PAROLE SUBLIMI DI DON DOLINDO RUOTOLO! (per la nostra vita spirituale)

PAROLE SUBLIMI DI DON DOLINDO RUOTOLO! (per la nostra vita spirituale)


Oh se noi sapessimo farci condurre da Dio nella nostra vita, se avessimo la calma di seguirlo e di attenderlo!

Ma noi siamo come bimbi irrequieti, che presi in braccio dalla madre che li vuol curare, si agitano e credono che le sue materne cure siano un male.

Dio ci manda sulla terra per conquistare l’eterna gloria, ci manda in una valle di lacrime, in un luogo di prova e di pericoli, dove i nostri cattivi fratelli e i demoni congiurano contro di noi per rovinarci e diventano invece inconsciamente gli strumenti della nostra esaltazione.

Le prove della vita non sono per noi un fallimento, una sventura, una iettatura, un destino spietato, sono soltanto il mezzo per raggiungere il nostro principato eterno. Queste prove sono dosate, per così dire, dalla divina volontà e dal pieno abbandono in Dio; diventano velenose, invece, se sono dominate dalla nostra volontà e dalla nostra agitazione.

Guarda la vetrina di un farmacista, considera quei farmaci fuori della dosatura del medico: in quegli scaffali c’è la morte. Tutto serve a far male, tutto; anche le cose che potrebbero sembrare innocue, in quella dosatura che hanno nelle riserve degli scaffali, possono produrre la morte (…).

Il mondo è una grande farmacia dell’anima; l’agitazione e il capriccio rendono le medicine mortali o dannose; l’unione alla divina volontà le dosa, le proporziona a noi, le muta in disinfettanti, in ricostituenti, in purganti, in rimedi

per elevare il tono del cuore, per intensificare le attività del cervello, per rendere piena la visibilità dell’occhio e completa la percezione dell’udito; la volontà di Dio muta il dolore in eccitante nella depressione, in calmante nell’agitazione, in forza nella debolezza; insomma dalla vita può ricavarsi la salvezza eterna o la rovina, a seconda che sappiamo abbandonarci a Dio, o ci abbandoniamo miseramente alla nostra volontà.

Quando il Signore ci fa una promessa, quando ci chiama ad un apostolato particolare, quando forma un disegno su di noi, non può guidarci che per vie perfettamente diverse dalle nostre, perché le sue vedute sono tanto lontane dai nostri meschini apprezzamenti (…).

La nostra unione alla sua volontà e la nostra speranza non può durare solo otto giorni, un mese, un anno, due, dieci, venti anni, deve essere illimitata, e noi dobbiamo riposare nelle braccia divine e dobbiamo farci condurre dal vento della grazia.

Spesso la via che conduce al compimento di un disegno di Dio, è una galleria oscura e fuligginosa; bisogna avere il coraggio di entrarvi, senza tema di scantonare, perché la divina volontà è come il binario che ci conduce fra le tenebre e ci fa giungere alla luce.

Non si può presumere di ispezionare il cammino, di volerne vedere il tracciato, di misurarne l’estensione; bisogna chiudere gli occhi, farsi guidare da Dio, confidare contro ogni speranza, perché le divine promesse all’inizio del loro compimento si realizzano proprio all’inverso.

La storia di Giuseppe, sotto questo punto di vista, è una vera rivelazione divina sul modo con il quale il Signore ci conduce nel pellegrinaggio terreno. A Giuseppe fu detto che doveva dominare i suoi fratelli, e al principio ne fu dominato; dal testo ebraico appare chiaro che appena lo ebbero fra le mani, lo percossero aspramente. Gli fu detto che doveva elevarsi su di loro ed invece ne fu vittima, che doveva regnare ed invece fu condotto schiavo, che doveva essere glorificato ed invece fu calunniato e carcerato. Chi non avrebbe detto allora: “Egli è stato un sognatore?”. Ciò che aveva preannunciato si verificò all’inverso, e non per un momento solo, ma per lunghissimi anni. Eppure, in mezzo al fallimento completo, e per il fallimento completo di ogni veduta umana, il disegno di Dio si compì. I fratelli lo spedirono in Egitto, la schiavitù gli procurò il carcere, il carcere lo fece incontrare con i servi del faraone, e quest’incontro, come vedremo, dopo nuove delusioni, lo portò al trono. Allora fu elevato e dominò i suoi fratelli; i misteriosi covoni del grano allora si curvarono innanzi a lui; il sole, la luna e le undici stelle allora lo venerarono (...).

Finiamola dunque con il voler giudicare i disegni di Dio con le nostre idee, e con il volerli misurare con il nostro tempo e con il nostro spazio! Più ci avvolgono le tenebre e più dobbiamo confidare nel Signore e sperare contro ogni speranza.


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Don Dolindo Ruotolo, brano tratto dal "Commento alla Genesi" (sezione: la storia di Giuseppe, cap. 37)


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