Lettere di Nikolaj Staškov, segretario del comitato regionale del Partito clandestino di Dniepropetrovsʼk
N. Staškov26 settembre 1941
Salve, miei piccoli Katenka e Valerik,
Scrivo una seconda lettera, oggi 26-9-41. Sono rimasto a lavorare. Non ho paura e nessuno mi ha costretto. Se vivo ci incontreremo e vi racconterò tutto. Se no, diʼ ai bambini che il loro papà non è stato un vigliacco e ha dato la vita per il partito di Lenin, per il suo Paese. Diʼ loro, Katenka, che il loro papà era un vero bolscevico leninista, rimasto a lavorare in clandestinità, in un lavoro grande e responsabile.
Se muoio sii gentile con i bambini, dai loro il tuo amore. Dite loro che mi aspetto che siano dei veri patrioti della loro terra sovietica. Controlla che lavorino bene a scuola…
Forse questa è la mia ultima lettera Ti prego di conservarla per la memoria, per i bambini.
Voglio che sappiate che vi ho amati tutti come il mio caro Paese. Se muoio per il mio Paese, muoio per la vostra felicità. Non biasimatemi, deve essere così, le circostanze lo richiedono, la storia lo richiede e sono le persone che fanno la storia. È toccato a me portare avanti la lotta contro questi maiali fascisti, queste bestie, nella clandestinità. Noi combattenti clandestini ci vendicheremo degli sciacalli fascisti per il sangue dei padri, per la distruzione e la sofferenza di milioni di persone, per la distruzione della mia città.
Miei piccoli cari, vado in una missione molto pericolosa, ma ci vado senza fiatare, perché so che siamo nel giusto, che prima o poi vinceremo. Meglio morire da eroe che diventare uno schiavo.
Addio.
Niente lacrime, niente lutto. Ancora una volta vi dico: sotto le autorità sovietiche non sarete piantati in asso, fatevi solo coraggio…
Tanti, tanti baci. Non scrivetemi,
Papà
24 settembre, 1942
Compagni,
La prigione è piena di provocatori. Operano in questo modo: il loro agente si siede con voi, cerca di farvi pressione. I più deboli vengono coinvolti nella conversazione. I segreti vengono svelati nei pettegolezzi. Lʼagente li memorizza e li passa allʼinterrogatore. La volta successiva che ci si presenta allʼinterrogatorio, vengono poste le stesse domande. Se non rispondi, ti fanno delle iniezioni. È una cosa dolorosa da affrontare. Quando ti riprendi ti dicono che hai detto questo e quello sotto lʼeffetto delle punture. In realtà sono solo le annotazioni del provocatore.
Ho avuto alcuni provocatori con me: S. Kulish e Osipenko del distretto di Vasilkovskij e sua moglie Zina. Questi tre sono ex paracadutisti, ma ora lavorano per lʼaltra parte. Hanno dato via più di cento persone. Hanno fatto fuori L. Berestov, il direttore della fabbrica Masloprom, P. Novichuk, mio padre, V. Bykovskij, Y. Šokov, N. Tokmakov, Aleksandr Kravčenko, M. Kalinkin e Jura Savčenko. La moglie di Osipenko ha lavorato su Vera Khitko, Karitina Zuravljova, Valja Alexeyeva e altri.
Addio compagni!
Se venite in possesso di questa nota o avete la possibilità di farla uscire, trasmettetela o conservatela fino allʼarrivo delle autorità sovietiche.
Vostro, N. Staškov
24.IX.42
Tornò dallʼesercito alla sua città natale, Dniepropetrovsʼk, solo due giorni prima dello scoppio della guerra. Aveva appena avuto il tempo di salutare gli amici e di visitare la sua vecchia fabbrica Spartak, dove aveva lavorato per molti anni come montatore, quando i primi aerei con la svastica apparvero sul Dnepr.
Iniziarono allora giorni frenetici, senza sonno né riposo, quando prese servizio nel comitato regionale del Partito. Quando il nemico si avvicinò a Dniepropetrovsʼk, Nikolaj Staškov fu nominato segretario del comitato regionale del Partito.
Le forze di occupazione tedesche marciarono su Dniepropetrovsʼk alla fine di agosto del 1941 e cominciarono a insediare il “Nuovo Ordine” con il fuoco e la carneficina. Iniziarono gli arresti di massa dei comunisti e di tutti i patrioti sovietici. Tra il 13 e il 15 ottobre, la Gestapo e la polizia spararono circa 12.000 cittadini, seppellendoli in una trincea anticarro ai margini della città. Con queste azioni diaboliche i nazisti volevano costringere il popolo sovietico a mettersi in ginocchio.
Di giorno in giorno il movimento partigiano e clandestino cresceva costantemente sotto la guida del Comitato regionale clandestino del Partito. Tra lʼottobre e il novembre del 1941, Nikolaj Staškov girò a piedi molti distretti e stabilì contatti personali con i dirigenti di Pavlograd, Sinelnikovo e di altri comitati clandestini del Partito di città e distretti. Prese anche contatto con i dirigenti delle organizzazioni del Komsomol. A novembre tenne una conferenza di partito nella foresta alla quale parteciparono i comunisti dei distaccamenti partigiani della regione. Nel gennaio e nellʼaprile dellʼanno successivo, fu responsabile delle riunioni a Pavlograd dei segretari dei comitati clandestini di partito della città e del distretto.
Gli operai di Dniepropetrovsʼk e Dniprodzeržynsʼk, i minatori di Krivorozhʼe e Marganets, i lavoratori di altri centri industriali vanificarono molti piani del nemico. I nazisti non ebbero pace da nessuna parte e la terra bruciava sotto i loro piedi. Non furono mai in grado di avviare alcuna fabbrica di dimensioni significative. I carri armati, i cannoni, le locomotive e gli autocarri in rovina dovevano essere inviati in Germania per essere riparati. Le esplosioni ferroviarie aumentavano, distruggendo carrozze con truppe e attrezzature.
La Gestapo aveva il suo bel da fare a cercare a destra e a manca le persone che stavano nella resistenza. Alla fine, una delle loro spie riuscì a partecipare al “matrimonio” di una giovane coppia di clandestini, Vera Khitko e Nikolaj Tokmakov, che in realtà era una copertura per Staškov per informare i suoi uomini. Questo avvenne nel giugno 1942.
Dopo il “matrimonio” arrivò la prima serie di arresti. A questo seguì, lʼ8 e il 9 luglio, il secondo e più dannoso arresto. Tuttavia la Gestapo non riuscì a individuare il leader. Allʼinizio di luglio, Nikolaj Staškov si recò a Pavlograd, dove aveva sede il comitato regionale clandestino del Partito. Da lì dirigeva le operazioni.
I problemi arrivarono inaspettati. Il 28 luglio si aggirava per il mercato della città per recarsi a un appuntamento con alcuni contatti. Fu seguito da una spia che improvvisamente gli sparò alla coscia e al braccio. Ferito, aveva poche possibilità di fuga e fu catturato dalla Gestapo che accorse rapidamente sulla scena.
Il capo della Sicherheitsdienst del luogo lo Sturmbannführer Muhlde, si precipitò a Pavlograd e portò il prigioniero a Dniepropetrovsʼk sotto stretta sorveglianza. Fu messo nella cella n. 20 della prigione della Gestapo in via Korolenko.
Anche prima che le sue ferite guarissero, fu costantemente tormentato da alti ufficiali della Gestapo e dellʼamministrazione nazista. I nazisti fecero del loro meglio per fargli cambiare schieramento. Quando videro che era inutile, escogitarono orribili torture per il coraggioso comunista e poi misero un provocatore nella sua cella. Durante questo periodo Nikolaj Staškov scoprì che non avevano risparmiato nemmeno il padre settantacinquenne e lo avevano fucilato davanti ai cittadini.
Tuttavia, anche in prigione, il leader della Resistenza si sentiva responsabile della sorte dei suoi compagni e faceva di tutto per rincuorarli. Ciò è evidente nella lettera ai suoi compagni riportata sopra.
Il 10 dicembre 1942, i prigionieri videro alcuni dei loro compagni che venivano portati via davanti al plotone di esecuzione:
“Addio, compagni!”, esclamò Nikolaj Staškov.
Qualche settimana dopo, Nikolaj Staškov e il suo fedele compagno Georgi Savčenko furono condotti davanti al plotone di esecuzione. Staškov gridò ai macellai: “Sparatemi al petto. So che non avete il fegato. Mi sparerete alla nuca. Avete paura persino dei morti!”.
Per il suo coraggio in guerra Nikolaj Staškov fu insignito postumo del titolo di Eroe dellʼUnione Sovietica e gli fu intitolata una strada di Dniepropetrovsʼk.