Sangue di Ferro
Ramilya Galim11.09.2025
Kungur, Territorio di Perm, FKU IK-18
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Perché leggere versi di ieri
e commuoversi per ciò che non ritorna?
Tesi son già i tratti dell’avvenire,
come vene gonfie sotto pelle liscia.
Il vortice di occhi ambrati amati
ci trascina nel buio delle galassie.
Fonderemo l’amarezza del passato
in estasi, volando come un’alba d’ali bianche.
Ma il petto stringe il gelo, e la paralisi
blocca le giunture sotto il plaid di cemento.
Il cuore geme: s’avvicina un sibilo,
l’ombra di un razzo vola sotto il cielo grigio.
Il mondo, stretto in paura — ed ecco l’esplosione!
Scuote la terra con rabbia mortale.
Qualcuno è andato nella fauce della guerra,
ma so che vive, sebbene dèi crudeli attendano il tributo.
"Spara! Il mondo è nato per la gloria armata,
per battaglie dall’alba alla notte nera!
Spara! È giunta l’Ora della Grande Mietitura!" —
così fanfare folli tuonano dal cielo alla folla.
Pare che il mondo intero abbia perso senno,
e più non v’è né pace né bontà.
Con questo dolore sono tutta sola.
In quale terra ora sei, mio amato?
Hai forse preso in mano un freddo mitra —
quelle mani che serbano dono e tremore —
per troncare un respiro senza pietà
e sulla fronte d’una vedova lasciare il segno eterno?
Tu non ucciderai, e io non tacerò:
la vita è più preziosa di ogni dono dell’universo!
Griderò forte nell’etere:
non uccidete, né i nemici, né i prigionieri!
Io scelgo la vita, e che il conflitto
ci insegni a essere cortesi e tolleranti.
Che mi ascolti chi ama armi e fumo,
chi oscura il sole con clangore e fuoco.
La forza del ferro spingerà il sangue nelle aorte,
i globuli rossi scolpiranno acciaio in sillabe.
Quando diremo “Basta guerre!” con fierezza,
gli dèi si inchineranno alla nostra volontà!