Fumatore ed esposto all’amianto: c’è risarcimento?

Fumatore ed esposto all’amianto: c’è risarcimento?

www.laleggepertutti.it - Paolo Remer
Il tumore ai polmoni è una malattia multifattoriale: può insorgere sia per il tabacco sia per l’asbesto. Cosa succede quando le due cause operano insieme?

Le verità scientifiche ci mettono parecchio a farsi strada, talvolta decenni o, addirittura, secoli; ma prima o poi riescono a fare breccia tra la gente e diventano opinioni condivise. Oggi, che il fumo di sigaretta faccia male è ben risaputo, così come è ormai noto che l’esposizione all’amianto è altamente nociva. I materiali da costruzione contenenti asbesto, come le tettoie in eternit, sono fuorilegge da quasi trent’anni perché la sostanza, se inalata, provoca tumori. Ma cosa succede quando i due fattori operano contemporaneamente cagionando una grave malattia come il cancro ai polmoni, cioè quando c’è un soggetto che contemporaneamente è fumatore ed esposto all’amianto? C’è risarcimento dei danni per malattia o morte, e se sì chi deve pagarlo? Il produttore di sigarette, lo Stato che le commercializza tramite l’Amministrazione dei Monopoli ed anche il responsabile delle sostanze tossiche, come il datore di lavoro che impiega i propri dipendenti in locali dove si sprigiona polvere di amianto?

Di questo delicato problema – scientifico prima ancora che giuridico – si è occupata una recente sentenza della Corte di Cassazione [1]. Il caso riguardava alcuni operai di uno stabilimento industriale petrolchimico che erano morti per mesotelioma pleurico e uno di essi per tumore al polmone.

Come leggerai nell’articolo, l’amianto è causa di entrambe queste malattie, e il fumo gioca un ruolo fondamentale nell’insorgenza dei tumori. Inoltre, non c’era nessun dubbio sui comportamenti nocivi: questo lavoratore era un fumatore accanito ma era stato anche pericolosamente esposto per anni alle fibre killer. A quale dei due fattori va attribuita la causa della morte? La Suprema Corte nell’articolata motivazione ha fornito la risposta al quesito del risarcimento per il fumatore che risulta anche esposto all’amianto sul luogo di lavoro.

Fumo e risarcimento danni per cancro al polmone

Il fumo di sigaretta è unanimemente riconosciuto a livello scientifico come una delle principali cause di insorgenza del tumore al polmone. Però, sulla questione del risarcimento dei danni, la giurisprudenza recente adotta una linea piuttosto restrittiva. È noto da decenni, infatti, che le sostanze contenute nel fumo provocano un grosso aumento del rischio di contrarre il cancro ai polmoni, tant’è che su tutti i pacchetti di sigarette in vendita compaiono le apposite avvertenze, senza contare le numerose periodiche campagne antifumo promosse in tutta Italia.

Così nella maggior parte dei casi il risarcimento non viene riconosciuto: come afferma l’ultima sentenza della Corte d’Appello di Roma [2], fumare è una scelta «libera, consapevole ed autonoma» presa da una persona «dotata di capacità di agire»; perciò, tale comportamento viene ritenuto «da solo sufficiente a determinare l’evento dannoso successivo», cioè bastevole a far sorgere la malattia e la morte che ne consegue, senza responsabilità altrui per fatti illeciti.

L’azione risarcitoria rimane confinata, in pratica, solo ai casi di chi aveva cominciato a fumare prima del 1991, cioè quando sono divenute obbligatorie le informazioni pubblicitarie sui rischi del tabacco, e sempre a condizione che il danneggiato fornisca la rigorosa prova medico-legale del nesso di derivazione causale tra il fumo inalato ed il tumore insorto. Te ne abbiamo parlato più ampiamente nell’articolo “Danni da fumo di sigaretta: c’è il risarcimento?“.

Amianto: quali effetti cancerogeni ha e che malattie provoca?

L’amianto, o asbesto, è un minerale siliceo a struttura fibrosa. Fino ai primi anni Novanta del secolo scorso, era molto usato nell’edilizia; poi, sono stati riconosciuti i suoi effetti cancerogeni, dovuti in particolare all’inalazione delle sue polveri nell’apparato respiratorio. Oggi, la rimozione dell’amianto dalle costruzioni è obbligatoria quando non è possibile eseguire interventi di recupero, come l’incapsulamento o la sovracopertura, che isolano il materiale nocivo impedendone la diffusione nell’aria e negli ambienti.

La lunga esposizione all’amianto è stata individuata come causa di:

  • asbestosi, una grave malattia invalidante, a decorso progressivo e irreversibile;
  • mesotelioma della pleura, un tumore maligno della membrana che circonda i polmoni;
  • cancro del polmone; questa forma tumorale può avere altre concause o cause autonome, tra le quali il fumo delle sigarette e degli altri prodotti contenenti tabacco, come i sigari.

L’esposizione all’amianto, quando è protratta nel tempo ed è stata accertata nei modi di legge, comporta il riconoscimento di un indennizzo economico erogato dall’Inail al lavoratore ammalatosi di queste patologie o deceduto in conseguenza di esse (in tale caso, l’indennizzo spetta ai suoi eredi). È anche possibile ottenere, sempre dall’Inail, la pensione di inabilità per malattia professionale.

Risarcimento del danno da fumo ed amianto: a quali condizioni spetta?

L’associazione combinata dei due fattori che abbiamo esaminato – fumo di sigaretta ed esposizione all’amianto – moltiplica il rischio di insorgenza del cancro ai polmoni, secondo alcuni studi fino a 10 volte e anche più. Nell’organismo umano, l’effetto negativo dovuto all’azione contemporanea di queste sostanze nocive si amplifica secondo un meccanismo scientificamente conosciuto come «doppia esposizione». Il tumore ai polmoni è dunque una malattia multifattoriale, nella quale l’insorgenza può essere dovuta a cause diverse ed interagenti fra loro.

Quindi, dovendo fare i conti ai fini dell’attribuzione della responsabilità risarcitoria, occorre stabilire in che percentuale il tumore dipenda dall’azione del fumo di sigaretta e in che incidenza, invece, sia attribuibile all’amianto.

La Corte di Cassazione, nella sentenza cui accennavamo in apertura dell’articolo [1], si è occupata proprio di questo. Il datore di lavoro dell’operaio morto per tumore ai polmoni era stato processato per il reato di omicidio colposo, insieme ad alcuni dirigenti della società, in quanto ritenuti responsabili dell’esposizione illecita del lavoratore all’amianto presente nello stabilimento al quale era addetto da molti anni.

Ma la Suprema Corte ha svolto un altro ragionamento ed ha pronunciato sentenza di assoluzione, per una semplice ragione: l’operaio era anche fumatore. Nella vicenda decisa dai giudici di piazza Cavour, il fattore letale è stato individuato nel tabacco e non nell’asbesto. Il Collegio ha ricordato che, quando la malattia è multifattoriale, occorre raccogliere più dati possibili sul rischio professionale.

Nel processo, è risultato che l’esposizione all’inalazione dell’asbesto era rimasta al di sotto delle 25 fibre all’anno: un valore contenuto, a fronte del quale, invece, c’era un consumo di 30 sigarette al giorno da almeno 25 anni, attestato dalla cartella clinica.

Così il rischio dovuto alla rispettiva incidenza dei due fattori era attribuibile molto più al fumo che all’amianto. Perciò, è stato ragionevole ritenere – con «un alto grado di credibilità razionale», sottolinea il Collegio – che il cancro era stato causato dal fumo, mentre l’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro non era stata una concausa significativa.

In ogni caso, nella prospettiva penale che richiede l’affermazione della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, la Corte ha ritenuto che l’evento dannoso lamentato, cioè la morte per tumore al polmone, non avesse avuto «esclusiva origine dall’azione del diverso fattore in astratto idoneo a provocare la patologia»: l’incidenza causale di un fattore nocivo per la salute o per la vita umana, infatti, va sempre determinata non in modo presuntivo, bensì in concreto e in relazione allo specifico caso.

note

[1] Cass. sent. n. 32860 del 06.09.2021.

[2] C. App. Roma, sent. n. 3376/2021.

Source www.laleggepertutti.it

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