HUAWEI ESCLUSA DALLE RETI 5G, LA CINA RISPONDE

HUAWEI ESCLUSA DALLE RETI 5G, LA CINA RISPONDE

Richard Sulollari

 


Sebbene Huawei sia salita sul podio dei produttori globali di smartphone, guadagnandosi il primo posto nonostante le limitazioni imposte dagli Stati Uniti e la sua App Gallery abbia raggiunto i 33 milioni di utenti in Europa (460 milioni nel mondo), il clima da guerra fredda USA-Cina non accenna a fermarsi.


È infatti recente una lista di 19 aziende cinesi che secondo il pentagono lavorano per Pechino. Tra queste troviamo, oltre alle ben note Huawei e ZTE, le principali aziende tecnologiche come Hikvision (telecamere di sicurezza), la China Mobile Comunications Group, China Telecomunications Corp, China Aerospace Science and Industry Corp e CRRC, il più grande costruttore al mondo di treni passeggeri con accordi a Boston, Philadelphia, Chicago e Los Angeles.

Altrettanto recenti sono i tweet del presidente della Federal Communication Commission (FCC), pubblicati sia in inglese che in cinese, in cui dichiara che i fondi americani per i servizi universali (valore: 8,3 miliardi di dollari) non potranno essere utilizzati per l’acquisto e l’installazione di apparecchiature Huawei e ZTE.


Tutti elementi che vanno a rafforzare la presa di posizione dell’amministrazione Trump la quale, oltre a sembrare molto decisa sul da farsi, manda costanti memorandum ai paesi alleati ricordando che “forse”, nel caso in cui si scelga Huawei come fornitore di apparecchiature, ci potrebbero essere delle conseguenze.

L’ambasciatore americano Chapman infatti, nella sua ultima visita al Brasile, ha ricordato come quest’ultimo potrebbe correre il rischio di vedersi economicamente abbandonato dagli USA qualora dovesse scegliere Huawei come fornitore in quanto le grandi aziende americane non sono molto propense a investire laddove la protezione della proprietà intellettuale non venga garantita (a causa di un infrastruttura cinese per l’appunto).


LE RISPOSTE DELLA CINA

La grande potenza orientale non perde tempo e continua a svilupparsi suscitando timore (economico) nei paesi occidentali. Infatti, l’attuale pugno di ferro ad Honk Kong, la mira espansionistica nel mare Cinese del Sud con volontà di riappropriazione di Taiwan, la recente repressione degli Uiguri e la corsa al vaccino del Coronavirus stanno suscitando un allontanamento di diversi paesi, specialmente europei, portandoli ad accogliere l’invito americano di escludere Huawei.


Quest’ultima però gioca le sue carte e cita in giudizio Verizon, Cisco e HP per violazione di brevetti sfruttando la modifica delle condizioni FRAND americane (Far, Resonable and Non-Discriminatory).


Le sopracitate condizioni permetterebbero a Huawei di ottenere la concessione di licenze che le garantirebbero di rispondere alle accuse.

Ciò che gli Stati Uniti temono è che, al di là dell’esito del processo alle tre aziende americane, queste debbano esporre dati sensibili per difendersi e che Huawei possa ottenere il rinegoziamento delle concessioni in licenza dei suoi brevetti facendo fallire la piccola imprenditoria americana che se ne sta servendo.


Dal canto suo il colosso cinese delle telecomunicazioni continua a lavorare per diventare indipendente con rumors che vedono una versione 2.0 di Harmony OS presentata a Settembre durante la Huawei Developer Conference. Secondo indiscrezioni questa seconda versione del sistema operativo proprietario dovrebbe essere sviluppata per smartphone, smartwatch e automobili, aprendo uno scenario in cui Huawei inizia a investire nel settore dell’automotive.


HUAWEI IN ITALIA

A inizio Giugno si è tenuta la gara tra potenziali fornitori di apparecchiature per l’infrastruttura di rete italiana, gara dove Huawei si è vista esclusa da TIM.


Alla gara hanno partecipato aziende come Ericsson, Nokia, Mavenir e Affirmed Networks.


Il gruppo Telecom ha dichiarato come questa esclusione non sia avvenuta per motivi politici, ma con il solo scopo di diversificare i fornitori.


Secondo uno studio della Oxford Economica (studio commissionato da Huawei) l’Italia andrebbe incontro ad un aumento del 19% dei costi di sviluppo del 5G, percentuale che si traduce in 282 milioni di euro all’anno. È simile anche il parere degli analisti secondo i quali l’esclusione di Huawei provocherebbe mancanza di concorrenza, aumento dei costi da scaricare sui consumatori e una resa del progetto meno remunerativa con conseguente calo della spinta all'innovazione.

Sempre gli analisti stimano entro il 2023 un ammontare di 6,2 milioni di italiani senza accesso al 5G e una perdita di 4,7 miliardi del PIL entro il 2035.


Il governo italiano si dimostra diviso su questo fronte con un Movimento 5 Stelle che cerca di temporeggiare e un PD che invece vuol seguire l’invito dell’America ad escludere il fornitore cinese.


Huawei si dimostra vicina e disposta a investire in Italia dichiarando:

"Siamo fermamente convinti che la sicurezza e lo sviluppo dell'Italia digitale debbano essere supportati da un approccio basato sui fatti. Siamo impegnati a contribuire allo sviluppo digitale del Paese, anche in questa difficile fase, con tecnologie, impiego, risorse, sia in modo diretto che indiretto, attraverso la catena di fornitura dei nostri partner. Sicurezza, trasparenza e rispetto delle regole sono gli elementi fondamentali che ci hanno garantito la fiducia di operatori di telecomunicazioni, imprese e consumatori."


Non mancano però anche i messaggi degli Stati Uniti, in particolare da parte di Philip Reeker, capo del Bureau of European and Eurasian Affairs al dipartimento di Stato:

“Siamo fiduciosi che sulla questione del network 5G il Governo italiano prenderà la decisione giusta per il popolo italiano, allo scopo di garantire che i vostri dati e la vostra sicurezza siano pienamente protetti”.


LA DECISIONE DI FRANCIA E REGNO UNITO

In Francia, come riportato de Reuters, le autorità hanno comunicato che chi intende acquistare apparecchiature 5G cinesi non potrà rinnovarne le licenze d’uso una volta scadute.


L’Anssi, agenzia francese per la sicurezza informatica, consentirà agli operatori di usare apparecchiature targate Huawei con licenze limitate che non possono superare la durata di 5 anni (mentre le licenze Ericsson e Nokia possono avere durata di 8 anni) e spinge chi già non le ha a non acquistarle.


Entro il 2028 tutta la strumentazione Huawei verrà rimossa completamente dall'infrastruttura di rete francese.


Anche il primo ministro britannico Boris Johnson è pronto ad eliminare la tecnologia appartenente all'azienda di Shenzen, spinto soprattutto dalla perdita di forti interessi economici nell'ex colonia Hong Kong a causa della dura politica cinese.


Ha dichiarato che durante la decisione di quelle che saranno le aziende fornitrici di strumentazioni di rete, l'intelligence britannica darà parere negativo riguardo a coinvolgimento di Huawei.



LE VARIABILI RUSSIA E ZTE

In Russia la situazione è molto più distesa. MTS, operatore telefonico russo presente anche in Armenia e Bielorussia, si vede assegnare dal Servizio Federale per la Supervisione nella Sfera della Connessione e Comunicazione di Massa (ente noto come Roskomnadzor, RKN) la licenza per la costruzione dell’infrastruttura 5G fino al 2025. Secondo quanto riportato dal TASS (giornale russo), l’operatore in questione aveva siglato precedenti accordi con Huawei già nel 2019.


Ciò che desta scalpore è come la Russia, paese che da sempre è molto attenta alla sicurezza delle sue telecomunicazioni, abbia valutato Huawei come partner sicuro e conveniente nello sviluppo della sua rete 5G, specialmente in un contesto in cui i primi clienti ad utilizzare la nuova tecnologia saranno grandi aziende e partner commerciali e solo in seguito il resto della popolazione. Forse questa scelta, assieme alle vicine elezioni negli Stati Uniti, potrebbero cambiare le carte in tavola.


Un’altra azienda da non sottovalutare in questo ambito è ZTE. Quest’ultima, anch'essa esclusa dal mercato statunitense ed Europeo, si pone come alternativa a Huawei utilizzando toni gentili e cercando di apparire staccata da giochi diplomatici di qualsiasi genere.


ZTE infatti si è dichiarata volenterosa a trattare per rimettersi in gioco, riducendo la questione della sicurezza informatica a una questione prettamente scientifica ed evitando ogni menzione a qualsiasi collegamento col governo di Pechino.

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