La cappa di silenzio su quell’aiutino in extremis

La cappa di silenzio su quell’aiutino in extremis

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LaPresse

Unicef, l'Ong più ricca d'Italia. Incassa 60 milioni all'anno

di Fausto Biloslavo, 28 dicembre 2017


L'Unicef Italia è una macchina da guerra nella raccolta fondi, oltre 60 milioni di euro nel 2016, ma con le stigmate dei grandi carrozzoni in salsa Onu grazie a 25,4 milioni di euro di spese.


Ovviamente servono per attirare donazioni, ma quasi un terzo dei costi se ne va in stipendi e consulenze. Dopo la pesante discesa in campo di stampo politico a favore dello ius soli con un tweet ufficiale che bollava come idioti e fascisti i contrari si è scatenata la polemica sui soldi che ruotano attorno alla costola nostrana dell'organo sussidiario delle Nazioni Unite in difesa dell'infanzia. E i timori che possa influire negativamente sulle donazioni e la raccolta fondi.


In rete si stanno moltiplicando le notizie vere e false sulle luci e ombre del Comitato italiano per l'Unicef. In realtà si tratta di una Organizzazione non governativa, che dal 1974 agisce per conto dell'agenzia Onu, soprattutto per raccogliere fondi, grazie ad un accordo di cooperazione. Il Giornale, per fare chiarezza è andato a scartabellare i bilanci scoprendo che lo scorso anno l'Unicef Italia è riuscita ad incassare ben 60.705.315 euro, soprattutto grazie a 313 mila donatori. Non mancano diversi lasciti ed eredità per quasi 7 milioni di euro. Ed altri 6.131.277 sono arrivati dal 5 per mille. Le aziende come Ikea, Iveco, Scavolini, in passato Alitalia, banche varie, le assicurazioni Generali, Esselunga ed Euronics garantiscono in media sui 3-4 milioni di euro l'anno. Nel 2014 anche la Polizia di Stato si era mobilitata per Unicef Italia.


Lo scorso anno a Unicef international sono stati trasferiti poco più di 35 milioni di euro per progetti in mezzo mondo a favore dei bambini. Non è chiaro dal bilancio quanti di questi soldi siano stati utilizzati in Italia, ma probabilmente una cifra poco importante rispetto ai progetti internazionali. Unicef solo da fine 2016 ha aperto un programma per i minorenni migranti e rifugiati che arrivano nel nostro paese. In Italia opera per l'infanzia anche «con programmi informativi ed educativi in migliaia di scuole di ogni ordine e grado» e altre iniziative. Ben più imponenti i programmi di vaccinazione in Bangladesh, gli interventi a favore dei minori migranti in Libia, i bambini assetati nello Yemen pubblicizzati sul sito e realizzati da Unicef international.


Della campagna italiana ha cominciato a far parte la discesa in campo politica a favore dello ius soli. Il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, ancora prima del contestato tweet è sempre stato molto schierato: «Doveva essere un gesto di civiltà come qualcuno ha detto tempo fa, invece si chiude nel modo più incivile possibile: lo ius soli non verrà approvato, basta ipocrisie elettorali».


Dei 60 milioni raccolti grazie al buon cuore degli italiani vanno dedotte le spese, in costante aumento, che nel 2016 arrivavano alla bella cifra di 25.413.157 euro, cinque in più rispetto all'anno prima. Anche i dipendenti aumentano per un totale di 141 persone, che non risulta vadano a sporcarsi più di tanto le mani in giro per il mondo a favore dei bambini. Se sommiamo gli stipendi dei fissi, quelli dei due collaboratori e le consulenze si arriva ad un totale di 7.692.187 euro. I quattro dirigenti hanno uno stipendio lordo di oltre 6 mila euro al mese, i 18 quadri poco più di 4 mila e poi si varia da 2.814 ad un minimo di 1.842 euro.


Solo per la voce «consulenze e servizi professionali», che sarebbe interessante analizzare nei dettagli, Unicef Italia ha speso quasi 900 mila euro nel 2016, quasi il doppio rispetto all'anno precedente. I difensori dei bambini in Italia hanno acquistato a suo tempo una palazzina di 4 piani a Roma, oggi di proprietà di Unicef international. Il Comitato italiano per l'Unicef è di fatto l'ong più «ricca» del nostro paese.

(Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/unicef-long-pi-ricca-ditalia-incassa-60-milioni-allanno-1477912.html)


Il decreto che «salva» i parenti di Renzi varato da Gentiloni dopo il voto del 4 marzo

di Maurizio Belpietro, 11 agosto 2018


L'Unicef sarà obbligata a fare denuncia se vorrà recuperare i 6,6 milioni sottratti ai bambini dell'Africa: il governo uscente ha infatti cambiato la legge all'ultimo minuto. Inspiegabilmente.


Matteo Renzi è tornato a farsi vivo via Facebook per spiegare l'ultima inchiesta della magistratura che ha colpito la sua famiglia. Niente diretta, quella è riservata alle indiscrezioni giudiziarie che riguardano gli avversari, solo un lungo post. In esso l'ex presidente del Consiglio spiega che l'indagine è tutta una bufala inventata dai giornali. Anzi, si tratta di una storia vecchia, aperta ben due anni fa, sul «fratello del marito di una mia sorella per presunte irregolarità». Prove? «Dopo due anni di indagini non risultano, le vedremo al processo». Dopo di che, l'ex segretario del Pd la butta sul ridere, rivelando la prossima accusa, che lo vedrebbe indagato - udite udite - come mandante del mostro di Firenze. Finito di scherzare, Renzi torna però a mostrare la faccia più consona, quella feroce, minacciando querele e richieste di risarcimenti, con i quali pagare il mutuo della nuova casa (ma come: non è sufficiente l'ottimo stipendio? È stato lui stesso a spiegare che il reddito da onorevole unito agli introiti da conferenziere basta e avanza per pagare la rata bancaria).


Argomento chiuso dunque quello dell'indagine sui finanziamenti destinati a bambini africani e finiti inspiegabilmente nella disponibilità di un parente, seppur acquisito? Tutt'altro. Innanzitutto perché nel suo lungo post su Facebook Renzi non la racconta giusta. L'inchiesta è vero che è stata aperta due anni fa, prova ne sia che nel libro scritto con Giacomo Amadori e Francesco Borgonovo (I segreti di Renzi) io stesso ne davo conto. Tuttavia, nonostante il fascicolo giudiziario porti la data dell'estate 2016, adesso ci sono sviluppi che lo rendono attuale e che portano a farsi qualche domanda. Ma prima di passare ai quesiti cominciamo a mettere ordine tra le cose che il senatore semplice di Scandicci racconta a modo suo. Per prima cosa non è vero che l'indagine riguarda «il fratello del marito di una sua sorella».


L'inchiesta della Procura di Firenze riguarda, fra gli altri, il marito della sorella. È comprensibile che l'ex premier cerchi di allontanare da sé gli effetti di una vicenda dagli aspetti disgustosi (l'accusa di appropriazione indebita è ingiuriosa, ma se i soldi sono sottratti a bambini poveri e malati il ribrezzo è maggiore), tuttavia a essere indagato per riciclaggio è Andrea Conticini, il marito di una delle due sorelle Renzi. Il cognato è infatti accusato dai pm di aver utilizzato soldi provenienti da donazioni dell'Unicef e da alcune associazioni umanitarie americane e australiane. Il denaro era destinato a finanziare le attività benefiche di Play therapy Africa. Ma invece, secondo la Procura, servì anche a comprare quote della Eventi 6, ossia della società amministrata dalla mamma di Renzi, azienda che, pur essendo estranea a questa indagine, è finita nel mirino degli inquirenti per una storia di fatture ritenute false (infatti entrambi i genitori sono indagati).


L'ex segretario del Pd dice poi che a due anni di distanza non ci sono prove. A questo proposito sono dunque indispensabili due osservazioni. Il Renzi che scrive su Facebook è lo stesso che l'altroieri attaccava Matteo Salvini per le critiche ai pm che hanno in mano l'inchiesta sui fondi della Lega? Già, perché dicendo che i magistrati da due anni tengono aperta un'indagine senza prove, l'ex premier sta anch'egli attaccando la Procura, proclamandosi vittima di una persecuzione giudiziaria. In realtà la frase dell'ex premier non corrisponde al vero, perché i pubblici ministeri qualche riscontro alle accuse lo hanno trovato. Non ci sono solo i soldi versati nella Eventi 6, per comprare quote. Ci sarebbe anche una casa in Portogallo, del valore di poco meno di 2 milioni. Un'operazione immobiliare condotta direttamente dai fratelli del cognato e pagata con i soldi destinati ai bambini africani.


La parte più interessante di tutta la vicenda è però un'altra. Perché la questione è ritornata a galla dopo due anni? Lo spieghiamo subito: dell'inchiesta si è tornati a parlare in quanto i magistrati hanno scritto all'Unicef e alle altre associazioni benefiche affinché si costituiscano contro i fratelli del cognato di Renzi, pena l'impossibilità di recuperare il denaro. Ohibò, ma come? Non bastano da soli gli accertamenti della Procura e gli sviluppi giudiziari? No, perché per appropriazione indebita si può procedere solo su querela di parte. Cioè, uno fa sparire i soldi, ma se non c'è la denuncia quei soldi se li può tenere. Dunque se l'Unicef, gli americani e gli australiani non si danno una mossa, nel caso qualcuno si sia messo in tasca milioni non suoi, la fa franca. Sorpresi?


Anche noi. Soprattutto perché fino a pochi mesi fa non c'era nessuna querela che si frapponesse fra chi ha rubato e la Procura. La misura è stata varata il 10 di aprile di quest'anno e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 dello stesso mese. Ma chi è il papà di una legge che depenalizza l'appropriazione indebita rendendola un reato perseguibile solo su denuncia? Il governo di Paolo Gentiloni che, nonostante fosse dimissionario, perché dopo le elezioni del 4 marzo si era già insediato il nuovo Parlamento, prima di andarsene ha sentito il bisogno di fare un decreto legge sulla materia. Insomma, un provvedimento d'urgenza, perché depenalizzare l'appropriazione indebita era cosa da fare in fretta.


A questo punto, una domanda si rende indispensabile. Ma Renzi, che del governo Gentiloni era l'azionista di maggioranza, lui che a Palazzo Chigi aveva lasciato tutti i suoi uomini e le sue donne, Maria Etruria Boschi compresa, sa spiegarci la necessità di questo decreto, fatto a governo scaduto? Visto che la sa lunga sulle faccende degli altri ed è sempre pronto alle dirette Facebook, ci illumini anche sulle cose che indirettamente hanno ricadute sull'inchiesta che vede coinvolto il cognato. Così, tanto per ridere, come fa lui quando parla di cose serie. 

(Fonte: https://www.laverita.info/il-decreto-che-salva-i-parenti-di-renzi-varato-da-gentiloni-dopo-il-voto-del-4-marzo-2594618036.html)


La cappa di silenzio su quell’aiutino in extremis

di Maurizio Belpietro, 12 agosto 2018


Provate a immaginare che cosa sarebbe accaduto se il governo Berlusconi, oppure un esecutivo a guida Salvini, cioè un qualsiasi gabinetto di ministri di centrodestra, avesse deciso alla chetichella, mentre era dimissionario e sconfitto, di varare una depenalizzazione che favorisse gli indagati per appropriazione indebita aggravata e truffa aggravata, rendendo i reati non più perseguibili d'ufficio, ma solo a querela di parte. Come minimo, credo, ci sarebbe stata la sollevazione di tutti gli intellettuali in servizio permanente effettivo a favore della sinistra. 


Roberto Saviano avrebbe lanciato un appello via Web proponendo una marcia contro chi favorisce i ladri. Gad Lerner, dalla sua tenuta nel Monferrato, avrebbe spiegato che i Rolex si pagano e non si rubano. Il sobrio Vauro avrebbe da parte sua disegnato una Banda Bassotti in azione a Palazzo Chigi, per di più impegnata a fregare le merendine ai bambini.


Invece, siccome il favore a chi è indagato per i reati di appropriazione indebita e truffa non lo ha fatto Silvio Berlusconi, Matteo Salvini o qualche altro esponente di centrodestra, ma il compassato governo di Paolo Gentiloni, improvvisamente intellettuali, giornalisti e politici perennemente indignati non solo non sono scesi in piazza, ma neppure hanno parlato. Così, aver varato un decreto legislativo di tale portata pochi giorni prima di far le valigie, quando già era risaputo che le elezioni erano perse e non c'era nessunissima possibilità di poter continuare a brigare nella stanza dei bottoni, ecco, di punto in bianco è diventata una non notizia. Anzi, una faccenda da liquidare in poche righe, in fondo a qualche pagina interna, evitando di commentare.


Sembra incredibile, eppure questo è ciò che è accaduto. Come è noto, qualche giorno fa la Procura di Firenze ha chiesto all'Unicef e ad altre associazioni benefiche di costituirsi parte civile, denunciando l'appropriazione indebita di cui sarebbero state vittime. La storia è quella che riguarda il cognato di Matteo Renzi che, dopo due anni di indagine, i pm hanno accusato di riciclaggio e altre belle cose per una cifra di 6,6 milioni che sarebbe sparita dalle casse della Play therapy Africa, una Onlus che raccoglieva fondi per aiutare i bimbi poveri del vicino continente, ma che a quanto pare dirottava il denaro su conti privati. Un discreto gruzzolo di quella somma sarebbe stato investito nella Eventi 6, la società della famiglia Renzi, la stessa per cui entrambi i genitori dell'ex presidente del Consiglio sono finiti nei guai, indagati per fatture false. Una parte del denaro sottratto alla fondazione, secondo i magistrati, sarebbe invece stato investito in Portogallo, in alcune proprietà di cui vi raccontiamo oggi sulla Verità


Già qui la faccenda è sordida al punto giusto per attirare l'attenzione della maggior parte degli organi di stampa, per lo meno di quelli che non devono essere riconoscenti alla sacra e intoccabile famiglia di Rignano. Invece, al contrario di quello che sarebbe stato normale aspettarsi, i fatti sono stati liquidati in fretta, senza troppi approfondimenti che consentissero di capire come mai il cognato di Renzi e i suoi fratelli fossero finiti sotto accusa e come mai ancora non abbiano convinto gli inquirenti della loro estraneità ai fatti.


Tuttavia, se già di per sé la vicenda dovrebbe interessare, in quanto ci sono di mezzo soldi destinati a bimbi africani, alcuni immobili a Cascais, e il cognato dell'ex premier, di maggior interesse pubblico dovrebbe essere la scoperta che ad aprile i reati di appropriazione indebita aggravata e truffa aggravata sono stati modificati dal governo uscente. E sono stati resi, all'insaputa di tutti o quasi, perseguibili solo su denuncia della parte che si ritiene lesa. Se cioè un tizio si è fregato 10 milioni e la Procura lo scopre non può agire chiedendo indietro i soldi se il truffato non li reclama. Risultato, basta che chi si è appropriato del denaro e chi se lo è visto sparire si mettano d'accordo, magari anche solo per l'interesse del derubato a non fare troppo clamore e, di colpo, il reato sparisce. Via, evaporato, proprio come i milioni di Play therapy Africa.


Fatta questa scoperta, una qualsiasi persona credo si domanderebbe: ma che bisogno aveva un governo dimissionario, in carica per gli affari ordinari, di approvare pochi giorni prima che arrivasse il nuovo esecutivo una misura per depenalizzare appropriazione indebita e truffa aggravate? Che necessità c'era di varare un provvedimento che influisse su vari procedimenti in corso, spingendo le Procure a sollecitare le vittime per poter proseguire le indagini? Invece, guarda caso, nessuno pare abbia voglia di fare a Gentiloni e compagni questa domanda. Ma, sorpresa sorpresa, oltre a non esserci un cane che abbia interesse a formulare il quesito, pare non esserci neppure un portavoce pronto a dare una risposta. Secondo voi, perché?

(Fonte: https://www.laverita.info/la-cappa-di-silenzio-su-quellaiutino-in-extremis-2594887490.html)


L’Unicef (e il Pd) salvano il cognato di Renzi

LaPresse

di Fabio Amendolara, 29 settembre 2018


L'organizzazione non denuncia. E la riforma di Andrea Orlando favorisce il colpo di spugna.


Conti alla mano, stando alle ricostruzioni di Unicef New York, i Conticini non hanno sottratto fondi. Dopo aver scartabellato nel grande archivio dell'aiuto umanitario l'organizzazione è giunta alla conclusione che «nulla è stato rubato». E alla fine, salvo ripensamenti, per l'accusa di appropriazione indebita l'inchiesta sui Conticini finirà su un binario morto. 


Nonostante la cifra che secondo l'accusa è stata scroccata: 3,8 milioni di dollari tra 2008 e 2013 (6,6 milioni di dollari sono invece quelli versati complessivamente dalle associazioni umanitarie alla Play Therapy Africa dei Conticini). La decisione di non querelare, stando a quanto dichiarato ieri pomeriggio da Paolo Rozera, direttore generale di Unicef Italia al suo rientro da New York, durante una conferenza stampa social da 32 minuti su Facebook, è stata raggiunta dopo alcune settimane di approfondimenti interni. Rozera le definisce addirittura «indagini». 


E senza querela, come disposto dalla riforma voluta dall'ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, una buona fetta dell'indagine della Procura di Firenze rischia di aver fatto perdere solo tempo ai magistrati. Il decreto Orlando, infatti, ha modificato la procedibilità di alcuni reati, in particolare quelli contro il patrimonio. E quindi l'appropriazione indebita non è più procedibile d'ufficio, ma solo in presenza di una formale querela della parte offesa. 


Alessandro Conticini e il fratello minore Luca, che poteva operare sui conti della Play Therapy Africa e su quelli personali del fratello, sono sotto inchiesta proprio per appropriazione indebita. Per loro, senza la querela dell'Unicef, rimarrebbe in piedi solo l'accusa di autoriciclaggio. Il terzo fratello, Andrea, gemello di Luca e marito di Matilde Renzi, sorella dell'ex presidente del consiglio, è indagato per riciclaggio, per aver acquisito, a nome del fratello Alessandro, quote di tre società che ruotano attorno al Giglio magico: la Eventi 6 della famiglia Renzi, la Quality Press Italia e la Dot Media di Patrizio Donnini e di sua moglie Lilian Mammoliti (che organizzava la Leopolda del bullo). Proprio per la parentela, la norma della riforma Orlando, approvata alla scadenza dell'ultima legislatura e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 24 aprile 2018, è stata subito ribattezzata «lex ad cognatum». Il provvedimento, almeno per il reato di appropriazione indebita, ha complicato la fase finale delle indagini svolte dai magistrati fiorentini Luca Turco e Giuseppina Mione che, proprio in virtù della riforma Orlando, un mese fa, hanno trasmesso tramite rogatoria, a Unicef New York, Fondazione Pulitzer, Action Usa e alle altre Ong che hanno finanziato la società di Conticini, la comunicazione che le avvisava di essere state individuate come parti offese.


Dal momento della consegna dell'atto, però, le vittime hanno 90 giorni di tempo per querelare. La Procura, ovviamente, dovrà attendere la ricezione dell'avvenuta notifica prima di far partire il conto alla rovescia verso la chiusura ufficiale delle indagini preliminari (che se non ci fosse stato l'intervento a gamba tesa della riforma Orlando sarebbero già terminate da un pezzo). Unicef New York, comunque, non ha ancora ricevuto alcuna comunicazione. E a confermarlo è stato proprio Rozera.


La dichiarazione di Rozera che dà forza alle tesi difensive dell'avvocato Federico Bagattini, che difende i Conticini, è questa: Unicef ha interrotto i rapporti con Play Therapy Africa già dal 2013 e chiuso i contratti perché «il servizio che forniva non era più adeguato». Ma nulla è stato rubato. E con i Conticini, per quanto riguarda Unicef, i conti sono chiusi.

(Fonte: https://www.laverita.info/unicef-non-querela-il-cognato-del-bullo-lindagine-sui-conticini-verso-lo-stop-2608657064.html)


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