Riso 101
Gianfranco DegrandiCos'è il riso
Il riso è un cereale della famiglia delle graminacee, e come tale assomiglia un po' a tutte le altre graminacee sia coltivate che spontanee (infestanti) ad eccezione del mais.
E, ad eccezione di frumento, orzo, segale, ecc., svolge il suo ciclo dalla primavera all'autunno, quindi si dice che è un cereale estivo.
È nativo dell'Asia, ma è arrivato in Europa solo nel '400 (e solo come importazione dal Medio Oriente) ed è stato coltivato dal 1500, dopo vari tentativi in giro per la penisola, prima in Lombardia e poi in Piemonte, dove c'erano le condizioni ideali, ovvero le paludi e gli acquitrini che creavano il bel paesaggio salubre del nord-ovest a quei tempi.
Attualmente 218 mila ettari sono coltivati a riso, principalmente in Piemonte (Vercelli e Novara) e Lombardia (Pavia e Milano), ma anche in provincia di Mantova, Verona, Ferrara, Vicenza, in Maremma, nella piana di Sibari e in Sardegna.
Come abbiamo sicuramente notato, il paesaggio odierno non è più quello paludoso, ricco di schifezze fangose e malaria, quindi per dare al riso le condizioni ottimali si è pensato di creare delle paludi artificiali (dopo averle completamente bonificate nei secoli): le risaie.
La risaia
La differenza principale tra le risaie e tutti gli altri campi coltivati è che per far rimanere l'acqua ferma e ad un certo livello, è necessario circondare i campi (chiamati a quel punto camere) con degli argini di terra, andando a costituire il paesaggio noto come "mare a quadretti", mentre per le altre colture non c'è un confine fisico tra i vari appezzamenti di terreno, se non solchi per far scorrere via l'acqua piovana, anche tra proprietà diverse.

Per alimentare le risaie ci sono complesse reti di corsi d'acqua di dimensioni sempre più piccole: dai grandi canali che prelevano l'acqua direttamente dai fiumi tramite sbarramenti artificiali, fino ai piccoli fossi che alimentano la singola risaia e addirittura finiscono lì il loro corso. Questa rete è gestita e manutenuta dai consorzi di irrigazione e bonifica che hanno anche il compito di programmare l'instradamento dell'acqua nei vari fossi e canali per irrigare le varie parti di territorio in modo organizzato e ottimizzato per servire tutti nel minor tempo possibile e con meno spreco di acqua possibile.
Le risaie, quindi, sono rettangoli di terreno delimitati di argini con sue aperture su lati opposti: da una entra l'acqua (da un corso d'acqua o da una risaia posta ad un livello più alto o pari) e dall'altra esce (verso fossi, chiamati colatori, o verso altre risaie a livello più basso o pari) per mantenere sempre un livello costante e un (lungo) ricircolo di acqua.
Un mito da sfatare sulla risicoltura è che l'acqua delle risaie serva per i bisogni metabolici della pianta del riso: no, la sommersione serve principalmente a proteggere la pianta soprattutto nelle prime fasi vegetative, quando l'escursione termica è ancora molto alta, e quando l'evaporazione dovuta alle alte temperature rischia di essere eccessiva e la pianta, invece di fiorire, va in shutdown.
Per la conformazione della pianura Padana (una pianura di riporto lasciata dai ghiacciai che si sono sciolti alla fine dell'era glaciale), le falde acquifere sono molto superficiali e il terreno che le ricopre è molto poroso, per cui è spesso difficile allagare le risaie finché tutto il terreno non è inzuppato completamente d'acqua e le falde non sono al massimo livello, ma da quel momento è sufficiente un rivolo d'acqua per tenerle sommerse.
Per questo motivo, controintuitivamente, è più conveniente (dal punto di vista dell'utilizzo di acqua) coltivare il riso in sommersione che non in asciutta: infatti, anche se il riso necessita di meno acqua del mais per il suo ciclo biologico, l'irrigazione periodica di questo tipo di terreni richiede tantissima acqua se le falde non sono piene. Inoltre, ed è il problema di questi anni siccitosi, la richiede per tutti nello stesso momento, mentre la sommersione crea una periodicità delle operazioni colturali che permette di usare la metà dell'acqua per soddisfare tutti proprio perché quando a valle serve acqua per allagare inizialmente le risaie, a monte hanno già seminato e il riso sta radicando, quindi è necessario avere il terreno asciutto per evitare che le onde lo sradichino, e così per le successive fasi.
L'improvviso calo delle precipitazioni, soprattutto invernali e primaverili (e nevose sulle Alpi, da dove proviene l'acqua dei fiumi che alimentano le risaie) ha portato gravi problemi alla coltura del riso perché, oltre a rendere difficile la sommersione, ha reso impossibile le bagnature estive nei momenti critici per la pianta.

La coltivazione
Preparato il terreno di semina (come per tutti gli altri cereali, solo in periodi diversi dell'anno), si deve decidere se seminarlo in modo tradizionale (nell'acqua) o "in asciutta". Nel primo caso si attende che arrivi l'acqua nei fossi (la precedenza è a chi è più vicino ai grandi canali, a scendere fino alla periferia della rete), che le falde siano piene, i campi sommersi, e poi si sparge il seme sull'acqua tramite attrezzature che lo lanciano con palette rotanti (prima si faceva a mano) trainate o portate dai trattori. Per entrare nelle risaie sommerse e non rimanere impantanati, i trattori sono dotati di ruote di ferro sottili e con spuntoni sulla circonferenza, così da affondare e raggiungere lo strato di terreno argilloso e resistente in cui fare presa.

Una volta sparso il seme, l'acqua va tenuta stagnante il più possibile perché la semente vada ad appoggiarsi sul terreno senza essere smossa dal vento che, in appezzamenti grandi, può provocare un effetto lago con onde anche alte qualche centimetro (che sembra poco, ma non è).
Se si è scelto di seminare in asciutta, non è ovviamente necessario aspettare che arrivi l'acqua, quindi si ha una maggiore scelta di varietà, perché si può seminare fino a un mese prima rispetto alla semina in acqua.
Per questo tipo di semina si una una seminatrice pneumatica (come quelle usate da decenni per tutti gli altri cereali) che depone il seme qualche centimetro sotto terra su file parallele e a distanza prefissata: questo facilita la germinazione e radicazione del riso e diminuisce sensibilmente la quantità di semente per superficie.

Dopo la semina
Visto che un terreno fresco, lavorato finemente, umido e concimato è ben gradito da qualunque seme, è necessario fin da subito il controllo delle infestanti.
Quindi si sfrutta il periodo che intercorre tra la semina e la germinazione del riso per intervenire a diserbare tutto ciò che riteniamo indesiderato ed è già germogliato, essendo le infestanti molto più competitive del riso (e di fatto seminate prima, perché sono già presenti nel terreno da anni).
Addirittura, nella semina in acqua, si interviene prima della semina: si allagano le risaie, poi si asciugano, si aspetta qualche giorno che nascano le infestanti e le si colpisce con un diserbante non selettivo che ammazza tutto. Dopodiché si riallagano le risaie e si procede alla semina. Questa tecnica viene definita falsa semina e serve a colpire soprattutto il riso crodo, una varietà selvatica di riso che nasce spontaneamente nei terreni a risaia stabile e, più che competere con il riso, va a rovinare il prodotto finale perché il riso selvatico misto a quello coltivato non è ban accetto dal consumatore (è di colore diverso, rosso-marrone, a volte a colore pieno, a volte a striature) e quindi dall'industria. Un'altra caratteristica sgradita del riso crodo è quella di "crodare", come suggerisce il nome, cioè cadere alla maturazione, a differenza del riso coltivato, e quindi andare ad autoseminarsi per gli anni successivi.
Con le nuove varietà di riso Clearfield™ il riso crodo viene diserbato con la coltura in atto, perché queste varietà sono immuni al prodotto utilizzato, che quindi colpisce solo il crodo (e il riso non Clearfield™ del vicino, se non si sta attenti!). Esistono altre tecnologie simili già in uso o ancora in sperimentazione, e l'idea è quella di usarle in periodi alterni per prevenire l'autoselezione di riso crodo resistente agli erbicidi.
Proseguendo il ciclo vegetativo del riso si fanno altri passaggi in campo sia per colpire infestanti di altro tipo (non graminacee, ad esempio) o più tardive, sia per apportare nutrienti alla pianta cercando di intervenire nel momento giusto così da usare meno fertilizzanti e diserbanti possibili per il bene dell'ambiente, del portafoglio e del riso.
L'ultimo passaggio in campo sa fa (quando è necessario e solo per le varietà suscettibili) per distribuire un fungicida preventivo contro una grave malattia fungina che può portare a perdite sensibili della produzione: il brusone.
Il ciclo vegetativo del riso ha durata variabile a seconda delle varietà: dai 120 giorni per la varietà precoci ai 160 per quelle tardive e va quindi seminato nel periodo giusto per non raccoglierlo troppo presto o troppo tardi.
Quindi il periodo di semina va da fine marzo a metà maggio e la raccolta va dai primi di settembre a novembre.
La raccolta
Una volta completato il ciclo di sviluppo del riso, quando i campi da verdi diventano gialli e poi dorati, si chiudono i canali e i fossi e si lascia defluire l'acqua dalle risaie per favorire la morte delle piante e l'ingresso in campo per la raccolta.
Anticamente la mietitura del riso (cioè il taglio delle piante) e la trebbiatura (cioè la separazione dei chicci dalla pianta) erano due momenti separati e venivano fatto il primo a mano e il secondo a mano e con gli animali, prima, e con le trebbie (quelle grosse macchine statiche su cui saliva Mussolini per la "battaglia del grano") in seguito.
Ora entrambe le operazione sono svolte simultaneamente dalle mietitrebbie che, appunto mietono nella parte anteriore, trebbiano in quella centrale e sparano fuori la paglia tritata dal posteriore.

La granella separata dalla piante viene momentaneamente ammassata in un serbatoio per poi essere deposta nei rimorchi che la porteranno nelle aziende agricole.
Lì viene poi posto tutto negli impianti di essiccazione, dove un flusso di aria calda toglie umidità al riso, perché quella naturale è troppo elevata per poterlo conservare a lungo (e anche per la vendita immediata c'è un limite del 14% per poterlo lavorare senza ridurlo in poltiglia).
Una volta raggiunta l'umidità desiderata e raffreddato con aria fredda, il riso viene inviato attraverso elevatori a tazze e coclee nelle strutture dove sarà conservato fino al ritiro: possono essere magazzini, capannoni o silos, a seconda delle preferenze e delle dimensioni dell'azienda.