Disastro di Bhopal

Disastro di Bhopal

Avvocato Atomico

Post originale su FB: https://www.facebook.com/AvvocatoAtomico/posts/175252310807634

Il 4 maggio 1980 Warren Anderson, CEO e presidente della Union Carbide, taglia il nastro inaugurale del nuovo stabilimento chimico di Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh.

La Union Carbide, anche nota come "Goodfellas Inc." è un'azienda dal passato glorioso: tra il 1927 e il 1932 i dirigenti provocano la morte di 476 minatori mandandoli a estrarre Diossido di Silicio senza maschere protettive; negli anni '60 mettono in commercio una serie di prodotti per l'edilizia contenenti amianto; sempre negli anni '60 uno dei loro stabilimenti australiani scarica rifiuti tossici nella baia di Homebush per convincere i residenti locali a vendere le loro proprietà (nell'85 il governo Australiano li costringerà a decontaminare il terreno, ma per le acque non c'è più nulla da fare).

Tuttavia i loro scienziati sono teste di prim'ordine, e nel 1958 sintetizzano per primi il Carbaryl, meglio noto come Sevin, un insetticida super-efficace e senza effetti collaterali né sull'uomo né sulla maggior parte delle specie animali non infestanti - difetti che avevano portato all'abbandono del suo predecessore, il Dicloro-Difenil-Tricloroetano, meglio noto come DDT.

Come gli amici di Amo la Chimica potranno confermarvi, tuttavia, la loro è una scienza strana: a volte per ottenere un composto innocuo come il sale da cucina devi unire un elemento velenoso (il Cloro) con uno che esplode a contatto con l'acqua (il Sodio). Anche il Sevin, sebbene sia innocuo per l'uomo, si ottiene a partire dal Fosgene, che è leggermente meno innocuo, visto che veniva utilizzato come arma chimica durante la prima guerra mondiale, dove ha causato 85.000 morti.

Ma il fosgene è quasi acqua fresca se paragonato al composto che si ottiene facendolo reagire con la mono-metilammina, ovvero l’isocianato di metile (MIC), una roba talmente letale che la Union Carbide decide di non pubblicare su nessuna rivista scientifica i risultati dei suoi test su cavie animali, si sa mai che qualcuno si spaventi.

La radice "cian-" è rivelatrice, in Italiano può avere a che fare solo con tre cose:

  • un dimenticabile gerarca fascista;
  • un inchiostro di colore simile al turchese usato nelle stampanti;
  • una classe di composti chimici velenosissimi, il più famoso dei quali è il cianuro di potassio.

Ma l'isocianato di metile non è solo una sostanza che è tossica anche in quantità pari a 0,4 ppm (parti per milione) e mortale a 21 ppm, è anche una sostanza che in forma liquida reagisce violentemente con l'acqua, sviluppando calore, e va in ebollizione a 38 °C a pressione atmosferica.

Nelle fabbriche della Union Carbide solitamente il MIC è lavorato a ciclo continuo, facendolo reagire con l'alfa-naptolo per ottenere il mono-naptile metilcarbamato, che altro non è che il Sevin stesso; quando per qualche motivo si ha un accumulo di MIC, questo viene stoccato in delle cisterne in acciaio e cemento armato mantenute raffreddate a 4 °C e impermeabilizzate.

Nel 1981 un operaio della fabbrica, mentre esegue un'operazione di routine, viene colpito da un piccolo spruzzo di Fosgene. Lì per lì non succede nulla, il problema insorge quando decide di lavare i vestiti con acqua, dopo essersi tolto la maschera antigas: quelle poche gocce di liquido reagiscono con l'acqua e formano un gas che il malcapitato inala. Morirà 72 ore dopo davanti a casa sua vomitando i suoi polmoni dopo aver delirato di fronte alla sua famiglia.

Nonostante la cerimonia in pompa magna, le vendite di Sevin non vanno bene in India: i contadini sono poveri e non hanno tutta questa voglia di spendere per un prodotto di cui non si fidano; nel 1982 la Union Carbide manda a casa metà degli operai, nell'83 sospende temporaneamente la produzione, in attesa di smaltire l'invenduto. In quel momento nelle cisterne sotterranee dello stabilimento ci sono la bellezza di 62 tonnellate di isocianato di metile, divise in tre cisterne.

Nell'autunno dell'83 vengono smantellati diversi sistemi di sicurezza, per tagliare i costi, e viene spento anche il sistema di raffreddamento che doveva mantenere le cisterne di MIC a 4 gradi centigradi.

La produzione di Carbaryl riprende nell'estate dell'84, ma già in ottobre una delle tre cisterne, quella che contiene 42 tonnellate di MIC, perde la pressurizzazione (che veniva ottenuta riempiendo la cisterna di azoto), il che significa che il composto all'interno non fuoriesce più all'apertura di una valvola, ma va attivamente pompato fuori.

Nello stesso periodo vengono effettuate delle operazioni di manutenzione, secondo alcuni volte a rivendere componenti dello stabilimento ad altre aziende, in vista di una chiusura definitiva; nell'ambito di queste operazioni viene anche spenta la fiamma pilota, quella che avrebbe dovuto bruciare eventuali gas in fuga e espellere le fiamme attraverso la torre, perché a quanto pare negli anni '80 la Darwinite era contagiosa.

Dopo la manutenzione si ricomincia a produrre Sevin, nella seconda metà di novembre, ma con la fiamma pilota spenta, e una cisterna depressurizzata.
D'altronde, mica abbiamo 68mila litri di un composto ultra-tossico nei sotterranei, giusto?

La sera del 2 dicembre 1984, durante una normale operazione di pulizia delle tubature della fabbrica, un operaio tenta di disincrostare una condotta pompando acqua ad alta pressione all'interno di essa. Le incrostazioni però sono resistenti, e la sezione del tubo non è stata isolata bene: l'acqua rompe una paratia interna corrosa dalla ruggine, e finisce nella condotta sbagliata, quella che porta alla cisterna E610.

Alle 22.30 qualcuno inizia a notare che la pressione della cisterna è a cinque volte e mezzo quello che dovrebbe essere il suo valore normale, ma pensa ad un errore della strumentazione. Alle 23.30 si inizia a sentire un profumino di cavolo lesso nell'aria e qualcuno subodora (nel senso letterale del termine) che potrebbe esserci un leak.

La perdita viene trovata e segnalata alle ore 23.45, ma il supervisore decide che possono occuparsi della cosa - è tutto vero - dopo la pausa tè di mezzanotte e un quarto.

Va detto che, visto il massiccio lay-off di operai specializzati e ingegneri chimici, nemmeno i direttori dello stabilimento avevano un'idea precisa di quanto fosse realmente pericoloso il liquido all'interno delle cisterne.

Al rientro dalla pausa di 20 minuti, la pressione nella cisterna ha raggiunto il valore di circa 4 atmosfere, 27 volte più alto di quello che dovrebbe essere, e la temperatura ha raggiunto i 25 gradi, sufficienti a far bollire il MIC a causa dell’interazione con l’acqua. A quel punto gli operai suonano una sirena di allarme interna allo stabilimento e una esterna, e se la danno a gambe sopravento; contemporaneamente il gas inizia a uscire dalle condotte di emergenza, al termine delle quali dovrebbe trovarsi il bruciatore. Sì, quello spento.

Il gas, che pesa due volte e mezzo l'aria, viene spinto dal vento verso la città, dove scende sulle persone che, quella sera, sono tutte in giro per strada: pare che quel giorno sia stato indicato come propizio per i matrimoni, e ce ne sono in media sei per ogni strada.

Verso l'una il sovrintendente generale della polizia viene informato che i residenti di un quartiere a 2 km dallo stabilimento stanno scappando a causa di una fuga di gas, telefona alla fabbrica, ma gli rispondono "Non sappiamo cosa sia successo, signore". Vengono allertati gli ospedali, ma gli viene detto prima che il gas è ammoniaca, poi fosgene, poi MIC - solo che nessuno sa cosa sia.

Alle 2 di notte la pressione nella cisterna birichina rientra nei valori normali, e un dipendente dello stabilimento informa la polizia che "effettivamente c’è stata una perdita, ma ora è stata chiusa". Non è vero: la pressione è rientrata nei valori normali solo perché quella cisterna adesso è praticamente vuota.

La ciminiera dello stabilimento ha diffuso nell'aria quaranta tonnellate di isocianato di metile su quarantadue presenti nel contenitore.

Le persone per strada iniziano a cadere come mosche. Chi vomitando i suoi succhi polmonari, chi in arresto respiratorio e chi coi polmoni in fiamme. Gli ospedali della città vengono presi d'assalto, i medici telefonano a Bombay per chiedere istruzioni, da Bombay qualcuno prova a chiamare negli USA per chiedere informazioni sulla composizione del gas, ma i tecnici della Union Carbide non sono autorizzati a rilasciare informazioni. Dopotutto, i concorrenti della Bayer producono il Sevin senza passare dal MIC, con un procedimento più costoso, non è il caso di divulgare il proprio segreto industriale.

Alla fine un dirigente della Union Carbide, pressato dall'urgenza della situazione, cede alla propria coscienza e dà un consiglio agli indiani che stanno affrontando il peggior disastro industriale della storia, pronunciando le seguenti immortali parole: "provate a respirare il meno possibile".

E gli indiani lo seguono, quel consiglio, nel senso che in tanti smettono di respirare. Per sempre però. Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre muoiono 3928 persone, altre ottomila nelle due settimane successive. Secondo i calcoli del governo indiano, gli intossicati in totale sono stati oltre 558.125, di cui 38.478 con danni permanenti o semi-permanenti.

Negli anni successivi i residenti di Bhopal continuano a morire di malattie respiratorie: confronti con gruppi di controllo non esposti all'isocianato di metile mostrano chiaramente una mortalità più alta. Si stima che le vittime della tragedia di Bhopal siano oltre 20.000, ma è molto difficile calcolare la mortalità indiretta, visto che nessun ente delle Nazioni Unite e nessuna istituzione internazionale è stata scomodata per questo evento (ehi, mica c’erano radiazioni coinvolte!), e quindi tutti i conti sono stati fatti dal governo federale indiano e da quello del Madhya Pradesh. Ad oggi si ritiene che un numero compreso tra 120.000 e 150.000 di sopravvissuti conviva ancora con malattie respiratorie.

Attualmente in Italia esistono più di 2800 imprese chimiche, diverse delle quali probabilmente possiedono più di uno stabilimento; nel 2012 un'indagine aveva mostrato che oltre 1100 impianti avevano misure di sicurezza non a norma.

Mentre il disastro di Chernobyl, che ha provocato 54 vittime dirette e alcune centinaia indirette, è ben presente nella testa delle persone, la maggior parte degli italiani non è nemmeno conscia di dove si possa trovare lo stabilimento chimico più vicino a casa sua. Convive col rischio serenamente, solo perché ha scelto di ignorarlo.

Oh, sì, lo so benissimo che di quegli stabilimenti chimici saranno pochissimi quelli che contengono sostanze così pericolose. Ma anche di reattori nucleari a coefficiente di vuoto positivo non se ne costruiscono più da 35 anni, e questo non impedisce alle persone di essere terrorizzate dalla prospettiva di un ritorno dell'energia nucleare in Italia.
La paura, ancora una volta, è del tutto scorrelata dalla pericolosità.

La Union Carbide ha attribuito le colpe del disastro alla sua controllata con sede in India, prontamente troncata via dalla parent company e abbandonata al suo destino; ha comunque pagato 470 milioni di dollari di indennizzi (su oltre 3 miliardi chiesti dagli indiani). Il CEO Warren Anderson è stato condannato per omicidio colposo da un tribunale indiano, ma ovviamente se ne è rimasto contumace a Manhattan, dove è morto nel 2014.

Un anno dopo la tragedia di Bhopal, una perdita in uno stabilimento in West Virginia causa sei intossicazioni gravi e oltre 200 ricoveri in ospedale. A quel punto la dirigenza inizia a rendersi conto che il nome dell’azienda sta iniziando a provocare grattate di maroni anche nei suoi fornitori, e opta per un rebranding: nel 2001 Union Carbide cambia nome e diventa ufficialmente parte del colosso Dow Chemical.

-Luca

📎 FONTI

🏠 HOME

F.A.Q.


Report Page