L’ideologia dei diritti uccide l’Europa e spiana la via all’invasione islamica

L’ideologia dei diritti uccide l’Europa e spiana la via all’invasione islamica

Salclem2

di Claudio Risé, 14 luglio 2019


La politica che ci vorrebbe tutti uguali fa cadere l'Occidente nella depressione, il disturbo psichico più diffuso. Ne approfittano i musulmani che, al contrario nostro, vietano ogni opinione in contraddizione con la sharia.


Noi occidentali illuminati, in particolare noi europei, abbiamo trovato il modo per assicurarci l'infelicità e la guerra di tutti contro tutti, proprio adesso che forse si poteva cominciare a stare abbastanza bene: la povertà più dura era vinta, le malattie avevano trovato molte cure, la vita si allungava. E invece no, a riprova che l'uomo non può accettare di star bene e basta, e deve sempre guastarsi la festa, ecco l'invenzione del secolo, anzi degli ultimi secoli (perché era lì che covava fin dalla Rivoluzione francese): i diritti. L'ideologia che assicura che siamo tutti uguali. E chi ti fa sentire diverso è il vero delinquente: lui sì che va punito


Mettiamoci il cuore in pace, perché un'idiozia del genere quanto a forza distruttiva è molto peggio di un'atomica, ce n'è abbastanza da far saltare per aria un intero continente, tanto più se antico e un po' sfiatato come l'Europa. La realtà è che invece siamo tutti diversi, ed è questa diversità, il bisogno di affermarla, la soddisfazione di vederne i risultati, che ci fa ogni giorno arrivare alla fine della giornata, per quanto ricca di fatiche e inconvenienti. 


Come diceva anche un pensatore di sinistra democratica come Norberto Bobbio: la giustizia vuole che gli eguali siano trattati in maniera uguale, e gli ineguali in un'altra, diversa. Se uno paga il biglietto del tram, non è uguale a chi è salito a sbafo. Negare le diversità, punire le differenze e i loro simboli, equivale a demolire la personalità (che proprio sulle differenze è costruita), e gettare le persone nella depressione, non a caso il disturbo psichico più diffuso oggi in Occidente. Una buona parte dello sviluppo umano, infatti, consiste proprio nel riconoscere e valorizzare la proprie differenze: quelle personali, e quelle del gruppo di appartenenza. Educare (anche etimologicamente) ha due significati: nutrire ma anche tirare fuori dalla persona (o da un gruppo) ciò che gli è proprio, la vocazione che lo differenzia dagli altri. Senza la «novità» prodotta dalla differenza personale tutto diventerebbe uguale, fermo, non ci sarebbe più evoluzione, in nessun campo; è anche per questo che imparare, scoprire, ci eccita e ci dà gioia. 


Ogni volta che impariamo qualcosa, però, diventiamo un po' diversi da chi non l'ha fatto, e lo stesso accade ogni volta che guadagniamo un'appartenenza o una competenza. Il ragazzino che viene ammesso a una scuola, un gruppo, una band, una squadra, ha fatto una conquista, un altro passo nello sviluppo. La sua personalità è cresciuta, il suo Io è ora più forte e più ricco. Nella società dei diritti però ciò gli procurerà inviti a darsi una calmata, o a nascondere ipocritamente la propria soddisfazione più che complimenti per lo sforzo fatto e la riuscita. Perché non deve offendere gli altri, quelli che non hanno ciò che lui ha conquistato.  


La società dei diritti diventa così anche la società della frustrazione: ciò che hai scoperto e conquistato diventa anche doloroso e vergognoso, perché potrebbe generare sofferenza in qualcuno. Insegnare che godere delle proprie conquiste è un'intollerabile violenza per gli altri, è però come spargere sale sulla terra fertile: incanaglisce e inaridisce anche le energie più pure. Questa morale della frustrazione, imposta arrogantemente da un potere che se ne serve per rimanere in sella anche se il popolo non lo sopporta più, non ha nulla di umile, anche se viene presentata come cristiana. È invece intossicante, perché impedisce a ognuno di svolgere il proprio autentico compito nella vita ed è il contrario della morale attiva e non pietistica dell'insegnamento di Gesù che dice: «A chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha» (Marco 4, 25). 


È il «giovane ricco» della parabola che ha tutto l'interesse a donare al povero per seguire il Signore e guadagnare il centuplo lassù, non lo Stato che glielo deve togliere, impedendo così sia al ricco che al povero di fare la propria parte nella vita e trasformare personalmente la propria situazione. Forse però gettare in depressione e mettere in crisi l'Europa, il continente più ricco, è davvero l'obiettivo della politica dei diritti. A pensarlo sono in molti, tra i quali lo storico del diritto e dei fattori religiosi Jean-Louis Harouel nel suo recente I diritti dell'uomo contro il popolo (Liberilibri editore).  


Harouel inizia con la promessa fatta a Roma nel 2002 dallo sceicco Yusuf Al Qaradawi, già dirigente europeo dei Fratelli musulmani: «Grazie alle vostre leggi democratiche noi vi colonizzeremo. Con le nostre leggi coraniche noi vi domineremo». Le «leggi democratiche» più adatte a colonizzare l'Europa sono appunto quelle ispirate alla politica dei diritti che in sostanza consentirebbero ai 26 milioni di musulmani che vivono in Europa di costituire dei territori con proprie leggi (che già hanno, quelle previste dal Corano), sostanzialmente autonomi dagli Stati, rispettosi dei diritti islamici. In effetti, l'ossessione per i diritti dell'uomo ha fatto sì che gli Stati si inchinassero «davanti a un islam che pretende di regnare sovrano su tutte le persone provenienti dall'immigrazione musulmana riportandole, anche con l'intimidazione, all'osservanza della legge divina». Ciò ha prodotto ormai un contro territorio e una contro popolazione islamica, in rivalità con quelli che ci sono nati per il possesso dell'Europa.  


Come ammette il saggista islamico Tariq Ramadan la libertà di religione di cui si gode in Europa è un bene perché «permette la pratica e il consolidamento dell'islam». Esso si rafforza anche perché mentre l'Occidente è maniacalmente attento ai «diritti» dell'altro, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo nell'islam «vieta di esprimere ogni opinione in contraddizione con la sharia». Noi ci autocensuriamo nell'esporre il crocifisso, ma l'islam considera sua proprietà ogni luogo, famiglia, istituzione ad esso affiliata. Di qui la cautela della assennata democrazia svizzera, dove ad esempio sono proibiti i minareti, segno visibile della presenza e della propaganda islamica. 


La politica dei diritti non è una visione politica razionale ma (come dimostra Harouel nel suo libro) un'irrazionale religione secolare, affermata dal potere laico in Occidente dalla Rivoluzione francese in poi, per metterla al posto del Dio ebraico-cristiano. Soltanto che queste religioni della salvezza secolare (come le chiamava il grande scienziato politico Raymond Aron), che «non riconoscono niente – nemmeno i dieci comandamenti, nemmeno le regole di un catechismo o di una morale formale superiore all'obiettivo del movimento», restano sempre più deboli di qualsiasi visione trascendente, compreso l'islam cui fanno spazio per liberarsi del nostro Dio Padre e del Figlio. Per questo la religione musulmana è la più in crescita in Europa, continente ricco e smarrito. La politica dei diritti è la pillola di cianuro per farci fuori. Come il cianuro, ci uccide impedendoci di respirare, interrompe il nostro rapporto con lo Spirito. Che non è il loro.

(Fonte: https://www.laverita.info/lideologia-dei-diritti-uccide-leuropa-e-spiana-la-via-allinvasione-islamica-2639184566.html)


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