Il decalogo dello pseudo-Chomsky: come capire le menzogne e la propaganda

Il decalogo dello pseudo-Chomsky: come capire le menzogne e la propaganda

Piergiorgio Odifreddi

Data: 16 gennaio 2015

I recenti fatti di Parigi ci hanno spinti a meditare sulla libertà di stampa, che è una particolare sottospecie della più generale libertà di parola. Quest’ultima, infatti, riguarda tutti i cittadini nelle loro espressioni private. La prima riguarda invece le espressioni pubbliche di coloro che utilizzano attivamente i media: non solo i professionisti, come i giornalisti, ma anche i dilettanti, tra i quali ci siamo pure noi.

A questo proposito, mi sembra interessante ricordare i Dieci Peccati Capitali nei quali, secondo Noam Chomsky, indulgono i media, Nelle sue parole:

1. La strategia della distrazione, che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élite politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o dell’inondazione di continue distrazioni e informazioni insignificanti.

2. Creare problemi e poi offrire le soluzioni. Si crea un problema o un caso apposta per provocare una certa reazione da parte del pubblico, e fargli credere di essere il promotore delle misure che si vogliono imporgli.

3. La strategia della gradualità, che rende accettabile una misura inaccettabile mediante una sua applicazione graduale, a contagocce. Così sono stati imposti i mattoni del neo-liberismo: stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione, decurtazione dei salari. Applicati contemporaneamente, questi cambiamenti avrebbero provocato una rivoluzione!

4. La strategia del differire, che presenta una misura impopolare come “dolorosa e necessaria”, ma da prendere in futuro. Così il sacrificio non è immediato, e si può sempre sperare che non sarà necessario. Questo permette di abituarsi all’idea del cambiamento, e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5. Rivolgersi al pubblico come a un bambino o a un deficiente, con discorsi, argomenti, personaggi e intonazioni particolarmente infantili, spesso patetiche. Come si legge nel manuale Silent weapons for quiet wars: “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se fosse un suggestionabile adolescente, la sua risposta o reazione sarà sprovvista di senso critico, appunto come quella di un suggestionabile adolescente”.

6. Usare l’emotività invece della riflessione. L’emotività è l’arma migliore per provocare un corto circuito della razionalità e del senso critico. E permette di aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure, timori e ossessioni, e indurre determinati comportamenti.

7. Mantenere il pubblico nell’ignoranza fa sì che esso sia e rimanga incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.

8. Stimolare il pubblico ad assuefarsi alla mediocrità lo spinge a credere che è accettabile, e anche di moda, essere stupidi, volgari e ignoranti.

9. Rafforzare l’auto-colpevolezza si ottiene facendoci credere che siamo causa dei nostri mali. Così, invece di ribellarci contro il sistema economico, finiamo con l’incolpare noi stessi e deprimerci. Il risultato è l’inibizione dell’azione, senza la quale non può esserci nessuna reazione!

10. Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano. I progressi della biologia, della neurofisiologia e della psicologia applicate hanno ormai generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élite dominanti. Il sistema ci conosce meglio di noi stessi, e ci controlla meglio e più efficacemente di quanto possiamo fare noi stessi.

Ps. Dopo che qualcuno ha sollevato dubbi sull'autenticità del decalogo, ho chiesto a Chomsky al proposito, e la sua risposta è stata:

Yes, it's a fabrication. Some of the words are mine, but I didn’t write it. There have been many attempts to kill it, but once something’s on the internet, it’s forever.

Questo naturalmente aggiunge un undicesimo comandamento al decalogo.

E conferma che i decaloghi sono figli di N.N. Da cui "Non Nominare (il mio nome invano)"...

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