SCIENZA E TRASPARENZA.
LIBERTÀ E DEMOCRAZIA⏹️ 1. PARTE DI 2
Ricercatori d'ambito scientifico riportano una serie di ragioni che spiegano non solo la perdita di fiducia in alcune delle proprie teorie, ma anche l'esitazione che hanno nel rivelare pubblicamente un cambiamento di pensiero: potrebbe, però, esistere un più specifico elemento di fondo. Nell’ambiente della ricerca attuale, l’autocorrezione o la mera riconsiderazione critica del proprio lavoro non è incentivata a livello professionale, spesso a causa degli eccessivi costi legati all'opportunità di un’autocorrezione.
Il tempo impiegato per correggere errate convinzioni o passi falsi del passato non può essere sacrificato in rinnovati sforzi di ricerca, anche perché le eventuali modifiche effettuate in proprio hanno scarse probabilità d’essere valutate come autentico contributo scientifico.
In molti casi, i ricercatori temono che la rettifica personale possa ritorcersi contro di loro: le revisioni incentrate su precisi elementi d’un precedente lavoro potrebbero essere viste come una riduzione di valore dello studio nel suo complesso, inclusi i passaggi non coinvolti nell’errore. Correggersi, indulgere a forme di autocritica che evidenzino difetti o ambiguità del lavoro svolto potrebbe indurre gli autori dello studio a temere per la propria reputazione e per l’attendibilità della ricerca effettuata.
Per superare questo genere di ostacoli all’autocorrezione va modificata la cultura della ricerca. Gli errori seguiti da revisione da parte di studiosi e scienziati costituiscono un contributo scientifico autentico, prescindendo dal fatto che le rettifiche siano apportate dai loro stessi autori o da terzi: in tal caso, le società scientifiche dovrebbero valutare di riconoscere formalmente l’onestà intellettuale e l’impegno degli artefici dello studio nel correggere il lavoro prodotto. Va precisato, del resto, che dati i potenziali costi delle autocorrezioni individuali, l’ammissione pubblica dell’errore potrebbe essere vista come un segnale credibile che l’emittente comprende ed apprezza la necessità di correttezza nella produzione scientifica.
Comunque, stante l’ubiquità degli errori, è auspicabile che le correzioni in proprio diventino prassi di routine della scienza, anziché un evento straordinario. Come purtroppo si è dovuto constatare negli ultimi anni, le cicatrici lasciate nel corpo e nell’anima dal contagio mediatico e dalla furia ‘vaccinatoria' globale confermano una volta ancora (n.d.r.) che gli 'scivoloni' non sono impossibili nella storia dell’informazione scientifica.
C’è chi potrebbe non credere più a ciò di cui in precedenza era convinto, o pensare d’avere sperperato il denaro delle sovvenzioni ricevute ai fini d'una ricerca in cui ha smesso di credere. Ma va bene ed è giusto così: la Scienza è anche questo. Ed è questo il messaggio del “Loss of Confidence Project”, che incoraggia i ricercatori a rendere conto in ogni caso dei risultati delle ricerche effettuate, quand'anche cominciassero a nutrire dei dubbi sulla loro veridicità.
Dal momento del suo lancio, avvenuto nel 2018, il progetto non sembra peraltro avere ancora raccolto quanto sperato dai suoi ideatori. La psicologa Julia Rohrer, già membro della Scuola internazionale di ricerca”Max Planck”, docente all'Istituto di psicologia W. Wundt dell’Università di Lipsia e capo ricercatore del progetto stesso, ritiene che ciò si debba allo stigma che gli studiosi paventano venga associato all'ammissione dei loro errori, per riconoscere e rendere pubblici i quali occorrono impegno e coraggio. “Si spera, con questo programma, di contribuire ad una discussione più ampia che cambi il metodo di gestione degli errori scientifici”
(J. Rohrer)
⏹️ 2.PARTE DOMANI
L'amico Siberiano