“Proseguo verso la meta” (Filip. 3:14) 

“Proseguo verso la meta” (Filip. 3:14) 

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Robert Luccioni

La scrittura di oggi è Filippesi 3:14. Qui l’apostolo Paolo assicura alla congregazione di Filippi che lui non ha perso di vista la meta. Nonostante tutte le difficoltà rimane concentrato sulle cose più importanti, la predicazione della buona notizia e la speranza che ha per il futuro. Cosa possiamo imparare? Vediamo insieme 3 delle difficoltà che Paolo stava affrontando quando scrisse la lettera ai Filippesi e che avrebbero potuto distrarlo dalla sua meta. La prima difficoltà che consideriamo è lo scoraggiamento. In quel periodo Paolo era scoraggiato perché era agli arresti domiciliari. Non era libero di servire Geova come avrebbe voluto. Probabilmente quando Paolo scrisse la lettera ai Filippesi era già agli arresti domiciliari da un anno o più, e possiamo immaginare quanto questo potesse essere scoraggiante. Inoltre durante quel periodo i fratelli di Filippi avevano mandato Epafrodito da Paolo con un dono da parte della congregazione. Ma cosa accadde? Epafrodito, che era andato da Paolo per incoraggiarlo, si ammalò gravemente rischiando di morire e fu preso dallo sconforto. Quindi, invece di ricevere aiuto, era Paolo che doveva preoccuparsi di aiutare Epafrodito ad affrontare il suo sconforto e la malattia, affinché potesse tornare a casa. E tutto questo si aggiungeva ai problemi di Paolo. Chissà tutti gli alti e bassi che Paolo avrà dovuto affrontare mentre si trovava agli arresti domiciliari. Probabilmente a volte gli avevano detto: “Credo che presto riceverai udienza, forse tra poco sarai libero”. E poi: “No, mi dispiace, ancora niente. Dovrai rimanere qui ancora per un po’”. Vi siete mai sentiti come Paolo? Molti fratelli e sorelle soffrono tanto, sono emotivamente e fisicamente sotto pressione a causa di questa pandemia. Alcuni si sentono agli arresti domiciliari. Non si riesce a intravederne la fine. È come se facessimo un passo in avanti e 2 indietro. E non siamo liberi di servire Geova come vorremmo. Cosa impariamo da Paolo? Come reagì? Prendiamo Filippesi 1:12 e vediamo su cosa si concentrava. Qui dice: “Fratelli, voglio che sappiate che in realtà la mia situazione ha favorito il progresso della buona notizia”. Si concentrava sul progresso della buona notizia. Al versetto 13 parla di come la sua situazione gli permetteva di predicare alle guardie in prigione. Al versetto 14 di come la sua perseveranza incoraggiava la congregazione. Nonostante la situazione non fosse ideale, si concentrò sui lati positivi. Noi dobbiamo fare lo stesso, dobbiamo concentrarci sulle cose più importanti. La continua crescita e gli straordinari episodi che si verificano nel ministero dimostrano che i servitori di Geova mettono al primo posto gli interessi del Regno, anche in questi tempi difficili. I numerosi rapporti incoraggianti che abbiamo sentito ci confermano che Geova ha continuato a sostenere i suoi servitori e la sua organizzazione durante tutto questo periodo di pandemia, così che la sua organizzazione non è solo rimasta in funzione ma ha prosperato. Che motivo avremmo ora di dubitare che Geova possa continuare a guidarci? Davvero un’ottima lezione. Quale altro problema poteva avere Paolo? La seconda difficoltà potrebbe essere stata il dolore che provava per chi aveva lasciato la verità. Guardate cosa dice al capitolo 3, versetto 18. Filippesi 3:18: “Molti infatti (ne parlavo spesso, ma ora ne parlo piangendo) si comportano da nemici del palo di tortura del Cristo”. Alcune persone a cui Paolo voleva bene avevano lasciato la verità. Questo lo rattristava, lo fece addirittura piangere. Ci siamo mai sentiti così? Alcuni di noi hanno parenti stretti o amici che hanno lasciato la verità e ora sono disassociati, e questo di certo è molto doloroso. E quando sono in gioco sentimenti così forti potremmo iniziare a dubitare della decisione degli anziani o fare fatica a seguire le indicazioni su come comportarsi con un disassociato. È una prova di fede. Quando ci accorgiamo che qualcuno sta prendendo una strada sbagliata, facciamo del nostro meglio per aiutarlo. Gli amici, i parenti, gli anziani, tutti. Ma quando quella persona arriva al punto di essere disassociata è un po’ come se Geova ci stesse dicendo: “Adesso me ne occupo io, lascia fare a me”. E noi cosa dobbiamo fare? Farci da parte e confidare in Geova e nella sua organizzazione. Potremmo fare questo esempio. Immaginate di trascorrere una bella serata con la vostra famiglia quando ad un tratto vostro zio porta una mano al petto e cade a terra privo di sensi. A quel punto cosa facciamo? Tutti ci diamo da fare. Qualcuno cerca di rianimarlo, qualcun altro chiama l’ambulanza, ognuno fa quello che può. Ma cosa facciamo quando arrivano i paramedici? Ci facciamo da parte e lasciamo il nostro caro nelle mani di chi è qualificato a gestire un’emergenza medica. Ci passerebbe mai per la testa di spingere via i paramedici dicendo: “Lasciate fare a noi, ci occupiamo noi di lui”? No. Sappiamo che farlo ridurrebbe notevolmente le sue possibilità di sopravvivere. Quindi lo lasciamo nelle mani dei paramedici con la speranza che si riprenda. Beh, a volte i pazienti si riprendono. Purtroppo altre volte invece non ce la fanno. Ma comunque siamo assolutamente certi che hanno molte più possibilità di farcela se ad assisterli sono i paramedici. La stessa cosa accade quando qualcuno a cui vogliamo bene lascia Geova. All’inizio facciamo il possibile per aiutarlo, ma poi ci facciamo da parte e lasciamo che se ne occupino i paramedici, per così dire, uomini spiritualmente qualificati a dare l’aiuto spirituale di cui ha bisogno. Geova ha deciso così, ma questo non vuol dire che sia facile. È triste, è doloroso, è come guardare vostro zio a terra mentre ha un infarto. È terribile, ci fa soffrire. Cosa possiamo fare in questi casi? La stessa cosa che fece Paolo. Tornando al capitolo 3 versetto 18, dice che stava così male che arrivò al punto di piangere. Ma su cosa si concentrò Paolo? Versetto 20: “La nostra cittadinanza invece è nei cieli, e da lì aspettiamo ansiosamente un salvatore, il Signore Gesù Cristo”. Rimase concentrato sulla speranza per il futuro. Parliamo ora della terza difficoltà. Paolo era preoccupato per le divisioni che potevano crearsi nella congregazione. Notate cosa disse lui stesso in Filippesi 2:2: “Rendete completa la mia gioia avendo lo stesso modo di pensare e lo stesso amore, essendo perfettamente uniti e dello stesso pensiero”. L’unità. Paolo era preoccupato per le divisioni che stavano nascendo nella congregazione. L’unità era l’argomento principale della lettera agli Efesini, ne parlò anche nella lettera ai Colossesi ed entrambe furono scritte nello stesso periodo della lettera ai Filippesi. Perché Paolo aveva così tanto a cuore l’unità delle congregazioni? Perché c’erano delle questioni particolarmente delicate da risolvere. Una di queste, ad esempio, era la circoncisione. Alcuni sostenevano che tutti dovevano essere circoncisi, altri invece sostenevano che fosse una scelta personale. I falsi maestri approfittavano di questa situazione per screditare Paolo e il suo ruolo di apostolo. Il corpo direttivo aveva reso molto chiara la sua posizione al riguardo. E cosa fece Paolo? Si fidò completamente di Geova e dei suoi rappresentanti, e sostenne quella decisione. Al giorno d’oggi potrebbe succedere qualcosa di simile? Certamente. Ci sono molte questioni delicate che potrebbero creare divisioni all’interno della congregazione. Non dobbiamo mai permettere che questo accada, è una prova di fede. Cosa fece Paolo? Notate quello che disse al versetto 5. Qui dice: “Abbiate lo stesso modo di pensare di Cristo Gesù”. Si concentrò sulle cose più importanti, su Gesù Cristo, e noi dovremmo fare lo stesso. Dobbiamo concentrarci su Gesù, dobbiamo fidarci del fatto che Cristo sta guidando questa organizzazione. Dobbiamo fidarci di Geova e di Gesù e degli uomini che hanno scelto per guidarci, dobbiamo concentrarci sulla meta, sulle cose più importanti. Quando pensiamo a tutto quello che Geova e la sua organizzazione hanno fatto per noi, ci sentiamo profondamente grati. Non abbiamo alcun dubbio. La guida che abbiamo ricevuto nel corso degli anni dimostra che Geova è con la sua organizzazione, con il Corpo Direttivo, con chi ha incarichi di responsabilità, e che Cristo ha tutto sotto controllo. Perché mai dovremmo dubitare delle istruzioni che stiamo ricevendo ora? Il versetto di oggi ci insegna una lezione preziosa su come affrontare momenti particolarmente difficili e angoscianti. Filippesi 3:14 dice: “Proseguo verso la meta per ricevere il premio”. E questo indipendentemente da quale sia il nostro premio, che sia vita eterna in cielo oppure sulla terra. E come scrisse Paolo ai filippesi, oggi molte cose potrebbero farci perdere di vista la meta. E se ci concentriamo troppo sulle difficoltà che stiamo vivendo rischiamo di diventare ansiosi, di amareggiarci, di deprimerci, di arrabbiarci o di distrarci. Continuiamo quindi a imitare l’esempio di Paolo e a tenere lo sguardo fisso sulle cose più importanti, sulla meta. Rimaniamo concentrati sul grande privilegio di far parte di questa organizzazione, su quello che Geova sta facendo oggi, sulle prove inconfutabili che Geova sta benedicendo il suo popolo e gli uomini che hanno incarichi di responsabilità, e sul fatto che Cristo ha tutto sotto controllo. Concentriamoci sulle profezie bibliche che si stanno avverando e sulla nostra speranza per il futuro. Se lo faremo, come Paolo, un giorno non avremo più bisogno di proseguire verso la meta, perché l’avremo raggiunta.

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