Jharia brucia

Jharia brucia

Avvocato Atomico

Post originale su FB: https://www.facebook.com/AvvocatoAtomico/posts/115719993427533

Ogni tanto qualche nucleoscettico, riferendosi alle zone di esclusione di Chernobyl e Fukushima, se ne esce con l'espressione "il nucleare rende inabitabili intere aree del pianeta per migliaia di anni".

Posto che non è vero - la radioattività in entrambe le aree è inferiore alla soglia indicata dall'OMS come pericolosa per la salute, se vengono interdette al pubblico è solo in via precauzionale e comunque non sarà per sempre - esistono in effetti posti nel mondo che sono stati resi inabitabili dall'uomo per tempi lunghissimi.

Solo che il nucleare non c'entra nulla.

Tutti voi saprete che l’estrazione del carbone è un’attività pericolosa: intanto perché spesso si creano delle sacche di gas altamente tossico ed altamente esplosivo, e poi perché a volte il carbone stesso prende fuoco, causando incendi sotterranei molto difficili da estinguere. Il combinato disposto di questi due fenomeni ha fatto dell’estrazione del carbone una delle attività più letali nella storia dell’homo sapiens. Durante la seconda rivoluzione industriale come rilevatori di gas nelle miniere si usavano i canarini: quando l'uccello moriva significava che c'era gas nell'aria e ci si doveva levare di culo prima che una scintilla facesse saltare in aria tutto. Oggi ovviamente abbiamo strumenti più efficaci e approvati dagli animalisti, ma anche così gli incendi nelle miniere di carbone nel mondo avvengono al ritmo di decine all'anno.

Lo stato del Jharkhand, in India, è uno dei luoghi del mondo con la maggiore quantità di risorse minerarie: vi si estraggono ferro, rame, bauxite, persino uranio. E ovviamente carbone.

Quantità vergognose, astronomiche, siderali di carbone. Nel distretto di Dhanbad, in particolare, ce n’è così tanto che gli abitanti a volte avviano delle miniere abusive semplicemente facendo esplodere lo strato superficiale del terreno con della dinamite e poi raccogliendo quello che trovano sotto: carbone purissimo, praticamente coke già raffinato.

A Jharia (cittadina di 80.000 abitanti) la prima miniera viene inaugurata nel 1894: l'India all'epoca è una colonia dell'impero britannico, e siamo verso il finire dell'epoca Vittoriana.

Per due decenni gli operai indiani estraggono pacificamente carbone di ottima qualità, che alimenta le locomotive e i motori delle navi inglesi, poi nel 1916 scoppia un incendio, proprio mentre in Europa francesi e tedeschi si stanno scannando sulle trincee della prima guerra mondiale.

Le fiamme superficiali vengono domate - non senza difficoltà, ma il terreno purtroppo è permeabile all'aria, e la vena carbonifera è immensa, per cui l'incendio continua a svilupparsi sottoterra.
E non c'è modo di fermarlo.

La prima guerra mondiale termina, in Europa inizia la stagione dei totalitarismi, e Jharia sta ancora bruciando.

La cittadina inizia ad assumere sempre di più l'aspetto del pianeta Mustafar in Star Wars - la vendetta dei Sith: il terreno in alcuni punti è così caldo da rendere impossibile camminare anche con scarpe spesse, l’aria è costantemente tossica; ogni tanto intere sezioni di terreno cedono, perché sotto quel terreno c’è carbone che brucia, e quando ne brucia troppo frana tutto, inghiottendo case, strade e persone in una voragine di fuoco; ogni tanto invece si verificano delle esplosioni, con getti di gas infuocato che erompono dal terreno e raggiungono altezze fino a 15 metri.

La seconda guerra mondiale termina nel 1945, e due anni dopo, grazie a Gandhi, l'india raggiunge l'indipendenza. Ma le miniere restano nelle mani delle compagnie britanniche. A Jharia lo sfruttamento delle vene continua... e l'incendio anche. Le esalazioni di monossido di carbonio e diossido di zolfo dal terreno hanno ormai reso il luogo desertico: le piante muoiono e le persone hanno tutte malattie respiratorie.

Nel frattempo sono aperte altre miniere lì intorno, per cercare di intaccare la vena là dove non brucia ancora: nove in totale, di cui sette a cielo aperto.

Nel 1967 l'India nazionalizza le miniere, e accusa gli inglesi di non aver fatto nulla per fermare l'incendio e tutelare la popolazione. Ma ora ci penseranno loro! Il fuoco però non lo sa, e continua a bruciare: i focolai ora sono decine.

Negli anni '80 il governo indiano inizia a predisporre dei piani di evacuazione per gli abitanti della cittadina, ma senza successo: la gente non vuole andarsene. In parte perché non si fida ad abbandonare tutto ciò che possiede, e in parte perché a Jharia le miniere continuano a funzionare: dunque c'è lavoro. E non importa che l'intera città rischi di sprofondare in un sinkhole fiammeggiante da un momento all'altro, né che la speranza di vita nella regione sia di 10 anni inferiore alla media nazionale.

Nel 2005 il governo del Jharkhand dichiara "non sicure" la strada e la ferrovia che portano a Jharia: l'incendio sotterraneo rischia di causare cedimenti del terreno e quindi frane e crolli. Ma le persone continuano ad andare e venire, e i treni carichi di carbone anche, al ritmo di 37 al giorno. Ogni tanto uno smottamento si mangia un convoglio, una casa, una macchina, non ha importanza: si ricostruisce come si può e dove si può, e si continua.

L'ultimo studio fatto sul fuoco sotterraneo di Jharia risale a tre anni fa, nel 2017: i focolai sono arrivati a 67, e l'area coinvolta è cresciuta fino a 450 Km quadrati, abbastanza grande da iniziare a minacciare le città vicine, con potenziali danni alla salute per mezzo milione di persone.

Oggi siamo nel 2020, abbiamo gli smartphone, i meme e i Nutella biscuits, e Jharia brucia da 104 anni. Si stima che l’incendio fino ad ora abbia divorato in tutto 37 milioni di tonnellate di carbone.

Solo che la vena ne contiene più di due miliardi.

Il che significa che, a questi ritmi, Jharia continuerà a bruciare per i prossimi cinquemila anni.

-Luca

E Jharia non è l'unica

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