Grecia: l’operazione è riuscita, il paziente è morto

Grecia: l’operazione è riuscita, il paziente è morto

Salclem2

di Roberto Pecchioli, 2 luglio 2018

Il debito pubblico era attorno al 100 per cento del PIL, adesso sfiora il 190, molti vivono di carità privata. Queste sono le macerie che lascia la dittatura quasi decennale delle “istituzioni finanziarie”.


Suonano a distesa le campane euro entusiaste: la Grecia è fuori della crisi che la attanaglia da dieci anni, la Troika (BCE, Fondo Monetario, Commissione Europea) che l'ha commissariata si ritira. Paolo Gentiloni, già primo ministro italiano, ha ringraziato commosso il suo omologo Tsipras, l'ex beniamino della sinistra fattosi massacratore del popolo greco.


La gioia del conte Gentiloni Silverj è assai sospetta e merita di mostrare i dati socio economici. Il primo dato che sgomenta è l'ampiezza degli interventi dei "benefattori". Gli aiuti hanno superato i 241 miliardi di euro, una parte dei quali uscita da tasche italiane. La maggior parte di questa cifra è servita per salvare l'enorme esposizione delle banche tedesche e francesi (oltre 90 miliardi), il resto sono andati in interessi.


Cerchiamo di capire che cosa è accaduto dal 2008-2009, allorché il precipizio si è aperto sotto i piedi del popolo ellenico.


Il PIL della Grecia è ora in lieve rialzo dopo essere disceso per anni, con una punta al ribasso del 15 per cento. E il popolo greco? Ha dovuto sopportare finora circa 800 "riforme" economiche e sociali imposte dai dittatori finanziari. La prima parte del loro sporco lavoro è fatta. Assomiglia a quei bollettini medici in cui si dice che l'operazione è tecnicamente riuscita, ma il paziente è morto.


In meno di dieci anni la Grecia ha perso mezzo milione di abitanti, passando da 11,3 milioni a 10,8. La mortalità è aumentata con punte raggelanti tra i neonati e i bambini, l'aspettativa di vita è calata. Un greco su 4 non ha accesso a cure mediche per lo smantellamento del sistema pubblico e la mancanza di denaro per le terapie. Il tasso di suicidi si è alzato del 35,7 per cento. Quattro bambini su 10 vivono in povertà: il dato è semplicemente ignobile e rende disgustose le congratulazioni di Gentiloni e compagni.


La Grecia è stata espropriata di tutto. La sua fragile economia è quasi interamente in mani straniere, spiccano tedeschi, francesi e cinesi. Sono stati svenduti i porti – l'antichissimo Pireo ha gli occhi a mandorla – gli aeroporti, gli immobili turistici, le ferrovie, le scarse industrie e il settore agricolo intensivo. La disoccupazione, al 10 per cento prima del governo Troika-Tsipras è adesso al 20 per cento, un successone, giacché si toccò il 28 per cento. Ma i numeri sono difficili da nascondere dietro le fumisterie contabili: solo il 35 per cento della popolazione è attiva, l'età media di chi lavora è salita per l'emigrazione massiccia dei giovani. Industria ed esportazione sono in modesta ripresa, ma ci vorranno decenni per risalire al dato pre-crisi. Lo stipendio medio di un dipendente del settore privato non supera i 500 euro, la contrattazione collettiva è stata abolita per legge. Le pensioni sono state tagliate ben 13 volte, e nel 2019 è prevista un'altra sforbiciata; la media è inferiore a 400 euro.


Mancano i farmaci per molte patologie e lo stesso sistema bancario, che gli usurai si vantano di aver risanato ha un euro di impieghi su due a rischio di mancata restituzione. Tuttavia, il ministro francese Bruno Lemaire e il suo collega tedesco Olof Scholz si congratulano con Tsipras: ha fatto un buon lavoro. Parola di necrofori. L'euro non è in discussione, esultano. Gioiscono assai meno i 200 mila dipendenti tagliati nel settore pubblico e l'intera popolazione il cui potere d'acquisto si è eroso di oltre il 28 per cento. In compenso, crescono i profitti greci della Germania.


Ma hanno fatto un ottimo lavoro e soffrono intensamente leggendo che il 35,6 per cento dei greci è oltre la soglia della povertà. Piangono ogni notte sapendo che nel 2017 ci sono state l'enormità di 133.000 rinunce all'eredità, con un balzo del 333 per cento. Mancano i soldi per pagare le tasse relative, i beni vanno all'asta e capirete a chi finiscono.


Il debito pubblico era attorno al 100 per cento del PIL, adesso sfiora il 190, molti vivono di carità privata. Queste sono le macerie che lascia la dittatura quasi decennale delle "istituzioni finanziarie". La Grecia è un morto che cammina, come ripete un farmacista ateniese impossibilitato a rifornire i suoi clienti. Oltre a chi non può più permettersi terapie e medicine, oltre le carenze di approvvigionamento e distribuzione e i tagli selvaggi alla sanità, sussiste l'obbligo di fornire i farmaci antitumorali soltanto a pochi pazienti. La legge prescrive che la fornitura sia legata all'aspettativa presunta di vita, che viene direttamente indicata sulla ricetta. Insomma, i greci devono morire, per di più soffrendo senza cure, affinché le istituzioni finanziarie si riprendano i soldi che avevano improvvidamente prestato.


La verità è che la Troika non si ritira dalla Grecia. Ha infatti imposto ulteriori politiche di austerità e tagli, che troveranno ubbidienti esecutori nel prossimo governo. Tsipras perderà le elezioni, ma nulla cambierà, giacché gli succederà Nuova Democrazia: la destra e la sinistra che hanno distrutto la Grecia si danno il cambio.

(Fonte: https://it.sputniknews.com/punti_di_vista/201807026190679-grecia-deficit-pil-istituzioni-finanziarie-ue/)


Grecia: l’austerity che uccide

Manifestazioni ad Atene durante la visita della Merkel

di Ilaria Bifarini, 10 novembre 2018


Il vero pericolo per lo stato di salute di un Paese e dei suoi cittadini non è rappresentato tanto da una crisi economica ma dalla risposta che a tale evento dà la politica. Non è la recessione in sé a provocare effetti disastrosi sulle vite umane, ma le sciagurate politiche di austerity attuate per superarla. A dimostrarlo sono due esperti di scienze mediche, D. Stuckler e S. Basu, nel libro “L’economia che uccide” (Rizzoli, 2013).


Dalle ricerche condotte emerge come alcune popolazioni abbiano addirittura riportato un miglioramento nel livello di salute a seguito di periodi di grave crisi economica, come avvenuto ad esempio in Islanda, Svezia e Canada durante le recenti crisi e negli stessi Stati Uniti a seguito della Grande Depressione. È provato, ad esempio, che la minore disponibilità economica induce le persone a spendere meno per alcol e fumo e a preferire gli spostamenti a piedi piuttosto che in automobile, portando in alcuni casi a una diminuzione del tasso di mortalità.


Quando per far fronte alla crisi si ricorre invece alle misure di austerity, secondo quello che è il repertorio fisso della ricetta neoliberista, vengono messi in atto una serie di tagli alla spesa pubblica e alla sanità, che minano il ruolo di tutela dei cittadini da parte dello Stato. In perfetto disaccordo con la teoria keynesiana, in un momento in cui la domanda è già depressa, tagliare la spesa pubblica significa indurre i cittadini a spendere meno, avviando così un circolo vizioso in cui a un aggravarsi della depressione della domanda fa seguito un inevitabile aumento della disoccupazione. Questo è il motivo per il quale le politiche di austerity, come testimoniato dal caso del nostro Paese, anziché far diminuire il debito lo aumentano.


In un simile contesto, caratterizzato dall’alta disoccupazione e l’indebolirsi della rete di sicurezza sociale, la perdita di lavoro può trasformarsi in un problema di salute. Esiste, infatti, una relazione diretta empiricamente comprovata tra spesa in welfare e speranza di vita.

Spesa in welfare e aspettativa di vita

Come affermano i due autori:

il prezzo dell’austerity si calcola in vite umane e quelle ormai perse non potranno più essere recuperate quando il mercato azionario tornerà a salire.”


A sostegno della loro tesi riportano analisi e testimonianze di quanto accaduto in Grecia a seguito della crisi, in Italia a partire dal governo Monti 


Dalla crisi economica la Grecia passa alla crisi dell’austerity, ovvero lo shock causato dalle misure imposte.

In Grecia il primo pacchetto di misure di austerity imposto dal Fondo Monetario Internazionale è entrato in vigore nel maggio del 2010, senza essere sottoposto ad alcuna votazione.


L’obiettivo del piano era “mantenere la spesa per la sanità pubblica al di sotto del 6% del Pil, prestando attenzione al controllo dei costi.” Si tratta di un valore decisamente basso per poter garantire la qualità della sanità pubblica: per fare una comparazione, il governo tedesco spende oltre il 10% del Pil. I primi a pagarne le spese sono stati ovviamente gli anziani.


Nel solo 2011 i fondi per la prevenzione e la promozione della salute sono passati da 29,6 a 5,9 milioni di euro e quelli destinati alla ricerca e al monitoraggio da 91,9 ai 18,4 milioni di euro.[1]


A seguito di tali misure nel 2011 in Grecia il virus dell’HIV è aumentato del 52% e si è assistito a un’epidemia di malaria che non si riscontrava dal 1974.


Fino ad allora nota come il Paese con il tasso di suicidi tra i più bassi in Europa, la Grecia ha riscontrato nel 2012 una crescita di tale indicatore del 25%, a fronte di un raddoppio di persone affette da depressione.


La disperazione e la rabbia del popolo greco erano tali che nell’ottobre 2012 l’arrivo della Merkel ad Atene ha richiesto il dispiegamento di 6000 agenti di polizia per contenere i manifestanti che lanciavano pietre, bruciavano bandiere naziste e intonava cori che dicevano no al quarto Reich.


L’errore dei moltiplicatori 

Nonostante le misure di austerity, il debito pubblico greco non solo non è diminuito ma anzi è continuato a salire.

Evoluzione del debito pubblico greco in rapporto al Pil

Uno degli argomenti cardine del Fondo Monetario Internazionale a favore dell’austerity sosteneva che il moltiplicatore fiscale relativo alla spesa pubblica fosse pari a 0,5: dunque a un taglio della spesa statale sarebbe dovuta corrispondere una crescita del Pil. Di fronte ai fallimenti conclamati nel febbraio del 2012 il Fondo ha chiesto ai propri economisti di ricalcolare il moltiplicatore e si è scoperto che era inficiato da un errore. Il suo valore era maggiore di 1, quindi ogni taglio avrebbe prodotto una perdita. L’istituto di Washington ha ammesso di aver sottostimato gli effetti negativi dell’austerity sulla perdita di occupazione sull’economia.


Quello che doveva essere un aiuto concesso alla Grecia si è tradotto in un disastro: perdita di posti di lavoro, minore reddito, calo della fiducia da parte degli europei.


[1] Health Policy Responses to the Financial Crisis in Europe, OMS, 2012

(Fonte: https://ilariabifarini.com/883-2/)


Fubini ha nascosto volutamente 700 bambini morti in Grecia. Questo è l’informazione italiana (video Shock)

di Guido da Landriano, 2 maggio 2019


Quanto vale l’Unione Europea? Quanto valgono gli “Ideali europei”. Un morto, 10 morti, 100 morti? Sicuramente per Federico Fubini, il noto giornalista del Corriere della Sera, valgono almeno 700 bambini. Chi lo dice? Lui stesso.


Vi invito a guardare l’estratto di questa intervista a TV2000, la TV dei vescovi italiani, in cui candidamente confessa di aver saputo che l’aumento della mortalità infantile in Grecia ha portato alla morte di almeno 700 bambini, ma di averlo nascosto all’epoca al Corriere, di non averne scritto, per non dare delle armi ai movimenti contrari all’Unione Europea.

"C'è un articolo che non ho voluto scrivere sul Corriere della Sera: guardando i dati della mortalità infantile in Grecia mi sono accorto che con la crisi sono aumentati i decessi di bambini" @federicofubini a #TGtg @TV2000it @donvaccarelli #1maggio, 1 maggio 2019

Fubini ha nascosto volutamente 700 bambini morti in Grecia - https://vimeo.com/334117007


Quindi è legittimo nascondere la verità se si servono degli interessi superiori. Mi chiedo se questa sia stata la base anche del giornalismo in Germania durante il periodo nazista: non scriviamo dei campi di concentramento, perché potrebbero dar fastidio al nostro ideologo.


Il giornalismo, un buon giornalismo, dovrebbe dire TUTTO per permettere le scelte migliori, non far finta di informare per poi guidare verso delle supposte “Finalità superiori”. Chi lo fa non è un giornalista, non fa un servizio al giornalismo, fa perfino un cattivo servizio ai propri padroni, perché si comporta come un cattivo, pessimo, predicatore. Quale credibilità può avere chi non dice la verità perché scomoda, qual è la sua funzione sociale?


Poi c’è un aspetto umano forse anche più inquietante: l’assoluta freddezza con la quale parla di questi 700 bambini morti in più. Sono numeri, non esseri viventi, per lui sono probabilmente esseri inferiori. Mi ricorda la “Banalità del male” di cui parlava Hanna Arendt, in fatto che alla fine questo appaia, e sia, un burocrate banale dell’informazione all’interno di un meccanismo malato e fondamentalmente malato molto più ampio, in grado di qualsiasi delitto pur di autosostenersi. La totale mancanza di empatia di Fubini fa paura e dovrebbe farvi pensare, tutti.

(Fonte: https://scenarieconomici.it/fubini-haa-nascosto-volutamente-700-bambini-morti-in-grecia-questo-e-linformazione-italiana-video-shock/)


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