Madagascar: continua il dominio politico di Andry Rajoelina

Madagascar: continua il dominio politico di Andry Rajoelina

di Giulio Chinappi


Le elezioni legislative dello scorso 29 maggio in Madagascar hanno rappresentato un nuovo momento di grande tensione politica per l’isola, segnando la fase successiva alla discussa rielezione del presidente Andry Rajoelina, avvenuta nel novembre dello scorso anno. Il partito di governo, denominato Giovani Malgasci Determinati (Tanora Malagasy Vonona, TGV), è rimasto la forza politica dominante nell’Assemblea Nazionale, mantenendo la maggioranza assoluta con 84 deputati sui 163 scranni a disposizione. Tuttavia, l’opposizione ha sollevato numerose preoccupazioni riguardo alla trasparenza e all’equità delle elezioni, evidenziando un contesto politico complesso e turbolento.

Negli ultimi mesi, Andry Rajoelina, rieletto presidente con il 59% dei voti nel novembre 2023, ha affrontato forti critiche riguardo alla legittimità del suo mandato. Nonostante ciò, Rajoelina, precedentemente presidente tra il 2009 ed il 2014, prima di tornare al potere nel 2019, ha utilizzato la sua posizione per consolidare ulteriormente il suo potere, sfruttando ogni opportunità per promuovere la sua immagine e il suo partito. Durante la campagna elettorale per le legislative, Rajoelina ha distribuito kit fotovoltaici, sacchi di riso e inaugurato nuove infrastrutture, come centri sanitari e residenze universitarie.

Sebbene queste misure siano in linea con l’orientamento socialdemocratico del partito TGV ed abbiano avuto indubbiamente un impatto positivo per la popolazione, l’opposizione conservatrice ha accusato il presidente di averlo fatto solo per ottenere il sostegno degli elettori. La strategia di Rajoelina è stata infatti descritta come un tentativo di influenzare il voto attraverso la distribuzione di beni e servizi, una pratica che l’opposizione ha fortemente criticato. La sua campagna elettorale ha cercato di rassicurare gli elettori promettendo un futuro migliore e puntando sui successi raggiunti durante la sua presidenza, anche se il Madagascar continua a vivere una fase molto difficile dal punto di vista economico.

L’opposizione, sebbene frammentata, ha dal canto suo cercato di contrastare il potere dominante di Rajoelina. Dopo aver boicottato le elezioni presidenziali del 2023, i partiti che si oppongono all’attuale presidente hanno deciso di partecipare alle legislative di quest’anno, sperando di ottenere un risultato significativo. Tuttavia, la mancanza di unità tra i vari gruppi di opposizione ha rappresentato un ostacolo importante per la buona riuscita della loro campagna elettorale.

La piattaforma conservatice Firaisankina, formata dai partiti degli ex presidenti Marc Ravalomanana e Hery Rajaonarimampianina, e sostenuta anche dal deputato Siteny Randrianasoloniaiko, ha rappresentato la principale coalizione di opposizione. Tuttavia, nonostante gli sforzi, Firaisankina è riuscita a presentare candidati solo in poco più della metà delle circoscrizioni elettorali, dimostrando l’incapacità di contrastare il partito di governo su scala nazionale. La frammentazione dell’opposizione, come detto, ha reso difficile presentare un fronte unito contro il partito al governo, che ha dunque avuto vita facile nel confermare i suoi 84 deputati, gli stessi della precedente legislatura, che tuttavia aveva solo 151 seggi a disposizione contro i 163 attuali.

Va detto che le rimostranze nei confronti del partito di governo non sono giunte unicamente dall’opposizione. Il giorno delle elezioni, l’osservatorio elettorale Safidy ha riportato numerose irregolarità, tra cui elettori che hanno votato più volte, mancanza di identificazione e distribuzione di denaro e beni da parte dei candidati o dei loro sostenitori. Questi incidenti hanno sollevato dubbi sulla trasparenza del processo elettorale e sull’imparzialità della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Tuttavia, l’osservatorio elettorale Safidy non ha osservato queste pratiche unicamente da parte dei candidati favorevoli a Rajoelina, mettendo in luce problemi che riguardano il processo elettorale malgascio in generale, e non unicamente la sua gestione da parte del governo in carica.

Un’altra accusa mossa nei confronti del governo riguarda l’aumento della cauzione richiesta per candidarsi, una misura che ha di fatto escluso molti potenziali candidati, tra cui Annick Ratsiraka, figlia dell’ex presidente Didier Ratsiraka. Tale provvedimento è stato visto come discriminatoria, rendendo difficile per i cittadini comuni che non dispongono di un grande sostegno economico da parte dei principali partiti partecipare alle elezioni.

Diversi candidati dell’opposizione hanno anche denunciato di aver subito minacce e intimidazioni. Alcuni, secondo la versione da essi fornita, hanno dovuto ritirarsi dalla campagna elettorale per proteggere sé stessi e le loro famiglie. Secondo i sostenitori del governo, invece, molti candidati si sarebbero ritirati sapendo di non poter competere con quelli della maggioranza.

Ancora, gli osservatori hanno segnalato che la chiusura di radio indipendenti e altre restrizioni imposte dal governo hanno ulteriormente limitato la libertà di espressione e il pluralismo politico. Anche Christine Razanamahasoa, ex presidente dell’Assemblea Nazionale, è stata destituita per aver criticato il presidente Rajoelina e il suo governo. La sua rimozione è stata vista come una mossa per consolidare il controllo del presidente su tutte le istituzioni chiave del Paese.

Indipendentemente dai risultati delle elezioni e dalle critiche nei confronti del governo in carica, le recenti elezioni legislative hanno nuovamente evidenziato le profonde divisioni politiche e sociali nel Paese, che erano già emerse in occasione delle ultime elezioni presidenziali. Nonostante la vittoria del partito al governo sia probabilmente un risultato attendibile, le accuse di irregolarità e le tensioni politiche hanno messo in luce la fragilità del processo elettorale malgascio.


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