I nostri fratelli durante il genocidio in Ruanda

I nostri fratelli durante il genocidio in Ruanda

Interviste e storie di vita > Di fronte alle prove

🏠 HOME 🎬 VIDEO

Oggi qui con noi abbiamo Eugene e Odile Nteziryayo. Si sono diplomati alla 145ª classe della Scuola di Galaad e hanno vissuto quella tragedia.

Odile, so che i tuoi familiari sono tutsi, questo li avrà sicuramente messi in grave pericolo.

La gente veniva uccisa in tutto il paese e purtroppo anche i miei genitori e mio fratello vennero uccisi. Avevo visto che alcuni capi religiosi avevano dato il loro appoggio in questo genocidio.

Non riuscivo a credere che persone che fino a poco tempo prima vivevano insieme tranquille

hanno a un tratto cominciato a uccidersi tra loro.

E, dicci, come hai conosciuto la verità?

Dopo quel massacro, dopo il genocidio, andai a vivere da mia zia. Lei e la sua famiglia erano testimoni di Geova, così iniziai a studiare la Bibbia con loro. Stavo studiando il libro Vivere per sempre. Mi colpì una figura: c’era un prete che da una parte benediceva la folla e dall’altra benediceva dei soldati che andavano a uccidere. Nella congregazione, invece, vedevo che i fratelli e le sorelle si volevano bene e si sostenevano a vicenda. Ognuno era pronto a rischiare la vita per il bene dell’altro.

Davvero toccante.

Eugene, tu e la tua famiglia non eravate direttamente minacciati dal genocidio, ma quali altre prove avete dovuto affrontare?

Dal punto di vista economico la situazione era molto difficile, noi non avevamo un soldo e non potevamo neanche comprare da mangiare. Ho ancora davanti agli occhi l’immagine di mia madre buttata sul letto a piangere disperata, perché quel giorno non sapeva cosa darci da mangiare.

Me la ricordo ancora. Gli anziani mi dissero di andare alla Sala del Regno. Io ci andai, e una volta arrivato mi misero in mano del denaro, erano 18.000 franchi ruandesi. Gli anziani mi dissero

che quel denaro era un regalo mandato da fratelli e sorelle di altri paesi. Così corsi immediatamente a casa. Mia madre era ancora distesa sul letto a piangere e le diedi in mano i soldi. A quel punto vidi mia madre commuoversi, ricordo ancora quanto si sentiva felice e grata per quello che i fratelli avevano fatto.

Posso immaginare. Tornando a te, Odile, viste tutte le ingiustizie che tu e la tua famiglia avete subìto, come hai fatto a non chiuderti in te stessa, a non provare odio?

L’opera di predicazione è davvero importante per me, perché quando parlo delle promesse contenute nella Bibbia la mia fede si rafforza. Per esempio, parlare della speranza della risurrezione

o della condizione dei morti mi aiuta a ricordare che i miei cari che sono morti non stanno più soffrendo e sono in attesa di essere risuscitati. E questo mi fa sentire davvero felice. Mi vengono in mente le parole che si trovano in 1 Giovanni 2:6, 7. In quei versetti l’apostolo Giovanni ripeté il comando che Gesù aveva dato, ovvero quello di amarci gli uni gli altri proprio come ci ha amato lui.

Quando Giovanni scrisse quelle parole, i cristiani erano perseguitati e quindi avevano bisogno di applicare quei versetti in un modo nuovo. È vero, amiamo i nostri fratelli, ma è in momenti difficili come quelli che hanno passato i fratelli in Ruanda, che abbiamo bisogno di applicare il comandamento di Gesù in un modo nuovo, come non abbiamo mai fatto prima. Dovremmo amarci l’un l’altro così tanto da essere disposti a dare anche la vita per i nostri cari fratelli. La Scuola di Galaad mi ha fatto capire ancora più chiaramente quanto sia importante che io ami i miei fratelli e le mie sorelle nello stesso modo in cui l’ha fatto Gesù.

Voi, cari fratelli e sorelle del Ruanda, siete un esempio straordinario di coraggio, fede e amore.

E ci teniamo a dirvi che vi vogliamo davvero bene.

Grazie. - Grazie.

Grazie per aver seguito questa puntata di “Storie di fede straordinaria”.

Report Page