JW Broadcasting (maggio 2022)

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Mark Sanderson

Benvenuti! Ecco di cosa parleremo nel programma di questo mese. Durante la pandemia di COVID-19 molti fratelli e sorelle hanno subìto la perdita di persone care. Vedremo come l’amore di Geova ci aiuta nelle situazioni più dure. È bello vedere che nella nostra famiglia mondiale di fratelli ci sono tante culture. Ma il nostro modo di pensare potrebbe essere influenzato dalla nostra cultura e rovinare la nostra unità? E il nuovo video musicale ci farà vedere come la nostra unità non solo ci rende gioiosi, ma ci dà forza. Questo è il programma di JW Broadcasting del mese di maggio 2022. 

Il congresso di zona che terremo quest’anno avrà come tema “Cercate la pace”. Eccovi un’anteprima di quello che vedremo. 

Quando si parla di pace spesso si pensa all’assenza di guerre e conflitti, ma in realtà la pace è molto di più. Tutti noi affrontiamo situazioni che possono privarci della pace: malattie, problemi economici, le nostre debolezze, relazioni infelici. E tu? Quali problemi stai affrontando che ti privano della pace e della serenità? Al congresso dei Testimoni di Geova del 2022 “Cercate la pace” scoprirai come trovare una pace autentica e duratura sin da ora. 

Mark Sanderson. Non facciamoci dividere, noi siamo un popolo unito!

Non pensate che il tema del congresso sia proprio adatto ai tempi? Ovunque nel mondo ci sono conflitti e tanta sofferenza. Le persone vogliono la pace, le persone vogliono l’unità. E questo si collega bene a quello di cui parleremo questo mese. Il nostro tema è: “Non facciamoci dividere, noi siamo un popolo unito!” Vorrei cominciare con una domanda. Di solito dove tenete il portafoglio? Se siete fuori casa, voi fratelli forse lo tenete nella tasca dei pantaloni, magari nella tasca davanti, così da non farvelo rubare o da non perderlo. Invece voi sorelle magari lo tenete nella borsa a tracolla o in una borsetta che tenete sotto braccio stretta a voi. Proteggete il portafoglio perché sapete che se non fate attenzione un ladro potrebbe riuscire a prenderlo, e il vostro portafoglio insieme al suo contenuto sarebbe perso per sempre. Sapete, potrebbe succedere qualcosa di simile anche alla preziosa unità che c’è nel popolo di Geova. Dobbiamo custodirla, dobbiamo proteggerla, perché altrimenti potrebbero portarcela via. Non dimentichiamoci mai che il Diavolo è in agguato e cerca il modo di rubare l’unità che ci contraddistingue. Pensate un attimo a quanto è unica la nostra unità. A differenza delle altre organizzazioni religiose, noi non siamo divisi in varie denominazioni. Non ci sono i Testimoni di Geova del nord, non ci sono i Testimoni di Geova ortodossi, non ci sono i Testimoni di Geova protestanti. Per dirla con le parole dell’apostolo Paolo, siamo “uniti nello stesso pensiero e nello stesso modo di ragionare”. Siamo uniti anche a livello internazionale. Non combattiamo l’uno contro l’altro partecipando alle guerre che dividono le nazioni. E siamo uniti anche dal punto di vista etnico e razziale. Moltissime volte i Testimoni hanno rischiato la vita per proteggere i loro fratelli e le loro sorelle di un’altra razza perché erano maltrattati o perseguitati per motivi etnici o razziali. E siamo anche uniti dallo stesso obiettivo. Per esempio, a prescindere da dove viviamo, predichiamo tutti lo stesso messaggio, la buona notizia, e ogni settimana alle adunanze riceviamo le stesse istruzioni e lo stesso cibo spirituale. Esiste forse un’unità come questa da qualche altra parte? Guardatevi intorno. Il mondo è diviso. Le nazioni si fanno guerra l’un l’altra, e anche all’interno di una stessa nazione i partiti politici si scontrano. Le grandi aziende si fanno concorrenza in modo spietato, e le persone comuni commettono crimini d’odio spinte da pregiudizi etnici o razziali. Quanto siamo diversi noi che serviamo il solo vero Dio, Geova! Noi non ci lasciamo dividere, perché siamo un popolo unito. Perché allora ognuno di noi deve impegnarsi per proteggere e custodire la nostra unità? Abbiamo davvero bisogno di preoccuparcene? Non sarà Geova a proteggerla e fare in modo che non sia compromessa? Sì, ma non del tutto. Proteggere l’unità del popolo di Dio è una responsabilità che Geova ha affidato a tutti noi, a ognuno di noi. Noi dobbiamo fare la nostra parte per non permettere a niente di dividerci e rimanere così un popolo unito. Cosa accadrà se non lo facciamo? Che anche in congregazione ci saranno divisioni, divisioni simili a quelle che vediamo nel mondo intorno a noi. È già successo nel I secolo nella congregazione di Corinto. A quei cristiani Paolo scrisse quello che leggiamo in 1 Corinti 1:11: "Infatti, fratelli miei, mi è stato riferito da alcuni della casa di Cloe che fra voi ci sono contrasti". Ma che tipo di “contrasti”? Beh, alcuni dicevano: “Io seguo Pietro”, altri dicevano: “Io seguo Paolo”, altri ancora dicevano: “Io invece seguo Apollo”. Quindi Paolo si sentì in dovere di fare la domanda che troviamo in 1 Corinti 1:13: "Cristo è forse diviso? Paolo è stato forse messo al palo per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?" Che disonore per il nome di Geova e per la pura adorazione! Avendo perso la loro preziosa unità, quei primi discepoli fecero sembrare il cristianesimo come tutte le altre religioni. Qualcosa del genere potrebbe succedere anche oggi in una congregazione? Sì, potrebbe succedere, se i fratelli e le sorelle iniziassero a preoccuparsi di più delle proprie preferenze, della propria comodità e delle proprie opinioni, piuttosto che preoccuparsi di preservare l’unità del popolo di Geova. Sappiamo bene che l’egoismo non fa parte del “frutto dello spirito” di Geova, piuttosto riflette “lo spirito del mondo”. Il mondo promuove fortemente l’idea che si debba mettere sé stessi prima di ogni altra cosa. Noi però sappiamo come la pensa Geova. In 1 Corinti 10:24 l’apostolo Paolo disse che “nessuno [dovrebbe cercare] il proprio interesse, ma quello degli altri”. Al capitolo 13 versetto 5, Paolo scrisse che l’amore “non cerca il proprio interesse”. E in Romani 15:3 disse che “neppure il Cristo [cercò] di far piacere a sé stesso”. Quindi non possiamo permetterci di dare più importanza ai nostri privilegi, al nostro orgoglio o alle nostre opinioni che all’unità della congregazione. Se mettiamo noi stessi al primo posto, siamo come un uomo che lascia incustodito il portafoglio e se lo fa portare via da un ladro. Metteremmo la nostra unità a disposizione di Satana, che può portarcela via e distruggerla. E non c’è alcun dubbio che Satana prenderà la palla al balzo, e la congregazione ne soffrirà. Dobbiamo capire che è una nostra responsabilità individuale custodire e proteggere l’unità, non solo nella congregazione, ma anche nel nostro gruppo di servizio, in famiglia, con il nostro coniuge e con gli amici. Allora adesso esaminiamo insieme 4 aspetti a cui dobbiamo prestare particolare attenzione per custodire e proteggere la nostra unità. Il primo è il modo in cui seguiamo le istruzioni che riceviamo dall’organizzazione di Geova. Nel 2020 con lo scoppio della pandemia di COVID-19 abbiamo ricevuto nuove istruzioni, ad esempio per quanto riguarda il frequentare le adunanze e svolgere il nostro ministero e per rispettare le leggi e le normative stabilite dalle autorità. Eravate sempre d’accordo? Avreste fatto le cose in modo diverso? In questo caso, avete comunque seguito e sostenuto le istruzioni ricevute? Se lo avete fatto, beh, allora avete contribuito alla nostra unità. Quando restiamo uniti e tutti insieme seguiamo le indicazioni ricevute dall’organizzazione di Geova, succedono cose straordinarie. Volete un esempio? Pensiamo a quello che successe nel I secolo quando i cristiani collaborarono con le istruzioni degli apostoli e degli anziani che erano a Gerusalemme. Prendete la vostra Bibbia in Atti 16:4, 5. In Atti 16:4, 5 si legge: "Mentre viaggiavano per le città, trasmettevano ai fratelli le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani a Gerusalemme, perché le rispettassero. Le congregazioni erano quindi rese ferme nella fede e crescevano di giorno in giorno". Quei cristiani, presi singolarmente e come congregazioni, erano ubbidienti perché accettavano l’autorità del Corpo Direttivo di quel tempo, gli apostoli e gli anziani che erano a Gerusalemme. E avete notato quali furono i risultati? “Le congregazioni erano […] rese ferme nella fede” e continuavano a crescere. E questo è proprio quello che è successo quando voi, fratelli e sorelle, avete seguito le istruzioni durante la pandemia di COVID-19. Abbiamo avuto un aumento considerevole nel numero dei presenti alle adunanze. E i presenti alla Commemorazione del 2021 hanno raggiunto un massimo assoluto. È straordinario quello che riesce a fare Geova quando non ci lasciamo dividere e agiamo come un popolo unito. Un secondo aspetto a cui dobbiamo prestare attenzione per proteggere la nostra unità è la cultura. Nell’organizzazione di Geova c’è una grande varietà. A tutti noi piace conoscere cibi nuovi, nuovi stili e tipi di abbigliamento, nuove usanze e nuovi modi di fare. È veramente bello. Ma cosa accadrebbe se iniziassimo a pensare: “La mia razza, la mia etnia, la mia regione di provenienza, la mia cultura sono superiori”? Riuscite a capire quanto questo modo di pensare potrebbe dividerci? Per preservare l’unità non dobbiamo concentrarci su quanto siamo diversi l’uno dall’altro, ma su quanto siamo simili. Siamo prima di tutto Testimoni di Geova, non africani, asiatici, nordamericani, sudamericani o europei. Il nostro popolo è la nostra famiglia spirituale, i nostri fratelli e sorelle spirituali. Siamo veri cristiani, è questa la nostra cultura. Quando siamo disposti a far nostro il modo di pensare di Geova contenuto nella sua Parola, fino al punto da mettere da parte le nostre abitudini o il nostro retaggio culturale, se necessario, diventiamo una cosa sola, dimostriamo di essere un popolo unito. E vediamo con i nostri occhi quello che la Bibbia descrive in Sofonia 3:9: Questo è straordinario! Un terzo aspetto sono i rapporti interpersonali. Essendo cresciuti in un mondo diviso, potremmo avere la tendenza a prendercela subito, a essere ipersensibili. Ma in Ecclesiaste 7:9 si dice: “Non essere uno che si offende facilmente”. Se un fratello o una sorella ci feriscono, ci si presenta una opportunità speciale, che poi è anche un nostro dovere, cioè dimostrare che niente può dividerci, che siamo uniti. Come possiamo farlo in pratica? Colossesi 3:13 dice: "Continuate a sopportarvi gli uni gli altri e a perdonarvi senza riserve, anche se qualcuno ha motivo di lamentarsi di un altro. Proprio come Geova vi ha perdonato senza riserve, così dovete fare anche voi". Notate entrambi i concetti: ‘continuate a perdonarvi e a sopportarvi gli uni gli altri’. Alcune imperfezioni sono così piccole e di poco conto. Pensate sia richiesto davvero un vero e proprio perdono? Dato che siamo tutti imperfetti, dobbiamo fare quello che disse l’apostolo Paolo. Dobbiamo semplicemente imparare a sopportare le imperfezioni degli altri. Per esempio, magari una famiglia di fratelli ha organizzato una serata a casa e non ci ha invitato, o un fratello non ci ha salutato in Sala del Regno o non ci ha chiamato per commentare durante una parte all’adunanza. Queste cose potrebbero irritarci o addirittura ferirci. Ma questi non sono peccati che richiedono il perdono. Queste sono solo piccole mancanze o imperfezioni con cui dobbiamo convivere, che dobbiamo imparare a sopportare. D’altra parte, se un fratello o una sorella ci avesse davvero fatto un torto, dandoci un valido motivo per lamentarci, cosa ci incoraggia a fare il versetto che abbiamo appena letto? Diceva di ‘perdonarci senza riserve’. Questo è proprio quello che Geova fa per te e per me ogni giorno. Sopportarsi e perdonarsi l’un l’altro è essenziale per continuare a restare uniti, per essere un popolo unito. Il quarto aspetto riguarda come ci comportiamo quando i fratelli affrontano momenti difficili. Oltre a dover affrontare la pandemia di COVID-19, i nostri fratelli in molti paesi sono stati colpiti da disastri come uragani, eruzioni vulcaniche e incendi. Ma i nostri fratelli spesso soffrono anche per altri motivi, ad esempio problemi dovuti alla vecchiaia, la perdita di un familiare o un amico, problemi di salute cronici, e la lista potrebbe continuare ancora e ancora. Ma cosa facciamo noi Testimoni di Geova quando vediamo che i nostri fratelli sono in difficoltà? Ci muoviamo immediatamente per aiutarli e soccorrerli. Ci siamo l’uno per l’altro. In questo mondo egoista e diviso, questa non è per niente una cosa da poco. Questa non è assolutamente una cosa scontata. Gesù nel Vangelo di Giovanni 13:34, 35 disse che questo amore profondo e altruista, visibile dalle azioni, avrebbe contraddistinto i veri cristiani. Quindi, fratelli e sorelle, se ci impegniamo per proteggere la nostra preziosa unità, concentrandoci sui 4 aspetti di cui abbiamo parlato, daremo una prova schiacciante e inconfutabile del fatto che siamo i veri discepoli di Gesù Cristo. Gesù sapeva quanto fosse essenziale l’unità. Infatti la notte prima di essere messo a morte, preoccupato per i suoi discepoli e la loro unità, pregò suo Padre. Pronunciò le parole riportate in Giovanni capitolo 17. Leggiamo i versetti da 20 a 22: “Prego non solo per loro, ma anche per quelli che riporranno fede in me tramite la loro parola, affinché siano tutti uno, come tu, Padre, sei unito a me e io sono unito a te: anche loro siano uniti a noi, così che il mondo creda che tu mi hai mandato. Ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, in modo che siano uno come noi siamo uno". Ovviamente Geova rispose a quella preghiera. Geova ci fa capire a cosa dobbiamo prestare attenzione per non farci dividere. Quindi, cari fratelli e sorelle, continuiamo a impegnarci per proteggere e custodire la nostra preziosa unità. 

  1. Seguiamo le istruzioni che riceviamo dall'organizzazione di Geova;
  2. Consideriamo più importante il punto di vista di Geova rispetto alla nostra cultura;
  3. Sopportiamoci gli uni gli altri e perdoniamoci senza riserve;
  4. Aiutiamoci gli uni gli altri nei momenti difficili.

In questo modo non permetteremo a Satana di portarci via la nostra preziosa unità. Al contrario, il nostro sarà un popolo unito e non permetteremo mai a niente di dividerci. 

Senza dubbio questo periodo con la pandemia è stato difficile per ognuno di noi. Purtroppo alcuni fratelli hanno perso dei familiari per colpa di questo virus. Come è stato possibile sostenerli e mostrargli amore nel bel mezzo di una pandemia? Nel prossimo video vedremo come i fratelli ci sono riusciti. 

Uniti anche se distanti

Mio marito ha preso il COVID ed è stato ricoverato in terapia intensiva, e dopo 2 giorni purtroppo è morto. Non ho potuto nemmeno dirgli addio, non l’ho più potuto vedere, non ci ho più parlato. Io e mio marito ci siamo ammalati nel mese di marzo del 2020. E poi mio marito si è addormentato nella morte. L’isolamento porta anche a essere depressi, e direi che è stato il periodo più brutto della mia vita questo. Mio marito ha preso il COVID e a un certo punto non riusciva più a respirare. Così ho chiamato il 911. È arrivata l’ambulanza ma, mentre lo portavano in ospedale, il suo cuore si è fermato. Non potevo più accedere al nostro conto corrente e avevo diverse cose da pagare. Mi ero ammalata anch’io di COVID e oltretutto il padrone di casa rivoleva l’appartamento entro una settimana. Mio marito si prendeva molta cura del nostro benessere spirituale e adesso toccava a me questa responsabilità. Avevo bisogno che qualcuno mi aiutasse. Gli anziani mi hanno dato dei consigli per l’adorazione in famiglia ed era proprio quello di cui avevamo bisogno. Ci sono stati momenti di vero sconforto e di debolezza. Le sorelle mi hanno proprio aiutato con il loro interesse personale, infatti non passava giorno che non mi chiamavano. Non sapevo proprio cosa fare. Ero stanca, sfinita. A quel punto i fratelli si sono messi in moto, hanno fatto il trasloco, hanno pulito la casa e mi hanno aiutato economicamente. Hanno pensato a tutto loro. Mi hanno davvero sostenuto ed era come se la mia famiglia spirituale mi stesse portando in braccio. Tutto quello che hanno fatto i fratelli e le sorelle per me in quel momento difficile, i messaggi, i bigliettini, i fiori, è stata una dimostrazione di che tipo di famiglia abbiamo. E i miei figli avevano bisogno di vedere proprio questo, di vedere che non eravamo soli e che i fratelli ci erano vicini, anche se eravamo lontani fisicamente. I metodi che i fratelli hanno usato per incoraggiarmi sono stati veramente tanti. Posso dire delle lettere da pionieri che sono sparsi in tutta Italia, con videochiamate, con telefonate, messaggi. Ho capito che ci sarà sempre qualcuno che Geova usa per confortarmi. Dopo quello che era successo ero senza energie. È stato Geova a darmi la forza. E lo ha fatto usando i fratelli. Il giorno dopo la morte di mio marito è accaduta una cosa incredibile. Sono venuti i fratelli e si sono messi a cantare per noi. In quel momento non ho più avuto dubbi. Non saremo mai soli. Abbiamo la nostra famiglia spirituale. Il mio parlare con Geova si è intensificato. Prima condividevo con mio marito le cose, ora condivido con Geova i miei problemi, le mie ansietà. Ho cominciato a tenere un piccolo diario dove scrivo tutte le cose che Geova ha fatto e fa per noi. Voglio ricordare tutto, così potrò dirlo a mio marito quando lo rivedrò. Non mi sono mai sentita sola. Mi sono sempre sentita parte di una famiglia che si prendeva cura di me e mi sosteneva. Ho visto proprio l’amore di Geova e l’aiuto che sa dare. Quando affronti un problema, Geova può fare qualsiasi cosa per aiutarti a stare meglio. Ho visto il sostegno di Geova e il modo in cui ha usato i fratelli per aiutarmi. E so che mi aiuterà anche in futuro. Posso dire che sono veramente sicura di avere la sicurezza, la certezza che Geova sarà con me. Nessuna pandemia, nessuna situazione difficile potrà mai impedire a Geova di sostenere ognuno di noi. Ne sono assolutamente certa. 

Siamo vicini a tutti coloro che purtroppo hanno perso qualcuno durante la pandemia. Nessuno è esente dal tempo e dall’avvenimento imprevisto. Ma Geova ci dà sempre la forza di perseverare e non cedere mai. E spesso lo fa attraverso l’amore che i fratelli e le sorelle ci mostrano. Ci sosteniamo l’un l’altro nelle difficoltà, ma ci aiutiamo anche nelle piccole cose di ogni giorno, come vedremo adesso in questo video. 

Facciamo del bene ai nostri fratelli

Tutto quello che so sulla manutenzione della Sala del Regno l’ho imparato dal fratello Ho-jin Kang. Mi ha incoraggiato e motivato quando ne avevo bisogno. Mi ha insegnato a fare le cose nel modo giusto e lo ha sempre fatto con gentilezza e amore. Un giorno mi ha chiesto se avevo una scala da prestargli e gli ho detto che gli avrei portato la mia volentieri. - Amore, - Sì? scusa, - tieni questa è la lista della spesa. - Ok, va bene. Sono le cose che mi servono dopo, per il pranzo con gli Young. Ma perché hai preso la scala? Ah, perché me l’ha chiesta Ho-jin. Ah, stai andando da lui? Come sta? Ho sentito che adesso dovrà usare un bastone per camminare. Un bastone? Chi? Ho-jin? No, è impossibile, è ancora in gran forma. Forse, però non lo so, l’ultima volta mi è sembrato… Vabbè, tanto ora lo vedrai. Ah, e vai al supermercato, mi raccomando eh! Ciao. Ho-jin che usa un bastone? No, no, non può essere. Eccomi! Un momento. - Oh, ciao. - Scusa. Tranquillo. - Tutto bene? - Sì. È che, sai, devo fare piano per le scale. Ah, immagino. Sto andando a fare la spesa e ho pensato di portarti la scala. Oh, grazie mille! Potresti metterla lì vicino al garage? Ormai è quasi ora di pranzo. Le foglie sulla grondaia possono aspettare. Sono lì da chissà quanto. Ok, la metto lì. - Ci vediamo. - Grazie, a presto! Ma come la grondaia? Pronto? Dimmi. Che dici? Ok, ma gli Young saranno qui tra un’ora. Allora per il pranzo come ci possiamo organizzare? Sì, ho già comprato tutto, ma prima devo passare da Ho-jin. Sai, mi è venuta in mente la parabola del buon samaritano. Quando vediamo qualcuno che ha bisogno d’aiuto, non è giusto far finta di niente come il sacerdote e il levita. Il samaritano si è interessato di quella persona, si è fermato, ha pensato a cosa poteva fare e si è preso il tempo per aiutare quell’uomo, un uomo che nemmeno conosceva. Hai ragione. “Facciamo del bene a tutti, ma specialmente a quelli che appartengono alla nostra famiglia della fede”. Sei straordinaria. Guarda, mi è venuta un’idea. Non rimandiamo con gli Young. Vado a riprendere la scala da Ho-jin e gli dico che tornerò da lui sabato pomeriggio per aiutarlo a pulire la grondaia. È davvero bello potersi prendere cura dei fratelli e delle sorelle e sentire il loro amore nei nostri confronti. 

C’è molto che possiamo imparare da questo video. Se ci fermiamo a pensare alle necessità dei nostri fratelli, sicuramente riusciremo a trovare tanti modi in cui potergli dimostrare vero amore. Oggi purtroppo, per vari motivi, le persone si sentono sole e non si sentono amate. E questo è proprio quello che è successo al fratello Jeson Senajonon. 

Jeson Senajonon. Geova mi ha sentito

Ricordo che da piccolo spesso mi sentivo solo. Mi chiamo Jeson e sono sordo. Crescere con questa disabilità non è stato facile. Da ragazzino vedevo le persone ridere e le famiglie scambiarsi gesti di affetto. Passeggiavo nel mio quartiere e osservavo quello che facevano le persone. Le vedevo camminare e parlare, e mi domandavo: “Chissà cosa si stanno dicendo”. Era tutto un mistero per me. Ma un giorno è successa una cosa. Ho visto dei ragazzini della mia età che giocavano insieme e mi hanno chiesto di unirmi a loro. Mi sono detto: “Io? Non riesco a credere che vogliano giocare con me”. Per la prima volta mi sono sentito accettato, e da quel momento in poi quei ragazzini sono diventati i miei migliori amici. Il tempo è passato in fretta. Siamo cresciuti insieme, e insieme abbiamo scoperto cose nuove. Mi divertivo così tanto in loro compagnia che qualsiasi cosa facessimo mi sembrava giusta. Con loro ho iniziato a fumare e a bere alcolici fino a ubriacarmi. Ero convinto che quello fosse il più bel periodo della nostra vita e che le cose stessero andando esattamente come dovevano andare. Un giorno, mentre cercavano persone sorde nella mia zona, 2 testimoni di Geova sono passati da casa mia. All’inizio ero diffidente, ma loro erano molto gentili e amichevoli. Mi hanno insegnato tantissime cose, anche a segnare il mio nome in lingua dei segni. Così ho iniziato a studiare la Bibbia con loro. Ho imparato tante verità bibliche. Soprattutto ho conosciuto Geova, “il solo vero Dio”. E ho imparato le cose che gli piacciono e quelle che non approva. Lo studio della Bibbia mi ha spinto a riflettere sul mio stile di vita. Ho capito che le mie azioni non piacevano a Geova. Il mio amore per lui cresceva sempre di più, e a quel punto era chiaro cosa dovevo fare. Ho iniziato ad andare alle adunanze e ho stretto nuove amicizie nella congregazione. La Bibbia ha cambiato la mia vita. Volevo dare a Geova il meglio, così ho deciso di dedicarmi a lui. E ho trovato la vera felicità. Ora sono nel servizio a tempo pieno e mi piace molto parlare ad altri della buona notizia. Sono un servitore di ministero e collaboro anche con la Betel. Servire Geova in questi modi e far parte della sua organizzazione mi fa provare una gioia indescrivibile. Vorrei dire questo a tutti i sordi che ancora non hanno avuto l’opportunità di conoscere Geova: “Vi incoraggio a studiare la Bibbia con i Testimoni. Guardate me, prima non sapevo né leggere né scrivere. Anche se non possiamo sentire, possiamo comunque stringere un’amicizia con Dio. Spero possiate provare l’amore e la gioia che solo Geova ci dà”. Geova mi ha aiutato, e non smetterò mai di ringraziarlo e di amarlo con tutto il mio cuore. 

Se siete sordi e volete sapere cosa insegna la Bibbia, vi incoraggiamo a guardare questo programma, che è stato tradotto per voi nella lingua dei segni. E tutti noi, come Jason, vi invitiamo a iniziare a studiare la Bibbia con i Testimoni di Geova. Anche voi potete stringere una forte amicizia con Dio ed entrare a far parte di una famiglia spirituale dove regnano unità e amore. Come abbiamo detto prima, ci sono alcune cose di poco conto che potrebbero rovinare l’unità che c’è tra di noi. Nel prossimo video vedremo cosa possiamo fare per non concentrarci su come ci sentiamo e per promuovere invece l’unità. 

Proteggiamo la nostra preziosa unità

Parecchi anni fa cominciai a lavorare in un’azienda, e aiutai una sorella a ottenere un posto di lavoro nella stessa azienda. Con il passare del tempo cominciai ad avere la sensazione che volesse essere lei a gestire tutto. Adesso mi rendo conto che mi stavo sbagliando, ma allora la cosa mi faceva stare molto male. Qualche mese dopo ci fu un taglio del personale e lasciarono a casa me. Mi sentii profondamente ferita. Mia madre mi diceva sempre di comportarmi “come il minore” e di lasciar perdere. Così non mi misi a discutere, non dissi niente e me ne andai dall’azienda. Per una serie di circostanze con la mia famiglia ci trasferimmo in un’altra congregazione, quindi io e quella sorella non ci vedevamo più. In quegli anni, quando leggevo la Bibbia e trovavo qualcosa sul perdono o quando alle adunanze ci veniva ricordata l’importanza di perdonare, stavo veramente male. La mia coscienza mi rimordeva, perché sapevo benissimo che non stavo mettendo in pratica quel consiglio. Ogni volta che andavo al congresso mi sentivo sempre un po’ agitata, perché sapevo che avrei potuto incontrare quella sorella. Quindi mi dovevo preparare emotivamente all’idea. Se l’avessi incontrata come avrei dovuto gestire la situazione? Tutto questo finiva per rovinarmi la piacevole atmosfera di quell’occasione. Poco tempo dopo la morte di mia madre c’era in programma il congresso, e così ci andai. Ero molto fragile in quel momento. A un certo punto vidi quella sorella venire verso di me e pensai: “E adesso cosa faccio?” Lei si avvicinò a me, mi abbracciò e mi diede un piccolo regalo. Quello fu il giorno in cui mi sentii completamente sollevata. E a quel punto ero pronta per fare pace. Se solo avessimo seguito tanto tempo fa il consiglio di perdonarci scritto in Colossesi 3:13, né io né lei ci saremmo dovute portare dietro questo peso emotivo per così tanti anni. Sono orgogliosa di dire che oggi noi 2 siamo davvero buone amiche. Io e Luis siamo nella stessa congregazione e serviamo insieme come anziani, e tra di noi oggi c’è una forte amicizia. Ma quando anni fa avevamo cominciato a lavorare insieme, il nostro bel rapporto aveva iniziato a incrinarsi. Sono un costruttore, un costruttore all’antica, di quelli che fanno un po’ di tutto. Forse ero un po’ troppo orgoglioso, perché mi dava fastidio quando qualcuno veniva da me e mi diceva come fare le cose. E visto che il caposquadra ero io, la mia reazione era: “E questo chi si crede di essere? Che diritto ha di dirmi quello che devo fare?” Così di fatto ignoravo qualsiasi consiglio venisse da Carlos. Mi ricordo benissimo che quando entravo da una delle porte della Sala del Regno e vedevo da lontano Luis, cercavo tutte le scuse possibili e immaginabili per evitarlo. Non lo salutavo nemmeno. Né io né lui volevamo salutarci. La lotta interiore per mettere da parte il mio orgoglio e comportarmi così da persona spirituale è stata molto dura. E per molti anni siamo andati avanti in questo modo. Ora quando ci penso mi dico: “Ho perso un sacco di tempo”. Quello che mi avrebbe aiutato a mantenere la pace e l’unità con il mio fratello sarebbe stato essere ubbidiente a quello che dice Geova, a quello che dice la Bibbia e a quello che viene detto alle adunanze. E invece io purtroppo non sono stato ubbidiente. Ma da tutto questo ho imparato una cosa, che Geova ha sempre ragione. Quando con qualcuno abbiamo un problema, dovremmo tentare di risolverlo immediatamente. Un giorno Carlos viene verso di me e mi dice: “Non possiamo andare avanti in questo modo”. È stato lui a fare questo passo così importante per risolvere le cose tra noi. Per essere felici dobbiamo mettere in pratica i princìpi della Parola di Dio. Romani 14:19 ci dice di ‘cercare quello che contribuisce alla pace’. Se potessi tornare indietro, mi comporterei diversamente, non lascerei passare tutto questo tempo. Avrei dovuto risolvere le cose subito con lui e rinsaldare così la nostra amicizia. È vero, non si può recuperare il tempo, ma un’amicizia sì. Ed è questo il legame che c’è di nuovo tra noi. Luis è di nuovo per me un amico, anzi, un vero amico. 

Dopo essere stata lasciata a casa, in altre parole dopo essere stata licenziata, Cecilia per un po’ provò del risentimento verso l’altra sorella. E questo le fece perdere la pace. Anche Carlos e Luis lasciarono che piccoli malintesi li dividessero. È chiaro quello che dobbiamo fare: sopportiamoci gli uni gli altri e perdoniamoci senza riserve. È davvero bello vedere che all’interno del popolo di Geova ci sono così tante culture. Ma come vedremo nel prossimo video, dobbiamo fare attenzione che la nostra cultura non diventi più importante dei princìpi biblici. 

Il modo di pensare di Geova è più importante della nostra cultura

Sono cresciuto in Canada, avevo il mio concetto di che cos’era l’ospitalità. L’ospitalità per me era invitare i fratelli a casa, conoscerli e mangiare qualcosa insieme. Ero io a decidere che cosa fare per gli altri. Non avevo assolutamente idea di quanto la mia cultura influenzasse il mio modo di vedere l’ospitalità. La cultura ha un effetto profondo su di noi. Nella nostra cultura non viene data molta fiducia ai più giovani, non gli vengono affidate responsabilità. Ho visto l’effetto di questa mentalità nella congregazione, specialmente quando si tratta di dare ai più giovani ulteriori privilegi di servizio oppure di affidargli nuovi incarichi. Se ne parlava tra anziani, ma non come di una possibilità concreta. Si credeva fosse meglio aspettare un po’ di tempo per permettere ai ragazzi di diventare più maturi e farsi un po’ di esperienza. La pensavo anch’io così. Adesso però quando mi guardo indietro, mi rendo conto che mi stavo davvero sbagliando, perché questo non è il modo di pensare di Geova. Poi al congresso speciale in Ucraina il mio concetto di che cos’era l’ospitalità è cambiato del tutto. Siamo scesi dall’aereo e siamo rimasti impressionati da quanti fratelli erano lì per noi. Sorridevano, ci abbracciavano, abbiamo percepito tutto il loro amore. Più passavano i giorni, più ci era chiaro che cercavano di capire di cosa avevamo bisogno. Non si limitavano a darci da mangiare o a passare un po’ di tempo con noi. Facevano moltissime cose per noi, per soddisfare ogni nostra necessità. Secondo me a volte si preoccupavano più dei nostri bisogni che dei loro. Per loro l’importante era essere lì, le loro necessità venivano dopo. Questo ci ha colpito molto, sia me che mia moglie. Ricordo una sera in particolare, eravamo tornati in hotel. Per un attimo abbiamo pensato davvero a quello che abbiamo visto quel giorno e ci siamo chiesti se anche noi eravamo mai arrivati a fare così tanti sacrifici per gli altri. Nel posto da cui vengo abbiamo la tendenza a fare quello che ci viene più comodo. Mi sono reso conto che, senza volerlo, avevo sempre messo dei limiti all’ospitalità, perché facevo quello che veniva più facile a me. Sono cresciuto così, pensavo fosse normale fare così. Mentre dall’esperienza in Ucraina ho imparato che con la vera ospitalità possiamo superare questi limiti e sentire i fratelli più vicini. A quel punto avevamo capito che era quella l’ospitalità che Geova ama, chiedersi quali sono i bisogni degli altri e poi soddisfarli Col tempo il mio modo di pensare è cambiato, perché ho capito come la vede Geova. I video realizzati dalla nostra organizzazione mi hanno aiutato a cambiare il mio punto di vista. Mi sono reso conto di quanto anche fratelli giovani e anziani giovani possano dare. In passato ci concentravamo sull’esperienza di un fratello. Lo facevo anch’io. Ma il punto di vista di Geova è più importante. Geova non si concentra solo sull’esperienza dei fratelli, ma anche sulle loro qualità spirituali. È questo quello che ho capito. Una volta a casa, dopo i bellissimi momenti trascorsi al congresso speciale in Ucraina, abbiamo trattato il tema dell’ospitalità durante l’adorazione in famiglia. Ci siamo resi conto che volevamo essere più ospitali e quindi dovevamo fare qualche cambiamento. Dovevamo stabilire degli obiettivi specifici per riuscire a eliminare completamente il vecchio concetto di ospitalità e andare oltre quello che ci era comodo fare. Non è facile, ci vuole costante impegno per riuscire a liberarsi dei limiti dovuti alla cultura da cui veniamo. Quindi dovevamo proprio fare dei cambiamenti per riuscire ad avere il punto di vista di Geova sull’ospitalità e mantenerlo nel tempo. L’influenza della cultura non svanisce da un giorno all’altro, ci vuole tanto impegno. Dobbiamo continuare a lavorare su noi stessi perché, senza rendercene conto, la cultura da cui proveniamo potrebbe influenzarci. Ho capito che non dobbiamo assolutamente permetterlo. Ora sono molto felice di servire con i fratelli più giovani, di conversare con loro, di vedere anch’io il loro potenziale, proprio come lo vede Geova. Siamo sicuri che Geova è contento di tutto questo. Anzi, più che contento. È fiero di vedere quello che fanno questi giovani fratelli. 

Come i fratelli che abbiamo visto nel video, è importante chiedere a Geova di aiutarci a capire dove migliorare. Se ci sforziamo di anteporre sempre i princìpi della Bibbia alla nostra cultura, sicuramente rafforzeremo la nostra preziosa unità. Internet e altre innovazioni tecnologiche hanno permesso al Corpo Direttivo di servire i fratelli in modi che anche solo qualche anno fa erano impensabili. Gli strumenti sono nuovi, ma l’opera non è cambiata. Nel prossimo video vedremo in che modo membri del Corpo Direttivo del passato sono rimasti vicini ai fratelli e sono riusciti ad aiutarli in tutto il mondo. 

Il Corpo Direttivo promuove l’unità (Parte 1)

Il Corpo Direttivo ha sempre preso a cuore la responsabilità di ubbidire al comando di Gesù: “Nutri i miei agnelli. [...] Prenditi cura delle mie pecorelle”. Oggi grazie alla tecnologia sentiamo i fratelli del Corpo Direttivo molto vicini. Ma anche in passato i fratelli sentivano un legame così forte con il Corpo Direttivo? Torniamo al gennaio del 1945. Il fratello Knorr e il fratello Franz iniziarono un viaggio in America Latina per poi concluderlo nel Nordamerica dove parteciparono a dei congressi. Ci vollero 4 mesi. Lo scopo del loro viaggio era visitare le filiali già esistenti, aprirne di nuove e dare un impulso all’opera di predicazione del Regno. In questi viaggi di servizio i fratelli spesso visitavano le filiali, pronunciavano discorsi ai congressi, dedicavano nuovi edifici, facevano visita alle case missionarie in zone remote e partecipavano alle adunanze con le congregazioni locali. E tutto questo nel giro di pochi giorni. Davano istruzioni su come predicare, come tenere le adunanze e aggiornavano i fratelli sull’opera a livello mondiale. E poi dedicavano del tempo per uscire in servizio con loro. In uno di questi viaggi fecero tappa in Guatemala, dove visitarono una piccola congregazione di sole 8 persone. Questi fratelli amavano l’opera di predicazione e so per esperienza che il fratello Knorr aveva particolarmente a cuore i missionari. E infatti dopo aver mandato i primi di loro in America Latina, non vedeva l’ora di sapere come stessero andando le cose e così decise di andare a trovarli. E poi nel corso degli anni nei suoi viaggi faceva in modo di andare a visitare più case missionarie possibile. Voleva parlare con ogni missionario per capire quali sfide stesse affrontando, se c’erano problemi con l’alloggio, per valutare il potenziale di crescita nella predicazione o anche per determinare se aprire una nuova filiale o acquistare delle nuove proprietà. Il fratello Knorr amava i fratelli, in particolare i missionari e i beteliti. E coglieva ogni opportunità, anche solo per 15 o 20 minuti mentre aspettava alla stazione o all’aeroporto, per incoraggiarli e per aiutarli a diventare efficaci nel ministero. Il fratello Knorr era molto preoccupato per i fratelli che vivevano nei paesi dell’Europa colpiti dalla guerra. Lui e il fratello Henschel andarono in Gran Bretagna, in Francia, in Svizzera, in Belgio, nei Paesi Bassi e in Scandinavia nel novembre del 1945. Pensate, erano passati soltanto pochi mesi dalla fine della Seconda guerra mondiale. Le linee ferroviarie e i ponti erano distrutti ed era complicato andare da una città all’altra. Non era certo un viaggio di piacere, era molto stancante, ma lo facevano volentieri spinti dall’amore che provavano per i fratelli. Volevano aiutarli e incoraggiarli ad affrontare quei momenti difficili. Una volta visitati i fratelli in Europa subito dopo la guerra, il fratello Knorr e il fratello Henschel intrapresero un viaggio impegnativo di ben 76.000 km. Visitarono alcuni paesi con pochissimi Testimoni, se non addirittura nessuno. Se in un paese non c’era la filiale, contattavano le congregazioni che si riunivano in case private, partecipavano alle loro adunanze e assistevano agli studi biblici di gruppo che i proclamatori conducevano a casa delle persone interessate. Spesso per le adunanze pubbliche si affittavano dei locali. Il fratello Knorr e il fratello Henschel invitavano per strada le persone al discorso in programma quella sera. E poi il fratello Knorr partecipava a cortei in bicicletta per annunciare i suoi discorsi. Questi eventi attiravano centinaia di persone interessate, anche se in una di queste città il fratello Knorr ricevette un messaggio intimidatorio. Non sempre le cose vanno come ci si aspetta. Il fratello Knorr e il fratello Henschel fecero un viaggio di servizio in Africa. Una tappa era la Nigeria, dove dovevano pronunciare dei discorsi a 2 congressi. Uno di questi era a 640 km di distanza. Così partirono in auto molto presto, alle 3:30 del mattino. Mentre erano in viaggio, cominciarono ad avere dei problemi con la macchina e persero ben 18 ore. Capirono che non avrebbero fatto in tempo, quindi decisero di tornare alla filiale a Lagos. Ma il viaggio di ritorno, attraverso le strade della foresta e con ulteriori problemi alla macchina, durò 24 ore. Una volta arrivati, fecero un riposino e partirono per la successiva filiale. Il fratello Knorr amava i fratelli e gli piaceva stare con loro. Ricordo molto bene che, dopo aver pronunciato il discorso conclusivo, si mise a salutare l’uditorio. E noi, a nostra volta, per salutarlo sventolammo i nostri fazzoletti per diversi minuti. Ma c’è dell’altro. Lui e il fratello Henschel andarono alla stazione ferroviaria per salutare i fratelli prima che partissero. E urlavano ai fratelli: “Auf Wiedersehen!” o “Gute Reise!” E continuarono così fino alle 10:30 di sera. Non pensavano ai loro interessi, ma agli interessi dei fratelli. Nel 1952 si voleva tenere ad Atene un’assemblea speciale, ma le autorità non concessero il permesso a causa delle pressioni esercitate dalla Chiesa. Comunque il fratello Knorr non voleva perdere l’occasione di incoraggiare i fratelli della Grecia e quindi elaborò un altro piano. Lui e il fratello Henschel avrebbero preso dei taxi per andare a casa dei fratelli e pronunciare discorsi di una ventina di minuti. Si spostarono da una casa all’altra con il rischio di essere arrestati a motivo di queste adunanze, e in un giorno riuscirono a incontrare 905 fratelli. Nel descrivere quella giornata, il fratello Knorr scrisse: “È stata una delle esperienze più belle della nostra vita”. Il fratello Franz andò in Spagna molte volte, ma lì negli anni ’50 la nostra opera era al bando. Lui voleva incoraggiare i fratelli del posto ma allo stesso tempo non voleva metterli in pericolo. Una volta il fratello Franz e il suo autista accostarono la macchina vicino alla casa di un certo fratello Garcia, che li avrebbe ospitati. Quel fratello era un meccanico, quindi con il cofano aperto della macchina chiesero a una persona della zona: “C’è un meccanico da queste parti?” E ovviamente li indirizzò al fratello Garcia, il quale diede un’occhiata all’auto e disse: “Bisogna portare la macchina nella mia officina”. E lì il fratello Franz incontrò i fratelli del posto. Più tardi, quando giunse l’ora di andare all’adunanza, il fratello Franz decise di indossare un cappello e una giacca di pelle di pecora tipici della zona, in modo da non attirare troppo l’attenzione. Erano davvero dei fratelli coraggiosi e amorevoli. Facevano grandi sacrifici mettendo a repentaglio la loro libertà pur di aiutare i Testimoni dei paesi dove l’opera era al bando a mantenere vivo il loro zelo. Infatti a Barcellona il fratello Franz fu arrestato mentre era insieme ai fratelli. Avevano un programma intenso e particolarmente estenuante. Se una delle tappe era un paese dove l’opera era al bando, spesso incontravano dei rappresentanti governativi per chiedere di legalizzare la nostra opera. Il fratello Knorr visitava le filiali per incoraggiare i fratelli e incontrava anche i missionari. Ma negli anni ’50 vista la grande crescita non riusciva più a farcela da solo. Quindi decise di preparare alcuni di noi affinché potessimo aiutarlo a svolgere quel compito e così accertarci che i fratelli stessero ricevendo la giusta cura spirituale e che l’opera nelle filiali venisse svolta in modo uniforme. Nel ’63 durante il viaggio di servizio in Africa il fratello Henschel assistette al congresso a Gbarnga, in Liberia. All’improvviso dei soldati fecero irruzione, arrestarono il fratello Henschel e altri fratelli. Lui venne maltrattato e colpito con il calcio del fucile così forte che pensò di non farcela. Eppure restò lì con i fratelli per incoraggiarli a rimanere fedeli, perché non scendessero a compromessi. E poi quando fu scarcerato, invece di tornare a casa, completò il suo viaggio e visitò altre filiali. Comunque, una volta tornato, non fece mai la parte dell’eroe o del martire. Per lui queste cose erano semplicemente parte del suo servizio a Geova. I rappresentanti della sede mondiale volevano il meglio per i delegati del congresso. Il fratello Knorr e il fratello Henschel andavano a vedere di persona i locali dove poter tenere i congressi e si occupavano anche delle trattative. In anni più recenti il fratello Jaracz visitava gli hotel per verificare che rispettassero determinati standard di qualità e di pulizia. Provava anche i letti. Il fratello Knorr seguiva da vicino la situazione dei fratelli dell’Unione Sovietica. Scrisse molte lettere per incoraggiare i fratelli a essere ubbidienti e a seguire attentamente le istruzioni dell’organizzazione. Una di quelle lettere però finì nelle mani del KGB e venne modificata. Quando il fratello Knorr venne a saperlo, fece riflettere i fratelli sullo spirito della lettera, perché da quello si sarebbe capito se si trattava veramente di una lettera dell’organizzazione o se era stata modificata. Questo perché l’organizzazione promuove l’unità fra i fratelli e non la divisione. Svolgevano tutte queste attività a livello internazionale e allo stesso tempo si occupavano dei loro incarichi alla sede mondiale, seguivano varie questioni legali, organizzavano e partecipavano a congressi in tutti gli Stati Uniti, pronunciavano discorsi alla Scuola di Galaad, ai conferimenti dei diplomi e alle adunanze annuali, ovviamente senza trascurare i loro bisogni spirituali e quelli del loro coniuge, se sposati. I decenni successivi vedranno una crescita ancora più grande, ma ci sarebbero state anche nuove difficoltà. 

È stato davvero bello rivedere gli sforzi che hanno fatto questi fratelli per aiutare la nostra famiglia spirituale. Ma non è finita qui, in uno dei prossimi programmi mensili vedremo altri modi in cui il Corpo Direttivo ha promosso l’unità. Adesso è il momento del nostro nuovo video musicale. Ci mostrerà quali cose stupende riceviamo grazie alla nostra unità.

Il segreto della nostra unità

♪ Ti racconterò il segreto ♪ ♪ della nostra unità! ♪ ♪ Abbiamo un solo Dio e una stessa speranza, io e te. ♪ ♪ L’amore, la verità creano un forte legame tra noi. ♪ ♪ Nessuno potrà, né ora né mai, dividere questa unità! ♪ ♪ Insieme, uniti, insieme io e te… ♪ ♪ Insieme, uniti, insieme tutti noi… ♪ ♪ La forza che abbiamo è questa unità. ♪ ♪ Fianco a fianco avanziamo insieme, da qui all’eternità! ♪ ♪ Ognuno a modo suo rende più bella la varietà; ♪ ♪ e nella diversità quel che ci unisce è più forte che mai. ♪ ♪ Ovunque andrai vedrai intorno a te ♪ ♪ la prova di questa unità ♪ ♪ Insieme, uniti, insieme io e te… ♪ ♪ Insieme, uniti, insieme tutti noi… ♪ ♪ La forza che abbiamo è questa unità. ♪ ♪ Fianco a fianco avanziamo insieme, da qui all’eternità. ♪ ♪ Saremo uniti per sempre! ♪ ♪ Insieme, uniti, insieme io e te… ♪ ♪ Insieme, uniti, insieme tutti noi… ♪ ♪ La forza che abbiamo è questa unità. ♪ ♪ Fianco a fianco avanziamo insieme, da qui all’eternità, ♪ ♪ da qui all’eternità, ♪ ♪ da qui all’eternità! ♪ 

Il programma di questo mese ci ha incoraggiato a rimanere un popolo unito e a non lasciare che niente ci divida. A volte potremmo essere distanti dai fratelli, ma con Geova non saremo mai soli. Abbiamo imparato a non lasciare che piccoli screzi o differenze culturali rovinino la nostra unità. Grazie alla sua stretta relazione con Geova, Jeson è entrato a far parte di una famiglia bellissima. Siamo stati anche incoraggiati a cercare le opportunità per mostrare amore agli altri. E infine abbiamo riflettuto sui molti modi in cui il Corpo Direttivo si è speso per aiutarci a rimanere un popolo unito. Per i saluti di questo mese andremo in Canada, nell’isola di Terranova. Quest’isola, che si trova al largo della costa orientale del Nordamerica, è un posto straordinario caratterizzato da una grande varietà di climi e paesaggi di una bellezza incontrastata. Oltre un secolo fa la verità arrivò su quest’isola grazie alla sorella Edith Mason. Era single ed era nel servizio a tempo pieno in Nuova Scozia. Nel 1914 decise di andare a predicare nell’isola di Terranova, dove all’epoca non c’era neanche un Testimone. Dopo aver pregato molto e aver fatto i preparativi, nel 1916 si diede molto da fare perché le persone vedessero il “Fotodramma della Creazione”. Oltre 10.000 persone assisterono a questo storico evento. All’inizio la predicazione si svolgeva spostandosi in battello. Nel corso degli anni i fratelli usarono 4 battelli acquistati per l’opera missionaria, e percorsero oltre 6.400 km di territorio lungo le coste. Dopo la Seconda guerra mondiale ci fu una grande crescita. Nel 1945 fu aperta una filiale e arrivò il primo gruppo di diplomati dalla Scuola di Galaad. La filiale continuò a supervisionare l’opera fino al 1981. Tra i diplomati di Galaad assegnati all’isola di Terranova c’erano Bernie ed Elizabeth Mahler, che aiutarono a formare una congregazione a Bonavista nel 1952. Oggi in questa congregazione ci sono 38 proclamatori e 4 pionieri regolari, ma nell’isola c’è ancora tanto bisogno. Infatti quasi il 30% dei territori non assegnati del Canada si trova qui. I proclamatori che vengono a dare una mano ricevono una calorosa accoglienza, che è tipica di queste zone. I fratelli e le sorelle della congregazione Bonavista ci salutano con tanto affetto. 

Prima vi abbiamo anticipato qualcosa del prossimo congresso di zona “Cercate la pace”. Adesso siamo davvero felici di farvi vedere il trailer del videoracconto “Geova ci guida lungo la via della pace”. 

Nell’alto dei cieli esiste un Dio che è un Rivelatore di segreti. Egli ha fatto sapere al re Nabucodonosor quello che dovrà avvenire nella parte finale dei giorni. Il sogno di origine divina che Daniele interpreta per il re Nabucodonosor rappresenta una profezia il cui adempimento è di fondamentale importanza per la pace dell’umanità. Geova conosce il corso della storia con secoli, addirittura con millenni di anticipo. E siccome le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte d’argilla, il regno sarà in parte forte e in parte fragile. La storia ci ha dimostrato come ogni forma di governo umano concepita ha miseramente fallito. Soltanto Geova ha la capacità di guidare gli esseri umani verso una pace che durerà per sempre. Geova ha già guidato i suoi servitori in passato, per cui quando le profezie dicono che in futuro guiderà i suoi servitori verso una pace che durerà per sempre, non si tratta di una vaga speranza. Questa è una vera e propria garanzia. Questa pace che desideriamo tanto sarà una certezza sotto il Regno di Dio. 

C’è un altro motivo per cui non vediamo l’ora di assistere al congresso. Per me è davvero un piacere annunciarvi che al termine della sessione della domenica canteremo una nuova canzone. La canzone insieme al testo è ora disponibile su jw.org. Il Corpo Direttivo desidera che tutti noi impariamo bene questa canzone. E se conosciamo qualcuno che non sa come fare il download, per favore, aiutiamolo e proviamo a cantarla con lui. Così al congresso saremo pronti per cantare di tutto cuore alla lode di Geova. Prima di concludere il programma di questo mese, ci teniamo a dirvi che vogliamo tanto bene a ognuno di voi e che vi apprezziamo davvero molto. Dalla sede mondiale dei Testimoni di Geova, questo è JW Broadcasting.

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