Voglio essere imparziale come lo è Dio

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Interviste e storie di vita > Di fronte alle prove

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Kay Harrigan

C’era un grande frastuono, rumori di sassi lanciati, di molotov che esplodevano e di gente che urlava. È tra quei rumori che siamo cresciuti. La mia famiglia era cattolica e vivevamo in una zona che tristemente diventò l’epicentro dei conflitti nordirlandesi. Era una città spaccata in 2. C’erano nazionalisti cattolici da una parte e unionisti protestanti dall’altra. Un giorno un mio carissimo amico si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dopo il funerale andai in chiesa. Sentii il bisogno di rivolgermi a Dio. Mi inginocchiai e gli dissi: “Questa guerra sta portando via troppe vite, non può continuare così. Io farò di tutto per essere una brava cattolica, è una promessa. Ma tu devi darmi delle risposte, io ne ho bisogno”. Tornai a casa e cercai davvero di essere una brava cattolica. Poi i testimoni di Geova bussarono alla mia porta. Mio marito studiò con loro per un breve periodo. A motivo della promessa che avevo fatto a Dio, rimanevo in cucina, però tenevo la porta aperta. Mentre ascoltavo quella giovane coppia parlare, li sentii usare un nome che non avevo mai sentito prima. Era il nome personale di Dio. Mio marito decise che questa cosa non faceva per lui. Ma ricordo di essermi affacciata e di aver detto: “A me però interessa”. Tutte quelle persone che erano morte, tutti gli amici che avevo perso, tutti quei funerali a cui aveva assistito... ...ora avevo una speranza. Mi battezzai nel 1985. Ero felice di far parte del popolo di Geova; ma quando mi guardai intorno capii che ero l’unica Testimone che viveva lì. E anche se ero tra persone che conoscevo, mi sentivo profondamente sola. In alcune zone la violenza poteva scoppiare da un momento all’altro. Era molto pericoloso. C’erano cecchini pronti a sparare e continui disordini civili. Avendo un retaggio cattolico repubblicano, avevo paura ad andare in certe zone. Se non fosse stato per la predicazione non ci sarei mai andata. Ma i testimoni di Geova erano venuti a casa mia; avevano bussato alla mia porta, anche se erano consapevoli dei rischi. E fu proprio il loro esempio che mi diede la motivazione per fare la stessa cosa. Un giorno, mentre svolgevo l’opera di casa in casa con una sorella, bussammo a una porta e venne ad aprire un uomo. Notai che aveva un’espressione molto sospettosa, pensai che c’era qualcosa di strano. Ero lì con la mia Bibbia in mano e gli offrii la Torre di Guardia. A quel punto mi accorsi che si tranquillizzò e ci disse: “Ah sì, mia moglie le legge queste riviste. Aspettate un attimo”. Quando rientrò in casa, vidi che nel corridoio appoggiò sul mobile una pistola. In quel momento, mi resi conto che Geova non è un Dio che ha pregiudizi, ma vuole che tutte le persone abbiano l’opportunità di conoscerlo. Non mi sento più così sola perché mi sono integrata meglio nella congregazione; e la paura di predicare in alcuni territori dove prima non sarei mai andata è sparita. Geova allarga i tuoi orizzonti, ti aiuta a pensare agli altri e ti dà una ragione per cui alzarti la mattina, indossare il cappotto e uscire di casa. E non c’è cosa più bella che portare la buona notizia a tutti, senza distinzione. È un’emozione bellissima sapere che hai il privilegio di portare il nome di Geova. È qualcosa di cui essere orgogliosi, di cui essere profondamente orgogliosi.

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