Incidente di Goiania

Incidente di Goiania

Avvocato Atomico

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Il colore che non era venuto dallo spazio.


La storia che raccontiamo oggi ha luogo in Brasile, e inizia in maniera piuttosto anonima, con un banale atto burocratico: è il 1985, e nella ridente (più o meno) città di Goiânia una clinica privata, l'Istituto Goiano de Radioterapia (IRS), decide di cambiare sede, trasferendosi da una zona molto centrale (appena un chilometro a nord del Municipio) ad una più periferica.

Nel trasferimento ovviamente tutte le attrezzature dovrebbero venire smantellate, ma nasce una disputa tra l'IRS e la Società San Francesco de Paoli, proprietaria dell'edificio, e in attesa della decisione del tribunale vengono messi i sigilli al palazzo; l'11 settembre 1986 la corte dichiara comunque di essere a conoscenza della presenza di un'unità di radioterapia nella clinica abbandonata.

Il 4 maggio 1987 Carlos Figuereido Bezerril, uno dei proprietari dell'IRS, tenta di introdursi nell'edificio per recuperare dei materiali, ma il direttore dell'Ipasgo (l'assicurazione civile) Saura Taniguti chiama la polizia: in seguito a questo episodio la corte emana un'ordinanza restrittiva e fa sorvegliare l'edificio da una guardia giurata.

Solo che siamo in Brasile, che non è esattamente la terra dell'efficienza, e così la controversia giuridica si trascina per mesi, fino a quando il 13 settembre 1987 non avviene un evento sensazionale: l’uscita nelle sale del film "Herbie sbarca in Messico".

Si tratta chiaramente di una pellicola imperdibile, tanto che Voudireinão da Silva, la guardia giurata della clinica abbandonata, si dà malato al lavoro per portare la sua famiglia al cinema.

Il risultato è quasi scontato: due persone si introducono nell'edificio e portano via tutto ciò che possono, inclusa la macchina per la radioterapia, che caricano su una carriola.

Roberto Alves dos Santos Mota e Wagner Pereira, professione spazzini, non sanno esattamente cosa hanno rubato: sperano giusto di tirare su qualche Real rivendendo i rottami. Portano quindi la refurtiva a casa di Alves e iniziano a smontare i pezzi. Già il giorno dopo iniziano a manifestarsi i primi malesseri: entrambi gli uomini hanno forti attacchi di vomito, ma non li collegano a ciò che stanno facendo.

Il 15 settembre Pereira va dal medico, accusando forte nausea e diarrea, che vengono ricondotte ad una possibile intossicazione alimentare: gli viene dunque suggerito di andare a casa e riposarsi, lasciando il suo compare a lavorare da solo sui rottami.

Il 16 settembre Roberto Alves riesce a praticare un foro nella capsula che protegge la radiosorgente, e viene subito incuriosito dalla luce blu che quest'ultima emana. Pensando ad un qualche tipo di sostanza esplosiva tenta di accenderla, ma quest'ultima non prende fuoco. Il 18 settembre riesce a rivendere i rottami ad un altro sfasciacarrozze, Devair Alves Ferreira, e glieli fa recapitare nel garage.

Devair Alves Ferreira è un uomo superstizioso: quando vede la strana e bellissima luce blu emanata dalla capsula pensa addirittura a qualcosa di soprannaturale. Porta così l'oggetto in casa, mostrandolo a parenti e amici, e offre una ricompensa a chi riuscirà a liberare del tutto il materiale luminescente dall'involucro: ha già deciso che con quella sostanza farà un anello per sua moglie, Gabriela Maria.

Ma il bellissimo bagliore blu è tutto fuorché soprannaturale: quella è luce Čerenkov, dovuta all'interazione delle radiazioni beta con l'umidità dell'aria, e il materiale custodito all'interno della capsula è Cloruro di Cesio 137.
UN ETTO
di Cloruro di Cesio 137.
51 TBq di radioattività.
Il quintuplo dei radionuclidi contenuti nel milione di metri cubi di acqua di raffreddamento di Fukushima.

Il 21 settembre un ragazzo che lavora per Devair riesce a liberare con un cacciavite diversi frammenti del materiale luminoso, grandi come chicchi di riso. Ne tiene un paio per sé e per suo fratello e dà il resto a Devair, che inizia a regalarli ai suoi cari: sua moglie inizia a sentirsi male il giorno stesso.

Il 24 settembre il fratello di Devair, Ivo, riesce a raschiare un po' di polvere blu dalla sorgente e la porta a casa, dove accidentalmente ne fa cadere un po' sul pavimento. Sua figlia di sei anni, Leide das Neves, sta mangiando un panino seduta per terra, e rimane immediatamente estasiata dal bagliore blu della polvere: la tocca con le mani, se la applica sul viso, probabilmente ne ingerisce alcuni granelli.

Si calcola che in quella manciata di secondi Leide abbia ricevuto una dose di radiazioni di circa 6 Sievert, pari a un minuto trascorso in prossimità del reattore 4 di Chernobyl DURANTE l'incidente: la bambina non sopravviverà.

Il 28 settembre Gabriela Maria è la prima a ipotizzare il collegamento tra l'elevato numero di persone malate attorno a lei e la strana sostanza blu. Nel frattempo Devair ha venduto il resto dei rottami ad un concorrente. Maria si reca da quest'ultimo e lo convince a farsi dare la capsula luminescente, e la trasporta in autobus fino al più vicino ospedale. Il medico Paulo Roberto Monteiro intuisce immediatamente il pericolo, e contatta immediatamente un fisico, che conferma la natura della radiosorgente e allerta finalmente le autorità: sono passati 15 giorni dal furto.

L'intuizione di Gabriela Maria Ferreira ha probabilmente salvato moltissime vite, ma non la sua: la donna morirà di Sindrome Acuta da Radiazioni un mese dopo, il 23 ottobre.

In seguito all'allerta diramata dal governo locale, 130.000 persone (l'8% della popolazione totale di Goiânia) invadono gli ospedali, timorose di essere state contaminate: per fortuna solo 250 di esse sono entrate effettivamente a contatto col Cesio 137, e solo 20 mostrano i sintomi dell'avvelenamento da radiazioni.

Vengono tutti ricoverati, ma due di loro non ce la faranno: si tratta di Israel Baptista dos Santos e Admilson Alves de Souza, entrambi dipendenti di Devair Ferreira, che avevano aiutato a liberare la sorgente dalla capsula.

Devair invece sopravvive, con solo alcuni danni alle mani, nonostante una dose assorbita di oltre 7 Sv.

Wagner Pereira svilupperà un'ustione alla mano e dovrà farsi amputare alcune dita; va peggio al suo compare: a Roberto Alves dovranno infatti amputare tutto il braccio.

Il triste epilogo di questa vicenda è una scena straziante: una folla inferocita che tenta di bloccare il funerale della piccola Leide, per paura che il cadavere radioattivo possa contaminare il quartiere cittadino vicino al cimitero.

L'incidente radiologico di Goiânia è stato classificato come livello INES-5, lo stesso dell'incidente nucleare di Three-Miles Island, ma in realtà la presenza di vittime lo rende secondo solo a Chernobyl nella classifica di letalità delle tragedie civili che hanno coinvolto radiazioni: sia a Fukushima che a Three-Miles Island, infatti, non ci sono stati morti.

Nonostante questo, la tragedia brasiliana è caduta nel dimenticatoio, mentre i disastri nucleari vengono costantemente rivangati e ricordati, con lo scopo di dimostrare che le radiazioni sono pericolose e dunque che bisogna rinunciare all'energia atomica.

Ma allora bisognerebbe rinunciare anche agli ospedali: se le radiazioni sono pericolose, e Goiânia dimostra che lo sono, allora applicando lo stesso ragionamento dovremmo iniziare a chiudere tutti i reparti di radiologia e radioterapia. Giusto?

O forse bisognerebbe smettere di sfruttare l'impatto emotivo di singoli episodi tragici dovuti ad errori umani per sostenere tesi scientificamente prive di senso, che dite?

Anche perché se dovessimo adottare lo stesso criterio per tutto finiremmo col proibire anche l'uso dell'acqua calda per lavarsi.

-Luca

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