LETTERA DI UN’ITALIANA VACCINATA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

LETTERA DI UN’ITALIANA VACCINATA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Dalila Di Dio

"Gentile Presidente Draghi, non immagina quante volte io, che ho scelto liberamente di vaccinarmi, mi sia pentita di averlo fatto.

Mi sono pentita ogni volta che ho visto un padre costretto a farlo per portare a casa il pane.

Ogni volta che ho visto uno studente rinunciare ad una lezione universitaria.

Ogni volta che ho scorto in lontananza una fila di cittadini davanti a una farmacia, in coda per acquistare 48 ore di diritti.

Mi sono pentita ogni volta che ho sentito qualcuno parlare di parassiti, sorci, disertori o blaterare di fucilazioni evocando Bava Beccaris.

Ogni volta che mi sono imbattuta in congreghe di semicolti che tra una risatina e l’altra dileggiavano chi aveva semplicemente compiuto una scelta diversa per la propria vita e sul proprio corpo.

Gentile Presidente Draghi, io della società che Lei e i Suoi sodali state laboriosamente costruendo non voglio far parte.

Non voglio far parte di una società composta da gente che si ritiene moralmente ed intellettualmente superiore per aver acconsentito a farsi somministrare un farmaco.

Non voglio far parte di una società in cui si gode smodatamente per l'emarginazione e l'esclusione di chi ha compiuto - legittimamente e liberamente - una scelta diversa.

Non voglio far parte di una società in cui ci si compiace di aver meritato dei diritti, cedendo al ricatto.

Non voglio far parte di una società di individui che accusano, additano e auspicano ostracismi e punizioni per i loro simili.

Io non appartengo alla schiera di chi obbedisce per quieto vivere.

Io non voglio essere premiata con diritti che sono miei per nascita.

Io non voglio che mi concediate alcuna libertà giacché io sono nata libera.

E custodisco la mia libertà come il bene più prezioso.

Pertanto, liberamente Le dico si tenga pure la Sua terza dose, il Suo super green pass e la Sua bella società.

Verrà il tempo."





Report Page