Botros 2 - La verità in psicologia

Botros 2 - La verità in psicologia

Caterina Scavo

In Psicologia, sappiamo che le persone mentono principalmente per tre motivi: per adattarsi ad un ambiente ostile, per evitare di essere puniti oppure per ottenere una ricompensa materiale e/o personale.

A volte, per esempio, ci sono persone che mentono riguardo alle proprie capacità professionali per riuscire ad ottenere un lavoro, quindi per ottenere una ricompensa personale. Altre volte, invece, gli adolescenti mentono sulle loro abitudini per riuscire ad essere accettati dai gruppi di coetanei, come accade con l’abuso di alcool ed il consumo di droghe leggere.

Non dobbiamo sottostimare il potere psicologico della menzogna, che si è scoperta essere collegata in modo diretto ai nostri livelli di autostima; in effetti, ci ritroviamo a mentire quando il nostro ego si vede minacciato o quando vogliamo spiccare in una situazione sociale in cui ci sentiamo meno all’altezza degli altri o meno capaci.

In questi contesti, la “bugia” si trasforma in un vero e proprio meccanismo di difesa, un’arma per sopravvivere al crollo della nostra autostima e per scongiurare l’esordio di vari tipi di disturbi psicologici; tra i piu frequenti ci sono i disturbi d’ansia, con una percentuale di ansia sociale in continuo aumento tra i più giovani, ma anche i disturbi dell’umore ed i disturbi di personalità.

 

Ma se la menzogna comporta un’attivazione emotiva e conseguenti modificazioni fisiologiche, espressive e gestuali, cosa succede a livello cognitivo e cerebrale?

Ad oggi, le Neuroscienze mettono a disposizione diversi strumenti che permettono di conoscere la struttura e l’attività dell’encefalo, oltre a classificare e mappare le sedi di controllo di molteplici processi cognitivi.

Studi recenti in tal senso si sono concentrati nell’individuare se ci fossero peculiari attivazioni cerebrali nei soggetti durante la menzogna, partendo dall’ipotesi che la formulazione di affermazioni veritiere o menzognere implica attivazioni neurali e localizzazioni diverse. Lo strumento maggiormente utilizzato a tale scopo è la risonanza magnetica funzionale (fMRI), uno strumento di neuroimmagine in grado di individuare l’attività localizzata del cervello, misurando il flusso ematico ed il consumo di ossigeno cerebrale dei soggetti durante l’esecuzione di un compito. Le aree che vengono reclutate in un compito sono quindi anche quelle in cui viene bruciato più ossigeno, ed attraverso il metodo BOLD, si confrontano le quantità di emoglobina ossigenata, il cui aumento in un’area indica maggiore attività neurale, con quella di emoglobina deossigenata.

Le variazioni di attività in un’area durante un dato compito suggeriscono, presumibilmente, un coinvolgimento di tale regione cerebrale nei processi associati a quel compito e proprio come era stato ipotizzato, la fMRI ha permesso di individuare delle aree che si attivano quando i soggetti mentono piuttosto che nel momento in cui dicono la verità.


In un esperimento di Faro e colleghi (2018) con undici volontari, a sei di essi è stato chiesto di sparare con una pistola giocattolo, mentre agli altri cinque no. Tutti, però, dovevano affermare durante la fMRI di non aver sparato. Durante le bugie, la fMRI ha mostrato l’attivazione di diverse aree cerebrali nel lobo frontale, in quello temporale (ippocampo e temporale medio) e nel sistema limbico (cingolato anteriore e posteriore). Nel caso delle risposte vere, la fMRI ha invece mostrato attivazione nel lobo frontale, temporale (inferiore) e nel giro cingolato.

Dai risultati possiamo notare, nel complesso, che quando un soggetto dice una bugia si attivano più aree cerebrali rispetto a quando si dice la verità e questo probabilmente accade perché per dire una menzogna è necessaria una doppia elaborazione cognitiva, ovvero dobbiamo prima inibire la verità nel nostro cervello per poi passare all’elaborazione e alla memorizzazione della menzogna come una “nuova-verità”.



Alcuni studi, infine, hanno cercato di individuare la menzogna mediante un altro metodo, ovvero osservando la modificazione dell’attività elettrica cerebrale spontanea. I Potenziali Evento Correlati (o ERPs), sono delle risposte cerebrali a degli stimoli precisi, riconoscibili da dei “picchi” nel tracciato elettroencefalografico. In particolare, si è studiato il picco P300, ovvero quel picco che compare sul tracciato ogni qualvolta abbiamo a che fare con uno stimolo rilevante, che ci è familiare, quindi che già conosciamo. Questo metodo d’analisi potrebbe tornare utile non solo in ricerca, ma anche a livello giudiziario, ad esempio nel caso di un sospettato di reato: per esempio, gli si potrebbero mostrare dettagli di un’ipotetica scena del crimine e valutare la comparsa di questo picco P300, che potrebbe dimostrare la familiarità del soggetto con tale stimolo e quindi, la sua presenza sulla scena del crimine.


Non dobbiamo dimenticare però che quello che celiamo, che non diciamo, prima o poi, in un modo o nell’altro, verrà a galla. In un senso filosofico, la verità trova sempre la strada per riemergere, per manifestarsi, perché è la verità a soddisfare davvero l’anima.

In uno studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Notre Dame, negli Stati Uniti, si è dimostrato che, in media, ogni settimana gli americani dicono 11 bugie.

In una finestra temporale di 10 settimane, i ricercatori hanno analizzato le risposte di 110 persone ad alcuni quesiti specifici; la metà delle persone era stata preparata per dire meno bugie e proprio questo è stato il gruppo che, nello studio di Kelly & Wang (2012), ha visto un miglioramento nella propria salute, sia fisica che mentale.

Tra i benefici, i ricercatori hanno osservato una riduzione della tensione muscolare, dell’ansia situazionale e dello stress e, inoltre, un numero minore di casi di cefalee e mal di gola, senza considerare il fatto che dire la verità ci libera anche da un vero e proprio peso psicologico correlato al dire il falso; abbiamo già visto che mentire implica svariate funzioni mentali, come la memoria e l’attenzione, ma anche il ragionamento e la coscienza ed è qui che potrebbe innestarsi un circolo vizioso: il peso psicologico di aver detto il falso e di mantenere questa menzogna nel tempo potrebbe impattare negativamente sulle funzioni prima citate, causando stress nel soggetto.

A sua volta, lo stress sappiamo incidere notevolmente sulle nostre capacità mentali e sulla salute organica, aumentando notevolmente il peso psicologico di aver detto il falso e creando un circolo patologico di stress e ansia che si alimenta da solo; è qui che diventa necessario intervenire con i colloqui di terapia.

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