NON INIZIÒ CON LE CAMERE A GAS". COME SI ARRIVÒ ALLA SHOAH
LIBERTÀ E DEMOCRAZIA⏹️ Il Giorno della Memoria, anche quest’anno, non manca di suscitare polemiche. Quel che si dimentica, comunque, è che la Shoah "non iniziò con le camere a gas", ma con un processo di normalizzazione legale della discriminazione razziale. Un processo subdolo che preparò il terreno allo sterminio.
🔹️C’è chi usa la memoria della Shoah per mostrare come anche ai giorni nostri vi siano categorie perseguitate e come il rischio dello sterminio fisico totale sia sempre dietro l’angolo. Pertanto è bene ricordare che cosa precedette la “Soluzione Finale”. Perché allo sterminio ci si arrivò per gradi e pochi se ne resero conto.
🔹️ Primo Levi, in un brano divenuto celeberrimo, ci ricorda che «Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, jugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali».
🔹️ Levi spiega, in sintesi, veramente tutto l’essenziale: «Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione.
🔹️Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione.
🔹️Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione».
🔹️Ma soprattutto, sottolinea lo scrittore sopravvissuto: «Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”».
Stefano Magni
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