riuscì a fare discepoli. Ed è quello che ci viene consigliato di fare quando svolgiamo le nostre parti alle adunanze. Per rafforzare e incoraggiare l’uditorio, dovremmo mostrare quello che Geova ha fatto, quello che sta facendo e quello che farà. Ma il discorso di Paolo fu così efficace che attirò anche la persecuzione, che lo seguì nelle 2 città successive. A Listra i suoi persecutori pensavano di averlo ucciso. Ma Atti 14:20, 21 dice che “il giorno dopo partì con Barnaba per Derbe. Dopo aver dichiarato la buona notizia in quella città e aver fatto parecchi discepoli”, si trovarono di fronte a una scelta. Vediamo di che scelta si trattava nell’Appendice B13. Concentriamoci sulle linee rosse che indicano il primo viaggio missionario di Paolo. Derbe è l’ultima tappa, ma guardate qual era la città a est che veniva subito dopo, Tarso. Vi ricorda qualcosa? Saulo di Tarso. Derbe e Tarso erano collegate. Paolo probabilmente conosceva la strada, la percorse nel suo secondo viaggio missionario e nel suo terzo viaggio missionario, ma non questa volta. In Atti 14:21 e come vediamo nell’Appendice, Paolo tornò in tutte e 3 le città dove era stato perseguitato, inclusa Antiochia di Pisidia, dove ricevette la prima volta la richiesta di “qualche parola d’incoraggiamento”. Perché? Perché tornare? Sarebbe stato facile per lui pensare: “Direi che è andata piuttosto bene. Ho aiutato il proconsole di Cipro a conoscere la verità. Ho compiuto il mio primo miracolo rendendo cieco Elima, abbiamo fondato nuove congregazioni ad Antiochia di Pisidia, a Iconio, a Listra, a Derbe. Ho affrontato ogni tipo di difficoltà. Sono stato picchiato, lapidato e dato per morto. Un viaggio missionario produttivo, ma ora ci vuole una pausa”. No, non la pensò così. Perché? Perché i bisogni delle congregazioni erano più importanti dei suoi sentimenti o delle sue paure. Pensate che gli oppositori che lo lapidarono e lo diedero per morto fossero più gentili con i nuovi discepoli di Listra? Inoltre, chi stava guidando i fratelli? Paolo doveva nominare dei sorveglianti. Questo era un compito urgente, e così tornò indietro. Allo stesso modo oggi, i nostri fratelli mettono i bisogni degli altri discepoli al di sopra dei propri. Ricordate queste scene tratte da “I Testimoni di Geova: La fede all’opera, parte 2: Rifulga la luce”? Il fratello Pillars lì spiega che quando si rifiutò di salutare la bandiera a Winnsboro, in Texas, fu picchiato e impiccato. Meno male che la corda si ruppe e lui poté raccontarci la sua storia. Quello che il video non dice è che lui era un sorvegliante di circoscrizione. Alcuni mesi dopo, indovinate dove era giunto il momento di tornare per lui? Winnsboro, in Texas. Nei mesi successivi all’impiccagione, i fratelli non avevano più predicato in città, predicavano solo nelle campagne. Il fratello Pillars pensò che se lui non avesse predicato in città i fratelli forse non avrebbero mai avuto il coraggio di farlo. Quindi prese tutti i territori della città e predicarono lì tutta la mattina. E fecero un bel servizio, senza incidenti, tranne che all’ultima porta. Una donna gli disse: “Di’ un po’, sei un testimone di Geova, vero?” Lui rispose: “Sì, signora”. E lei disse: “Sai, abbiamo impiccato uno di voi qui. E lo faremo di nuovo”. Ma lui non le disse che era proprio lui quello che avevano impiccato. Che bell’esempio di lealtà ai fratelli e di come mettere i loro bisogni al di sopra dei propri sentimenti! E dobbiamo dire che questa famiglia Betel non si risparmia quando si tratta di incoraggiare altri. A volte però potremmo pensare: “Sinceramente non so proprio cosa dire”. Ma è sempre necessario avere qualcosa da dire? Come pensate che si siano sentiti i fratelli di Listra al solo fatto di rivedere Paolo, sapendo cosa doveva essergli costato emotivamente tornare lì? Quel gesto valeva più di mille parole. Ok, ma sento ancora di dover dire qualcosa. Cosa disse Paolo? Atti 14:22: “Dobbiamo entrare nel Regno di Dio attraverso molte tribolazioni”. Il Regno, le parole che incoraggiano davvero sono sempre incentrate sul Regno. Non come i falsi amici di Giobbe: “Hai dei problemi? Devi aver fatto qualcosa di male”. No, piuttosto: “Stai imitando Gesù e per questo Satana è arrabbiato. Bravo! Il fatto che tu sia disposto a soffrire dimostra che Geova è reale per te e vedrai che Geova ti sosterrà e che in futuro ti ricompenserà. Continua così!” Qualcuno vi ha mai chiesto “qualche parola d’incoraggiamento”? Non pensateci troppo, andate e basta! State accanto a quelli che hanno bisogno di voi e ‘se avete qualche parola d’incoraggiamento per loro, ditela’.

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