Geova, “l’Iddio di ogni conforto” (2 Cor. 1:3, 4)

Geova, “l’Iddio di ogni conforto” (2 Cor. 1:3, 4)

Harold Corkern

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2 Corinti 1:3, 4

Sia lodato l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della tenera misericordia e l’Iddio di ogni conforto, che ci conforta in tutte le nostre prove, così che noi possiamo confortare chi affronta ogni tipo di prova con il conforto che riceviamo da Dio.

In 2 Corinti 1:3, Geova è descritto come “l’Iddio di ogni conforto” e l’Iddio “della tenera misericordia”. Qual è il significato della parola “conforto” in questo contesto? Letteralmente significa “chiamare vicino a sé”, “stare vicino a qualcuno per incoraggiarlo quando è sottoposto a dura prova”. Un erudito ha descritto il conforto così: “Significa sempre molto più che lenitiva compassione.[...] Il conforto cristiano è il conforto che infonde coraggio, [e] permette di superare ogni difficoltà nella vita”. Questo è quello che Geova fa per noi. Viene anche chiamato “il Padre della tenera misericordia”, e questa espressione significa “provare pietà” e anche “prendere davvero a cuore”. Geova è la fonte di vera compassione e premura. Ora, per comprendere meglio, apriamo la Bibbia al Salmo 23 e leggiamo il versetto 1. Notate come Geova è sempre lì al nostro fianco, come un pastore amorevole. Salmo 23:1 dice: “Geova è il mio Pastore. Non mi mancherà nulla”. Quindi, qualunque cosa ci accada nella vita, Geova, il nostro Pastore amorevole, ci darà il conforto di cui abbiamo bisogno. E questo termine, “pastore”, è molto appropriato, perché un pastore mediorientale aveva cura delle sue pecore. Le controllava ogni giorno, le chiamava per nome, e se notava che erano ferite, ammalate, le curava immediatamente. Se serviva gli dava delle medicine. E se erano troppo deboli per stare in piedi, le sorreggeva letteralmente perché non si accasciassero e morissero e si arrendessero. Geova è al nostro fianco: quando affrontiamo delle difficoltà e stiamo per accasciarci, lui è lì, sempre pronto a sorreggerci come un pastore amorevole. Il concetto di ricevere il necessario viene anche evidenziato in 2 Timoteo 3:16, 17. Paolo, sotto ispirazione, parla di quanto siano di beneficio le Sacre Scritture. E qual è il risultato quando accettiamo il conforto che Geova dà attraverso le Scritture? Dice: “Affinché l’uomo di Dio sia del tutto competente, ben preparato per ogni opera buona”. E potremmo aggiungere, non solo “per ogni opera buona”, ma per qualunque cosa che ci accada nella vita. L’espressione “ben preparato” significa letteralmente “essendo stato equipaggiato”, e a volte poteva essere usata per descrivere un’imbarcazione completamente equipaggiata con tutto ciò che era necessario per un viaggio, oppure una macchina in grado di fare qualsiasi cosa per cui era stata progettata. Così Geova ci provvede sempre tutto ciò di cui abbiamo bisogno, qualunque sia il nostro problema. Per fare un esempio di come la Parola di Geova può aiutarci, di come Geova è al nostro fianco, pronto a sostenerci, parliamo di qualcosa che può essere estenuante emotivamente ed è difficile da affrontare: la solitudine. La solitudine è legata al bisogno di essere amati, di sentirsi capiti, di sentirsi utili, voluti e apprezzati. Quando questo non succede, ci si può sentire terribilmente vuoti. Essere soli e sentirsi soli non sono la stessa cosa. Siamo soli quando non c’è nessuno intorno a noi, ma sentirsi soli è una condizione emotiva. Infatti molti di quelli che si sentono soli sono circondati da milioni di persone. Non si tratta solo di avere persone intorno, ma di avere un legame con le persone: deve esserci un legame emotivo. Notate le parole del Salmo 68. Leggiamo il versetto 6 di questo Salmo. Mostrano quello che Geova fa per coloro che stanno affrontando la solitudine. La prima parte di Salmo 68:6 dice: “A quelli che sono soli Dio dà una casa in cui abitare”. Avete notato? Non dice in questo caso che gli dà un’abitazione, un tetto sulla testa. È vero, Geova fa anche questo, ma una casa è molto di più. Una casa è dove la famiglia sta insieme, collabora e si diverte insieme. C’è un comune senso di appartenenza. Ci si sente utili, voluti e apprezzati, se la famiglia è felice, e questi bellissimi legami diventano la cura per la solitudine. Ce lo confermano le parole di una sorella riportate nell’edizione per il pubblico della Torre di Guardia n.1 del 2018. Lei affrontò molte tragedie e disse di essersi sentita molto sola. Ma poi meditò sul versetto che abbiamo appena letto, Salmo 68:6, e notate che cosa ha detto: “Sapevo che questo versetto non poteva riferirsi solo a una casa letterale. Ho capito che Dio ci offre una casa spirituale, un luogo in cui sentirsi davvero al sicuro e in cui avere autentici legami affettivi con chi come noi ama Geova”. Quindi, Geova le ha dato una casa, non solo un’abitazione. Le ha dato una casa, dandole legami affettivi e persone che le vogliono bene, così si è sentita meno sola. È Geova a fare questo per noi. Ora, in linea con questo pensiero, apriamo la Bibbia nel Vangelo di Marco. Marco capitolo 10; vedremo di nuovo la differenza fra una casa letterale e i legami affettivi. In Marco capitolo 10, Gesù fa riferimento a una persona che lascia beni, casa e famiglia per amore della buona notizia. E quindi, che cosa dice al riguardo? Il versetto 29 di Marco 10 dice questo: “In verità vi dico: non c’è nessuno che, avendo lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli”. Quindi distingue la casa letterale dai legami affettivi. E al versetto 30, Gesù dice che proprio come suo Padre, si accerterà che, chi sacrifica legami affettivi o cose materiali, riceverà ora “100 volte tanto, [non solo] di case, [ma di] fratelli, sorelle, madri, figli”. Il modo in cui Geova desidera che lo serviamo e che siamo discepoli di Cristo rivela che non vuole che ci sentiamo soli. È davvero confortante sapere che possiamo imitare Geova. E anche se abbiamo tante persone intorno a noi qui alla Betel o dovunque stiamo servendo, assicuriamoci di creare un legame emotivo con chi ci sta intorno. Imitiamo Geova, e facciamo di tutto per stare al loro fianco, confortarli, mostrargli che ci stanno a cuore, e aiutarli a liberarsi di qualunque sentimento di solitudine che possano provare. Per concludere la nostra considerazione di questa mattina, soffermiamoci su un altro punto: parliamo dell’importanza del non diventare falsi confortatori. Noi abbiamo i migliori esempi di come confortare gli altri: abbiamo Geova, Gesù, e i nostri cari fratelli. Ma quando una persona affronta stress, solitudine o un’altra prova, un falso confortatore potrebbe peggiorare le cose. Ricordate cosa disse Giobbe riguardo ai cosiddetti amici che andarono a confortarlo? In Giobbe 16:2 disse: “Voi mi tormentate anziché confortarmi!” E in Giobbe 13:4 disse: “Siete tutti medici incompetenti”. Non lo aiutarono affatto. Anzi, peggiorarono le cose. Con quello che dissero a Giobbe e con il loro atteggiamento di certo non tirarono fuori il meglio di lui. Peggiorarono la situazione. Beh, cosa potrebbe essere simile a un confortatore falso, incompetente e che ci tormenta? A volte le persone cercano una scappatoia. Se non stanno attente, potrebbero cercare conforto in qualcosa di falso, come l’alcol. Potrebbero andare agli eccessi e farne un uso smodato, cercando di fuggire da quello che provano o che vivono. A volte le persone fantasticano su cose del tutto inappropriate. Forse pensano di poter fuggire e trovare un po’ di sollievo, ma peggiorano le cose. O una persona potrebbe scoraggiarsi e fare qualcosa di moralmente sbagliato, pensando che un momento di piacere possa farla stare meglio. Ma tutte queste cose non possono darci vero conforto. Peggiorano solo la situazione. Non fanno che aumentare il bisogno di conforto. Quindi, a imitazione di Geova, facciamo di tutto per confortare gli altri. E non dimentichiamo che il nostro amorevole confortatore è “il Padre della tenera misericordia e l’Iddio di ogni conforto”, che ci aiuta qualunque cosa la vita ci presenti. 

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