Il crollo di Wall Street

Il crollo di Wall Street

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Negli anni successivi alla Grande Guerra, gli Stati Uniti conobbero un vero e proprio boom economico dovuto alla fiorente industria automobilistica e all'alta produttività. Alla fine degli anni '20 però si creò una situazione di eccesso di produttività, dovuta all'esaurimento della domanda interna, che non fu contrastata da un aumento dei salari reali e quindi da un potere di acquisto in grado di supportare la produzione.

Questa situazione si riversò presto anche sul mercato finanziario Statunitense il quale, alimentato inizialmente da pacchetti azionari destinati a salire di quotazione e dalla creazione di crediti e mutui per l'acquisto di azioni a tassi relativamente bassi, nell'autunno del 1929 subì una pesante e rapida discesa. I crediti diventarono insolventi e le azioni persero valore molto rapidamente. Il tutto fu seguito da una bolla speculativa senza precedenti, fin quando, il 24 Ottobre 1929 ("Giovedì Nero"), il mercato finanziario subì un crollo epocale. Circa 13 Milioni di azioni furono vendute, provocando un ribasso dell'indice superiore ai 50 punti percentuali. Tra il 28 e 29 Ottobre da Wall Street uscirono dal mercato 16,4 Milioni di azioni.

Alle 19:45 del 29 Ottobre 1929, Wall Street perse 14 Miliardi di Dollari di valore. Questo giorno passò alla storia come "Martedì Nero" o "Big Crash", data del collasso totale della Borsa Statunitense. Nonostante le famiglie Durant e Rockfeller ( le più influenti in quel periodo) comprarono grandi pacchetti azionari, per aumentare la fiducia del mercato, non riuscirono ad evitare che la Federal Reserve diminuisse la quantità di moneta circolante, trasformando così la recessione in "depressione", la più grande della storia economica moderna.

Molti economisti sono tutt'oggi in disaccordo se il "Crollo" fosse una causa della "Grande Depressione" o più semplicemente una logica conseguenza, tuttavia concordano sulla inefficienza della politica monetaria della Federal Reserve. Essa riuscì infatti a triplicare il volume di investimenti azionari, ponendo l'assenza di limiti alla speculazione. Questo sistema aumentò gli indici di borsa da 100 a 216 in quattro anni, ma ciò non corrispose ad un effettivo aumento della vendita di beni.

Un'altra causa fu l'asimmetria tra il mercato dei beni Statunitense e quelli Europeo ed Asiatico. Un caso emblematico fu il crollo dei prezzi dei beni alimentari, tra cui caffè e grano, i quali, furono prodotti per l'esportazione europea, ma rimasero invenduti poiché, oltreoceano, si susseguirono miglioramenti tecnologici nel settore primario in grado di limitare le importazioni dagli Stati Uniti.


Edoardo Pappalepore

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