Introduzione

Introduzione


Sfogliando la prefazione al Rapporto del 1980 di Amnesty International, scritto dal presidente del Comitato esecutivo internazionale, il lettore non può non essere colpito da due circostanze. Anzitutto, lʼautore sostiene chiaramente che Amnesty International ha una missione speciale. Fa ripetutamente riferimento al “mandato” di Amnesty International, apparentemente infatuato da questa espressione. Ma non è ancora chiaro chi abbia conferito il mandato.

Lʼaltra circostanza è ancora più sorprendente. Lʼautore si affanna a dimostrare che nella sua attività Amnesty International è un esempio di obiettività, affidabilità, imparzialità e indipendenza. Sostiene che ciò si manifesta e si sostanzia al meglio nellʼimparzialità delle informazioni di Amnesty International. È molto emotivo quando parla della “precisione” dellʼorganizzazione nel trattare le informazioni.

La prefazione è seguita da una “rassegna analitica” delle attività di Amnesty International scritta da Martin Ennals, che ne è stato per molti anni il Segretario generale. Nellʼindagine, intitolata pretestuosamente “Amnesty International negli anni Ottanta”, si cerca di approfondire lʼautenticità e lʼimparzialità delle informazioni diffuse da Amnesty International. Ennals si sofferma sullʼ“accuratezza” e sullʼ“uso attento delle informazioni fattuali” raccolte dallʼorganizzazione. Non fa alcun tentativo di fingere modestia e non è timido nel lodare i presunti “standard di accuratezza e imparzialità” dellʼorganizzazione. “La raccolta e lʼuso di informazioni accurate” sono stati elencati tra gli “aspetti fondamentali e centrali” dellʼattività di Amnesty International.

Queste affermazioni categoriche mi hanno fatto ricordare i miei frequenti incontri con Martin Ennals, che ha coordinato le attività di Amnesty International negli ultimi dodici anni. Ricordo di aver incontrato alcuni di coloro che erano e sono tuttora responsabili delle operazioni di Amnesty International.

Alcuni di loro li conosco da molto tempo e li ho incontrati in diverse circostanze.

Io e i miei colleghi abbiamo fatto ogni sforzo per convincere – con pazienza, perseveranza e in modo ben circostanziato – le persone che lavorano per Amnesty International che esse traggono le loro informazioni dalla torbida sorgente della falsità. Ho sostenuto che, raccogliendo, elaborando e condensando intenzionalmente la disinformazione, formulando in modo distorto – giacché imbevuta del veleno di materiale primari calunniosi – generalizzazioni e affermazioni sui diritti umani in URSS, Amnesty International sta consapevolmente istigando lo scontro politico piuttosto che servire la causa dellʼautenticità e dellʼimparzialità.

Quando ho sentito i leader di Amnesty International suonare la propria tromba in questo modo, mi sono sentito moralmente obbligato a riferire allʼopinione pubblica che, invece di praticare lʼimparzialità e promuovere lʼaccuratezza, Amnesty International sta deliberatamente e appositamente propagando la parzialità e lʼimprecisione o, per dirla con un linguaggio quotidiano, diffondendo bugie.

Ecco perché questo libro si chiama Lʼanatomia delle menzogne.



Report Page