Il mondo è rappresentazione
Carmelo Bene recita Giorgio ColliIl mondo è rappresentazione. il mondo che si offre ai nostri occhi quello che tocchiamo e quello che pensiamo è rappresentazione. Come dalle Upanishad antiche e da Parmenide in poi, ha compreso ogni speculazione penetrante, su questo si può tagliare corto.
Gioco e violenza. Nel nesso che congiunge due rappresentazioni sa ravvisano due componenti in contrasto tra fra loro un aspetto di questo legame viene rivelato dalla natura della memoria, poiché nella persistenza di cui essa è testimone, nella conservazione di ciò che era prima vi è un elemento fatale, ineluttabile, una consistenza del fondo della vita, una durezza che prescinde da ogni volontà e si impone al di fuori di ogni principio di individuazione, insomma un elemento di costrizione e di violenza.
L'altro aspetto è la gratuità, l'arbitrario, il salto qualitativo che rinnova la separazione dell'immediatezza dalla sua prima sedimentazione espressiva, è un carattere di incredibile lievità e di gioco.
Nella fase di riflusso la natura del vincolo tra le rappresentazioni diventa così una modalità la quale viene determinata secondo una legge e seguendo la traccia di quella violenza viene assegnata separatamente a una certa relazione rappresentativa con il nome di necessità, oppure seguendo la traccia di quel gioco viene assegnata con il nome di caso.
Potenza della memoria, la conoscenza soltanto memoria, mai vera immediatezza. Le sensazioni, addirittura le impressioni sensoriali e in genere tutto quello che i filosofi hanno chiamato conoscenza immediata non sono altro che ricordi. E il tessuto intero della coscienza, ossia il conoscere l'effettivo di un soggetto umano, quello che sentiamo, vogliamo, operiamo, la nostra anima o una stella è una semplice concatenazione dei ricordi, che si collegano a costituire il mondo della rappresentazione.
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La vita è nel passato. Sapiente è colui che getta una luce nel buio del passato. Indecifrabile, sfuggente è la natura di ciò che è stato.
Se guardiamo il passato, se cerchiamo di recuperarlo, ci sembra allora di perdere la vita, se guardiamo la vita scopriamo il passato. Ciò che è trascorso da un istante o da un millennio, è identicamente perduto. Nel grido della felicità, nell'urlo della disperazione, ecco in quell'attimo che è già una risonanza, la vita immediata è svanita ormai, dileguata per sempre.
Ma noi ci aggrappiamo a quel passato, non vogliamo perderlo. Tutta la nostra esistenza cosciente non è che eco, propagazione di quella vita. Le onde vanno attenuandosi in gridi, in attimi, in struggimenti, in ricordi, in fantasie, in pensieri e nel fluire digradante di quelle ripercussioni nuovi scuotimenti intervengono cosicché le increspature si intrecciano e si confondono.
Se ci voltiamo più indietro ancora per scoprire la vita surgiva da cui è scaturita l'onda che sempre avvolge, naufraghiamo nel buio dell'irrappresentabile. Non ci giova aver abbandonato il sussulto evanescente di ciò che vive ora.
Se invece voltiamo le spalle al passato e sezioniamo ciò che ci sta di fronte per cogliere la vita mentre fluisce in noi, allora ogni volto, forma, colore, figura della vita che ci circonda sembra dunque scomporsi in frammenti di passato.
La concretezza del mondo presente è un'astrazione mascherata, lungamente elaborata prima di noi e da noi. Ogni fremito è una menzogna, ogni immagine un miraggio.
Il modello dell'integrità: l'uomo moderno è spezzato, frammentario.
Ciò che la collettività si attende dall'individuo, presuppone in lui, è sempre diverso da ciò che egli scopre in se stesso come autentico, sorgivo.
E se vi è qualcosa di più di una formica che vuol lasciare dietro di se una traccia durevole fra le apparenze, il suo strascico di cometa o di lumaca viene frantumato dal mondo, non dalla sua ostilità, ma semplicemente dalla sua estraneità, dalle sue regole, dai suoi comportamenti, dalle sue consuetudini. Nella collettività l'espressione dell'individuo non riecheggia, non rifulge più, è perduta l'armonia del mondo antico.
Negli ultimi due secoli l'apparizione di una grande personalità si accompagna al quadro di un'esistenza tragica, quando non intervenga un temperamento accomodante e vile a preservare l'individuo. La lista sarebbe lunga. Nietzsche è un esempio clamoroso, emblematico di questo destino, poiché in un mondo che stritola l'individuo, Nietzsche è stato capace di farci vedere l'individuo non piegato dal mondo. Questo risultato lo raggiunse in un'epoca che si compiace, e il compiacimento oggi è anche più forte, di mostrare la vita spezzata, l'individuo fallito.
Se la persona di Nietzsche è stata infranta, ciò non dimostra nulla contro di lui, in cambio egli ci ha lasciato un'immagine diversa dell'uomo ed è con questa che dobbiamo misurarci noi.