Harari: come il nostro tecnocapitalismo vi ha ucciso l’anima

Harari: come il nostro tecnocapitalismo vi ha ucciso l’anima

di Tiziano Tanari

Nel nostro tempo siamo immersi in una “realtà potente” che sempre di più invade, pervade e condiziona la nostra vita. Fino ai primi decenni del secolo scorso, le nostre relazioni e informazioni si limitavano ai contatti personali, alla scuola, agli eventi politici, che si imponevano quasi senza la nostra partecipazione, e alla stampa che ci raccontava, in modo molto parziale, il mondo. Poi sopraggiunse la radio, poi la televisione, internet, lo smartphone ed infine l’intelligenza artificiale (IA). Tecnologia e informazione sono diventati strumenti potentissimi e fortemente invasivi che entrano prepotentemente nella nostra vita modificando e, sempre più spesso, plasmando le nostre menti, non per una crescita personale, ma con l’unico obiettivo di uniformarle al poliedrico pensiero unico, funzionale solo ed esclusivamente alle classi dominanti.

Finanza, multinazionali, istituzioni internazionali e governi (ormai quasi interamente asserviti a poteri sovranazionali) operano incessantemente per sviluppare una società globale del controllo. Ne deriva che la dignità, la personalità, l’umanità, la formazione e la morale dell’essere umano del terzo millennio vengono costantemente violentate da questi modelli socio-economici particolarmente invasivi e privi di qualsiasi messaggio etico e di rispetto per la persona umana.

Siamo entrati, da tempo ormai, nell’epoca del consumismo e dell’edonismo; ci siamo sviluppati perseguendo il modello della crescita continua, dell’obsolescenza programmata, dell’efficienza, della competitività e ora siamo entrati in una nuova era, l’era transumanista.

Tecnologia, digitalizzazione e intelligenza artificiale si fondono con la biologia umana, con un unico obiettivo: la creazione del “superuomo”, un essere le cui potenzialità fisiche, psichiche, mnemoniche si moltiplicano a livelli inimmaginabili fino a ipotizzarne.. l’immortalità.

Qui appare una palese contraddizione del “sistema” che ci bombarda da anni, attraverso tutti i media, sul rischio del sovrappopolamento e della sostenibilità ambientale; siamo stati definiti da noti futurologi “mangiatori inutili” e “parassiti del pianeta” che consumano senza creare nulla.

A questo punto sorge spontaneo un dubbio: non è che i superuomini, che potranno, forse, diventare anche immortali, saranno solo una ristretta “elite di eletti”, mentre tutti gli altri saranno relegati al ruolo miserevole di classe subalterna e di servitori.. a “tempo determinato”?

“Non avrete più nulla e sarete felici” sta diventando un ritornello del World Economic Forum (WEF) che entra sempre più in profondità nell’immaginario collettivo, al fine di prepararci a nuove condizioni future, quelle ben illustrate nel progetto denominato “Grande Reset”.

Illuminanti, a questo riguardo, le dichiarazioni di famosi futurologi transumanisti, primo fra tutti Yuval Noah Harari – ideologo e punto di riferimento del WEF e del suo presidente e fondatore Klaus Schwab – che nel suo libro “Homo Deus” fa alcune affermazioni abbastanza esplicite e decisamente inquietanti; ne citiamo alcune:

“Sarà necessario intervenire sulla nostra biochimica e reingegnerizzare i nostri corpi. Ci stiamo lavorando. Si può discutere se sia un bene o un male, ma sembra che il secondo grande progetto del XXI Secolo – garantire una felicità globale – includerà una ristrutturazione di Homo Sapiens dalle sue fondamenta affinchè possa godere di un piacere senza fine”

 

“Comunque, quando la tecnologia ci permetterà di reingegnerizzare le menti umane, Homo Sapiens scomparirà….e si trasformerà in Homo Deus”

 

“Per trecento anni il mondo è stato dominato dall’umanesimo che sacralizza la vita, la felicità, il potere di Homo Sapiens. Il tentativo di ottenere l’immortalità, la beatitudine eterna e la divinità si limita a portare gli ideali umanisti di lunga data alla loro logica conclusione”

 

“Nessuna indagine sulle nostre prospettive divine può ignorare il nostro passato animale o le nostre relazioni con gli altri animali – poiché la relazione tra umani e animali è il miglior modello che abbiamo per le future relazioni tra superuomini e (semplici) uomini. Volete sapere come androidi super-intelligenti potrebbero trattare umani ordinariamente costituiti di carne ed ossa? Meglio cominciare a indagare come gli umani trattano i meno intelligenti cugini animali”

 

“Come è giunto Homo Sapiens a credere nella fede umanista, secondo cui l’universo ruota intorno al genere umano e gli umani sono la fonte di ogni significato e autorità?”

 

“E se davvero l’umanesimo è in pericolo, cosa prenderà il suo posto?”

“Forse anche il collasso dell’umanesimo porterà benefici”

“Non c’è evidenza scientifica che, al contrario dei maiali, i Sapiens abbiano un’anima”

A questo punto, noi “umani”, cosa possiamo contrapporre a questa filosofia della potenza materialista dove pare non ci sia più posto né per l’anima, né per i tradizionali valori del nostro umanesimo?

Ci vogliono far superare quei principi che, fino ad oggi, ci hanno, almeno in parte, orientato verso il bene e la giustizia, verso una vita sociale fatta di relazioni, in cui sentimenti ed etica ne rappresentano ancora il pilastro fondante.

Si impone una proposta alternativa che ci riporti a quei valori universali (etici) che superino la morale e perfino la religione: il bene, il buono, il giusto, l’armonioso, il bello. Essi non possono essere racchiusi in nessun recinto ideologico o istituzionale, perché sono connaturati alla nostra più profonda essenza di esseri pensanti e in questa nostra natura, dobbiamo ricercare il senso e il valore: se c’è, del nostro esistere.

Per proseguire in questa ricerca di identità, sia antropologica che individuale, dobbiamo prima di tutto cercare di capire se nell’etica può essere contenuta una sua forza intrinseca capace di manifestarsi in energia vitale reale che “agisce” nella vita dell’essere umano.

In questo periodo di grandi conflitti, sociali economici e culturali, è importante e necessario richiamare l’attenzione sul concetto fondamentale della natura dell’etica intesa come punto di riferimento primario e imprescindibile: dove nasce, come si forma, ma soprattutto che cosa gli può dare un senso logico.

L’ultimo punto è il più importante, il più immediato e, forse, il più facilmente risolvibile (niente dogmi, valutazioni religiose o moralistiche, né tanto meno scientifiche, solo logica).

Alcuni anni fa, su un quotidiano nazionale apparve un articolo che titolava: ”Può esistere un etica senza Dio?”; questa domanda sintetizzava, forse, il concetto fondamentale sul significato e sul senso della vita.

I valori possono esistere “in natura” come energia (reale) che orienta e spinge in una sempre maggiore e più elevata organizzazione (evoluzione) che tenda verso l’armonia (e quindi verso Dio), oppure possono avere solo un valore relativo costruito dagli uomini, funzionale solo a una buona convivenza e alla sopravvivenza della specie.

In questo caso, li definirei relativi poiché diverse e svariate sono le culture con i loro rispettivi valori:

non c’è un comune denominatore veramente aggregante, né tanto meno lo sono le religioni che invece di unire, dividono irrimediabilmente; le loro “verità” di fede rappresentano più elementi di conflitto che di unione in quanto, pare, che le “rivelazioni” siano state più di una e non proprio concordanti.

Trovo logica, a questo punto, la necessità di valutare il problema dagli unici due punti di vista possibili: da credente (persona di fede, in senso generale) o da ateo (laico sarebbe in questo caso termine improprio).

E’ importante questa distinzione in quanto ci pone su due punti di vista diversi e antitetici e ci permette di comprendere se – e in quale delle due visioni – l’etica trova la sua logica giustificazione.

Poniamo un esempio semplice: una persona camminando di sera in una strada deserta vede una grossa borsa a terra, la raccoglie e vi trova molto denaro con i documenti del proprietario.

Si impone una scelta: applicare, o no, il valore dell’onestà e quindi della giustizia?

Valutiamo ora la risposta dai due punti di vista. Premessa: la strada era buia e deserta e la persona ha la certezza di non essere vista e, quindi, di non dover rendere conto a nessuno, soltanto a se stesso.

Punto di vista del credente: trovo logico che la persona restituisca i soldi, poiché il non farlo lo allontanerebbe dalla sorgente di verità e giustizia che rappresenta la vera essenza della vita, il legame “armonico” con la trascendenza; rifiutare i valori vuol dire rifiutare di partecipare alla “vera” vita. Quindi meglio rimanere in “armonia” con Dio che andarsi a spendere qualche diecimila euro in futili e caduche cose materiali (non parlo, in questo caso, di timor di Dio, paura dell’inferno, ecc., parlo di essere in armonia con Dio).

Punto di vista dell’ateo: trovo logico.. che se li tenga; non vedo un motivo plausibile che imponga di rinunciare a tanti soldi che potrebbero migliorare la qualità della sua vita, e’ la sola che ha e, per lui, è l’unica che conta.

Conclusione: senza un legame a una realtà superiore o altro rispetto a questa vita, i valori non trovano in sé una loro consistenza intrinseca che li autogiustifichi.

Secondo questa logica, se condivisa, una persona profondamente etica, o possiede una fede in un Dio che la giustifichi o, se coerente, dovrebbe abbandonare i suoi valori come ideale di vita e seguire una logica esclusivamente utilitaristica e, quindi, egoistica.

Intendo qui puntualizzare, poiché può sorgere un fraintendimento, che non ritengo gli atei dei delinquenti o potenziali criminali, anzi, le persone migliori e di animo buono le ho trovate molto più frequentemente in persone che si ritenevano non credenti (come la Parabola del Buon Samaritano dei Vangeli insegna).

Sono, come tanti, una persona “in ricerca”, ma credo che una vita senza valori sia inaccettabile e che i valori medesimi non possano avere senso se scollegati a un “principio ordinatore che agisce”, inteso come manifestazione tangibile di un Dio trascendente.

La ricerca di un processo simbiotico diventa indispensabile per cercare un’eventuale sintonia che ci permetta di percepire un senso che ci orienti nella nostra vita materiale, verso il bene e l’armonia con la prospettiva di entrare in una realtà più vera e profonda.

Se questa prospettiva, che per molti è l’unica che da’ significato alla nostra esistenza, non ci fosse, allora la vita, per quello che ci può offrire, nella sua precarietà e limitatezza, non sarebbe altro che la più inutile delle crudeltà.

Non sappiamo dov’è la verità, ma sicuramente la bellezza, il bene, l’armonia sono gli unici obiettivi da perseguire per tentare di dare valore al nostro vivere.

In questa ottica, il riferimento più importante è sicuramente rappresentato dal messaggio cristiano che ci illumina dai Vangeli dove l’intelligenza, la raffinatezza di pensiero, la modernità e l’umanità raggiungono i più alti livelli conferendo una dignità all’essere umano senza eguali. Purtroppo, non abbiamo nessuna certezza, anzi, le brutture del mondo ci allontanano sempre di più dalla percezione che la vita sia una meravigliosa esperienza degna di essere vissuta.. comunque.

Ritengo che la cultura etica del terzo millennio ce la giocheremo nel confronto/dialogo fra due linee di pensiero: la fede e il razionalismo/relativismo materialista e transumanista; ho scritto fede e non religione, poiché quest’ultima, nelle sue varie forme, non ha creato che divisioni e conflitti nel mondo, facendosi portatrice di una verità assoluta, che di assoluto non ha proprio niente.

Le religioni, soprattutto le istituzioni religiose, ad oggi, non rappresentano nulla se non un potere che alimenta se stesso e sono lontane da qualsiasi processo che possa far crescere la vera spiritualità e la dignità nelle persone.

Queste riflessioni sono più che mai attuali, perché ci permettono di capire la vera natura delle classi dominanti che, come nel caso di Harari, si manifestano apertamente verso una linea di pensiero prettamente materialistica e quindi necessariamente utilitaristica; da loro, non possiamo aspettarci nessuna azione nell’interesse, né tantomeno nel rispetto, della comunità umana. E’ nella dialettica filosofica e valoriale, con questa visione razionalista della vita, che si deve riuscire a dimostrare il possibile primato del bene e della giustizia.

Questo non si può attuare solo attraverso le religioni che hanno una posizione prevalentemente dogmatica e indimostrabile; seguendo una logica e con un’attenta analisi empirica dell’esistenza, ritengo si possa arrivare a dimostrare che non è irrazionale pensare ad una realtà trascendente che ci possa coinvolgere in una dimensione superiore che dia dignità e riempia di significato la nostra vita.

A questo punto, diventa vitale cercare di comprendere verso quale tipo di evoluzione può orientarsi l’essere umano, con quali potenzialità e con quali strumenti per trovare quel senso della vita che fondi nell’etica la sua realizzazione più completa e appagante.

O riusciremo a rendere queste prospettive attrattive e motivanti, o sarà la vittoria del transumanesimo e la morte dell’anima.

Pubblicato in partnership su ComeDonChisciotte


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