Dimostriamo umiltà (1 Piet 5:5)

Dimostriamo umiltà (1 Piet 5:5)

Mark Noumair
1 Pietro 5:5
"Allo stesso modo voi che siete più giovani siate sottomessi a chi è più anziano di voi. Ma rivestitevi tutti di umiltà nei confronti degli altri, perché Dio si oppone ai superbi, ma mostra immeritata bontà agli umili".

VIDEO

È interessante che Pietro dia consigli sull’essere umili. Torniamo indietro nel tempo e scopriamo perché la qualità dell’umiltà era impressa in modo indelebile nella mente e nel cuore di Pietro. Apriamo la Bibbia in Luca capitolo 22. Qui leggiamo di Gesù che si preparava per la sua ultima Pasqua, quella del 33 E.V. Leggiamo Luca 22 dal versetto 8. Era giovedì pomeriggio, il 13 nisan; vediamo cosa succede. Versetto 8: “Gesù mandò Pietro [eccolo Pietro] e Giovanni, dicendo: ‘Andate a prepararci la Pasqua, così che possiamo mangiarla’”. ‘Preparate la Pasqua, Pietro e Giovanni’. Versetto 9: “Loro gli chiesero: ‘Dove vuoi che la prepariamo?’” Avevano capito le istruzioni: preparare la Pasqua. Gesù disse di andare a Gerusalemme, dove avrebbero trovato un uomo con una brocca d’acqua. Versetto 12: “Lui vi mostrerà una grande stanza ammobiliata al piano di sopra. Lì preparate”. Versetto 13: “Così andarono e trovarono tutto proprio come aveva detto, e prepararono la Pasqua”. Preparate la Pasqua. Preparatela. Che cosa dovevano preparare? Il pane, il vino, l’olio per le lampade, l’agnello, un telo, un catino e dell’acqua. Un catino e dell’acqua: sapevano quanto fosse importante lavare i piedi. Erano presenti quando Gesù aveva rimproverato il fariseo Simone dicendogli: “Tu non mi hai dato acqua per i miei piedi”. ‘Simone, tu non mi hai dato acqua. In questo hai sbagliato’. Quindi, mentre guardavano il catino e l’acqua, mentre facevano i preparativi e sistemavano la stanza, forse si saranno guardati tra loro e si saranno chiesti: “Chi laverà i piedi? Chissà chi lo farà”. Avevano un’occasione d’oro per mettere in pratica tutto quello che Gesù aveva insegnato loro per 3 anni e mezzo sull’umiltà. Questo era il momento giusto. Per 3 anni e mezzo avevano sentito Gesù dire di comportarsi come il minore, di non dominare sugli altri, di servire gli altri e non di essere serviti. Ora era il momento, era l’occasione per dimostrare a Gesù che avevano capito il punto. C’era ancora tempo per pensarci e per pregare al riguardo: era giovedì pomeriggio. Ma andiamo avanti e vediamo cosa succede. Arriviamo a quella sera, al 14 nisan. Leggiamo il racconto riportato in Giovanni capitolo 13. La stanza era stata preparata; le istruzioni erano state seguite. E ora vediamo le cose dal punto di vista di Giovanni. Anche lui era stato lì, aveva preparato la stanza insieme a Pietro. Quando Giovanni scrisse questo racconto era il 98 E.V. Aveva avuto molti anni per ripensare a quegli eventi. E ora vediamo cosa scrisse. Versetto 3: “Perciò Gesù, sapendo che il Padre aveva messo ogni cosa nelle sue mani e che lui era venuto da Dio e da Dio ritornava”. Giovanni capì che Gesù sapeva tutte queste cose. Immaginiamolo mentre si ferma e pensa: “Gesù sapeva chi era, sapeva tutto. Aveva capito appieno la sua posizione. Sapeva che gli era stato affidato tutto. Lo sapeva. Sapeva di essere la seconda persona più importante dell’universo. Sapeva di essere ‘il primogenito di tutta la creazione’. Sapeva di aver collaborato con il Padre nella creazione di tutto. Era totalmente consapevole di tutte queste cose”. Giovanni si rimette a sedere e ricomincia a scrivere. E dal versetto 4 ci dice cosa fece Gesù pur sapendo tutto questo: “Si alzò da tavola, si tolse il manto, prese un telo e se lo mise attorno alla vita. Poi mise dell’acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con il telo che si era messo attorno alla vita”, pur sapendo chi era. Giovanni dice che Gesù fece tutto questo. Giovanni non riflette solo su chi era Gesù, ma anche sul perché lavò i piedi ai discepoli. E perché lo fece? Giovanni vuole farci capire proprio questo e ci dà la risposta al versetto 1, dove scrive: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Giovanni dice che “li amò sino alla fine”. E cosa significa questo? Gesù voleva instillare in loro le qualità che li avrebbero aiutati a vincere il mondo, qualità che avrebbero rafforzato la congregazione cristiana, come l’amore altruistico e l’umiltà. Li amò sino alla fine. Non perse mai la fiducia in loro. Avevano le loro debolezze, ma lui non si arrese. Quindi, Pietro, anche se sono passati 30 anni, riflette ancora sull’umiltà. Giovanni, circa 60 anni dopo quella sera, ha ancora chiara e forte nella mente e nel cuore la lezione di umiltà insegnata da Gesù. Però rimane il fatto che a quel tempo nessuno dei 2 era stato abbastanza umile da mettere in pratica quello che Gesù aveva insegnato loro per 3 anni e mezzo. Immaginate Giovanni che ha appena finito di scrivere questo racconto ispirato da Dio. Si ferma, e rilegge quello che ha scritto, e forse tra sé e sé pensa: “Come avrei voluto poter scrivere che, dopo che Gesù lavò i piedi a uno o 2 discepoli, io mi alzai e lavai i piedi al resto dei miei fratelli, che presi quel telo e imitai il Cristo, oppure che io e Pietro ci alzammo”. E invece non andò così. Qual è la lezione per noi? Non permettiamo che i preziosi insegnamenti di Gesù riecheggino nella nostra mente solo dopo esserci fatti scappare l’occasione di metterli in pratica. Applichiamo questo a noi che serviamo qui alla Betel. “Anche se sono consapevole della mia anzianità di servizio, servo a tempo pieno da molti anni, combatterò la tendenza a pensare che merito un trattamento di favore? Sono il sorvegliante di reparto, so benissimo di avere una certa autorità, sono io il responsabile. Ne sono consapevole. Benissimo. Ma sono disposto ad alzarmi, a tirarmi su le maniche e a fare il lavoro più umile? O mi piace solo dare ordini? Ho un bellissimo privilegio di servizio, lo so io e lo sanno anche gli altri. Va bene, ma sono disposto a passare ad altri la mia conoscenza?” All’ultimo conferimento dei diplomi di Galaad il fratello Jackson ci ha ricordato che dovremmo considerare preziosi i nostri privilegi ma non dovremmo tenerli tutti per noi. Questo significa che dobbiamo alzarci, darci da fare. Ci vuole umiltà per addestrare altri affinché prendano il nostro posto. “Che io sia un fratello o una sorella, forse so di avere più esperienza di chi lavora con me, faccio questo lavoro da più tempo. Ho più esperienza di lei o di lui. Bene. Ma sono disposto ad alzarmi con tutta l’umiltà possibile e trasmettere ad altri le informazioni che ho per facilitare il loro lavoro? O tengo la mia conoscenza in ostaggio?” Se sono disposto anch’io ad alzarmi e a fare queste cose con la massima umiltà, allora il gesto umile di Gesù, riportato in Giovanni 13, avrà lasciato un segno indelebile e profondo non solo in Pietro e in Giovanni, ma anche in me.

Report Page