La fedeltà dà gioia

La fedeltà dà gioia

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Aino Ehtmaa

Quando ero piccola, mio padre mi scrisse un versetto della Bibbia, che dice: “La tua parola è una lampada per il mio piede e una luce sul mio cammino”. E aggiunse: “Non dimenticarlo mai. Tieni sempre a mente la Parola di Dio in ogni passo della tua vita”. Sono nata nel 1929 nella città di Võru, in Estonia. La mia era una famiglia religiosa e i miei genitori si sono sempre presi cura di me, mi hanno dato tutto quello di cui avevo bisogno. Quando mio padre conobbe la verità, regalò a me e a mio fratello una Bibbia e così iniziammo a studiarla insieme. Mio padre fu arrestato nell’estate del 1948. L’Estonia all’epoca era sotto il regime sovietico, ma lui aveva ancora il posto come insegnante. Un giorno il Dipartimento per l’istruzione lo convocò. Mio padre uscì di casa con indosso vestiti estivi e i sandali, e non fece mai più ritorno. Era mezzanotte quando sentimmo qualcuno bussare alla porta. Andammo ad aprire, e dei soldati entrarono chiedendoci i passaporti. Li appoggiammo sul tavolo, e tutto quello che dissero fu: “Siete in arresto”. La prigione Pagari di Tallinn faceva paura. Ero molto spaventata all’idea di doverci andare. Mi ricordo che per portarmi nella cella mi fecero scendere le scale e percorremmo un lungo corridoio nei sotterranei. Nella cella in cui fui rinchiusa c’era solo una panca. Quando chiusero la porta sbattendola, iniziai ad avere un po’ di paura. Ma poi pregai Geova e gli chiesi di aiutarmi. Mi sentii subito più tranquilla e così mi sdraiai sulla panca e mi addormentai. Fui condannata a 10 anni di prigione con l’accusa di essere un nemico dello Stato. Un anno dopo fummo trasferiti in campi di prigionia in Russia. Lì era difficile procurarsi cibo spirituale. Non potevamo ricevere posta. Ma gli angeli in qualche modo ce l’hanno fatto avere lo stesso, avevamo sempre qualcosa. In prigione anche un solo versetto o una frase incoraggiante può aiutare tantissimo. In ogni caso, dobbiamo fare in modo che la Parola di Dio faccia parte di noi. Dobbiamo sempre tenerla a mente, anche se riusciamo a ricordare solo un versetto. A un certo punto della mia condanna mi fu permesso di vivere al di fuori del campo di prigionia. Una famiglia di Testimoni accolse in casa me e altre 2 sorelle. Non c’era più una guardia a tenerci d’occhio come quando eravamo nel campo, quindi potevamo stare insieme e anche predicare un po’. Riuscimmo addirittura ad andare di casa in casa. Qualche tempo dopo mi trasferii in un dormitorio, perché in casa c’era poco spazio. Il lato positivo era che le pubblicazioni le potevo tenere io, perché se avessero arrestato me non sarebbe successo niente. Ma se avessero arrestato il fratello, quella sarebbe stata una perdita maggiore. Una sera la polizia perquisì la mia stanza. Misero tutte le pubblicazioni sul tavolo e mi chiesero da dove le avevo prese. Risposi: “Sono gli angeli a portarcele, per farci avere sempre cibo spirituale”. Così mi diedero altri 2 anni perché ero in possesso di quelle pubblicazioni. Sentii che l’opera dei Testimoni di Geova era stata ufficialmente vietata. E in quel momento io mi sentii così orgogliosa di essere testimone di Geova! Quel pensiero mi dava gioia. Sapevo che Geova mi stava aiutando, perché le cose non diventavano mai troppo difficili da affrontare. Quando una situazione peggiorava, succedeva sempre qualcosa che mi aiutava a sopportarla. Sentivo di avere sempre qualcuno che si prendeva cura di me. Non mi sono mai sentita sola o abbandonata. Se riuscissimo a essere sempre fedeli, saremmo anche sempre felici. Ma a volte sbagliamo e così perdiamo la gioia. È la fedeltà a dare gioia. In prigione puoi riuscire a restare fedele se non abbandoni Geova, se non ti dimentichi di pregare e se ricordi sempre il motivo per cui sei lì. Sei lì perché sei dalla parte di Geova. Io non avevo rubato e non avevo ucciso nessuno. Ero accusata perché ero testimone di Geova, ma per questo vale la pena essere in prigione.

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