INTERNET È MORTA, VIVA INTERNET!
Lo Scriba disordinatoL'IA ha ucciso il web commerciale. E forse è una benedizione per chi non ha mai fatto la questua dei click. l'Intelligenza Artificiale sta spazzando via il web dei banner e dei personalismi. E perché, forse, è ora di ricominciare da capo.
L’avvento dell’Intelligenza Artificiale nelle ricerche web, spesso raccontato come una semplice evoluzione tecnologica, assomiglia sempre di più a una mutazione genetica dell'ecosistema digitale. Quello che sta accadendo con il crollo del traffico sui siti (-80% secondo le analisi) e l'introduzione dei "sintetizzatori" di risposte come gli Ai Overview di Google, non è solo una crisi di modello economico per gli editori. È la fine di un'era e, forse, l'inizio di una necessaria purga.
Il web commerciale, quello nato dalle ceneri delle dot-com e cresciuto a pane e click, si sta strozzando con il suo stesso veleno. Per anni abbiamo assistito alla proliferazione di siti gonfiati a banner, popup aggressivi, contenuti ottimizzati non per informare ma per incollare l'occhio allo schermo e monetizzare l'attenzione. Ora, quella stessa logica di corto respiro si ritorce contro il sistema. L'utente, stremato, preferisce la risposta "pulita" e immediata di un chatbot a dover navigare in un ambiente digitale sempre più invivibile. È un tradimento delle premesse libertarie della rete, ma era forse prevedibile.
La grande frattura: dal navigare all'atterrare
Il cambiamento di comportamento è epocale e va ben oltre la protesta degli editori. Si è passati dal navigare – un'attività esplorativa che implicava incontri fortuiti, approfondimenti laterali e una certa agency dell'utente – all'atterrare. Si digita una domanda, si atterra su una risposta sintetica. Fine. Il viaggio muore lì, nel giardino recintato di una piattaforma.
Questa non è intelligenza, è efficienza sterilizzata. E mentre Google centralizza il senso, diventando non più un indice ma l'autore unico di un'unica, piatta enciclopedia, i contenuti umani rischiano di affogare in una marea di sintesi derivate e di testi generati da altre IA. È il paradosso più grottesco: le IA si addestrano sui contenuti umani del web, per produrre contenuti che, sommersi nel web, finiranno per diventare il cibo avariato per le IA di domani. Un cannibalismo digitale che porta dritto dritto alla Dead Internet Theory, da complottismo a fosca profezia.
Mors tua, vita mea: il lato (inaspettatamente) positivo del crollo
Ma in questa crisi, c'è un lato che una voce disordinata non può fare a meno di notare. Il crollo del traffico e dei ricavi pubblicitari non colpisce tutti allo stesso modo. A sanguinare sono soprattutto i grandi player, i siti di informazione mainstream e quei portali che hanno basato il loro modello su un flusso industriale di click. Per loro, è una giustizia poetica.
Nel mondo del dissenso e dell'informazione alternativa, abbiamo sempre vissuto ai margini di questo ecosistema. Abbiamo sempre sperimentato forme di comunicazione che rifiutano la logica della massimizzazione del profitto. Mentre i grandi editori fanno quadrato e presentano reclami all'Agcom, forse è il momento di guardare altrove. La scomparsa della rendita di posizione garantita dai motori di ricerca potrebbe, in un contraccolpo imprevedibile, spiazzare il campo e seppellire ipocrisie e personalismi.
Quante volte abbiamo visto anche nel nostro ambiente piccoli progetti editoriali soffocati non dalla mancanza di idee, ma dall'impossibilità di competere con i budget SEO e marketing di altri? Quante rivalità inutili e quanta ricerca di visibilità a tutti i costi hanno inquinato il dibattito? Un ecosistema digitale meno grasso, meno basato sul click facile, potrebbe paradossalmente premiare la qualità delle relazioni e delle comunità rispetto alla massa di traffico. Forse, tornerà a contare la forza delle idee, la capacità di costruire spazi autentici di discussione, l'audience che cerca davvero quello che hai da dire, non quella catturata per sbaglio da un algoritmo.
Ricostruire dalle macerie: verso un umanesimo digitale?
La vera sfida, quindi, non è piangere sul web che fu. È immaginare il web che può essere. Se l'IA toglie il respiro alla vecchia Internet commerciale, forse sta a noi, nelle crepe del sistema, soffiare vita in una nuova.
Significa forse abbandonare l'ossessione per le visualizzazioni e tornare a valorizzare la profondità, la newsletter costruita con cura, il piccolo forum di discussione, le piattaforme decentralizzate. Significa usare la tecnologia non per rincorrere i mostri, ma per servire un'idea di comunità e di libero pensiero. In un mondo di risposte standardizzate, il valore della domanda scomoda, dell'approfondimento laterale, del testo lungo e discorsivo, potrebbe persino rivalutarsi.
L'IA non ha ucciso Internet. Forse ha solo dato il colpo di grazia a un Internet che era già malato, un Internet che noi per primi, nel nostro piccolo, abbiamo spesso criticato. Ora che il gigante commerciale vacilla, forse c'è più spazio, nelle sue ombre, per far crescere qualcosa di diverso. Qualcosa di più umano, nonostante i robot. Viva la libertà, viva il pensiero libero e disordinato.
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