Intervento dell’Ambasciatore della Russia in Italia Alexey Paramonov al concerto dedicato al 79 anniversario della Vittoria

Intervento dell’Ambasciatore della Russia in Italia Alexey Paramonov al concerto dedicato al 79 anniversario della Vittoria

Ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica Italiana

Buonasera, cari amici, 

Sono lieto di dare il benvenuto ai miei cari colleghi - gli Ambasciatori di Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Mongolia, l'Incaricato d'Affari della Bielorussia, gli addetti militari delle Ambasciate della Serbia e della Cina, il rappresentante dell'Ambasciata d'Armenia, l'Ambasciatore russo in Vaticano e il Rappresentante della Russia presso la FAO.

Oggi, 9 maggio, è la festa più festa di tutto il calendario: il Giorno della Vittoria del popolo sovietico nella Grande Guerra Patriottica. In questo giorno, 79 anni fa, l'atmosfera plumbea di tragedia, sofferenza, altissima tensione e lotta, che regnava nel mondo dal 1939, si dissipò e lasciò il posto a un sentimento di liberazione universale, libertà, gioia, giubilo e speranza.  La pace regnava finalmente sul continente europeo. 

Quel giorno, come mai prima, tutta l'umanità - Occidente, Oriente, Sud, Nord – è tornata a respirare, ha ritrovato il Futuro, ha visto la luce della verità, della giustizia e del bene e ha apprezzato il trionfo della vittoria collettiva sul male. Quel male assoluto - il nazismo, il fascismo - e tutto ciò che ad esso è legato: odiose ideologie, brama di dominio mondiale, teorie sulla superiorità di alcuni popoli sugli altri, sui diritti esclusivi di alcuni rispetto ad altri - è stato messo al bando dal Tribunale di Norimberga e respinto come immorale dal mondo intero.  

Questo giorno ha molte dimensioni: da quella fatalmente geopolitica a quella personale e intima. È rosso del sangue dei nostri antenati che hanno difeso la vita e la libertà dei popoli dell'Unione Sovietica, della Russia, di tutte le repubbliche dell'ex URSS e di molti Paesi europei. È rorido del sudore di coloro che, negli stenti, hanno lavorato sul fronte interno per la Vittoria. E, naturalmente, è cosparso delle lacrime di dolore e sofferenza di tutti coloro che hanno perso i loro cari al fronte, hanno sopportato i patimenti della guerra durante l'assedio di Leningrado e la difesa di Stalingrado, i bombardamenti, le malattie e le privazioni. L'Unione Sovietica ha pagato un prezzo spaventoso per la Vittoria: 27 milioni di vite umane, più della metà delle quali civili.

Non dobbiamo dimenticare coloro che, con spirito di abnegazione, hanno difeso la pace nel teatro asiatico della Seconda guerra mondiale, combattendo contro il militarismo giapponese, coloro che dall'Est hanno fornito un sostegno inestimabile e con sacrificio hanno assicurato l’efficienza e la fermezza dell'Armata Rossa, dell'economia sovietica e del fronte interno. 

L'eroica resistenza dei popoli dell'URSS, contro le forze preponderanti delle armate hitleriane, spronò milioni di cittadini dei Paesi europei a combattere contro il fascismo e il nazismo. In effetti, i soldati dell'Armata Rossa, i partigiani sovietici e i partecipanti ai movimenti di resistenza in Italia, Francia, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Grecia, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia e in altri Paesi europei - persone di nazionalità, ceto, credo e religione diversi - si sentirono uniti nella lotta contro le forze del male.  E hanno vinto.

Non dimenticheremo mai l'impresa eroica dei combattenti della Resistenza italiana, a cui aderirono 5.000 ex prigionieri di guerra sovietici miracolosamente sfuggiti alle torture naziste. Quasi 500 valorosi trovarono la morte e riposano in terra italiana. L'esiguità di questa cifra rispetto ai grandi numeri delle statistiche complessive della guerra, non sminuisce comunque il valore della fratellanza militare, creatasi in quel periodo, per la riconciliazione storica dei due popoli negli ideali dell'antifascismo e dell'antinazismo, per il riavvicinamento e la cooperazione tra l'URSS/Russia e l'Italia durante tutto il periodo successivo e fino ai nostri giorni. Basti ricordare il Presidente della Repubblica Italiana dal 1978 al 1985, Sandro Pertini, insignito dell'Ordine Sovietico della Guerra Patriottica di Primo grado, e il Presidente della Repubblica Italiana dal 2006 al 2015, Giorgio Napolitano, che hanno partecipato attivamente alla Resistenza e hanno dato un grande contributo personale al rafforzamento delle relazioni con la Russia.

C’è chi ritiene che siano stati proprio i tentativi di rivedere e sminuire il significato della vittoria dell'URSS nella Grande Guerra Patriottica del 1941-1945 a innescare il deterioramento del modello apparentemente stabile e gestibile di coesistenza pacifica e sicurezza nel continente europeo e non solo. Il rifiuto delle strutture euro-atlantiche di mantenere l'equilibrio e la loro nuova politica di espansione a est - riproposizione in condizioni diverse del famigerato "Drang nach Osten" di Hitler, mascherato da espansione a est della NATO - stanno già ora costando cari all'Europa (!) e al mondo. È assolutamente incredibile! C'è chi in Europa - pensate un po' - ha improvvisamente deciso di rinnegare la Vittoria e il proprio glorioso passato, di proclamare eroi gli scagnozzi e i collaboratori di Hitler e Goebbels, e di ascrivere i liberatori di Auschwitz e Ravensbrück e i loro discendenti nella categoria dei nemici, degli "estranei", indesiderabili.

Purtroppo, dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica dalla mappa politica del mondo, si è tornati a parlare della superiorità di un gruppo di Stati su tutti gli altri, del vincolo, per il mondo intero, di seguire un "ordine basato sulle regole", della loro esclusività e della conseguente giustezza aprioristica di tutte le azioni e i passi compiuti nell'arena internazionale nei confronti degli altri membri della comunità internazionale. Ora, sempre più spesso assistiamo a palesi tentativi di ridimensionare i principi dell'uguaglianza sovrana degli Stati e della non ingerenza negli affari interni degli Stati, alla base della Carta delle Nazioni Unite e dell'intero diritto internazionale che ha garantito la pace e la sicurezza nel mondo fino ad oggi.  

Nel suo discorso di insediamento del 7 maggio, il Presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato la disponibilità della Russia a rafforzare le buone relazioni con tutti i Paesi - e sono la maggioranza assoluta - che vedono in lei un partner affidabile e onesto. Il nostro Paese non rifiuta nemmeno il dialogo con i Paesi occidentali, purché questi non cerchino di frenare ulteriormente il suo sviluppo, non continuino la loro politica di aggressione e di pressione incessante, ma cerchino una via di cooperazione e di pace... L'importante è che tale dialogo, possibile su qualsiasi argomento, non sia condotto da una posizione di forza, senza arroganza, spavalderia e senso della propria esclusività, ma solo su un piano di parità e nel rispetto degli interessi reciproci.

Oggi in Italia, come in molti altri Paesi occidentali, ci sono molte persone profondamente preoccupate per l'artificioso allontanamento dalla Russia e per le barriere già erette, sottolineo, non dalla nostra parte. La situazione attuale, infatti, ostacola sempre più la normale comunicazione e cooperazione, svalutando gli sforzi di diverse generazioni di nostri cittadini che hanno investito enormi sforzi e passione in progetti e iniziative comuni. Ecco perché sono sempre più forti le voci (e vox populi -vox dei) di coloro che sentono la responsabilità di ciò che sta accadendo e non vogliono essere semplici comparse nel gioco molto pericoloso di qualcun altro.

A questo proposito, vorrei ringraziare sinceramente Moni Ovadia, figura di spicco della cultura italiana, regista, attore, musicista e uomo dalla grande anima, per la sua splendida iniziativa di essere con noi oggi, a Roma, nella storica Villa russa Abamelek. Il Maestro Ovadia è uno di quei grandi europei per i quali i valori di libertà, onore, dignità, verità e giustizia rimangono immutabili per tutta la vita e non dipendono dalle circostanze esterne.

Per questo oggi si esibirà sul nostro palco con una performance musicale e poetica preparata appositamente per il Giorno della Vittoria. Gli siamo infinitamente grati per tale nobile gesto, che riteniamo vada ben oltre l’evento, seppur molto importante, dell'ambasciata. 

Grazie!


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