Onoriamo le autorità superiori (Rom. 13:7)

Onoriamo le autorità superiori (Rom. 13:7)

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Geoffrey Jackson

Ovunque nel mondo i servitori di Geova sono conosciuti per essere cittadini rispettosi della legge, persone che pagano le tasse e che non hanno un atteggiamento ribelle verso il governo. Se qualcuno vi chiedesse perché ci comportiamo così, sono sicuro che a tutti verrebbe in mente Romani 13:1. Leggiamolo insieme, così ci rinfreschiamo la memoria. Vediamo cosa dice questo versetto. Romani 13:1. Dice: “Ognuno sia sottomesso alle autorità superiori, perché non c’è autorità se non da Dio; le autorità esistenti si trovano nelle loro posizioni relative per disposizione di Dio”. E il versetto 7: “Rendete a tutti ciò che dovete loro: a chi chiede la tassa, la tassa”. Quindi, questa è la base scritturale per cui paghiamo le tasse e siamo cittadini che rispettano la legge. E sappiamo dal versetto 1 che questo chiama in causa la nostra fede in Geova Dio, perché riconosciamo che le autorità superiori devono rendere conto non a noi, ma a Geova. Così se Geova permette che le autorità mantengano il loro potere, noi ci affidiamo a Geova sapendo che loro risponderanno a Dio se abusano della loro autorità. Ma questo potrebbe rappresentare una sfida per noi, perché anche se siamo conosciuti come persone politicamente neutrali, cos’altro dovremmo fare in base a quello che dice il versetto 7? Notate la fine del versetto 7 cosa dice: “A chi chiede onore, tale onore”. Quindi non dobbiamo solo essere neutrali, non solo sottomessi, ma dobbiamo anche dare onore ai singoli individui che rappresentano le autorità superiori. Ma allora perché potrebbe essere difficile farlo? Per dirla in parole povere perché è più facile dare onore a qualcuno di cui non sai molto, qualcuno che non conosci di persona o di cui non conosci le caratteristiche peggiori. Inoltre, se le decisioni che prende quella persona non hanno ricadute dirette su di noi, ecco, mostrarle onore ci risulterà un po’ più facile. Ma come sappiamo, oggi viviamo in un mondo che ci inonda letteralmente di informazioni. I media, la TV, la radio parlano spesso della vita privata e delle opinioni di chi occupa posizioni di autorità. Così facendo ce li fanno conoscere un po’ meglio e forse arriviamo a farci un’idea su di loro anche sulla base di queste informazioni, che possono essere false. Oltretutto, alcune delle decisioni prese dai governi influiscono direttamente sulla nostra vita sotto molti aspetti. Perciò, nonostante tutto questo, cosa ci dicono le Scritture? Beh, dobbiamo mostrare “onore”, “tale onore” a queste persone. E questo potrebbe sembrare difficile per un cristiano. Ma prima di tutto dobbiamo ricordare che la parola “onore”, come la parola “amore” può avere diversi significati e diverse sfumature a seconda del contesto in cui si trova. Per esempio, amare i nostri nemici è una cosa diversa rispetto ad amare i nostri genitori. Allo stesso modo, ci chiediamo: cosa intendiamo qui con “onore”? L’“onore” menzionato qui non significa ammirare, imitare, idolatrare o persino approvare la condotta di queste persone. No, significa mostrare il dovuto rispetto per la posizione autorevole che occupano. 1 Pietro 3:15 ci ricorda che quando ci viene chiesto di spiegare le nostre credenze o quando dobbiamo difenderci davanti alle autorità, in che modo dovremmo rispondere? Dovremmo farlo con “mitezza e profondo rispetto”. Questo vuol dire che quando diciamo qualcosa sulle autorità superiori è importante ricordarci di prestare attenzione al modo in cui ci esprimiamo. A questo riguardo l’apostolo Paolo ci dà un eccellente esempio. Ricordiamo che a un certo punto Paolo fu imprigionato ingiustamente a Cesarea e dovette restare in prigione lì per un certo periodo per cercare di ottenere giustizia, giustizia che purtroppo non ottenne subito. Durante tutto quel tempo possiamo dire che probabilmente Paolo conobbe molto bene alcuni rappresentanti delle autorità superiori di allora. E dovette anche subire personalmente le conseguenze delle loro decisioni ingiuste. Ma quale fu il suo atteggiamento in quelle situazioni? Come reagì? In che modo si rivolse a quegli individui? Prendiamo, per iniziare, l’esempio del governatore Felice. Fu uno di quelli davanti ai quali Paolo dovette presentarsi. Che tipo di persona era? Beh, secondo gli storici era un uomo privo di ogni senso morale. Pensava di poter fare qualsiasi cosa, non importa quanto fosse sbagliata o immorale. Pensava di non dover rendere conto a nessuno. Per esempio, riuscì a sedurre una donna sposata e a prenderla in moglie. Quindi come individuo possiamo sicuramente dire che era molto lontano da qualunque principio cristiano. Eppure, se leggiamo Atti 24:10, noteremo che qui Paolo quando si rivolse a Felice non gli rimproverò nessuna di queste cose, ma gli parlò in una maniera molto rispettosa, dicendogli che era molto contento di stare al suo cospetto. E poi, cosa successe dopo questo episodio? Beh, dopo essere rimasto ingiustamente agli arresti per parecchio tempo, Paolo si trovò di fronte al governatore Festo. Ora, Festo era un adoratore di idoli. Era un uomo totalmente disinteressato alla giustizia. Le Scritture ci dicono, in Atti 25:9, che il governatore Festo era interessato a guadagnarsi il favore dei giudei. Quindi stava cercando il modo per accontentare i giudei, piuttosto che far ottenere finalmente giustizia a Paolo. Perciò, a causa di questo, alla fine Paolo decise di appellarsi a Cesare. Era un suo diritto. Successivamente, dopo quell’episodio, sappiamo che Festo interrogò Paolo e gli disse, in sostanza: “Tu sei pazzo, Paolo, stai diventando matto”. A quel punto Paolo sapendo che Festo non poteva fargli niente perché lui si era appellato a Cesare, stava per andare a Roma, avrebbe potuto cogliere l’opportunità per dirgli tutto quello che pensava di lui, soprattutto se Festo avesse voluto dei soldi per liberarlo, il che era totalmente illegale sotto la legge romana. E invece no, Paolo, con grande rispetto, si rivolge a lui chiamandolo “eccellentissimo”. Poi Paolo dovette incontrare il re Erode Agrippa II. Quest’uomo aveva una relazione scandalosa e incestuosa con la propria sorella. Era del tutto privo di ogni valore morale. Eppure anche a quest’uomo Paolo mostrò onore. Sì, agì in armonia con le parole riportate in Romani 13:7, diede onore a chi voleva tale onore. Questo mi fa tornare in mente un episodio che successe molti anni fa. In un paese dove la nostra opera era vietata da più di 30 anni, finalmente il governo decise di riconoscere legalmente il popolo di Geova. Fino a quel momento non avevamo potuto avere né Sale del Regno, né un ufficio di traduzione. Perciò la filiale si mosse immediatamente per acquistare una proprietà da usare per una Sala del Regno e un ufficio di traduzione. Tutto sembrava procedere per il meglio. Avevamo bisogno di una cosa soltanto, e cioè l’approvazione da parte del governo per completare l’acquisto della proprietà. I fratelli assunsero un avvocato non Testimone per aiutarci a gestire la questione. Per un periodo che durò 18 mesi continuammo a provare e riprovare a ottenere i permessi e il governo faceva di tutto per non farceli avere. Per esempio, l’avvocato andava a vedere a che punto fosse la nostra pratica e il governo diceva: “Ma non ci risulta nessuna pratica”. A quel punto l’avvocato mostrava le fotocopie della nostra domanda e allora all’improvviso la pratica saltava fuori. Dopo questo lungo periodo di tempo, il nostro avvocato chiamò il Comitato di Filiale e disse ai fratelli: “Li abbiamo in pugno! Finalmente avete l’occasione di mettere all’angolo il governo. Ho le prove di tutto quello che hanno fatto per danneggiarvi. Se diamo queste prove in pasto ai media, possiamo mettere in seria difficoltà il governo e costringerlo ad approvare l’acquisto della proprietà”. Voi come avreste risposto? La risposta che i fratelli diedero all’avvocato fu: “I Testimoni di Geova non desiderano mettere in difficoltà i governi, non partecipiamo a proteste e rivolte. Tutto quello che vogliamo è un pezzo di terra dove costruire una Sala del Regno”. Così chiedemmo all’avvocato di domandare rispettosamente al governo cosa potevamo fare per risolvere il problema. Ci risposero che non volevano lasciarci quel terreno perché per qualche motivo per loro era importante. Ma ce ne avrebbero dato un altro volentieri. Alla fine costruimmo una Sala del Regno, un ufficio di traduzione e una casa missionaria. Ma ottenemmo altri benefìci? Sì, perché a un certo punto l’avvocato non Testimone decise di lasciare la sua carriera di avvocato e si diede alla politica e ottenne uno dei posti più importanti all’interno del governo. Divenne addirittura ministro. Dopo essere diventato ministro chiamò la Betel e disse ai fratelli del Comitato di Filiale: “Non dimenticherò mai la risposta che mi avete dato. Voi non volete mettere in difficoltà il governo. Di conseguenza il governo vuole farvi sapere che potete raddoppiare il numero di missionari in questo paese”. Da quel momento in poi i Testimoni di Geova hanno avuto relazioni pacifiche con il governo per molti decenni. Quindi, qual è il punto? Noi Testimoni di Geova non ci immischiamo in proteste e rivolte, ma facciamo quello che dice Romani 13:7. Quando viene richiesto onore, noi alle autorità superiori rendiamo tale onore.

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