Perché il Pakistan sta deportando i migranti afghani

Perché il Pakistan sta deportando i migranti afghani

di Megan Fahrney


L'annuncio del Pakistan di espellere, nell'ottobre 2023, tutti gli immigrati non registrati ha scatenato il timore dei quasi due milioni di afghani privi di documenti di essere deportati in condizioni pericolose. Il Pakistan sostiene che la misura è necessaria per arginare la crescente influenza dei gruppi terroristici che operano nella sua regione di confine, ma i critici, tra cui gli Stati Uniti e il governo talebano dell'Afghanistan, avvertono che potrebbe portare a un'ulteriore radicalizzazione.

 

Qual è la politica di espulsione del Pakistan?

L'ordine di deportazione si applica a tutti gli “stranieri non registrati” che rimarranno in Pakistan a partire dal 1° novembre 2023. I cittadini afghani sono i più direttamente interessati: più di 4 milioni risiedono in Pakistan e si stima che 1,7 milioni siano privi di documenti. Molti vivono lì da decenni, essendo fuggiti dall'Afghanistan negli anni '80 durante l'occupazione del Paese da parte dell'Unione Sovietica. Anche un numero minore di somali e yemeniti privi di documenti che vivono in Pakistan è minacciato da questa nuova politica. 

 

Per attuare questa politica, il governo pakistano ha dovuto creare in fretta e furia quarantanove nuovi centri di deportazione, le cui condizioni, a quanto pare, sono pessime. Circa 15.000 afghani attraversano il confine ogni giorno e si stima che 450.000 siano già partiti. I funzionari pakistani hanno assicurato che i residenti afghani con documenti legali non saranno espulsi, ma è stato riferito che alcuni sono stati presi di mira comunque. Questo ha portato molti residenti legali a fuggire preventivamente dal Paese, temendo intimidazioni da parte delle autorità pakistane e sfratti da parte dei proprietari. Nel frattempo, la Corte Suprema del Paese ha iniziato le udienze per contestare l'ordine.

 

Perché il Pakistan sta deportando i migranti?

Islamabad afferma che questa politica è stata pensata principalmente per combattere il terrorismo. Il confine conteso tra Pakistan e Afghanistan, noto anche come “Linea Durand” dal nome del diplomatico britannico che l'ha negoziata, ospita da decenni una serie di gruppi estremisti.

 

Tra questi, il Tehrik-e-Taliban Pakistan, noto anche come Talebani pakistani, e lo Stato Islamico nel Khorasan, una propaggine del più ampio gruppo dello Stato Islamico. I funzionari pakistani hanno incolpato i cittadini afghani per il forte aumento di attacchi terroristici di alto profilo e hanno accusato il governo afghano guidato dai Talebani di ospitare i militanti. “Una parte significativa di coloro che sono coinvolti in attività criminali e terroristiche fa parte di questi immigrati clandestini”, ha dichiarato il primo ministro ad interim del Pakistan Anwaar-ul-Haq Kakar nel novembre 2023.

 

Secondo alcuni analisti, il Pakistan spera di fare pressione sul governo talebano affinché prenda più seriamente il terrorismo. Altri sottolineano il desiderio di ridurre la popolazione di etnia pashtun, una minoranza consistente a cui appartengono molti migranti afghani e che l'influente esercito pakistano vede come una minaccia separatista.

 

Non è la prima volta che il Pakistan cita problemi di sicurezza per un giro di vite sull'immigrazione: nel 2016 ha espulso circa seicentomila migranti afghani. Human Rights Watch ha definito l'esodo “il più grande rimpatrio forzato di massa illegale di rifugiati al mondo negli ultimi tempi”. Poco dopo, il Pakistan ha iniziato a costruire una recinzione lungo la Linea Durand.

 

Che impatto potrebbe avere sul dibattito l'imminente elezione in Pakistan?

Le espulsioni coincidono con una prospettiva politica ed economica tumultuosa in vista delle elezioni nazionali previste per il febbraio 2024.

 

Il Pakistan ha affrontato un'intensa polarizzazione da quando il suo ultimo primo ministro eletto, Imran Khan, è stato estromesso dal potere nel 2022 dopo aver litigato con i militari del Paese. La sua destituzione ha scatenato proteste di massa, soprattutto dopo il suo arresto con l'accusa di frode un anno dopo. Nonostante la sua attuale incarcerazione, Khan punta a ricandidarsi e potrebbe affrontare un altro primo ministro estromesso: Nawaz Sharif, fuggito a Londra nel 2019 dopo essere stato accusato di corruzione e tornato nell'ottobre 2023. Tuttavia, secondo gli esperti, i militari continuano a comandare dietro le quinte. “L'esercito, che esercita una forte influenza sul regime provvisorio, sta probabilmente guidando la politica [di espulsione]”, scrive Michael Kugelman del Wilson Center. 

 

Di conseguenza, nessuno dei due candidati avrebbe molto spazio di manovra sull'immigrazione, dato che l'opinione pubblica rimane fermamente contraria ai migranti. Khan, un pashtun, avrebbe criticato la politica di deportazione, ma da primo ministro è stato costretto ad abbandonare i piani per un percorso di cittadinanza per gli afghani in seguito alle critiche dei partiti di opposizione. Sharif, invece, ha supervisionato l'espulsione di massa del 2016. 

 

Alcuni analisti sostengono che l'aggravarsi della crisi economica del Pakistan, una delle peggiori dal 1947, anno della sua indipendenza, abbia contribuito al sentimento politico anti-immigrati. I prezzi dei generi alimentari e del carburante sono saliti alle stelle, la rupia pakistana si è rapidamente svalutata e le riserve di valuta estera della banca centrale si sono ridotte. Le interruzioni di corrente in tutta la nazione, dovute alla cronica mancanza di investimenti nelle infrastrutture del Paese, hanno ulteriormente scosso l'economia; Islamabad è stata costretta a rivolgersi al Fondo Monetario Internazionale per ottenere prestiti per 3 miliardi di dollari. Secondo quanto riferito, la stretta di bilancio ha indotto il governo a far pagare agli immigrati privi di documenti una tassa di uscita di 830 dollari, più della metà del reddito medio annuo del Pakistan.

 

 

 

Quali sono state le reazioni internazionali?

La questione ha suscitato critiche da parte delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e delle organizzazioni per i diritti umani, che hanno chiesto a Islamabad di fermare le deportazioni e di rispettare gli obblighi internazionali di un trattamento adeguato dei rifugiati. Il Pakistan non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 e quindi non ha tutele interne per i rifugiati. Ciononostante, secondo gli analisti legali, le deportazioni violano le norme internazionali sui diritti umani che vietano il rimpatrio dei richiedenti asilo in una situazione pericolosa o opprimente.

 

I sostenitori dei diritti dicono che l'Afghanistan soddisfa certamente anche questo criterio e che la situazione umanitaria si è ulteriormente deteriorata dopo la presa di potere dei Talebani nel 2021, aumentando la minaccia per i rifugiati in Pakistan che rischiano di essere deportati in Afghanistan. I funzionari statunitensi affermano che stanno cercando di ottenere visti per almeno venticinquemila afghani particolarmente a rischio, tra cui alleati di guerra, giornalisti e attivisti per i diritti delle donne.

 

Le deportazioni potrebbero anche peggiorare ulteriormente le relazioni del Pakistan con l'Afghanistan, che ha condannato questa politica. La pressione finanziaria di centinaia di migliaia di rimpatriati potrebbe complicare gli sforzi di aiuto, date le sanzioni occidentali in corso contro i Talebani. L'Afghanistan ha chiesto maggiore assistenza internazionale, sostenendo che l'Iran stia spingendo per espellere la sua popolazione afghana, ma molti donatori esitano. Nel frattempo, alcuni analisti sostengono che il piano di Islamabad di ridurre gli attacchi terroristici espellendo gli immigrati potrebbe ritorcersi contro di loro, alimentando le rimostranze e diminuendo la disponibilità di Kabul a collaborare.

 

Traduzione a cura di Costantino Ceoldo

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