JW Broadcasting (dicembre 2023). Conferimento dei diplomi della 154ª classe della Scuola di Galaad

JW Broadcasting (dicembre 2023). Conferimento dei diplomi della 154ª classe della Scuola di Galaad

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Benvenuti! Questo è JW Broadcasting di dicembre 2023! Sabato 9 settembre 2023, i 48 studenti della 154ª classe di Galaad si sono diplomati. C’erano anche le loro famiglie, i loro amici e la famiglia Betel degli Stati Uniti. Fratelli maturi che servono alla Betel insieme agli insegnanti della scuola hanno incoraggiato gli studenti e dato loro consigli per aiutarli a compiere l’incarico di rafforzare e rendere stabile il popolo di Geova ovunque siano assegnati. Ascoltiamo insieme questi discorsi nella prima parte del conferimento dei diplomi della Scuola di Galaad. Che bello oggi essere qui tutti insieme, fratelli e sorelle, per il conferimento dei diplomi della 154ª classe della Scuola biblica di Galaad. Siete contenti? Beh, siamo davvero emozionati per voi. E così siamo arrivati al termine di questo periodo intenso durato ben 5 mesi e vogliamo dirvi che siamo davvero molto orgogliosi di ognuno di voi e vi vogliamo bene. Sappiamo che ovunque andrete svolgerete al meglio i vostri incarichi. Ora, a differenza del presidente dell’adunanza infrasettimanale, non sono in grado di fare una panoramica delle informazioni che verranno trattate qui stamattina. Ma posso dirvi una cosa. Ho dato un’occhiata ai titoli dei discorsi preparati dagli insegnanti e da altri fratelli responsabili e sono davvero interessanti. Quindi iniziamo subito. Ascoltiamo il primo discorso. Questo discorso verrà pronunciato dal fratello Jody Jedele, che recentemente è stato scelto come assistente del Comitato del Servizio. Il titolo scelto dal fratello Jedele è “Ricordate chi è il Costruttore”. Ascoltiamolo. Un costruttore è responsabile di ogni aspetto della realizzazione di un edificio, dall’inizio alla fine, compresa la supervisione di quelli che eseguono i lavori. Geova è un po’ come un costruttore per gli esseri umani. Quali prossimi diplomati della Scuola di Galaad avete il privilegio di sostenere ulteriormente il Costruttore, rafforzando e rendendo stabile, edificando il popolo di Geova. Come potete farlo? Come potete riuscirci? Apriamo la Bibbia insieme nel libro dei Salmi al Salmo 127. Salmo 127, leggiamo insieme il versetto 1. Queste sono le parole del saggio re Salomone. Salmo 127:1 dice: “A meno che Geova non costruisca la casa”. In ebraico “casa” può anche riferirsi a “famiglia”. “A meno che Geova non costruisca la casa, è inutile che vi fatichino i costruttori”. “A meno che Geova non costruisca la casa”. Che concetto profondo! Qualsiasi tentativo, anche ben intenzionato, che non abbia la benedizione di Geova, alla fine sarà inutile. Quindi, per edificare la famiglia di Geova dobbiamo uniformare i nostri sforzi ai metodi di costruzione di Geova. Quindi come possiamo, come potete riuscire a edificare la famiglia Betel di cui farete parte? Prendiamo insieme il libro di Neemia. Neemia al capitolo 1. Vediamo come Neemia mise in pratica il consiglio di Salomone di ricordare chi è il Costruttore e vediamo cosa possiamo imparare. Iniziamo dal capitolo 1 versetto 3, dove Hanani, fratello di Neemia, spiega le terribili condizioni di Gerusalemme. Vediamo cosa gli dissero: “Mi risposero [cioè Hanani e i suoi compagni di viaggio]: ‘Là nella provincia i superstiti scampati alla schiavitù sono in una situazione terribile e umiliante. Le mura di Gerusalemme sono diroccate e le sue porte sono state date alle fiamme’”. Come reagì Neemia quando sentì queste notizie? Versetto 4, Neemia dice: “Appena sentii queste parole, mi misi a sedere e iniziai a piangere. Per giorni feci lutto, digiunai e [notate] pregai l’Iddio dei cieli”. Queste notizie ebbero un profondo impatto su di lui. Pianse, fece lutto, digiunò. Perché? Perché amava Geova. Gerusalemme era il centro della pura adorazione e amava i suoi fratelli e le sue sorelle. Ma cosa avrebbe fatto al riguardo? Probabilmente voleva intervenire e sistemare subito le cose, ma avete notato come ha tenuto conto del Costruttore? I suoi sentimenti erano giusti, c’era bisogno di fare qualcosa ma non fu precipitoso. Si prese del tempo per tenere sotto controllo le proprie emozioni e continuò a pregare. Si concentrò sul Costruttore. Geova aspettò circa quattro mesi prima di rispondere a quelle preghiere, da chislev a nisan, mentre i lavori richiesero solo circa 52 giorni. Ora, quattro mesi potrebbero non sembrare un lungo periodo di tempo, ma di certo non era nemmeno un giorno. In tutti i casi, Neemia aspettò la guida di Geova e quando arrivò il momento, quando il re concesse tutte le cose per cui Neemia aveva pregato, Neemia poté essere sicuro che era Geova a costruire. Sapete come si sentiva Neemia. Avete già visto come Geova risponde alle vostre preghiere. Continuate ad affidarvi a Geova in preghiera, soprattutto ora che svolgerete nuove incarichi e affronterete situazioni nuove. E quando vi sentite molto coinvolti in una questione, ricordatevi chi è il Costruttore, cercate la sua guida. Ricordate anche che per ottenere la guida di Geova non dobbiamo solo aspettare, è un processo attivo. Mentre Neemia aspettava non ammazzava solo il tempo. Era attivo nella sua routine spirituale e nel suo incarico. E continuava a meditare cercando soluzioni che Geova potesse benedire e poi parlandone con Geova nelle sue preghiere. Questo lo aiutò a superare i momenti scoraggianti e lo aiutò anche a farsi trovare pronto quando poi la risposta in effetti arrivò. E lo sappiamo perché in Neemia 2:4-8, quando il re Artaserse accolse la richiesta di Neemia gli chiese: “Quanto durerà il tuo viaggio? E quando tornerai?” Neemia aveva già in mente una tabella di marcia. Neemia chiese anche delle lettere per i governatori e per ottenere i materiali da costruzione dal “custode del Parco Reale”. Aveva aspettato attivamente, pregando e meditando. I problemi che affrontiamo oggi non saranno sempre risolti in un giorno, ma come Neemia la vostra routine spirituale vi renderà stabili e vi aiuterà a farvi trovare pronti al momento giusto. Inoltre, il vostro esempio nel ministero, alle adunanze e nello svolgere gli incarichi rafforzerà i fratelli e le sorelle. E di fronte alle difficoltà il vostro esempio li aiuterà a ricordare chi è il Costruttore. Ricordiamo chi è il Costruttore anche ricordando il suo amore per le persone. Neemia anche in circostanze difficili notò chi gli stava intorno. Prendiamo Neemia capitolo 3. Vedremo alcuni punti di questo capitolo. Neemia sta facendo un giro di ispezione delle mura della città, ma notate quello che descrive al capitolo 3, qui al versetto 1: ‘Il sommo sacerdote e i suoi fratelli costruivano la Porta delle Pecore’. Al versetto 2 ‘anche gli uomini di Gerico costruivano’, poi al versetto 5 vediamo che i tecoiti si davano molto da fare, ma quelli che erano più in vista non si abbassavano a lavorare. Qui impariamo a non essere come quei tecoiti in vista, vogliamo tutti lavorare alle mura. Andiamo al versetto 12. Qui c’è Sallum, che è un principe. Ma chi lavora con lui? Le sue instancabili figlie. E ci ricordano le nostre sorelle che oggi si impegnano per promuovere gli interessi del Regno. Poi notate cosa dice il versetto 20. Dice: “Baruc […] lavorò con impegno”. Neemia notò chi gli stava intorno. E Geova lo ispirò a scrivere di quelle persone. Come mai? Una ragione è che Geova vuole che ci ricordiamo perché costruiamo. Lui ama le persone, ricostruire le mura non era l’obiettivo finale. Piuttosto, quei lavori sostenevano l’obiettivo finale, quello di dare gloria a Geova, di adempiere le profezie e di proteggere il popolo di Geova. Quelle mura furono poi distrutte di nuovo, ma il racconto di Neemia vive ancora oggi e anche chi lavorò alle mura aveva la speranza della vita eterna. Quindi imparate a conoscere gli amici straordinari di Geova con cui state costruendo e come Neemia apprezzate le loro qualità. Pensate alla vostra congregazione e al vostro reparto come a un edificio spirituale e ai singoli fratelli e sorelle come a dei mattoni. L’amore e la considerazione che ci mostriamo l’un l’altro sono il cemento che ci unisce. E voi fratelli che dovrete prendere delle decisioni quando svolgerete i vostri incarichi, considerate umilmente le idee degli altri, comprese quelle dei fratelli e delle sorelle sotto la vostra supervisione. Inoltre, considerate in che modo una decisione influirà sugli altri. Per rafforzare gli altri dobbiamo conoscerli e amarli, proprio come fa il nostro Costruttore. Un’ultima considerazione riguardo al nostro Costruttore: Geova è un Dio felice. L’imperfezione del sistema di Satana causa sofferenza. Ma ricordate che servire Geova dà gioia nonostante queste difficoltà. E questa gioia dà forza. Dopo aver completato le mura, in Neemia 8:10, Neemia ricordò al popolo che ‘la gioia di Geova era la loro fortezza’. Sapere di aver fatto la volontà di Geova e di avere la sua approvazione dava loro forza e questo influì su di loro. Notate come, in Neemia capitolo 12, Neemia 12:43, qui si parla del giorno dell’inaugurazione dopo che tutte le difficoltà erano state superate. E come si sentiva il popolo? Versetto 43: “Quel giorno offrirono grandi sacrifici e si rallegrarono, perché il vero Dio aveva concesso loro una grande gioia. Anche le donne e i bambini si rallegrarono, tanto che la gioia di Gerusalemme si sentiva da lontano”. Anche con mura alte e nuove di zecca li sentivano a distanza. Un po’ come prima delle nostre adunanze e assemblee, o anche qui stamattina, prima di questo programma. Ma avete notato che fu Geova a concedere loro gioia? Indipendentemente dalle difficoltà presenti e future, rafforzate gli altri facendo sì che vedano la vostra gioia. Geova è un Dio felice. Il salmista disse: “A meno che Geova non costruisca la casa”. Geova sta costruendo la casa. E voi cari studenti, insieme a tutti noi, potete collaborare con lui in quest’opera di costruzione. Mentre rafforzate e rendete stabile il popolo di Geova ricordate chi è il Costruttore. Cercate la sua guida, mantenete la vostra routine spirituale, mostrate amore agli altri e servite Geova con gioia. Come Neemia otterrete di certo ottimi risultati e Geova si ricorderà di voi in modo favorevole se voi ricorderete chi è il Costruttore. Non so voi, ma mi è venuta voglia di mettermi a leggere di nuovo il libro di Neemia. Ora ascolteremo un altro assistente del Comitato del Servizio nominato da poco, il fratello Betty Georges. Il titolo del suo discorso è questo: “I tre gradini dell’amore.” Se l’amore fosse una scala, quanti gradini avrebbe? Ne avrebbe 3. Ci sarebbe l’amore per Dio. Poi l’amore per il prossimo. E ancora, l’amore per sé stessi, certo non come il mondo con il suo atteggiamento egoistico. Comunque tutti dobbiamo avere una certa misura di autostima. Se scattassimo una foto di questa scala sarebbe più o meno così, eccola. Il gradino più alto, il primo, rappresenta l’amore per Dio. Il più basso, il terzo, è l’amore per sé stessi. E infatti, secondo “la legge del Cristo”, dovremmo amare il prossimo più di noi stessi, perché dovremmo essere disposti a morire per il prossimo. In questo discorso ci concentreremo sul gradino numero 3. E il motivo è che, anche se è il più basso, per molti è il più difficile da salire perché pensano di non valere abbastanza. Quindi la domanda per voi è: “Cosa potete fare di pratico per aiutare altri ad avere più autostima?” Che ne pensate? Imitare il Cristo. Lui cosa fece? Mostrò amore fondamentalmente in 3 modi: incoraggiando gli altri, prendendosene cura e avendo fiducia in loro. Troviamo un esempio di come Gesù incoraggiò gli altri in Luca capitolo 10. Seguitemi in Luca capitolo 10. Se qui date un’occhiata fino al versetto 27, vediamo che si parla di un esperto della Legge. E quest’uomo conosceva molto bene i 3 gradini della nostra scala, era un esperto della Legge mosaica. La conosceva bene. Ma notate qui l’incoraggiamento che gli diede Gesù al versetto 28. Versetto 28, Luca 10:28, Gesù gli disse: “Hai risposto bene. Continua a far questo [continua a mostrare amore, a dare amore] e avrai la vita”. Cosa possiamo imparare? Vogliamo essere pronti a lodare gli altri, ovviamente, ma dobbiamo anche motivarli. Una Torre di Guardia, citando questo aspetto diceva che ‘arrivati a questo punto della corsa i fratelli non hanno bisogno di critici, ce ne sono abbastanza nel mondo, hanno bisogno di amici che li aiutino ad arrivare al traguardo’. In Luca capitolo 18 troviamo un esempio di come Gesù si prende cura degli altri, come mostra loro tenerezza. Luca 18, e leggendo questo capitolo capiamo che siamo nella primavera del 33 E.V. e Gesù è in viaggio, sta andando a Gerusalemme per celebrare la sua ultima Pasqua. Nel versetto 35 di Luca capitolo 18, sono sicuro che vi ricordate del contesto del capitolo 18, siamo vicini a Gerico. E Gerico dista un giorno di viaggio da Gerusalemme. Luca 18:35. Nei pressi di Gerico c’è un uomo cieco che siede lungo la strada e chiede l’elemosina. Gesù cosa decide di fare per quest’uomo? Per favore, andate al versetto 40, Luca 18:40. La premura di Gesù lo spinge a fermarsi. Ha un compito importante, ma si ferma. Nel versetto 41 si prende cura di quest’uomo e di quello di cui ha bisogno. Lo capiamo dalla domanda che gli fa. E infatti gli chiede: “Cosa vuoi che faccia per te?” Cerchiamo di visualizzare la scena, immaginiamo il tono di voce di Gesù. “Cosa vuoi che faccia per te?” Fermiamoci un attimo a pensare. Gesù si sarà accorto che quell’uomo era cieco? Probabile. E allora perché quella domanda? Evidentemente Gesù si interessava di come si sentiva. “Di cosa hai bisogno, cosa vorresti?” Ed è interessante notare che nel versetto 39 la folla stava cercando di fare stare zitto quell’uomo, di non farlo parlare. E invece nel versetto 41 Gesù gli dice: ‘Parla con me, cosa vorresti? Come posso aiutarti?’ Si interessa di lui. Vi racconto una cosa che è successa qualche tempo fa che dimostra l’effetto che può avere interessarsi degli altri. Un fratello ha portato suo nipote di 13 anni a visitare la Betel. E a quel tempo la famiglia di questo ragazzo stava passando dei seri problemi e lui non si sentiva più di servire Geova. Mentre visitavano la Betel un betelita si è fermato. Si è preso un po’ di tempo per interessarsi del ragazzo. Il risultato? All’assemblea successiva il ragazzo si è battezzato. 2 anni dopo, a 15 anni, è diventato pioniere regolare, a 17 è stato nominato servitore di ministero. Ora ha 19 anni e ha fatto domanda per servire alla Betel. Tutto questo perché qualcuno si è fermato e ha voluto interessarsi di lui. Parliamo adesso di un episodio in cui Gesù mostrò di fidarsi degli altri. Vediamo insieme di cosa si tratta. Apriamo la Bibbia e prendiamo il vangelo di Luca, al capitolo 22. Leggeremo insieme il versetto 34, Luca 22:34. È la circostanza in cui Gesù parlò con Pietro, o meglio lo avvertì, e gli disse che lo avrebbe rinnegato 3 volte. Pensateci. Nel momento in cui Pietro rinnegò il suo maestro per 3 volte, quale credete sia stato il suo livello di autostima? Beh, già, forse sotto i piedi. Sarebbe stato molto più facile darsi per vinto e non rialzarsi più. Cosa lo aiutò a rialzarsi e a ritrovare l’autostima? Forse proprio quello che Gesù gli disse al versetto 32. Leggiamo l’ultima parte del versetto 32 e concentriamoci su queste 3 parole: “Quando sarai tornato”. “Quando sarai tornato”. Forse queste parole avranno continuato a risuonare nella mente di Pietro mentre era giù, era angosciato e cercava di farsi forza. “Quando sarai tornato”. Perché? Cosa gli aveva detto Gesù? Che si fidava di lui. ‘Sì cadrai, ma ti rialzerai, ritornerai sul gradino numero 3. E ricordati anche del gradino numero 2’. Perché, come dice il versetto 32, quale sarebbe stato il suo incarico dopo? “Rafforza [e letteralmente significa ‘rendi saldi’] i tuoi fratelli”. Amare significa credere nei nostri fratelli, amare significa dare fiducia. Che risultati potremmo avere mentre aiutiamo gli altri ad accrescere la loro autostima? Guardiamo ancora la nostra scala. Che risultati potremmo ottenere? Beh, salire il terzo gradino rende più facile salire il gradino numero 2: amare gli altri, amare il prossimo, il che è indispensabile per raggiungere il gradino numero 1, amare Dio. Infatti, cosa scrisse l’apostolo Giovanni? Ricordate? Beh, che non possiamo amare Dio se non amiamo il prossimo. Ora che avete frequentato la Scuola di Galaad, come ha detto il fratello Jedele, qual è il vostro incarico? Rafforzare e rendere stabile il popolo di Geova. È stato detto che questo si può fare cercando di aiutare un proclamatore alla volta. Mi fa pensare a quando più o meno 10 anni fa io e mia moglie fummo trasferiti dal Canada al Congo. E non mi dimenticherò mai di quello che mi disse un amico: “Ricordati che i fratelli non hanno bisogno di un altro Messia. Fidati, è così. Ciò di cui hanno bisogno è amore”. Quindi, continuate ad amare proprio come ci ha insegnato a fare Gesù. Incoraggiate gli altri, abbiate cura di loro, abbiate fiducia in loro. E come risultato anche i fratelli ricambieranno il vostro amore. Che Geova vi aiuti a fare proprio questo. Vi vogliamo bene. È stato un piacere ascoltarti. Proprio un bel discorso! Adesso il fratello David Iannelli, che fa parte del Reparto Scrittori, pronuncerà il discorso dal titolo “Non dimentichiamo mai quello che Geova ricorda”. C’è qualcosa che Geova ricorda che noi facciamo bene a non dimenticare mai. Ha a che fare col modo in cui considera e tratta ognuno di noi. E tutti noi, inclusi voi che oggi vi diplomerete alla Scuola di Galaad, facciamo bene a non dimenticarlo. Di cosa si tratta? Per scoprirlo, apriamo la Bibbia nel Salmo 103. Troviamo la risposta al versetto 14. Sono parole che conosciamo sicuramente molto bene e tenete pure la vostra Bibbia aperta qui. Il salmista Davide, riferendosi a Geova, dice: “Perché sa bene come siamo formati, ricordando che siamo polvere”. Geova ricorda che siamo polvere. Cosa significa? E perché non dovremmo mai dimenticarlo? Prima vediamo cosa significa questa espressione ‘Geova ricorda che siamo polvere’. In parole semplici, questo: Geova è consapevole della nostra natura imperfetta ed è pronto a perdonare i peccatori che si pentono. Notate come questo è messo in luce dal contesto. Se guardate i versetti 1 e 2, Davide comincia questo salmo raccomandando a sé stesso di non dimenticare mai tutto quello che Geova aveva fatto. E nello specifico, a cosa si riferiva? Per prima cosa, nel versetto 3, Davide dice che Geova perdona. E nei versetti successivi per 4 volte Davide parla della misericordia, la tenera qualità che spinge Geova a perdonare. Poi per 4 volte parla dell’amore leale. Si tratta del tipo di amore che spinge Geova a trattarci come una sua speciale proprietà. Perdono, misericordia, amore leale, sono tutti collegati. In che modo? Beh, la misericordia genera il perdono. Infatti uno studioso ha detto: “La misericordia di Dio è la causa, il perdono dei peccati è l’effetto”. Nel contesto che stiamo analizzando, le qualità della misericordia e del perdono sono descritte come parte dell’amore leale di Geova Dio. Immaginiamoci l’amore leale di Geova come una grande casa. La misericordia e il perdono sono un po’ come 2 spaziose stanze all’interno. Se scorriamo poi i versetti da 11 a 13, qui Davide usa 3 diversi paragoni, vivide espressioni figurate, per descrivere prima l’altezza, poi l’ampiezza e poi tutta la tenerezza paterna di quello che un’opera di consultazione chiama “il misericordioso amore di Geova”. E poi arriviamo al versetto 14. Qui Davide spiega il motivo per cui Geova è così pronto a mostrarci amore perdonandoci. Dice: “Sa bene come siamo formati”. Geova sa molto bene che formò Adamo dalla polvere del suolo e che perfino gli esseri umani perfetti hanno certe limitazioni. Per esempio devono mangiare, dormire e respirare. Ma quando Adamo ed Eva peccarono, essere fatti di polvere assunse un nuovo significato. Un articolo della Torre di Guardia, commentando il versetto 14, spiega che “Davide si riferiva alla fragilità umana dovuta [proprio] all’imperfezione ereditata”. Quindi Geova è ben consapevole delle fragilità, delle limitazioni dovute alla nostra natura imperfetta. Lui ci capisce, sa quanto siamo inclini a peccare, quanto è facile per noi farlo, quanto può essere forte la tentazione di commettere un peccato. Ma Geova non ne è semplicemente consapevole, Davide dice che lui se ne ricorda. E il termine ebraico usato può significare più che solo richiamare alla mente. Implica dell’altro, un’azione da parte di chi ricorda. In altre parole, siccome Geova ricorda che siamo polvere, è spinto ad agire, a fare qualcosa. A fare cosa? Secondo il contesto, a mostrare misericordia e a perdonare i peccatori che si pentono. Quindi cosa impariamo dal fatto che Geova ricorda che siamo polvere? Di nuovo, in poche parole è consapevole della nostra natura peccaminosa ed è pronto a mostrarci amore perdonando i nostri errori. Potremmo riassumere il concetto con 3 parole: limitazioni, aspettative e comportamento o azioni. Siccome Geova capisce le limitazioni della nostra natura imperfetta, sa bene, si aspetta che di tanto in tanto commettiamo degli errori. E quando sbagliamo è pronto ad agire con misericordia nei nostri confronti, a perdonarci, se solo ci pentiamo. Pensiamo ora alla seconda domanda. Perché tutti noi, inclusi voi che vi diplomate oggi, non dovremmo mai dimenticare quello che Geova ricorda? Per voi studenti della 154ª classe non dimenticarvi di quello che Geova ricorda può davvero aiutarvi a raggiungere l’obiettivo della formazione ricevuta qui che, come è stato detto, è rafforzare e dare stabilità al popolo di Geova. Consideriamo 2 modi in cui questo salmo può aiutare ognuno di voi e, per estensione tutti noi, a fare proprio questo. Primo, per rafforzare il popolo di Geova impegnatevi per promuovere la pace e l’unità imitando la prontezza di Geova a perdonare. In che modo? Ricordatevi le 3 parole chiave. Le limitazioni influiscono sulle nostre aspettative e determinano come ci comportiamo con gli altri. È interessante che spesso lo facciamo in automatico. Immaginiamo un gruppo di fratelli che gioca a calcio. Uno di loro si sloga la caviglia. Gli altri fratelli ora non si aspettano che lui corra o faccia acrobazie col pallone. Vedono che ha una limitazione, quindi abbassano le loro aspettative e si comportano con gentilezza. Forse lo assistono accompagnandolo fuori dal campo. Eppure nella vita di tutti i giorni, quando abbiamo a che fare con gli altri, è così facile dimenticare quello che Geova ricorda: le limitazioni della nostra natura imperfetta. Provate a fare questo. Quando sentite crescere dentro di voi il risentimento a motivo di quello che un fratello ha detto o fatto, fermatevi e chiedetevi: “Non è che mi sto dimenticando di quello che Geova ricorda, cioè le limitazioni del mio fratello che sono dovute al peccato e all’imperfezione?” Vedete, se riflettete sulle limitazioni riuscirete ad abbassare le aspettative e così sarà facile o più facile comportarsi con misericordia e liberarsi del risentimento. In questo modo riuscirete a promuovere la pace e l’unità. Abbiamo visto il primo modo. Ma c’è un secondo modo in cui il salmo ci aiuta. Per rafforzare il popolo di Geova, rafforzate i singoli individui. Ad esempio, aiutate gli altri ad accettare il perdono di Geova. Potreste venire a sapere che un fratello sta lottando contro forti sensi di colpa a motivo di errori commessi in passato. Sta dimenticando quello che Geova ricorda bene. Geova è consapevole delle nostre limitazioni ed è pronto a perdonare i nostri peccati. Ma forse il fratello sta anche ricordando quello che Geova ha dimenticato: i peccati che Geova ha già perdonato e che non si sognerebbe mai di rinfacciargli. Come potete aiutarlo? Provate a fare questo. Usate il Salmo 103:14 per ricordargli perché Geova è pronto a perdonare. E poi forse potreste usare il versetto 12 per ricordare fino a che punto arriva il suo perdono. Leggiamolo insieme: “Quanto il levante [cioè l’est] è lontano dal ponente [cioè l’ovest], tanto lontano da noi egli ha posto le nostre trasgressioni”. E quanto è lontano il levante dal ponente? Il libro Avviciniamoci a Geova lo spiega così, ecco cosa dice: “In un certo senso il levante è il punto più lontano dal ponente che si possa immaginare; i due punti non si potranno mai incontrare”. Ma in pratica, questo che cosa significa? Un’opera di consultazione lo spiega in questo modo: “Se Dio mette i peccati così lontani da noi, possiamo essere sicuri che perfino l’odore, la traccia, il ricordo stesso del peccato è completamente sparito”. Sappiamo che gli odori possono riportare alla mente un ricordo, ma quando Geova perdona lui mette così lontani i nostri peccati da non sentirne, per così dire, nemmeno l’odore che potrebbe ricordargli quello che abbiamo fatto, rovinando così la nostra amicizia con lui. Quindi usate il Salmo 103 per aiutare altri per convincerli della grande portata del perdono di Geova. Se rafforziamo i singoli individui, rafforziamo il popolo di Geova. Cari studenti della 154ª classe, a partire da oggi siate decisi a usare tutto quello che avete imparato qui per rafforzare il popolo di Geova e i singoli individui. Per fare questo, lasciatevi aiutare dalle bellissime parole del Salmo 103 per: 1, impegnarvi a promuovere la pace e l’unità imitando la prontezza di Geova a perdonare e numero 2, aiutare chi è scoraggiato a convincersi pienamente della grande portata del perdono di Geova. Questa è una lezione per voi, ma è anche una lezione per tutti noi. Non dimentichiamo mai quello che Geova ricorda. E mentre lo facciamo, facciamo anche del nostro meglio per non ricordare quello che Geova dimentica. Grazie mille per averci ricordato questi aspetti davvero importanti. Bene, adesso i prossimi 2 oratori sono insegnanti della Scuola di Galaad. Il fratello Clarke è un nuovo insegnante arrivato da poco. Lui serviva in Cechia, la Repubblica Ceca, prima di venire qui da noi. Se non sbaglio sei arrivato quest’anno, non è vero Jeremy? E adesso ci tratterà il discorso dal tema “Geova conosca”. Fu sepolto con i re, ma non era un re. Visse 130 anni, ma forse per i primi 90 anni della sua vita non fu registrato niente di ciò che fece. E quando accadde un evento importante dovette mantenere il segreto, non poté dire niente per circa 6 anni. Di chi stiamo parlando? Del sommo sacerdote Ieoiada. Cosa ha voluto farci sapere di lui Geova? In pratica questo: Ieoiada fu leale a Geova anche senza ottenere il riconoscimento degli altri. Quindi la domanda che vogliamo farvi è: “Se fosse solo Geova a conoscere quello che fate e la vostra lealtà, senza il riconoscimento degli altri, sareste comunque motivati a sufficienza a rimanere leali? Per quanto tempo? 1 anno, 2, 6, di più?” Prima della Scuola di Galaad forse vi interessava un po’ di più quello che gli altri vedevano in voi, quello che pensavano di voi, i vostri traguardi. Ma durante la scuola il profondo studio delle Scritture vi ha fatto guardare dentro di voi. Avete esaminato i vostri atteggiamenti, sentimenti e pensieri, forse nascosti da tempo. Avete analizzato attentamente “la persona segreta del cuore […] che è di grande valore agli occhi di Dio”, il vostro vero io. E questo vi ha avvicinato ancora di più a Geova. Avete percepito il suo amore. Ora, dopo questa scuola, siete più consapevoli che mai che Geova sa chi siete e che vi conosce bene. Sono sicuro che vi rispecchiate nelle parole del Salmo 139. Leggiamo i primi 4 versetti. Salmo 139: “O Geova, tu mi hai scrutato, e mi conosci. Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo; comprendi i miei pensieri da lontano. Mi osservi quando [quando] viaggio e quando mi riposo; ti sono familiari tutte le mie vie. Prima ancora che una sola parola sia sulla mia lingua, tu, o Geova, sai già tutto quanto”. Geova vi conosce e questo vi dà gioia. Vi ha sempre conosciuto, ma adesso voi sapete che vi conosce. Vi sentite più sicuri della vostra amicizia con lui e vi interessa meno il riconoscimento degli altri. Ecco com’era Ieoiada. Ieoiada nacque alcuni anni dopo il 1027 a.E.V., anno in cui fu completato il tempio di Salomone. Questo significa che durante la sua vita la nazione di Israele fu divisa in 2 e solo il regno delle 2 tribù continuò a usare il tempio. Ieoiada vide i re di Giuda promuovere l’idolatria e riti immorali. Ci furono 2 re buoni, Asa e Giosafat, ma ricordiamo che il re Giosafat fece sposare suo figlio con la figlia di Izebel, Atalia, che portò la sua cattiva influenza fino a Gerusalemme. Le cose quindi andarono di male in peggio. E in soli 100 anni il tempio fu trascurato così tanto che furono necessari grandi lavori anche solo per renderlo sicuro. Nel frattempo però era stato costruito un tempio per Baal e Ieoiada vide tutto questo per tanto tempo e ora era ormai anziano. Come fece a rimanere leale nel corso di tutti quegli anni difficili? La Bibbia non lo dice, ma Geova sa ogni cosa. Ieoiada avrà meditato e pregato, sicuramente avrà esaminato il suo cuore, la sua persona interiore. E avrà analizzato i suoi sentimenti verso la pura adorazione per non diventare permissivo smettendo di difendere ciò che è giusto, a differenza di quanto fece il sommo sacerdote Eli in tarda età. Anche se Ieoiada aveva grande autorità, non fece mai niente che andasse oltre quanto previsto dal suo incarico, ma fu disposto ad attendere con pazienza Geova. E nel corso di questi anni la lealtà che mostrò lo aiutò a compiere la sua impresa più difficile. E dovette fare tutto questo senza che nessun altro lo sapesse. Cosa fece? Ci troviamo nel 905 a.E.V. Prendiamo l’episodio riportato in 2 Cronache 22. Qui leggiamo che il re di Giuda, Acazia, è morto da poco e accade qualcosa di inimmaginabile. 2 Cronache 22, dal versetto 10: “Quando vide che suo figlio era morto, Atalia, madre di Acazia, si mosse per distruggere l’intera discendenza reale della casa di Giuda”. Atalia uccide i suoi stessi nipoti e usurpa il trono diventando regina. In questo modo era a rischio la discendenza reale davidica che avrebbe portato al Messia. Leggiamo il versetto 11: “Comunque Ieosabeat, figlia del re, prese Ioas, figlio di Acazia, dai figli del re che dovevano essere messi a morte e lo portò via furtivamente; mise lui e la sua nutrice in una camera da letto interna”. Chi è Ieosabeat? Continuiamo. È la “figlia del re Ieoram, moglie del sacerdote Ieoiada e sorella di Acazia”. Lei riuscì a tenere il bambino “nascosto ad Atalia, che così non lo mise a morte. Ioas restò con loro per sei anni, nascosto nella casa del vero Dio, mentre Atalia regnava sul paese”. Per 6 lunghi anni Ieoiada, Ieosabeat e una nutrice ebbero un grande segreto, un piccolo bambino, l’ultimo erede ancora in vita. Forse questa camera da letto interna era una stanza del palazzo adibita a deposito. E quando fu sicuro farlo, trasferirono di nascosto il bambino nel tempio. Immaginate quanto fu rischioso. La tempistica doveva essere perfetta per non farsi scoprire. E poi in quei 6 anni nel tempio qualcuno avrebbe potuto vederlo. Una volta i figli di Atalia entrarono nel tempio e rubarono alcuni oggetti per usarli nel culto di Baal. E se fosse successo in quel periodo? Immaginate se avessero visto il bambino. Sarebbe stata la fine! Questo significava che Ieoiada e Ieosabeat non potevano confidare il loro segreto. Non potevano lamentarsi con altri, non potevano scoraggiarsi e non potevano arrendersi. Significava non ottenere nessun riconoscimento, nessun ringraziamento, nessun apprezzamento per il loro impegno. Quindi loro si affidavano alla preghiera, potevano ricercare solo Geova per avere sostegno e conforto. Si appoggiavano alle Scritture, come il Salmo 139: “O Geova […] mi conosci”. Possiamo quasi sentirli mentre pregano. ‘Tu sai che stiamo proteggendo il re legittimo’. E non si limitarono a fare i baby-sitter per sei anni, insegnarono al bambino ad amare Geova, ad amare la sua Legge, ad essere un buon re per Giuda. Avranno dovuto lavorare insieme come coppia. E questo ci porta a parlare di lei. Soffermiamoci un attimo su Ieosabeat. Dalle Scritture capiamo che Geova le ha dato onore per aver salvato suo nipote, Ioas. Ma in questo momento quanti anni ha? Sappiamo che suo padre, il re Ieoram, era morto l’anno prima e aveva solo 40 anni. Quindi Ieosabeat è abbastanza giovane e comunque ha sposato un uomo di alcuni decenni più grande di lei. Quindi abbiamo una giovane donna di famiglia reale, sposata con un uomo molto più anziano che ha un incarico di grande responsabilità. Quali erano i suoi motivi? Era spinta da interessi personali? Cercava di manipolare la situazione come la sua matrigna Atalia? No, stava mettendo a rischio la sua vita per proteggere il re legittimo, in armonia con la volontà di Geova, sostenendo il marito e apparentemente senza riconoscimento da parte di altri. E questo ci fa pensare a voi, care sorelle. Molto di quello che fate potrebbe non essere così visibile come quello che fa vostro marito. Questo potrebbe essere dovuto al tipo di incarico che avete magari siete di meno sotto i riflettori. Ma quello che vi dà gioia è ricordare che Geova sa tutto quello che state facendo per lui. E vi vogliamo bene per questo. E voi, fratelli? Molte delle cose che farete saranno visibili, ma forse ci saranno altre cose che non verranno notate, magari per diverso tempo. Ah, comunque, non è sbagliato essere apprezzati. Come esseri umani ci fa stare bene. E se avete un incarico che vi permette di apprezzare l’impegno o la lealtà di qualcun altro, non tenetelo per voi. Diteglielo. Gli farà piacere. Ad ogni modo, la vostra lealtà si deve basare non su quello che gli altri vedono o sanno, ma su quello che non si vede. La lealtà viene dal cuore. Ricordate Ieoiada. È vero che alla fine tutti scoprirono cosa aveva fatto e venne ricompensato per questo. Ma quale fu il segreto per riuscire nella sua impresa? Fu in quello che fece gli anni prima, nelle piccole cose che gli altri non videro, ma che invece Geova conosceva molto bene. Il nome Ieoiada significa “Geova conosca”. Quanto è appropriato! Geova conosca tutti i vostri atti di lealtà, visibili e non visibili, e ‘il Padre vostro che vede in segreto vi ricompenserà’. Questo discorso ci ha fatto conoscere davvero bene Ieoiada. Beh, il fratello Mark Noumair ha sempre qualcosa di interessante da dirci. Oggi… non sentirti sotto pressione… Oggi il tema che ha scelto per noi è questo: “Fianco a fianco”. Non sappiamo come si chiama, ma conosciamo bene suo marito. Era un pescatore instancabile, un apostolo molto schietto, scrittore di due libri della Bibbia, e l’unica persona oltre a Gesù ad aver camminato sull’acqua. Sì, è Pietro. Ma a volte ci dimentichiamo di sua moglie. Che tipo di persona era? Com’erano loro due insieme come coppia? E cosa possono insegnare a voi 24 coppie sposate? Questa è la prima volta in quasi dieci anni che abbiamo un’intera classe di sole coppie sposate. Ecco perché parleremo di Pietro e di sua moglie, così che possiate trarre degli insegnamenti specifici da portare sempre con voi nei vostri incarichi. Ma soprattutto perché possiate rafforzare il vostro matrimonio mettendoli in pratica mentre servite insieme, fianco a fianco. Cominciamo leggendo Marco capitolo 1. Marco 1:16. Il soggetto qui è Gesù: “Mentre camminava lungo il Mar di Galilea, vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori”. Pietro è un pescatore. Porta a casa il pesce e sua moglie lo cucina. E se non cucina il pesce magari lo vende, come la brava moglie di Proverbi 31, e porta a casa i soldi. Così si prende cura della sua casa. Questo permette a Pietro di assolvere le sue responsabilità. Tutto va alla grande, una splendida coppia che lavora insieme fianco a fianco. Però la loro vita cambia all’improvviso. Versetti 17 e 18: “Gesù disse loro: ‘Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini’”. Versetto 18: “Subito abbandonarono le reti e lo seguirono”. Che fede! Pietro abbandona la sua attività, l’attività di pesca, e comincia a seguire Gesù. Cosa avrà pensato la moglie di Pietro? Si aspettava una cosa del genere? Forse divenne insicura o preoccupata per il loro futuro? Pensò che la sua vita ora era in balia delle decisioni di suo marito, che aveva un gran cuore, ma che a volte era impulsivo? “Pietro, che cosa stai facendo?” Abbiamo davvero ottime ragioni per concludere che la moglie di Pietro sostenne la sua decisione, lo fece volentieri e fu pronta a stare al fianco di Pietro che adesso aveva ancora più responsabilità. Cerchiamo di capire di più della vita dell’apostolo Pietro e di sua moglie. Leggiamo il versetto 29: “Usciti dalla sinagoga, andarono [notate] a casa di Simone e Andrea, insieme a Giacomo e Giovanni”. In questo versetto si legge che andarono a casa di Simone e Andrea. Simone e Andrea vivevano insieme. Quindi la moglie di Pietro era d’accordo a condividere i suoi spazi con Andrea, il fratello di Pietro. E molto probabilmente gli amici di Pietro e Andrea, cioè Giacomo e suo fratello Giovanni, andavano spesso a casa loro. Riuscite a sentire Pietro che dice: “Venite quando vi pare”. E sua moglie doveva cucinare per tutti. Probabilmente era così che funzionava. Sua moglie li sentiva arrivare da lontano, i “Figli del tuono”. “Eccoli che arrivano”. E Pietro dice: “Sì, sono loro. Ci serve altro pesce!” Chissà, magari le cose stavano proprio così. Ma facciamoci una domanda. Perché Pietro si sentiva libero di portare a casa i suoi amici e forse, il più delle volte, anche senza averli invitati prima? A sorpresa. Perché Pietro conosceva bene sua moglie. Quando scrisse la sua prima lettera, in 1 Pietro 3:7, consigliò ai mariti di vivere con le loro mogli, come dice la nota in calce, “secondo conoscenza”. Pietro conosceva bene sua moglie e sapeva che sua moglie era felice di ospitare gli altri. Perché? Lei conosceva suo marito. Pietro era fatto così: “Venite quando vi pare”. Pietro e sua moglie erano una squadra. Lei sapeva molto bene che avere ospiti comportava del lavoro in più, era ovvio. Ma pensate a che privilegio aveva. Poteva ascoltare mentre suo marito e gli altri parlavano del ministero di Gesù. Chissà, magari pensava: “Sono così contenta che sono venuti!” Poteva sentirli parlare di Gesù e di tutto quello che faceva. Quindi ecco il primo insegnamento. A volte qualcosa di simile potrebbe accadere anche a voi coppie. Vostro marito è un bravo pastore, quindi facendo delle belle conversazioni è ovvio, è naturale che nascano delle amicizie forti. E a volte vostro marito potrebbe invitare qualcuno senza preavviso. Qualcosa del tipo: “Venite da noi a mangiare qualcosa”. E poi vi arriva un messaggio: “Ho invitato qualcuno a cena”. Questo a volte potrebbe essere scomodo, sicuramente, ma c’è un principio biblico. E i princìpi biblici sono superiori a qualsiasi cultura, passata e presente. Mostrate spirito di sacrificio e ospitalità. Quindi, siate come Pietro e sua moglie. E pensate alle benedizioni spirituali che riceverete conoscendo sempre meglio i vostri fratelli e le vostre sorelle. Anche se a volte è scomodo, ne vale sempre la pena. Ma lo spirito di sacrificio di questa coppia così dinamica non si ferma di certo qui. Leggiamo insieme il versetto 30. Da questo versetto impariamo qualcosa in più sulla loro vita: “La suocera di Simone era a letto con la febbre, e subito ne parlarono a Gesù”. Quindi ora capiamo che Pietro e sua moglie si prendono cura di un genitore, la suocera di Pietro, ed è malata. Ora, possiamo immaginare quante difficoltà possa comportare per una coppia sposata prendersi cura dei genitori malati. Già per una coppia vivere con un parente in casa comporta delle sfide. Ma loro vivevano con un cognato e con una suocera, questa sì che era una situazione davvero complicata. Provate a immaginare la moglie di Pietro che sottovoce gli dice: “Tuo fratello Andrea mi sta facendo letteralmente impazzire”. E Pietro che vuole risponderle: “Vogliamo parlare di tua madre?” No, naturalmente non stiamo dicendo che questo sia successo. Quello che vogliamo dire è che vivere in casa con dei parenti o prendersi cura di genitori anziani o malati metterebbe alla prova qualsiasi coppia. Richiede un grande spirito di sacrificio. Ed è di questo che stiamo parlando. Però con i sacrifici vengono le benedizioni, proprio come abbiamo detto più volte in classe. Con i sacrifici vengono le benedizioni. Versetto 31. Si legge che Gesù compì un miracolo proprio in quella casa, mamma viene guarita. Immaginate! Mamma sta di nuovo bene. Che momento tenero e intimo deve essere stato per Pietro e sua moglie! “Grazie Geova”. Probabilmente avranno fatto una preghiera sentita per ringraziarlo. Un momento davvero speciale. Ma notate che succede adesso. Versetti 32 e 33: “Venuta la sera, dopo che il sole era tramontato, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati; l’intera città si era radunata davanti alla porta della casa”. Dov’è finita l’intimità adesso? Da un momento intimo a uno caotico. Immaginate, persone malate si presentano da ogni dove a casa di Pietro per essere guarite. Come vi sentireste se un’intera città di malati e indemoniati si presentasse alla vostra porta? Quelli sì che erano ospiti inaspettati! E la moglie di Pietro non aveva tempo di preparare o di sistemare la casa in modo perfetto. “No, aspetta, la tavola non è pronta, bisogna sistemare le sedie”. Non era tutto pronto come voleva lei. E che dire se una folla di quelle dimensioni avesse danneggiato la casa, proprio come quegli ebrei disperati che in seguito in un’occasione fecero un buco su un tetto per calare un paralitico così che potesse essere guarito? A questo punto la moglie di Pietro si sarebbe sicuramente potuta lamentare: “Manda fuori di qui queste persone!” Ma non si legge da nessuna parte che lei si lamentò. Pensate questo. Anni dopo, quando Pietro consigliò alle mogli di coltivare “uno spirito quieto e mite”, l’esempio di sua moglie gli avrà sicuramente dato libertà di parola per offrire quel consiglio. E Pietro avrà ringraziato sua moglie. L’avrà ringraziata per la sua lealtà e per essere stata al suo fianco mentre entrambi sostenevano il ministero di Gesù. Un altro insegnamento importante. Mentre vi prendete cura di genitori anziani e con problemi di salute, concentratevi sulle benedizioni di Geova e godetevi i momenti di tranquillità. Però ricordate che stiamo vivendo in un periodo in cui la scena di questo mondo cambia e può cambiare velocemente. Disastri naturali o disordini civili possono colpire inaspettatamente e potreste dover ospitare qualcuno che ha bisogno di aiuto. E anche se non sarà tutto pronto come volete, non sarà tutto perfetto, non vi preoccupate. Fate in modo che il vostro spirito di sacrificio vi spinga a fare di più, ad aiutare chi ha bisogno. E mariti, non dimenticatevi di ringraziare le vostre mogli perché sono sempre al vostro fianco mentre svolgete i vostri incarichi nell’organizzazione. Primo Corinti 9:5 fa capire che la moglie di Pietro viaggiò con lui almeno alcune volte. Spostarsi con Pietro significava fare dei viaggi difficili e in condizioni pericolose. Pietro fu arrestato una volta, due volte, tre volte. Arrestato di nuovo, picchiato. Una volta Giacomo fu arrestato con lui. Giacomo fu decapitato. Quando non era in viaggio con lui, si sarà chiesta se Pietro sarebbe tornato. Non dev’essere stato facile essere sposata con un uomo così impegnato nel sacro servizio. A cavallo tra il 62 e il 64 E.V. troviamo Pietro, che probabilmente adesso era sulla sessantina, mentre serve a Babilonia, dove Geova lo ispirò a scrivere due lettere. Quando finisce di scrivere la sua seconda lettera e ormai quasi alla fine della sua vita, sarà stato molto grato della moglie che aveva. Si era dimostrata una moglie fedele che lo amava e che gli era leale. Era sempre al suo fianco. Alla fine di questo discorso, ecco il punto: collaborate, siete una squadra. Non perdete l’entusiasmo quando arrivano difficoltà che non vi aspettate. Voi mariti siate sempre grati per tutto il sostegno di vostra moglie e diteglielo. Voi mogli siate sempre consapevoli che dopo Geova e Gesù, voi, probabilmente voi sarete la persona che potrà aiutarlo più di tutti, così che entrambi possiate avere successo nei vostri incarichi. E tutti voi, cari studenti di Galaad, rimanete impegnati, sostenete il vostro coniuge mentre continuate a servire fianco a fianco. È stato un discorso davvero molto interessante. Speriamo vi sia piaciuta la prima parte! Le altre parti saranno disponibili su jw.org nel corso del mese. I saluti di questo mese vengono dall’Uruguay. Situato tra l’Argentina e il Brasile, l’Uruguay ha una bellissima costa che si affaccia sull’Oceano Atlantico e all’interno ha un paesaggio collinare. Le meravigliose spiagge di Punta del Este sono una famosa meta turistica. Diversi fiumi del paese, come il Rio Negro e il Río de la Plata, creano paesaggi straordinari e rendono fertile il terreno. Questi paesaggi mozzafiato fanno da sfondo all’opera di predicazione. In Uruguay attualmente ci sono 149 congregazioni che predicano in 5 lingue, incluse la lingua dei segni uruguaiana e il portuñol, un mix tra spagnolo e portoghese. Come i campi dell’Uruguay, anche la predicazione porta molto frutto. Infatti i 12.000 proclamatori conducono in media 11.000 studi biblici ogni mese! Negli anni ’60 i missionari usavano delle zattere per attraversare il fiume Cebollatí, così da raggiungere i territori più lontani. E ancora oggi i proclamatori fanno qualcosa di simile. Dei pick-up con a bordo alcuni espositori vengono traghettati da una sponda all’altra del fiume per predicare a chi abita in quelle zone. Dopo una lunga giornata di predicazione, i fratelli e le sorelle si rilassano intorno al fuoco, cantando e bevendo del maté, un infuso tradizionale spesso accompagnato da frittelle dolci chiamate tortas fritas. I 30 proclamatori della congregazione Cebollatí e tutti i fratelli e le sorelle dell’Uruguay mandano i loro affettuosi saluti a tutti i fratelli del mondo. Dalla sede mondiale dei Testimoni di Geova, questo è JW Broadcasting.

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