Italian Spanking Art

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Mi chiamo Michela ed ho appena compiuto trentaquattro anni. Apprezzo molto i racconti sulla sculacciata, in particolare modo quelli che hanno la peculiarità di sembrare, e forse lo sono, autentici e sinceri.
È vero che il mondo della sculacciata si nutre anche di fantasie, ma non solo di quelle, ed io amo soprattutto la verità. C'è una ragione, probabilmente, in questo, vale a dire che io so benissimo, per esperienza personale, cosa sono le sculacciate con annessi e connessi, poiché ho avuto le mie brave esperienze nel Paese che, della sculacciata, è considerato la patria: l'Inghilterra.
Forse qualcuno si chiederà se è ancora meritata la fama che la terra d’Albione gode in questo campo, ed io risponderò che lo è ancora, o magari lo era fino a quindici anni orsono, ma non ho ragione di pensare che le cose da allora siano molto cambiate. Se le riviste sono, o non, in crisi o di cattiva qualità, se l'argomento suscita la censura del Governo Conservatore (non è curioso questo?), ciò non vuol dire che nelle famiglie inglesi ed in alcuni istituti non si mantenga viva la tradizione.
Naturalmente è assurdo pensare che in tutte le famiglie inglesi sia praticato lo "spanking", ma lo è sicuramente in una buona percentuale, certo maggiore che in Italia, per esempio. Io sono figlia di genitori italiani, ma sono nata e cresciuta a Londra ed ho lasciato l'Inghilterra per rientrare in Italia, appunto, nel 1985.
I miei genitori non mi hanno mai picchiata, anzi con me sono stati certamente troppo buoni ed arrendevoli. Tuttora, credo non sia giusto picchiare i figli, anzi lo ritengo inutile, ma forse una maggiore severità con me non avrebbe guastato. Tuttavia sapevo che diverse altre ragazze, compagne di scuola o amiche, prendevano robuste dosi di sculaccioni. Non solo le ragazze per la verità, anche se avevo notato che, al contrario dei maschi, le femmine continuavano a prenderle pur avanzando nell'età.
Nemmeno in Inghilterra una ragazza che le prende parla volentieri di queste cose, ma si veniva in ogni modo a sapere lo stesso. Ero anche al corrente che le punizioni corporali continuavano ad essere usate in alcune scuole private, ma io non le frequentavo, non avevo amiche che vi fossero state iscritte e poi, in fondo, allora l'argomento "sculacciata" non m’interessava proprio. Come avvenne allora che la cosa cominciò ad entrare nella mia sfera d’interessi?
Dicevo prima, come i miei genitori fossero stati troppo comprensivi o forse disattenti con me ed i risultati, alla fine, non si fecero attendere. Costretta ad abbandonare la scuola da esiti che definire scarsi è modesto eufemismo, cominciai a cercare un lavoro. Ne trovai diversi, ma non resistevo in nessun posto, perché ero pigra, incapace e, soprattutto, non mi piaceva lavorare. Da lì a frequentare compagnie sbagliate, rubacchiare e bere il passo fu breve. Così, visto che riuscivo a rubacchiare dei soldi in casa, perché non provare a farlo anche ai grandi magazzini? Quando vedevo una cosa che m’interessava diciamo che cercavo di appropriarmene.
Fui scoperta una prima volta e non fui denunciata perché riuscii a commuovere il direttore del grande magazzino ed anche perché non avevo rubato quasi nulla, ma a quell'età, diciotto anni appena compiuti, ci si crede più furbi degli altri e così ci riprovai, convinta di non farmi più “beccare”.
Fui così cretina da tornare nello stesso grande magazzino e questa volta non fui perdonata, anzi venne fuori la storia della volta precedente e mi trovarono per giunta in borsa roba del valore di parecchie sterline. Per giunta, insultai i poliziotti che mi vennero a prendere.
Fui processata, per usare un termine che usate in Italia, per "direttissima" e condannata ad un risarcimento.
Inoltre il Giudice si mise d'accordo con i miei genitori e, anche se per la legge inglese ero maggiorenne, fui mandata in un istituto di rieducazione, una specie di piccolo collegio dove avrei potuto riprendere a studiare ed imparare un mestiere.
Non mi opposi a tutto questo - anche se non avrei lo stesso potuto - perché devo dire che, tutto sommato, facevo un po’ schifo a me stessa.
Fra i documenti che firmai entrando in quell’istituto ci doveva essere anche qualcosa che riguardava le punizioni corporali, ma non saprei dirlo perché firmai tutto senza leggere nulla.
Dell'uso delle punizioni corporali fui subito informata dalle altre ragazze. Dovetti indossare la divisa dell'istituto che prevedeva una camicia bianca, la giacca blu, una gonna grigia “lunga” sin sopra il ginocchio ed un paio di ridicole calze bianche da ragazzina, alte al ginocchio, più scarpe nere.
Faticai a adattarmi come, del resto, avevano fatto fatica le altre, ma non c'era davvero scelta.
Tutte le ragazze ospiti avevano un'età compresa fra i diciotto ed i vent’anni; in tutto eravamo una sessantina. Ci trovavamo in questa località della campagna inglese, avendo ottenuto di evitare la galera in cambio di questo, diciamo così, programma di recupero. In fondo, era un collegio come un altro e, ogni tanto, si poteva anche tornare a casa per qualche giorno. Naturalmente, non tutte le ragazze ospiti provenivano dalla crema della società inglese. La nostra giornata prevedeva molto studio in classe, ma anche da sole; erano previste, inoltre, attività sportive. Eravamo sempre strettamente sorvegliate.
La sera, dovevamo ritirarci nelle nostre camere a quattro letti e spegnere la luce entro, e non oltre, le ventidue. Mi misero in camera con tre compagne: Brenda, Sally e Jennifer, le quali mi misero al corrente di tutto, soprattutto delle punizioni corporali.
Brenda aveva vent’anni, alta, bionda e simpatica. Era lì, anche lei per piccoli furti nei negozi.
Sally, ne aveva appena compiuti diciannove ed era di media altezza con capelli scuri e molto carina: si era resa colpevole di un ricatto ai danni di una famiglia in astio con la sua.
Jennifer, invece, aveva diciotto anni ed era piuttosto bruttina; rossa di pelo e grassottella, ma simpaticissima (almeno per me), ed era stata mandata in quell'istituto a causa del suo morboso interesse per i portafogli altrui. Da loro seppi che i castighi corporali si potevano dividere in due gruppi: quelli ricevuti la sera, nella propria camera e quelli che invece si subivano durante l'orario scolastico, soprattutto per motivi disciplinari, in un piccolo locale vicino alla presidenza.
Il gruppo degli insegnanti comprendeva una dozzina di persone, fra cui anche alcuni uomini: questi, però, non potevano prendere parte all'esecuzione attiva dei castighi, pur potendo proporli. Se ne occupavano invece la preside e due insegnanti delegate a questo compito, le quali dormivano anche loro nell'istituto.
Chiesi subito in cosa consistessero le punizioni e mi fu risposto che la sera, nelle camere, erano inflitte delle sonore e prolungate sculacciate sulla pelle nuda. Non c'era un numero fisso di colpi, ma erano comunque tanti. In quello stanzino presso la presidenza, invece, oltre alle normali sculacciate erano impiegati anche una spazzola per capelli e il famoso cane, a completamento e per termine degnamente il duro castigo. Al solo sentire queste descrizioni, nonché questa terminologia, rabbrividivo.
Capii che le ragazze del collegio potevano appartenere a due categorie: quelle che vivevano nel terrore dei castighi corporali e quelle che se ne fregavano del tutto, anche se é arduo sostenere che v’avessero fatto l'abitudine. I pretesti per castigare non mancavano mai: come ho detto in precedenza, l'ambiente non era dei più raffinati ed i regolamenti, molto severi.
Delle mie compagne, quella che più temeva le sculacciate era proprio Brenda, la più “anziana”, anche se tutte e tre avevano avuto precedenti esperienze similari, nelle loro famiglie.
La prima volta che vidi somministrare le sculacciate, fu proprio Brenda a prenderle; di sera, nella nostra camera e rimasi molto impressionata dalla violenza dei colpi e dal fatto che questi fossero inflitti sul culetto con le mutandine completamente abbassate.
Il comportamento di Brenda, durante il castigo, non mi lasciò dubbi sul bruciore che la poverina stava provando.
In seguito, ebbi l’occasione di vedere anche Sally e Jennifer sottoposte all'identico castigo serale, ugualmente doloroso ed umiliante.
Purtroppo, non era possibile assistere ai castighi impartiti nella stanza adiacente la presidenza: si assisteva comunque alla partenza della corrigenda, in seguito a particolari disubbidienze, ma anche per un profitto decisamente scarso, spesso già in lacrime, verso lo studio della Preside.
Il ritorno della punita era ancora più penoso; la ragazza, infatti, aveva incredibili difficoltà nel rimanere seduta nel proprio banco per le ragioni a noi note e, questo, era motivo d’ulteriore vergogna ed umiliazione per lei, nelle altre compagne, accresceva il timore panico.
Realizzai subito l’andazzo nel collegio e mi ripromisi di non offrire mai alcun appiglio per essere punita, sicura di riuscirci. Naturalmente, non fu così. Non sempre la ragazza che era sculacciata la sera sapeva, durante la giornata, di doverle prendere; nella maggior parte dei casi, la corrigenda era informata di una possibile visita serale da una delle due insegnanti, forse, proprio per aumentare, con la spasmodica ansia dell'attesa, la severità della punizione stessa. Cosa che, ad esempio, Brenda non tollerava. A volte, però, l'irruzione nella camera era improvvisa e senza che nessuna di noi l'aspettasse. Pochi attimi di terrore e sapevamo a chi di noi quattro sarebbe toccata. Fu proprio con una di queste improvvisate che, qualche mese dopo, si ebbe il mio “debutto” alle pratiche disciplinari di quell'istituto. Iniziazione che, purtroppo, fu seguita da diverse altre sedute punitive.
Qualche tempo dopo, “conobbi” anche lo stanzino della presidenza. Ma queste sono faccende che, se interessano, potrò raccontare successivamente. L'atteggiamento di molte ospiti dell'istituto verso le punizioni corporali era naturalmente di grande paura ma, come ho già detto prima, alcune sembravano rassegnate a questo stato di cose ed accettavano i castighi quasi con indifferenza (non al momento in cui il dolore diventava insopportabile, comunque). Una di queste, teneva addirittura una sorta di contabilità delle punizioni ed assegnava, con una certa invidiabile ironia, un punteggio alle singole punite nonché alle camere. Posso assicurare che la nostra stanza, purtroppo, occupava sempre una discreta posizione nella sua classifica.
Quanto alle singole ragazze, Chris, una deliziosa diciannovenne, nel leggere i suoi punteggi conseguiti, si sarebbe potuto pensare che passasse più tempo sulle ginocchia delle educatrici che sulle proprie gambe.
Lo spettro delle sculacciate aleggiava tutte le sere perché, anche se nella nostra camera non accadeva nulla, era facile ascoltare i colpi secchi ed i lamenti provenire da una delle stanze attigue. Le sere di completa tranquillità erano davvero ridotte ad un numero esiguo.

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