I tifosi del Napoli mostrano uno Scudetto al contrario in curva: è un messaggio in codice

I tifosi del Napoli mostrano uno Scudetto al contrario in curva: è un messaggio in codice


Scudetto Napoli 20238 Maggio 20239:58

I tifosi del Napoli mostrano uno Scudetto al contrario in curva: è un messaggio in codice

Nella festa al “Maradona” per il Napoli che ha vinto il titolo non è passato inosservato quel bandierone che aveva l’icona tricolore capovolta, accompagnata da due messaggi: bottino di guerra e campioni in Italia.

Il bandierone con lo scudetto rovesciato esposto dai tifosi del Napoli contro la Fiorentina.Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti suScudetto Napoli 2023ATTIVA GLI AGGIORNAMENTI

Lo scudetto rovesciato. Nella domenica di festa al "Maradona" non poteva passare inosservato lo striscione esposto dai tifosi del Napoli della Curva B in occasione della partita contro la Fiorentina: l'icona tricolore capovolta era accompagnata da due messaggi che sono l'alfa e l'omega dei due concetti espressi. "Bottino di guerra" e "Campioni in Italia", in poche parole è raccolto il lato oscuro dell'entusiasmo e dell'euforia che hanno caratterizzato i festeggiamenti per il terzo titolo degli azzurri.

È protesta contro qualcosa e contro qualcuno oppure trofeo mostrato a mo' di scalpo dopo aver conteso, trafugato, strappato un un vessillo ai rivali. È retrogusto amaro, polemica e provocazione. È vena agrodolce che affonda le radici sia nel linguaggio simbolico dei sostenitori (in quel codice non scritto che è un idioma quando a parlare è il cuore ultras) sia nella volontà di tenere accesi i riflettori altri tipi di ragionamenti che attraversano il mondo del calcio in maniera trasversale. È interpretazione legata a differenti motivazioni per chi ha cose da dire senza padroni, senza peli sulla lingua, senza timori.

La bandiera sventolata a Udine dai tifosi del Napoli.

Anche per questa ragione è voluta la scritta Campioni "in Italia" rispetto a "d'Italia". La differenza è tutt'altro che marginale, pone l'accento su quella vena di intolleranza strisciante che ha accompagnato di recente (ma è storia vecchia) le vittorie del Napoli ed è esplosa in questi giorni in maniera più virulenta e palese rispetto a consuetudini che si riverberano da sempre (anche) all'interno degli stadi italiani.

E se è pur vero che si tratta di una minoranza di soliti noti, non si può (più) restare insensibili rispetto alla crudezza di certe immagini: a Londra, a New York e in altre città del mondo si può celebrare con libertà e serenità il successo della propria squadra, in Italia capita che ristoratori siano minacciati, persone intimidite fin dentro casa per un nastro colorato legato alle ringhiere, altre ancora inseguite e braccate per strada per avere al collo una sciarpa e una bandiera tra le mani.

Non è sfotto', ma odio e violenza. Non è goliardia ma avversione, insofferenza immotivata, ingiustificata, che ha fondamento nei silenzi troppi duri da raccontare delle istituzioni sportive, di una certa politica che ci soffia sopra per tornaconto personale, di chi si ostina a parlare di "maleducazione e insulti", che si manifesta contro Napoli e i napoletani, contro i calciatori neri, contro lo juventino Vlahovic che è serbo, gli viene urlato "zingaro" e – come già accaduto a Lukaku o Koulibaly – prende anche l'ammonizione.

Non è calcio, eppure nel calcio c'è. Ma finora il mondo del calcio non ci ha mai fatto veramente i conti oppure sì ma proponendo un sistema blando di sanzioni. Come mettere la polvere sotto il tappeto per "grazia ricevuta".

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