L'ARTE DEL GIAPPONE E GLI INIZI DEL MANGA.

L'ARTE DEL GIAPPONE E GLI INIZI DEL MANGA.

Ashita No Tom

IL GIAPPONE DELLO ZEN E DEL SESSO(Paragrafo 1)


Ritenuto volgare, violento e brutto...in Occidente, il manga, è stato visto per molto tempo in termini estremamente negativi.


Infatti chi si reputava amante del Giappone, disprezzava questi fumetti...ritenendoli riprovevoli contro ciò che era il Giappone...con l'arte dello Zen, dell'ikebana e della cerimonia del tè...inconsci del fatto che il Giappone aveva anche questo lato più, come dire...strambo.


Arte dell' Ikebana


Il Giappone, infatti, oltre ad avere un lato elegante e anacronistico...ne aveva anche uno molto più inconsueto. Il Giappone popolare e ribelle, che non si faceva problemi né di buongusto né di morale.


Questo era il Giappone che amava le grandi sceneggiate, i fantasmi, il gotico, il grottesco, il sesso, il piacere e il dramma in tutte le sue più sfacciate forme.


Un Giappone che non amava nulla più che piangere davanti a un bello Shinjû o andare in giro per le strade portandosi appresso degli enormi falli divenuti poi famosi per diversi film, non solo animati.

Shinjû


Per affrontare però l'imperialismo occidentale, le autorità giapponesi a partire dall'era Meiji(1868-1912) dovettero mettere a tacere i modi di fare popolani...quindi addio forme falliche enormi, fantasmi, suicidi d'amore, ma benvenuto ad un Giappone forte, disciplinato e pronto al sacrificio...sotto lo "spirito samurai" e dove ogni donna giapponese doveva ispirare a percorrere i segreti dell'ikebana. Infatti questa tradizione sopravvisse anche dopo la sconfitta subita nella seconda guerra mondiale, nel 1945.


Era Meiji (1868-1912)


Per ricostruire e far emergere nuovamente il paese e rimettersi in pari dunque con l'occidente, lo spirito samurai dovette rimanere rigido.


Tuttavia in questa figura artefatta del Giappone, alcuni elementi antichi e popolani non vennero mai completamente abbandonati, benché erano presenti in maniera molto più ridotta o perlomeno nascosta. Anche se le guide turistiche locali non sempre ne parlavano...alcune feste locali in onore dei Matsuri fallocentrici sopravvissero qua e là.


Festival dei Matsuri


Si potrebbe dire che sono proprio questi elementi scissi tra loro che rendono il fumetto giapponese così sempre fresco e in qualche modo "scorretto". Non è un caso dunque se anche figure importanti per la storia giapponese si mostrino in comportamenti rozzi, sconsiderati o riprovevoli...anche Buddha, per citarne uno, di Osamu Tezuka è partecipe di conflitti interiori che rendono la divinità stessa estremamente umana.



DAI ROTOLI DIPINTI AI MANGA: ELEMENTI DI DISCONTINUITÀ E DI CONTINUITÀ (Paragrafo 2)



La storia delle origini del fumetto giapponese, per come viene raccontata in Occidente, risale all' VII secolo, con brevi citazioni ad alcuni graffiti...per poi saltare di ben cinque secoli per arrivare ai "rotoli degli animali" (Chôjû giga) conservati tutt'ora nel tempio Kôzanji, nei pressi di Kyoto.




Attribuiti, per quanto riguarda i primi due, all'abate Sôjô Toba(1053-1140), questi e-maki monocromatici, ancora oggi, seducono e catturano per la gioia irriverente con cui vengono raffigurati preti, nobili, guerrieri sotto le sembianze di buffi animali quali rane, scimmie o conigli...che sono intenti ad attività e pose che ricordano lo strip-poker.


Nessuno però sembra mai citare il venerando Einga-kyô, rotolo di autore ignoto del VIII secolo che narra la vita del Buddha. Da noi sono giunte all'incirca 110 opere di e-maki, per un totale di 600 rotoli. Molti si ispirano al Buddha e alla sua religione... ma altre invece riprendono romanzi celebri, vita quotidiana o mostrano scene gotiche di fantasmi o demoni maledetti.


La resa di dei movimenti e spesso molto vivace e la libertà del tratto grafico è degna di nota. Inoltre, gli e-maki contengono all'interno diverse tecniche innovative che hanno dato vita alla narrazione grafico sequenziale contemporanea:


-la vignetta, che pur non racchiusa da delle linee è delimitata dal rotolamento del foglio, scena dopo scena;


-i filatteri, o nuvolette;


-le linee che rendono in vari modi l'idea del movimento.


Analoghe invenzioni grafiche furono introdotte, a partire dal medioevo, anche in Europa ma in Giappone tali innovazioni vennero comunque alla luce in modo autonomo.


Alcuni esperti di manga si rifiutano tuttavia di vedere negli e-maki dei precursori del manga, invocando la differenza di linguaggio visuale e nella tecnica narrativa; secondo Il critico giapponese Tomofusa Kure, "fra gli e-maki ed il manga, non c'è una relazione più stretta che fra il pallottoliere ed il computer".


Detto questo...è vero che se volessimo davvero mettere nello stesso calderone tutte le forme di narrazione grafica potremmo arrivare a considerare i codici aztechi come gli antenati di Mafalda...ma questo tipo di dibattito fra i rotoli dipinti e il manga fa dimenticare l'essenziale: la continuità storica della tradizione della narrazione grafica in Giappone. I codici Aztechi scomparvero con la dissoluzione di quell'impero e gli arazzi della regina Matilde sono rimasti un capolavoro isolato; al contrario, l'arte degli e-maki si è mantenuta in vita, in Giappone, fino all'epoca Edo(1603-1868).

Ippei Okamoto


Alcuni celebri autori di manga ne realizzarono perfino nel XX secolo, ad esempio Ippei Okamoto che fece conoscere "Felix the Cat" al Giappone, e fu anche il primo autore di manga a uscire dal ristretto ambito della striscia a fumetti, ma nel 1921 pubblicò anche due rotoli illustrati di 9 m che rappresentavano le celebri 53 vedute di Tôkaidô.


Felix the Cat


Grazie a questa continuità storica, la cultura giapponese intrattiene con la narrazione grafica una lunga familiarità che molti commentatori attribuiscono anche all'uso degli ideogrammi.


Questa tradizione per secoli ininterrotta ha di certo contribuito all'espansione del manga e al consenso generalizzato, di cui esso gode, nella società giapponese... laddove, in Occidente, il fumetto è stato quasi costantemente tenuto sott'occhio dai genitori, dagli educatori, dalle autorità...da sempre solerti nel redarguirlo e dal censurarlo.


Il peto, la merda e la ninfetta discinta(paragrafo 3)


Questa continuità linguistica si riflesse anche in una continuità dei temi.


Gli amanti del Giappone tradizionale, sarebbero disgustati nel vedere in un manga, un personaggio pronto ad effettuare azioni rozze o succinte che si allontanano dalla loro idea del Giappone. Se volessimo citarne uno, dei tantissimi altri, potremmo benissimo parlare del potere flatulente di un personaggio che compare nel manga di Akira Toriyama, Dragon ball.


Occorre però tenere bene a mente che la lotta di scorregge o di flatulenze è uno dei grandi classici della cultura popolare nipponica. Quest'arte bizzarra possiamo attribuirla a:


-Sôjô Toba, all'interno di un rotolo del IX secolo, nel quale i petomani usano degli enormi ventagli per sospingere le rispettive emanazioni tossiche in campo nemico.


-Alla popolarissima fiaba de: " la disfatta di fukutomi", dove l'arte del peto è un dono degli Dei grazie al quale un povero artigiano si arricchisce esibendosi davanti al suo meravigliato signore che lo riempie di doni.


-Il pennello di Kyôsai Kawanabe, uno degli ultimi grandi maestri della pittura giapponese tradizionale, descrive una versione della storia nella quale i terribili gas sono immaganizzati in un fagotto, la cui apertura stordisce il nemico.


Nel 1879 il giornale satirico "Marumaru shinbun" inventa perfino delle armi da fuoco intestinali in un'illustrazione dedicata ad un ammutinamento delle forze armate. I pittori di rotoli non provavano alcuna remora nemmeno nei confronti degli escrementi.


Nel Gaki Zôshi, XII secolo, dei fantasmi affamati se ne nutrono avidamente, e la citata "disfatta di fukutomi" presenta allegramente sia flatulenze a suon di musica sia una devastante diarrea.


Nel paese dello shintô, religione della fertilità, il prodotto di scarto intestinale dell'alimentazione e preso in considerazione senza disgusto ma anzi come una manna sacra.


Non c'è da stupirsi dunque se nel "Dottor Latrina" (Toilet hakase) dal 1970 al 1977 abbia potuto filosofeggiare ogni settimana su Shonen Jump, il più venduto settimanale della storia del manga.


Da parte sua la graziosa Arale-chan, eroina del celebre manga "Dr Slump & Arale" più d'ogni altra cosa ama conversare con le sue amate cacche che incontra per strada, spesso mettendole anche in testa.



Altro tema ricorrente dei rotoli che il manga ha ereditato è il soprannaturale.


Il manga ha, a volte, prodotto storie praticamente etnologiche. Alcune creature demoniache di Onmyôji di Reiko Okano, il cui eroe è un esorcista Shintô, dell'epoca Heian(794-1185), provengono direttamente da un rotolo dipinto del secolo XV intitolato "La passeggiata notturna dei mille demoni".


In GeGeGe no Kitaro, Shigeru Mizuki si addentra nell'universo degli yo-kai, questi non sono altro che mostri per metà terrificanti, per metà farseschi.


In un'altra serie come Rosario+vampire di Akihisa Ikeda, invece questi mostri assumono tonalità più graziose e sensuali.


Agli occhi dei giapponesi il peto elevato al rango di arte marziale, il dottore specializzato in escrementi e le giovincelle in minigonna che frequentano il liceo di quartiere non sono né delle mostruosità né delle assurdità. Provengono dallo stato più profondo della cultura popolare giapponese, trasmessa lungo i secoli in diverse forme di narrazione grafiche e dai quali sono trasmigrati, quale fattore ereditario, nel fumetto giapponese.


Lo zen e l'arte marziale dei peli del naso(paragrafo 4)


In apparenza...il manga sembrerebbe lontano dal mondo Zen ma in realtà gli deve comunque qualcosa. A partire dal secolo XIV, i monaci svilupparono un'arte pittorica che venne battezzata col nome di Zenga, che miscelava il disegno con la calligrafia, che poi si espanse fino ai secoli XVII e XVIII.


Le assurdità e le vacuità in molte di queste pitture -come un uomo che defeca in un campo e viene assorbito dalla contemplazione dell'ano di un cavallo o una scimmia che tenta di acchiappare un riflesso di Luna- sono soltanto alcune degli enigmi che i maestri Zen utilizzavano per elevare i loro discepoli ad una forma di pensiero che ripudiasse il qualsivoglia razionalismo.


Alcuni lavori di Katsushika Hokusai

Nato dunque così, la comicità senza senso è un filone giapponese grafico umoristico molto apprezzato durante l'epoca Edo come testimonia anche il Kyôgaen-shonen, raccolta di disegni pubblicata da Bokusen Maki, ovvero uno degli assistenti di Katsushika Hokusai, il maestro delle stampe al quale in genere si attribuisce -benché a torto- la paternità della parola manga.


Questo tradizione la si ritrova nel nansensu, ovvero non senso, un genere che nel manga ha prosperato mentre nel fumetto occidentale è rappresentato in maniera molto più ridotta, fatta eccezione per alcuni casi come lo statunitense Krazy kat o il francese Concombre masqué.


Queste serie di manga nansensu che disorientano i lettori occidentali, oggi non appaiono nei mercati europei del fumetto, se non grazie ad alcune serie come FLCL, al gatto artificiale super armato Cyborg Kurochan o al delirante Bobobo-bo Bo-bo-bo e alla sua arte marziale dei peli del naso.



Questi strambi personaggi lo ignorano di certo ma sono gli autentici discendenti del Giappone dello Zen e dunque i lontani cugini dei giardini di pietra della tradizione.


L'epoca Edo: stampa, kabuki e libri per immagini(paragrafo 5)


Ancora più che con gli e-maki e gli Zenga, il manga è in debito soprattutto con la cultura urbana dell'epoca Edo(1603-1868).


Dopo due secoli di anarchia e sanguinose battaglie civili, il Giappone ritrovò la pace sotto Il giogo degli shôgun della dinastia Tokugawa, che chiusero l'accesso all'arcipelago agli stranieri.


Le grandi città prosperarono: Edo, l'odierna Tokyo, era già una delle maggiori potenze del mondo.


Le classi sociali urbane svilupparono una propria cultura, molto lontana da quelle delle caste guerriere e dei monasteri. Questa cultura diede vita al teatro Kabuki, alla stampa e al libro illustrato edito in grandi tirature.



Queste due nuove forme di espressione grafica presentavano delle caratteristiche molto interessanti, dovute al fatto che la stampa a caratteri mobili non si era ancora diffusa come in occidente. La scrittura giapponese comportava all'epoca svariate migliaia di ideogrammi, senza contare due diversi sillabari, era pertanto molto più rapido ed economico continuare a incidere sul legno visto il numero esorbitante di caratteri tipografici.


A causa di limitazioni tecniche di questo procedimento e degli imperativi della produzione di massa, l'illustrazione stampata giapponese dell'epoca consiste in un disegno al tratto che racchiude delle zone di colore, senza ombre, senza espressività e con un tratto molto regolare.



L'anatomia dei personaggi e poco realistica. I volti, con delle eccezioni tra cui quella del misterioso sharaku, sono molto spesso stereotipate e prive di una vera e propria caratterizzazione; il loro pallido ovale è come una pagina bianca sulla quale i sentimenti sono espressi solo dagli occhi e dalla bocca.

Sharaku


Questa tecnica si ritrova anche nei manga, in particolare nelle serie adolescenziali, dove i visi "tutti uguali"e ritenuti dalle nostre parti "non giapponesi "non cessano di lasciare interdetti molti genitori ed educatori occidentali.


Bisogna sottolineare però questa filiazione diretta fra le stampe giapponesi e i manga contemporanei, tanto più che gli artisti di stampe facevano ugualmente uso della tecnica del "fondale soggettivo", che costituisce una delle specificità più degni di nota nel fumetto giapponese.


La recitazione degli attori del kabuki non era più realistica dei volti delle stampe. Gli attori non riproducevano i sentimenti, piuttosto li suggerivano con l'esagerazione, utilizzando dei codici pesantemente esasperati come la torsione delle mani, smorfie, posture prettamente teatrali come se il tempo si fermasse. Gli illustratori dei romanzi popolari usavano spesso e volentieri gli stessi espedienti, proprio come facevano e fanno tutt'ora gli autori di manga.


Queste modalità estreme di indicare i sentimenti possono provocare, nei lettori non abituati, un certo stupore, se non un vero e proprio disprezzo... questo disagio molto probabilmente è una delle cause del fallimento iniziale dei primi tentativi di traduzione in occidente. Uno in particolare è stato Gen di Hiroshima che usa senza risparmiarsi queste esasperazioni codificate per narrare gli orrori del bombardamento atomico.



Gli intrighi del Kabuki somigliavano a quelli del teatro del Grand guignol: l'azione era drammatica, violenta e spesso sanguinosa; sulla scena si moriva di frequente, in lunghe convulsioni d'agonia e tra fiotti di lacrime.


Il pubblico amava anche gli autori che condissero le trame con una dose di soprannaturale e qualche morto che tornasse, sfigurato e vendicativo, a tormentare i vivi.


Gli intrecci erano ripresi da eventi storici, con una marcata preferenza per eroi che facessero una brutta fine, e da fatti curiosi e drammatici dell'epoca Edo, con una predilezione per i doppi suicidi d'amore.


Questa eredità si ritrova anche nel manga, le quali trame possono prolungarsi per migliaia di pagine e, per una maggiore drammatizzazione, si muore e a volte brutalmente anche in delle serie destinate ad un pubblico prevalentemente bambinesco.


I fatti da attualità dell'epoca Edo alimentavano anche i temi dei libri illustrati economici (e-hon) battezzati libri rossi libri neri o libri gialli a seconda della copertina la quale cambiava colore con il suo contenuto.



La tecnica narrativa di queste opere era più vicina a quella del fumetto attuale che non a quella dei libri illustrati che si producevano in Occidente nella stessa epoca. Questi ultimi si accontentavano di giustapporre o sovrapporre i testi e le immagini invece gli illustratori nipponici ottimizzavano l'utilizzo delle loro tavole riempiendo di testo tutto lo spazio non occupato dalle figure.


Il testo faceva parte integrante dell'illustrazione il che è uno dei principi di base di moltissimi fumetti moderni; gli e-hon facevano perfino uso di lontani antenati delle vignette e delle nuvolette del fumetto. Diedero vita a una vera industria: probabilmente nel mezzo secolo precedente la fine del periodo Edo furono pubblicati oltre 3000 titoli e la tiratura di alcuni best seller superò anche le 10000 copie.


Gli autori calavano i loro soggetti nella vita quotidiana e nell'attualità delle grandi città, mescolando comicità, realismo, dramma e toni lacrimevoli, speziandoli con una dose di fantastico e di irriverenza... verso i poteri forti.


Vedremo in seguito che tutti questi tratti, compreso l'uso di notizie curiose dell'attualità politica, si ritrovano anche nel manga contemporaneo.


Il libro popolare illustrato rifiorirà dopo il 1945 quando dei nuovi Akahon offriranno a un pubblico adulto delle serie a fumetti spesso cupe e tragiche, in accordo con lo spirito dell'epoca.


Daranno poi vita a una forma di narrazione battezzata storie drammatiche (Gekiga), alla quale il manga deve anche più che non alle serie per bambini e adolescenti con cui in Occidente spesso sono stati identificati ridotti e appiattiti.


Il sesso in tutte le sue forme(paragrafo 6)


La città di Edo ospitava quello che era, in quell'epoca, il più grande quartiere dei piaceri carnali al mondo: Yoshiwara, dove i clienti dovevano registrarsi presso la postazione di polizia che ne regolava l'unico accesso e dove le prostitute erano classificate secondo una precisa gerarchia.



Diventato famoso anche nel fumetto occidentale


Questo mondo fluttuante (ukiyo) forniva una miniera inesauribile di temi a romanzieri e editori di stampe (ukiyo-e).


Questi ultimi producevano per le cortigiane e i loro clienti le immagini di primavera (Shunga), da cui gli occidentali avrebbero ricavato le famose stampe giapponesi, ovvero il loro uso ricontestualizzazione come tendaggi, carte da parati, quadri ecc...


La loro pornografia esuberante, tinta in un' ironia di cui è testimonianza il caricaturale gigantismo degli attributi sessuali dei protagonisti, attesta che il Giappone dell'epoca Edo aveva in materia erotica molte meno inibizioni dell'occidente.


Gli artisti non disdegnavano nemmeno le fantasie più scabrose... che preannunciavano anche nuovi temi, come il tentacol-sex che ritroviamo nelle varianti fantastiche del manga pornografico.


Perfino il sadismo, denominato in Giappone muzan-e (immagini atroci) costituiva un genere rinomato e sofisticato.


Ne fu maestro incontrastato Yoshitoshi Tsukioka Yoshi, la cui molto apprezzata serie dei "28 assassinii celebri con poesie" (eimei nijûhasshûku) mette in scena altrettante donne uccise con una fertile immaginazione che nulla ha a che fare con i ciliegi in fiore.


Per lo Shintô, l'attività sessuale costituisce il fondamento sacro della vita, per il taoismo è addirittura il mezzo per accedere all'immortalità.


Di qui, il suo essere evocato senza tabù nelle stampe, come oggi in molti manga.


Quest'ultimo gode dunque di un vantaggio innegabile presso il pubblico adolescenziale, a proposito del quale il fumetto occidentale sembra aver dimenticato un elemento fondamentale: per gli adolescenti i temi della sessualità sono fra quelli naturalmente più interessanti. Gli shunga rivestivano anche una funzione educativa, che alcuni mangaka rinnovano con un talento notevole, per esempio, Katsu Aki, il cui Futari Etchi costituisce il manuale di iniziazione sessuale più completo, moderno e gradevole che si possa oggi trovare sul mercato mondiale.


Incontestabile erede della cultura popolare giapponese, il manga non ha dimenticato tuttavia l'altra tradizione, quella "seria".


Il fumetto nipponico fa grande uso di samurai, delle arti marziali, delle giovinette in kimono, di ciliegi in fiori e della storia nazionale in generale.


I puristi del bushidô e dello Zen possono trovare anche temi a loro cari in serie come Vagabond che narra le vicende del famoso maestro di spada Musashi Miyamoto o in Ikkyû, che mette in scena la vita del Monaco e poeta Ikkyû Sôjun e del maestro di teatro nô Zeami, il cui stile grafico si inserisce nel migliore tradizione del sumi-e.

Una tavola di Vagabond
Sumi-e (stile a inchiostro e acqua)


Gli storici troveranno in Satsuma gishi den di Hiroshi Hirata- uno dei cui lettori più appassionati sarebbe stato yukio mishima, che spinse la sua passione per la grande tradizione fino all'auto-sventramento per protesta ideologica nel suicidio rituale con la spada nel 1970- un affresco della dura condizione dei guerrieri di rango inferiore dell'epoca Edo che a suo modo non è da meno rispetto a molti trattati accademici.


Poggiando su entrambe le tradizioni, quella popolare e quella altolocata, il manga potrebbe essere ritenuto, in questo inizio del XXI secolo, come l'espressione più rivelatoria della cultura giapponese in tutta la sua complessità; tanto più che esso deve molto al trauma fondativo del Giappone moderno: la brutale intrusione nel 1853 dei vascelli neri del commodoro statunitense Matthew Perry, i quali portarono l'arcipelago a riaprirsi al mondo dopo 250 anni di isolamento.

Cominciò allora un periodo di modernizzazione dove la narrativa si evolse a contatto con quella occidentale, dando vita a un qualcosa che non era ancora un manga moderno, ma che iniziava a preannunciarlo.


Se avete qualcosa di cui discutere a riguardo, potete scrivere un commento sotto il post sul canale telegram Vanitas: Reviews & Advices. Se invece volete semplicemente parlare di anime e manga in generale, potete direttamente entrare nel gruppo telegram Anime Vanitas.

Report Page