FENOMENOLOGIA DEL WITCHER

FENOMENOLOGIA DEL WITCHER

aku

Il più freddo novembre di sempre

Mercoledì, A.D 2010

Tardo pomeriggio

Mi stavo aggirando con fare famelico, come mio solito, tra gli scaffali nella mia libreria di fiducia, colmi di variopinte copertine fantasy su cui svettavano pigramente draghi e donzelle seminude, quando d'un tratto mi capitò in mano un tomo con una titolazione efficace che mi incuriosì alquanto: "Il Guardiano degli Innocenti" pubblicato da Editrice Nord.

Mentre leggevo la sinossi, inaspettatamente buona sulle prime, familiarizzai con la copertina ed ipotizzai che cosa mai potesse essere quel libro magnificamente rilegato.
Si trattava forse dell'ennesimo rip-off delle opere del celeberrimo Micheal Moorcock?
L'autore più plagiato di sempre (cit)
L'artwork cover del libro mi ricordò parecchio il principe albino, detentore della mitica Stormbringer ad onor del vero.

Mentre restai incantato da un passaggio specifico: "Gli uomini amano inventare mostri e mostruosità. Così hanno l'impressione di essere loro stessi meno mostruosi. Quando bevono come spugne, imbrogliano, rubano, picchiano le donne con le briglie, fanno morire di fame la vecchia nonna, colpiscono con la scure una volpe presa in trappola o riempiono di frecce l'ultimo unicorno rimasto sulla terra, amano pensare che più mostruosa di loro c'è sempre la Mora che s'intrufola nelle casupole all'alba. Allora si sentono in qualche modo il cuore più leggero. E trovano più facile vivere"

Iniziarono a fioccare timidamente i primi batuffoli bianchi che si depositarono sui vetri dell'ampio finestrone della libreria che si affacciava sull'arteria principale della mia cittadina. Stava iniziando a nevicare. Decisi che la lettura e l'impronunciabile cognome dell'autore mi avevano sufficientemente convinto a comprare il volume in questione, così mi diressi deciso alla cassa. Ho imparato a mie spese d'altronde che non ha il minimo senso comprare più di un libro alla volta in un negozio di libri.
Non potevo immaginare allora, in quel freddo Novembre che preannunciava l'approcciarsi di climi ancora più rigidi, che stavo per iniziare un lungo e periglioso viaggio, una fantastica avventura che sarebbe poi diventata di natura squisitamente cross-mediale e che ben presto avrei imparato così bene a conoscere e in fin dei conti proteggere con così tanto ardore.
Sentire così familiari, così vicini a me i personaggi che arricchiscono questa splendida serie di romanzi polacchi, preceduti da un compendio antologico diviso rispettivamente in due volumi, non è cosa da poco. Geralt, Cirilla, Yennefer, Triss, Ranuncolo e naturalmente anche Zoltan, fanno parte della mia famiglia, quella più intima, composta da Gregor Samsa e Kilgore Trout. Anzi non solo della mia, a ben vedere, e giudicando il successo interplanetario "pop" di natura mondiale, nell'accezione più negativa del termine ahimè. E questo ci porta all'infausta titolazione di questo delirio.

Ecco qualcosa che non si vede molto spesso: l'edizione francese deThe Last Wish (Titolo originale: Ostatnie życzenie) raccolta antologica di racconti fantasy dello scrittore Andrzej Sapkowski, pubblicata in Polonia nel 1993 e in Francia nel 2003

Non potevo nemmeno immaginare che stavo sfogliando qualcosa che tra dieci anni, anno più, anno meno, sarebbe diventato un fenomeno di natura sub-culturale senza precedenti, o quasi. Non potevo nemmeno ipotizzare che tutto questo sarebbe esploso deflagrando in mille pezzi, contaminando i videogiochi, irrimediabilmente, e persino il mondo della televisione, in maniera così irriducibile e assai repentina, forse troppo per far metabolizzare un'opera simile alle masse (dispregiativo d'uopo in questi casi).

Orbit Publishing, il 15 Gennaio 2021, ha definito la saga di romanzi di The Witcher di Andrzej Sapkowski "un fenomeno editoriale senza precedenti", attraverso una serie di Tweet molto chiari:

“La domanda per tutti gli otto libri della serie è aumentata costantemente lo scorso anno in previsione del lancio della serie di Netflix. Dalla sua uscita, le vendite sono state fenomenali in tutti i formati - stampa, ebook e anche audio - e la divisione statunitense di Orbit sta attualmente ristampando oltre 500.000 copie per soddisfare la domanda di richiesta eccezionale"

La popolarità ottenuta grazie al "recente" adattamento seriale a cura di Netflix però è solo una piccola parte, o piccolissima, a detta di alcuni, di una storia che invece inizia da molto lontano, da un concorso indetto dalla rivista “Fantastyka”, specializzata in fantascienza, fantasy e altre fiction speculative, nel lontano 1997, esattamente quando negli stessi anni, una piccola realtà indipendente di videogiochi polacca, al secolo Metropolis Software, ottenne una licenza per sviluppare un videogioco basato sulla serie di The Witcher di Sapkowski prima di essere assorbita della famosa Cd Projekt Red.

Il primissimo gioco dedicato allo strigo era certamente frutto del suo tempo
ma alla sua stesura narrativa collaborava lo stesso Sapkowski, questo mette fine alle voci che vedono l'autore critico nei confronti del medium videogioco.

Ma esattamente di quale storia si tratta? e cosa dovrei raccontarvi esattamente?

La storia del successo del brand è già stata spiegata in lungo ed in largo, ed in numerose occasioni, aggiungo. Del fenomeno "The Witcher" del resto se ne è occupata anche la stampa "seria", dal “The Guardian” al “Washinton Post” e anche nel nostro paese non sono mancati eminenti articoli dedicati ad hoc su importanti testate di carattere nazionale, e non solo prettamente videoludiche che hanno ben illustrato la caratura di questo fenomeno. Su The Witcher è stato comprensibilmente scritto molto e spesso, anche troppo...in taluni casi.

Come si può riassumere il fenomeno esattamente?

Anche a questa domanda è piuttosto facile rispondere, e anche con una certa precisione di fondo. Dobbiamo per forza di cose svolgere le pratiche del caso, una presentazione del fenomeno si rende quantomeno necessaria, sperando di non perdersi.
Potremmo dire che il fenomeno The Witcher nasce da una serie di libri fantasy pubblicati in Polonia negli anni novanta (anche se i primi racconti sono databili persino 1985) che hanno generato diversi videogiochi pluripremiati, e un paio serie TV, di qualità quantomeno discutibile. Più specificatamente, The Witcher è un dark high-fantasy incentrato sull'omonimo Witcher che reca nella stessa titolazione: Geralt di Rivia, un cacciatore di mostri che deve affrontare la moralità e la politica del suo mondo, spesso assai confuse fra loro.

Il mondo di Sapkowski affronta problemi di post-umanesimo, avidità, instabilità politica, fanatismo, nepotismo, potere e debolezze della religione e molti altri argomenti come l'emancipazione femminile e certamente la predestinazione ad un destino alquanto beffardo. Nonostante questo però non è un lavoro cinico o privo di speranza quello del Signor Sapkowski. È vero che nei suoi racconti strutturati come un esercizio matematico meravigliosamente umanista, ove il bene non vince sempre, ma parimenti il male non prevale quasi mai del tutto. Il racconto è liquido e fortemente prospettico, dalle tinte grigie.

La maggior parte delle persone che compongono questa saga (sì le ho definite persone, e non a caso) sono individui complessi ed interessanti, anche psicologicamente, i cui problemi ed ambizioni, dubbi e moralità discrepanti, sono alquanto comprensibili ad un'analisi preliminare, tutt'altro che figurine di carta. La politica, infine, sebbene non abbia un livello di importanza primaria come in mostrum narrativi come Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di Martin o Dune di Frank Herbert, è ancora concretizzata e ha perfettamente senso nel Continente dell'autore polacco.

Potremmo dire che la fenomenologia su The Witcher deve tutto al materiale cartaceo?

«...E noi? Che ci facciamo qui? Noi, due relitti condannati all'estinzione, allo sterminio e all'oblio? La natura rinasce, il ciclo si ripete. Ma noi no, Geralt. Noi non possiamo ripeterci. Siamo stati privati di questa possibilità. Ci è stata data la facoltà di fare cose straordinarie con la natura, a volte perfino contrarie a essa. E al tempo stesso ci è stato tolto ciò che in natura c'è di più semplice e naturale ed empia...» — Andrzej Sapkowski ~ La spada del destino

No di certo, questo fenomeno cross mediale è legato indissolubilmente alle interpretazioni videoludiche, dette anche adattamenti o sequel non canonici, se siamo particolarmente puntigliosi. Dall'uscita del terzo gioco qualcosa di irrimediabile è avvenuto in seno a questo franchise. Ed è da qui che iniziamo il fulcro di questo articolo.
Il mondo si è risvegliato di colpo dal torpore in cui vegetava da anni, in storie con poco mordente, nullificate da sciatti e verbosi amplessi scribacchini pseudo fantasy, e si è reso conto che The Witcher non solo esiste, e non solo è degno di nota e menzione, ma è anche degno di essere completamente travisato, in ogni suo singolo aspetto.
Se siete cosplayer ideologici forse è meglio che rivediate l'idea di proseguire nella lettura perché la mia visione è fortemente protezionistica nei confronti di un'opera che ritengo molto importante storiograficamente e non solo, e non è un mistero che ho sempre mal digerito del tutto la brutalizzazione tout court di questa saga, non è un mistero che ogni forma satellitare del Witcher per me sia fortemente urticante, a fatica mal sopporto i gruppi di cui faccio parte. Forse un vero Strigo contempla la singolarità del silenzio.

Questo ha portato il fenomeno The Witcher a crescere esponenzialmente, a lordare ogni eccesso e vizio di forma e colmarlo di insopportabile personalismo, ma andiamo per ordine, di cose da dire ce ne sono, prima di arrivare al nocciolo della questione.

Il primo videogioco della saga di The Witcher, fu rilasciato nel 2007 per PC e divenne rapidamente un classico di culto tra i giocatori pc. In realtà il primissimo gioco su The Witcher fu quello di Metroplis Software, “Wiedźmin ma quello fa parte di una storia che non fu mai scritta per questioni molto triviali in fin dei conti.

Di The Witcher invece ricordo come fosse ieri le discussioni accese che si susseguivano senza sosta alcuna dentro al mio negozio favorito di informatica e videogiochi per computer, e non posso dimenticare le titolazioni a dir poco roboanti che lo presentavano sulle testate di settore (Come TGM - The Games Machine) e che ne parlavano in maniera a dir poco entusiastica, a buona ragione.

Al tempo i videogiochi si ritagliavano un piccolissimo spazio sulle testate di carattere nazionale.
Questo aspetto stava per essere abbandonato. Progressivamente. (La Repubblica)

Venne pubblicato in uno degli anni più belli di sempre per i giochi per PC del resto; dovendo confrontarsi con colossi tecnologici come Half-Life 2, Crysis, Enemy Territory, Quake Wars e Stalker, The Witcher non poteva reggere il confronto con nessuno di quei giochi. Sia in termini puramente tecnologici che di gradimento del pubblico; cosa diavolo era, dopotutto, questo bizzarro videogioco polacco con questo sistema di combattimento ballerino che lo faceva sembrare quasi un rng? (rythm game)
The Witcher decise quindi di vincere con la scrittura. Una scrittura ed una narrazione che raramente avevo trovato in un videogioco di ruolo, questo va detto, forse solo in Vampire: The Masquerade. Raramente aveva toccato questi apici in una produzione occidentale.

Fu indubbiamente un lancio difficile, ma la qualità con cui il gioco era ammantato, cinto e pasciuto, era inesorabilmente buona e questo parve evidente a tutti, i problemi tecnici erano abbondanti e la stabilità era approssimativa per usare un eufemismo, ma sotto sotto, si trattava di un esordio che aveva lasciato il segno nel mondo quantomeno elitario del pc-gaming e cionondimeno, aveva contato qualcosa specialmente per i giocatori più anziani di gdr e affini.
Il massimo successo finanziario e critico di The Witcher tuttavia spianò la strada a CD Projekt Red per sentirsi un devteam più sicuro ed ambizioso rispetto a prima. Riprendendo subito dopo la fine del gioco precedente, con un nuovo stile artistico, nuovi elementi di gioco e un enorme, significativo e monumentale miglioramento della tecnologia in toto, habemus The Witcher 2: Assassin of Kings. Questo è anche il primo gioco della serie a farsi strada su console, con un porting di tutto rispetto, per la console di casa Microsoft (Xbox360) mentre con Sony iniziò una scaramuccia (che ancora pare non essersi conclusa...nda) e che escluse il titolo dalla prodigiosa PS3.

A margine di questo, TW2 fornì inoltre strumenti di modding diretti e di prim'ordine per tutta la comunità PC. Fu un enorme, colossale, successo, superando facilmente The Witcher sia in termini finanziari e che consolidando CD Projekt Red come qualcosa di più definito agli occhi inquisitori del pubblico. Non erano più un gruppo appassionato di sviluppatori esordienti che si arruffavano su un combat system simpatico ma troppo indefinito, si rivelarono invece essere professionisti di prim'ordine, in grado di fronteggiare gli altri colossi del mercato senza cedere una tesa di terra virtuale.
The Witcher 2 non ha solo un comparto grafico estetizzante a dir poco mirabolante, ha anche una narrazione ancora più avvincente, una geo-politica più definita e i personaggi più sfumati ed appassionanti dell'intera serie. Un enorme gioiello che risplende di luce propria, e se ci tenete a saperlo, il mio capitolo preferito.

The Witcher 2 è lo stato dell'arte. Il momento esatto in cui l'evoluzione del gioco ha mostrato una completa maturazione videoludica. Complessa schacchiera di geopolitica, straordinaria avventura palustre, meraviglioso dramma umano dalle tinte fosche. Climax assoluto nelle battute finali.
CDPR non riuscirà con TW3 a fare la stessa cosa.

Questi due titoli, nonostante fossero dannatamente buoni, non mossero l'interesse del pubblico più di tanto, TW2 fu venerato in maniera genuina ed autentica da enormi comunità di giocatori PC ma non bastò a fomentare ed alimentare la fiamma dell'interesse presso il grande pubblico. È interessante notare inoltre notare un aspetto peculiare della vicenda: nonostante il gioco fosse stato convertito sulla prodigiosa console di Microsoft (Xbox360) e avesse venduto ben 3 milioni di copie, il titolo non trovò una nicchia di appartenenza largamente condivisa. Non essendo pubblicato sulla PS3, il gioco in esclusiva non esisteva nella mente di molti videogiocatori e questo lo testimoniarono diversi forum all'epoca, The Witcher 2, non era semplicmente visto.

Certamente i giochi tennero banco su grandi e piccole comunità di appassionati, specialmente il secondo, ma i tempi non erano ancora maturi affinché il fenomeno esplodesse nel suo interesse. Fu necessario dunque l'arrivo del terzo capitolo della serie, The Witcher 3: Wild Hunt affinché il mondo riconoscesse al titolo il giusto tributo. Il lancio di questo titolo fu una vera e propria esperienza videoludica, il talento innato e il duro lavoro di CD Projekt Red finalmente valse loro un sentito omaggio da tutta la grossa comunità di gamer sparsi nel mondo, CDPR non era semplicemente uno studio buono che aveva fatto un bel gioco, ma uno dei migliori sulla piazza.
The Witcher 3 è un titolo vasto e profondo, annichilente dal punto di vista estetico e compositivo, con espansioni incredibili (Hearts of Stone, fiaba polacca ante litteram, è una tra le migliori storie scritte nei videogiochi di sempre) un'esperienza completa sotto diversi aspetti, fatta con un amore che raramente si incontra nei videogiochi oggigiorno. È un gioco con un finale solido, missioni incredibili, personaggi fantastici e un combattimento appagante e sporco il giusto (come doveva essere)

L'open world costruito dai polacchi è realmente eccezionale, una vero masterclass su come affrontare la costruzione tridimensionale e il game design di un mondo full 3D, tanto che altri sviluppatori che successivamente realizzarono mondi internamente coerenti, ne presero atto. Sono convinto che TW3 abbia, per certi versi, rovinato l'industria dei videogiochi pur non avendo rivoluzionato assolutamente nulla, ma affinando quello che già c'era e portandolo ai massimi stilemi di sistema.
Nel gennaio del 2020 Cd Projekt Red registrò il numero di giocatori simultanei sul loro gioco più alto mai registrato, superando i 100.000 online, per un gioco molto vecchio in termini videoludici e che non ha nemmeno un comparto online. Anche l'interesse per i libri di Sapkowski aumentò notevolmente, a seguito dell'uscita dela serie TV di Netflix. The Last Wish e Blood of Elves, rispettivamente il primo testo antologico e il primo romanzo, erano entrati nella lista dei best seller del New York Times, giusto per la cronaca. Il modo in cui questo gioco interagisce con il materiale originale è davvero impressionante del resto.

Totalmente annichilente.

IL MALE MINORE

Questo ci porta (finalmente! nda), al problema dibattuto in questa sede: l'ultimo dei giochi di CD Projekt Red su The Witcher, forse il più ambizioso in assoluto, ha messo particolare enfasi su tutti i fenomeni associati a quella che potremmo definire fattori venefici (o meglio tossici, per restare a tema) che un'improvvida ed improvvisa popolarità spesso portano. Non è certamente passato inosservato il gioco alla vasta ed agguerrita comunità dei gamer, composta da così tante numerose tonalità, di cui è difficile tenere conto e traccia. Come sempre avviene in questi casi, la comunità ha reagito; dopo aver conosciuto da vicino il titolo, con estrema e prevedibile enfasi, si è proiettata senza remore nella creazione in maniera totalmente bulimica e sfiancante, di dozzine di contenuti su "The Witcher Universe"
Sparsi in ogni dove sono emersi, come funghi dopo una timida pioggerella primaverile, gruppi, comunità, pagine e molto altro materiale associato al brand più famoso di CDPR (dove erano lor signori nel 2010?)
I cosplayer di mezzo mondo si sono letteralmente ammazzati a costruire su elaborati set fotografici immagini che sembrano fuoriuscite dal gioco stesso, con una perizia sicuramente invidiabile, merito anche della caratura stilistica di TW, oltremodo dettagliata che ha fornito un certo vantaggio. Tutto però ad un prezzo, per dirla alla Gaunter O'Dimm.
C'è persino chi ha aperto pagine di cucina, con le ricette di Kaer Morhen, e chi ha sfruttato la figura del Witcher per aprirsi costosissime "Scuole Witcher" nell'Est Europa, con cui assicurarsi (ogni anno, circa) un sacco di studenti e novizi desiderosi non solo di fare una sessione LARP* per circa una settimana, ma di diventare "Witcher" de facto, con tanto di consegna medaglione ed attestato e aggiungo, un alleggerimento cospicuo delle proprie finanze personali.

«Cosa c'è di male in tutto questo aku?»

«Questa non è, in fin dei conti, la prassi comune quando si crea dal nulla un fenomeno e si ottiene una tumultuosa risposta positiva di pubblico? L'inseguimento della popolarità non era l'obiettivo che CDPR si era prefissato fin dal principio?»

Senza alcun dubbio.

Però concedetemi l'uso di una terminologia di gusto squisitamente sapkowoskiano: è quantomeno bizzarro che The Witcher sia diventata la puttanella preferita di tutti quanti. Una saga su cui approcciarsi con tutta la superficialità del caso, cannibalizzando gli aspetti più compiaciuti e compiacenti, senza capire diversi paradigmi contenuti nei racconti e nella saga in generale. Travisando, nella migliore delle ipotesi, non solo significati ma anche significanti.
Ad esempio? Ad esempio, la figura del Witcher.
Il Witcher è chiaramente l'uomo polacco post caduta del muro, che dal comunismo (e quindi l'interesse per la politica, la società e il trovare il proprio posto nel mondo) si interessa invece all'auto realizzazione di se attraverso il proprio lavoro. Attraverso la coltivazione dei propri affetti, e attraverso uno spiccato individualismo liberista ed indipendente (e forse anche libertario) che lo allontana dalla società precostituita dunque.
Per certi versi, il personaggio di Geralt rifugge narrativamente dalla visione del "capo popolo" con cui l'inflessibile scuola russa aveva indottrinato i suoi autori, ed introduce una nuova figura nella narrativa di stampo fantasy. Dove prima la letteratura Polacca Est Europea si basava essenzialmente sulle masse anonime o sul leader ideologico, in TW troviamo tutt'altro genere di personaggio, Il professionista (lo strigo ammazza mostri per l'appunto) che non è interessato ai grandi dilemmi della politica o alle problematiche che affliggono le grandi masse...non cerca né trono, né corona, e non è il campione o il predestinato di nulla, semplicemente vive, si interroga, si cruccia, prova una vasta gamma di sentimenti molto più umani che la sua condizione di mutante dovrebbe impedirgli di avere.

L'autore, come è ben noto, ha una particolare predilizione per i cosplayer.

Ci sono spunti di riflessione infiniti in The Witcher, dalla concezione di libertà polacca totalmente differente da quella occidentale, agli intrighi politici che per quanto rimangano sullo sfondo, fanno sentire il suo determinato peso e comunque una nuova visione personalistica che avvolge la Polonia e l'Est Europa dopo la fine del Blocco Sovietico. È un fantasy medievale dannatamente moderno ma mi chiedo cosa di questo sia arrivato a destinazione, onestamente.

L'oggettificazione femminile presentata fin dal primo gioco CDPR, che permetteva persino al giocatore di collezionare le femme fatal del gioco come se fossero donnine bidimensionali, "da scopare e collezionare" (cit) non era esattamente l'interpretazione corretta dei romanzi del burbero autore a dirla tutta.
Ed è bene fare una distinazione a tal proposito: un conto è vedere una maga con un vertiginoso spacco di coscia, un altro è veder sminuita la figura femminile. L'oggettificazione sessuale fortissima e la connotazione fortemente sessista, a conti fatti, oltre che essere piuttosto squallida ha contaminato del tutto questo franchise. Ed è un peccato, e lo dice qualcuno su cui rimbalzava addosso qualche anno fa.
Basta passare poche ore in qualunque gruppo, chat, o forum, per leggere delle autentiche bestialità, frutto di un superficiale approccio, dovuto al fatto che di The Witcher vengono notati solo gli aspetti esteriori.
Certamente gravitano e concorrono aspetti che giocano una grande importanza nel personalismo che ognuno di noi in fin dei conti possiede. La nostra personale "Strige" che ci resta attaccata alle vesti.
Quella Strige ci spinge a metterci in lingerie, con la scusa puerile dell'esecuzione di un cosplay sexy. La stessa Strige ci spinge ad ammantarci di velleità egocentriche per il vil denaro. Non trovate tutto questo un filino paradossale?

Cos'è rimasto del professionista ammazza mostri squattrinato?
Cos'è rimasto dell'autore e del suo personaggio?

Questa visione ha sempre fatto sommariamente a cazzotti con la visione dell'autore, straordinario nel dipingere l'universo femminile, caso pressoché più unico che raro, in cui un autore maschio ha saputo entusiasmare una fetta consistente di lettrici con personaggi femminili finalmente completi, interessanti e sofisticati ma non per questo privandoli del loro indubbio fascino femminile.
Eppure questo non bastava.
Non era sufficiente il quadro fornito dall'autore.

È ancora largamente dibattuto ancora oggi se questo fandom sia cosa buona e giusta, dopotutto, se vale il motto "L'importante è che se ne parli" anche queste manifestazioni apparecchiate, sono parecchio utili, a modo loro.
L'autore ebbe modo di dire in tempi assai poco sospetti una piccola grande verità che circondava la sua opera:

"Il fan è una cosa buona, la fandom è una bestia cattiva"

A.Sapkowski

Ragionando su questi aspetti non è difficile imbattersi in comunità certamente appassionate, tese più che alla divulgazione, all'incameramento di altri valori dell'opera. In questi anni ho visto sfaldarsi buona parte dei propositi di far progredire una discussione sui libri dell'autore, che certamente si gettavano negli illimitati reami dell’immaginazione scegliendo però tra tanti sguardi possibili, quello di comprendere cosa si legge.

"Creare una storia implica non solo narrare qualcosa che non è propriamente reale eppure da noi conoscibile, anche solo potenzialmente, qualcosa che sappiamo osservare, non per forza comprendere, ma sentire, percepire, indossare"
"Creare una storia può non solo avere infinite forme e canalizzazioni, ma non sono queste a dettarne la meraviglia più pura, ma è in fin dei conti, creare una storia altro non è che trasmissione umana"

Ecco su questo punto mi preme applicare una pressione decisa.
Non so se The Witcher è riuscito a compiere una trasmissione umana.
Se questa trasmissione si limita alla sola empatia del racconto, sia questo pur detto o mostrato, e che determini lo stupore dello spirito o meno, è ben poca cosa, rispetto a quello che c'è sul bilancere a conti fatti.

The Witcher non è poi così lontano dalla favole in fin dei conti.

Ecco io ho il timore che la morale non sia stata capita fino in fondo.


































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































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